Arcobaleno, l’incantevole magia di Madre Natura
…con l’impercettibile subitaneità di un angelo, era comparso l’arcobaleno: languidamente stupito di se stesso, di un verde soffuso di rosa, con un pallido alone violaceo lungo il margine interno, stava sospeso al di là di un campo falciato, sopra e davanti il bosco lontano di cui velava una piccola, tremante porzione.
Vladimir Nabokov, Il dono, 1938
Affascinante e suggestivo fenomeno ottico atmosferico, l’arcobaleno, egualmente ad immaginifica soglia verso l’ignoto, sin dalla notte dei tempi ha raccolto dell’intera umanità, speranze, preghiere, idee, attratto menti desiose di comprenderne origini ed essenza, lasciandosi così mirare, scrutare, esplorare e dunque lentamente rivelandosi stupefacente effetto dell’attraversamento dei raggi solari, in gocce d’acqua sospese nell’etere — siano esse dovute a temporali, cascate, fiumi, artificiali efflussi — producendo uno spettro elettromagnetico (EM) comprendente lunghezze d’onda in parte percettibili dall’occhio umano, all’opposto le restanti esclusivamente visibili per mezzo d’uno spettrometro.
Al momento dell’incontro con il Sole, l’acqua funge da prisma, la luce bianca incidente subendo dispersione ottica — ovvero la suddivisione in componenti dalle differenti lunghezze d’onda e rispettive colorazioni — dapprima venendo rifratta in entrata, indi riflessa sulla parte retrostante della goccia e poi nuovamente rifratta in uscita.
L’angolatura di rifrazione d’ogni colore — in un’ampiezza compresa fra 40,6 e 42 gradi — dipende dalla sua lunghezza d’onda, le più corte venendo rifratte ad angoli maggiori e viceversa, motivo per cui se la luce in riflessione viene scomposta in più gradazioni, la minuscola quantità fuoriuscente dal retro della goccia non crea arcobaleni, in quanto manca di raggiunger l’intensità spettrale necessaria alla dispersione ottica, di conseguenza le cromie rimanendo amalgamate fra loro.
La scomposizione della luce bianca in uscita effonde nella volta celeste fasce arcuate la cui forma si deve al ruolo di specchio concavo assunto dalla goccia, nell’arcobaleno primario delineandosi — in successione verso l’interno — rosso arancione, giallo, verde, blu, indaco e violetto, mentre nel secondario — più grande ed ombroso, dacché derivante da una doppia riflessione posteriore della luce solare e relativa angolatura compresa fra 50 e 53 gradi — le tinte s’invertono.
Fra le due screziate iridi rimane incastonato un lembo di cielo detto Banda di Alessandro, giacché il primo a descriverlo fu il filosofo greco, Alessandro di Afrodisia (II secolo – III secolo), illustre chiosatore aristotelico, la cui sapienza riuscì a capire come i raggi luminosi con lunghezze d’onda superiori all’angolo di minima deviazione, non siano in grado di valicarlo, venendo indirizzati all’interno, ove la loro sovrapposizione aumenta il chiarore di fondo, procedimento capovolgendosi invece nell’arcobaleno secondario, dunque nel mezzo andando a sovrapporsi le due regioni scure d’ambedue; ulteriori varianti — estremamente rare — sono gli arcobaleni tripli o quadrupli, denominati supernumerosi e di varia disposizione.
Foto: Mika-Pekka Markkanen, cc by-sa 4.0
L’arcobaleno non possiede collocazione oggettivamente rilevabile, o meglio, il variopinto arco si trova costantemente in opposta posizione alla sfera solare, ma all’osservatore è dato vederne in base alla parte di luce riflessa dalle gocce potenzialmente percettibili dal suo apparato visivo in base al punto in cui si trova, risultandogli impossibile cogliere la totalità delle rifrazioni, meravigliosa opzione per concretizzar la quale si dovrebbe esser dotati d’ubiquità; spettacolo di visione dell’intero cerchio è però fattibile qualora ci si trovi nettamente al di sopra, ad esempio in volo o su vette particolarmente elevate.
Data l’ipotesi di taluni scienziati a sostegno del fatto che l’indaco possa esser una nuances dell’amalgama fra il blu ed il violetto, invero sarebbero solamente sei — tre primari e tre secondari — i colori dello spettro di luce discernibile generalmente indicati, sebben ogni individuo ne capti personale sfumatura in riferimento ai propri fotopigmenti oculari ed all’attività dei fotorecettori a livello neurale; ad accomunar visioni sarebbe tuttavia l’arcobaleno generato dalla luce riflessa della Luna, troppo flebile per stimolare in maniera appropriata i coni della retina deputati alla ricezione, pertanto il notturno arcobaleno svettando nei Cieli di bianco abbigliato o ancora l’arcobaleno rosso, evento che si realizza al tramonto, per perdita delle tinte fredde e ben dodici sono i tipi di arcobaleni classificati nel 2015, da un team del National Centre for Meteorological Research di Tolosa.
A partir dall’illustre pensatore e scienziato greco, Aristotele (384/383 a.C. – 322 a.C.), molteplici furono i brillanti intelletti dediti ad analizzare arcobaleni, con un balzo di sedici secoli il filosofo e matematico francese, René Descartes (1596-1650) raccogliendo certosina e copiosa eredità teorico-pratica di chi lo precedette, gettando dotte basi sulle quali avrebbe erto successive teorie il grande scienziato — teologo, alchimista, fisico, astronomo, matematico e filosofo naturale — Isaac Newton (1642-1726), pioniere nel dimostrare la scomponibilità della luce bianca tramite un prisma, da allora incessanti progressi scientifici ponendosi a disposizione degli ingegni che ancor oggi ne scandagliano ogni aspetto, frattanto l’incantevole dipinto di Madre Natura imprimendosi su artistiche tele di pittori ed altrettanto nelle allegoriche e spirituali visioni di qualsivoglia popolo.
Studio sulla formazione di arcobaleni per rifrazione della luce solare nelle gocce di pioggia
Météores, Discours de la Méthode, 1637
Originale edito in The Illustrated London News, 4 Giugno 1870
Con ammaliante seduzione radicandosi nella mitologia araba, birmana, cinese, giapponese, greca, indiana, irlandese, maori, norrena e non solo, oltre ad esser rilevante presenza in svariati culti dell’Africa occidentale, nella tradizione sciamanica siberiana, nel Buddhismo tibetano, nell’ebraismo ed ancora nel Cristianesimo, fede in cui l’arcobaleno testimonia legame tra vita terrena e l’Onnipotente, Egli delicata volta disegnando — come Genesi narra — affinché Ne fosse iconica e perpetua memoria di benevola alleanza sancita con ogni creatura posta sul Pianeta, allorché Noè, a sopravvivenza dal Diluvio Universale, erse un altare in segno di riconoscenza:
Genesi 9, 12-15
Nella regione meridionale dello Utah, Stati Uniti d’America, all’interno del National Park, si staglia invece naturale formazione di arenaria evocante un arco e che, scolpito dai mutamenti ambientali avvenuti fra Triassico e Giurassico — primo e secondo periodo del Mesozoico — vantando un’ampiezza di circa 84 metri ed un’altezza di quasi 90 dalla base del canyon, nel 1910 venne dichiarato Monumento Nazionale, ma soprattutto, denominato Rainbow Bridge, rappresenta da secoli sacra ed inviolabile meraviglia per le società originarie dell’area, di Nativi, popoli presso molti dei quali — dagli Achomawi ai Cherokee, dai Navajo ai Tlingit, dagli Hopi ai Cree — l’iride costituisce emblematico passaggio verso l’Aldilà, manifestazione di spiriti, divinità, nucleo di leggende, storie, rituali e significato diverso secondo apparenza, l’arcobaleno assume invece quando appare in sogno, sovente rimandando ad un armonioso senso di pace inconsciamente sgorgante dall’approdo in sé e dall’appagamento della quiete ritrovata in esistenziali percorsi — marciati fra nubi e tempeste — alla ricerca del proprio Sole interiore, da irraggiare verso nuovi orizzonti, in rifiorite tonalità d’animo.
National Park, Utah, Stati Uniti d’America
All’arcobaleno
di Thomas Campbell
Sublime arco, che il firmamento colmi
allorquando diradano le tempeste
Domandare non debbo a saccenti filosofie
per conoscer chi tu sia
Come agli occhi dell’infanzia ancora appari
d’anime beate lieve sosta
fra Terra e Cielo.
Può quanto dall’ottica insegnato
svelare l’essenza tua e dirmi
perché tanto m’attrai,
come quando immaginavo gemme e oro
celate in te radioso?
Eppure, arco incantevole,
di fiabe non si tratta,
ma dell’Onnipotente parole
per le quali la splendida tua veste
fu tessuta nella volta celeste
allorché sulla Terra, verdeggiante e paga,
l’Alleanza riflettesti
e a mirar tal segno divino,
giunsero savi da ogni angolo del mondo.
[…]
Glorioso è il tuo cinger montagne
torri e città,
egualmente il rilucer tuo negli oceani,
a mille braccia di profondità.
E nell’oscuro orizzonte
giovane appare la tua meraviglia,
come l’aquila quando dall’Arca,
del tuo sconosciuto raggio s’inebriò.
Poiché in fede all’opera sacra,
il Cielo a disegnarti continua,
al tempo sottraendoti,
a te che per primo, all’essere umano
di pace hai parlato.
Lacrime
di John Vance Cheney
Non nel tempo della delizia
posa il suo arco la speranza;
ma nel cielo della mestizia,
sulla valle della sofferenza.
Attraverso l’ombra e le tenebre,
guardiamo oltre le epoche!
L’anima nessun arcobaleno avrebbe,
se fossero gli occhi privi di lacrime.
Buttermere Lake, with Part of Cromackwater, Cumberland, a Shower, 1798
L’arcobaleno
di Charles Lamb
Allo svanir della tempesta,
com’è dolce la visione dell’arcobaleno!
Corri mia Matilda, adesso che
sol qualche goccia di pioggia scende,
al sicuro del pergolato di caprifoglio
i colori ne possiamo contare —
Sono sette, non uno di più;
ciascuno in ognuno delicatamente rifinito,
dove principian e terminano,
nemmen l’occhio più acuto può vedere.
Sembra nel cielo incastonato;
ma frattanto parliamo, scivola via,
nasconde per metà dell’arco la perfezione
sin a quasi del tutto sparire.
Cos’è il colore? Se fossi filosofo
illustrerei qual entità fa sì che
tal meteora assuma ogni colore:
ma anche uno sguardo inesperto
può veder l’unicità dei paesaggi
dipinti da Natura e amarli.
Sempre, quando osservo un arcobaleno,
ogni sfumatura m’è cara;
in ciascuna trovando fiori, campi, femminili vesti:
il mio verde prediletto, le tinte dell’erba,
il profondo e raffinato indaco,
il blu delle campanule,
le amate rose,
tutte le meravigliose gradazioni
dei tulipani, dei garofani,
del rampicante, tra fiori e foglie.
È verità, benché difficile da credere,
che ogni fiore ed ogni albero,
ogni creatura, ogni volto,
ogni profilo ed ogni iride,
in ogni loro tinta e sfumatura,
son i colori dell’arcobaleno.
Arcobaleno
di Gianni Rodari
Dopo la pioggia viene il sereno,
brilla in cielo l’arcobaleno:
è come un ponte imbandierato
e il sole vi passa, festeggiato.
È bello guardare a naso in su,
le sue bandiere rosse e blu.
Però lo si vede, questo è il male,
soltanto dopo il temporale.
Non sarebbe più conveniente,
il temporale non farlo per niente?
Un arcobaleno senza tempesta,
questa sì che sarebbe una festa.
Sarebbe una festa per tutta la Terra,
fare la pace prima della guerra.
L’arcobaleno
di Mercede Mundula
Dopo l’infuriar della tempesta
là dove le gonfiate nubi a frotte
– dal lungo saettar de’ lampi rotte –
s’inseguivan nel cielo procelloso
con spumeggianti creste,
or vivido e sereno
come un laccio di luce,
come un arco festoso,
come strada di un sogno che conduce
giù dalla terra al cielo,
splende l’arcobaleno.
Fulgido inarca i suoi sette colori,
dal rosso della fiamma al giallo d’oro,
dal verde della foglia a quel viola
di cui s’ammanta la malinconia.
Con sette luci fa una luce sola,
con sette note un’unica armonia,
e con un nulla fa la bella via
che porta dalla terra fino al cielo.
Arcobaleno
di William Wordsworth
Esulta il cuore mio al cospetto
del nascente arcobaleno:
come fu al principio della vita;
così è adesso che sono uomo;
e così dovrà esser quando sarò vecchio,
o mi sia data la morte!
Il Bambino e’ padre dell’Uomo;
ed io vorrei che i miei giorni
l’uno all’altro fossero uniti
dalla pietà di natura.
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