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Industria e giovani imprese in favore del pianeta

 
 
Il nostro pianeta appare sempre più stanco, ferito nell’anima dalla nostra incuria e l’impressione, è che non ci sia la coscienza, la volontà di invertire la rotta e mentre aumenta la popolazione mondiale e le risorse diminuiscono, ogni giorno siamo messi di fronte al fatto che a rischio, è la sopravvivenza di interi ecosistemi dai quali, dobbiamo tener presente, dipende la nostra esistenza.

Storia insegna però, di come l’uomo sia capace di imprese grandiose e sappia essere migliore di come lo si descrive generalizzando e concentrandosi solo su quanto di “storto” avviene nel mondo ed infatti, numerose sono le imprese che già da tempo hanno deciso di puntare su una dimensione di sviluppo sostenibile ed un esempio, ne è la catanese Orange Fiber, azienda che fabbrica tessuti utilizzando le tonnellate di bucce di agrumi che le industrie gettano durante la produzione di succhi.

Ideata da Erica Arena e Adriana Santanocito, l’iniziativa prende forma nel 2014 catturando immediatamente l’attenzione di Salvatore Ferragamo, il quale, cogliendone il potenziale, ha intrapreso una collaborazione dalla quale è nata la “Ferragamo Orange Fiber Collection”, cosa che ha permesso alla siciliana S.r.l, di entrare a far parte del Fashion Tech Lab – FTL Ventures, il fondo internazionale di venture capital, dedicato alle iniziative sostenibili in ambito della moda.

Geniale pensata in favore dell’ambiente, arriva anche da Arthur Key, fondatore della londinese Bio-Bean, azienda che dal 2013 genera combustibili ad uso domestico e industriale, riciclando i fondi di caffè.

Attraverso una rete di raccolta, ogni anno escono dalla fabbrica 10mila tonnellate di pellet, di maggior durata rispetto al classico ed in grado di produrre anche più calore, una soluzione inoltre, che permette loro di creare energia pulita, evitando al contempo che milioni di chili di scarti vengano smaltiti tramite discariche, maggiormente costose e soprattutto inquinanti.

«La Bio-Bean è fondata sulla premessa che non esistono rifiuti, solo risorse nel posto sbagliato».
E’ la scritta che campeggia sulla pagina di presentazione del progetto ed infatti, la società sta compiendo un’ulteriore e significativo passo avanti per proteggere l’ambiente e ancora una volta, utilizzando i rifiuti del caffè, andando a produrre un biodiesel a basse emissioni.

L’aria è difatti sempre più irrespirabile e a dirlo, è stato anche l’ultimo rapporto di Legambiente, in cui si evidenzia come il fenomeno metta maggiormente a repentaglio la salute dei più piccoli, una situazione quindi che richiede interventi immediati ed in questo senso, la Bio-Bean non è la sola a cercare nuove soluzioni.

Frutto della collaborazione tra Reykjavik Energy, Università d’Islanda, il francese Centro nazionale di ricerca scientifica e la Columbia University di New York, nel 2007 è nato Carbfix, un progetto che come obiettivo ha quello di ridurre drasticamente le emissioni di CO2 di origine antropica, che, pur avendo una struttura del tutto simile a quella dei gas biatomici, quindi con basso potenziale serra, è particolarmente abbondante nell’atmosfera, e com’è ormai noto, è indicata tra le cause principali del surriscaldamento climatico che affligge il pianeta.

L’anidride carbonica a contatto con acqua e basalto (roccia primordiale tipica della superficie lunare e con alte percentuali presente anche sulla Terra) si trasforma in minerale e questo, è quanto avviene presso la centrale geotermoelettrica di Hellisheidi, dove il diossido di carbonio prodotto, grazie alla tecnologia sviluppata da Carbfix, viene catturato, iniettato nel sottosuolo e trasformato in roccia, riuscendo quindi ad emettere meno CO2 di quanta ne viene immagazzinata nel terreno.

Come illustrato anche nella rivista scientifica Science, da tempo sappiamo di questa reazione chimica, solo che finora si è creduto che tale processo necessitasse di centinaia di anni, mentre oggi i risultati mostrano come questo avvenga nell’arco di un paio di anni, tanto che molte centrali geotermiche si sono interessate al progetto, resta però da capire come abbattere i costi affinché possano essere coinvolti tutti quei paesi ad alte emissioni, come ad esempio la Cina, che invero, ha già esternato la volontà di svoltare in favore dell’ambiente.

Lo Stato asiatico infatti, ago della bilancia nello scontro fra U.S.A. e Corea del Nord, sta elaborando un piano per eliminare benzina e diesel in favore dell’energia elettrica.

E’ di poche settimane fa l’annuncio e quanto questo sia rilevante, sta nel fatto che secondo i dati riferiti al 2016, la Cina rappresenta il 30% della produzione globale di automobili, il che significa che la sua posizione potrebbe incidere notevolmente sul settore, spingendo definitivamente gli altri paesi a seguirne le orme.

Come parte del piano degli accordi previsti sul clima e nonostante la bassa produzione di auto elettriche, la Francia ha già dichiarato che abbandonerà i combustibili fossili entro il 2040 e lo stesso ha fatto la Gran Bretagna, indicando il 2050 come termine ultimo, ma ancora l’India, tra i paesi maggiormente afflitti dall’inquinamento dice di puntare al 2030 e meglio di lei, vuole fare l’Olanda, che ne bloccherà la produzione addirittura cinque anni prima.

La messa al bando avverrà anche in Corea, Giappone, Irlanda, Spagna e per voce di Angela Merkel anche in Germania, anche se nessuno di questi ha indicato una data precisa.

Attenzione, non stiamo parlando della volontà dei produttori, ma dei governi, cosicché sono e saranno i grandi marchi a dover seguire il modello di Tesla ed in questo senso, purtroppo, verrebbe da dire con un po’ di facile, tipica e solita autoflagellazione, l’Italia è ancora una volta la più dormiente e meno lungimirante, in quanto, non solo è tra quei Paesi che non hanno messo una croce sul calendario, ma è anche l’ultima in classifica circa la produzione di auto elettriche.

Questo non deve però distrarre dal fatto che a livello mondiale, sembra davvero esserci una presa di coscienza, le giovani imprese stanno abbandonando il passato e questo, non può che essere incoraggiante e di esempio, perché ognuno faccia la propria parte per quanto piccola possa essere.
 
 
 
 

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