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Peter Tosh, storia e canzoni di un rivoluzionario

 
 
Con la chitarra forgiata sul fucile d’assalto M16, Peter Tosh non fu uomo di Pace, quanto piuttosto voce profonda e tagliente levatasi imperiosa in favore degli oppressi, sfidando e deridendo il potere politico della natia Giamaica, l’apartheid e l’intero sistema di Babilonia, il mondo di corruzione morale, iniquo, materiale, fondato e basato sull’opulenza, sul denaro bene supremo e mannaia, umiliante l’individuo, reo d’indiscriminato sfruttamento, usurpazione dei beni della terra, dell’Africa, indebolendone la coscienza identitaria, il patrimonio e la dimensione culturale.

Così come negli anni ’60, ribellione all’oppressione razziale ebbe principali maestri Martin Luther King Jr. e Malcolm X, rispettivamente strenuo ambasciatore della non-violenza ed indomo protagonista del radicalismo nero, i disordini politico-sociali dilanianti la Giamaica ed al contempo il movimento RastafarI e la relativa espressione per eccellenza, il battito sincopato della musica Reggae, vantarono due personalità che, più d’ogn’altra, guidarono umana e spiritual redenzione, affermazione della dignità dei diseredati, secondo visione diametralmente opposta: Bob Marley, indiscusso, nonché inobliabile profeta dell’uguaglianza e Peter Tosh, inflessibile e irriverente panafricanista.

Mistico, reazionario, convinto rastafariano e attivista militante, Peter Tosh, fermo sulle propri principi ed idee politiche, scagliò senza timor alcuno infuocate invettive contro il vituperato ‘shitstem’, pertanto i governi — al pari di Marley con indifferenza di concetto, ritenendo comunismo e capitalismo volti di medesima, insensibile, ipocrita medaglia — la chiesa, il sapere trasmesso dall’istruzione, falsato dall’unica prospettiva e dunque mancante di verità; essenzialmente ragion per cui, levatura di sublime polistrumentista, compositore, pensiero e cuor del messaggio d’un uomo colto, sensibile agli eventi e risoluto nel valore dei diritti civili, non soltanto fu privato d’opportuna celebrazione, ma finanche parzialmente raccontato, utilitaristicamente offuscato.

Peter Tosh (https://terzopianeta.info)Geniale paroliere, nelle canzoni, così come nei dialoghi giocava con il suono dei vocaboli, li manipolava e i testi già di per sé infuocati si facevano ulteriormente diretti, irridenti, senza alcun rispetto. La capitale Kingston, dove tutto mancava tranne miseria e violenza diventava “Killsome”, mentre New York City, tempio del consumismo e simbolo della società americana era da lui chiamata “Boo York Shitty” e così la Germania, tradotta in “Germs-many”. Ne aveva per gli avvocati, in inglese Lawyers e trasformati in “Liars”, bugiardi. Con loro quegli agenti della polizia che per metterlo a tacere arrivarono a pestarlo selvaggiamente e da Police Officers, passarono a “Police Lucifer’s” e poi il primo ministro, non più Prime Minister ma “Crime Minister”. In una Giamaica ex-colonia britannica nel suo infinito vocabolario non trovò scampo neanche la regina d’Inghilterra, “Queen Ere-Lies-a-Bitch” e men che meno Cristoforo Colombo, non certo visto come il navigatore eroe quanto piuttosto come lo schiavista e colonizzatore “Christ T’ief Come-rob-us”, il ladro di Cristo che viene a rapinarci.

 

You can’t blame the youth
You can’t fool the youth
You can’t blame the youths, of today
You can’t fool the youth

You teachin’ youths to learn in school
That cow jump over moon
You teachin’ youths to learn in school
That the dish run away with spoon
So you can’t blame the youth, when they don’t learn

You can’t fool the youths
You can’t blame the youth, of today
You teach the youths about Christopher Columbus
And you said he was a very great man
You teach the youth about Marco Polo
And you said he was a very great man
You teach the youths about the Pirate Hawkins
And you said he was a very great man
You teach the youths about Pirate Morgan
And you said he was a very great man

So you can’t blame the youths, of today
You can’t fool the youths
You can’t blame the youths
You can’t fool the youths
All these great men were doing,
Robbing, raping, kidnapping, and killing
So-called great men, were doing,
Robbing, raping, kidnapping, and killing

When every Christmas come
You buy the youth a pretty toy gun
When every Christmas come
You buy the youth a fancy toy gun

Cause what was hidden from the wise and the prudish
Is now revealed to the babes and the suckling
Cause what was hidden from the wise and the prudish
Is now revealed to the babes and the suckling
Lord call upon the youth
Cause you know the youth is strong
Jah Jah call upon the youth
Cause He know the youth is strong

 

Da Trenchtown ai Wailers

In una Giamaica dove agli scorci paradisiaci e ad un mondo ricco e borghese, si contrappone da sempre l’inferno cruento degli emarginati, Winston Hubert McIntosh nacque il 19 ottobre 1944, a Grange Hill, Westmorland, una zona rurale dell’occidentale Contea di Cornwall. Le asprezze si presentarono imponendogli di crescere in fretta già in tenera età, venne infatti abbandonato da entrambi i genitori, Alvera Coke e James McIntosh, un predicatore della chiesa locale di Savanna-la-Mar che incontrerà per la prima volta a 10 anni: «E’ un ragazzaccio – dirà del padre – questo è ciò che fa per vivere: Va in giro e fa milioni di bambini! Ho molti fratelli che non conosco».

A prendersi cura di lui fu una zia, mentre la musica entrò nella sua vita durante l’ultimo anno delle scuole elementari, quando per alcuni mesi ebbe modo di seguire lezioni di pianoforte, fu l’unica occasione, mentre alla chitarra che lo vedrà essere virtuoso esempio, si avvicinerà innamorandosene osservando un musicista: «Una volta vidi un uomo mentre suonava […] Mi colpì a tal punto che mi sono seduto accanto a lui per circa mezza giornata e quando smise – aveva eseguito una sola melodia per tutto il tempo – mi aveva ipnotizzato, i miei occhi avevano appreso ogni movimento delle dita, presi la chitarra e suonai il pezzo che aveva appena fatto. Quando mi domandò chi mi avesse insegnato, gli risposi che era stato lui!»

Come tanti giamaicani in cerca di qualche opportunità, nel 1956, assieme alla zia si trasferì a Denham Town, quartiere a ovest di Kingston e vi rimase per tre anni, quando a seguito della scomparsa della donna, raggiunse alcuni parenti nella vicina Trenchtown. Praticamente una baraccopoli destinata agli indigenti e alle persone che provenivano dalle zone rurali e dove le case, fra cemento e lamiere erano state costruite intorno a dei cortili centrali con cucina e servizi igienici in comune.
Sono quelli che verranno cantati da artisti come JacobKillerMiller, i Wailin’ Soul, ricordati in No Woman No Cry da Bob Marley, il quale dedicò anche più versi e interi brani a Trenchtown. Anche lui era infatti fra coloro che avevano lasciato i luoghi natii, veniva dalle colline di Nine Miles e trovò posto in quella desolazione che adesso condivideva con Winston McIntosh e un altro aspirante musicista, Neville O’Reilly Livingston.

Sotto la supervisione di Joe Higgs, autore fra le tante dell’indimenticabile There Is A Reward For Me, i tre cominciarono a suonare insieme, esibendosi nelle strade, componendo canzoni e nel 1963 nacquero i Wailing Wailers, un gruppo ska a cui si unirono le voci di Junior Braithwaite, Beverley Kelso e Cherry Smith. Quello stesso anno si presentarono alla corte di ClementCoxsoneDodd, produttore e proprietario della storica etichetta Studio One. Fecero un provino e il giorno seguente  registrarono il loro primo brano, Simmer down, calmati, un messaggio diretto ai rude boys, i giovani dei ghetti chiamati a dare un freno ai numerosi crimini che andavano verificandosi nelle strade di Kingston.

 

…Hawk deh near
and when him deh near you must beware, so
Simmer down, oh control your temper
Simmer down, for the battle will be hotter
Simmer down, and you won’t get no supper
Simmer down, and you know you bound to suffer
Simmer down, simmer, simmer, simmer right down
Simmer down, like you never did before…

 

La canzone scalò le classifiche dell’isola ed in breve tempo la band diventò una fra le più acclamate, ma nonostante mietessero un successo dietro l’altro nelle loro tasche entravano 3 sterline a settimana. Una paga da fame che a fine anni ’60 li spinse a lasciare lo Studio One e cercare un contratto altrove, dapprima firmandone uno con Clancy Eccles e poi con Madman Scratchy Lee Perry, assoluto genio (e folle) pioniere che ha contribuito significativamente all’evoluzione del dub, del reggae e della musica contemporanea in generale.

Winston McIntosh e Neville O’Reilly Livingston erano ormai Peter Tosh e Bunny Wailer, ma nel frattempo, mentre Marley era volato negli Stati Uniti per cercare di raccogliere denaro, in Giamaica era giunto l’Imperatore d’Etiopia Hailé Selassié.

Incoronato il 2 novembre del 1930, era il Re dei Re, Leone della Tribù di Giuda e 225° discendente della dinastia Salomonide, il Messia che avrebbe portato la pace in Terra, liberato il popolo nero dal giogo della schiavitù e permesso il ritorno in Africa. Fu in quel momento che nacque la fede Rastafari, termine che trae origine dal suo nome di battesimo, e quella visita, non fece che dar vigore ai seguaci e far sì che altri abbracciassero la fede, la quale riconosce i dogmi del cristianesimo ortodosso etiope, vede nella marijuana «l’erba al servizio dell’uomo» ad uso medico e meditativo cantata nei Salmi e nei dreadlocks – la tipica capigliatura – così come evitare di mangiare i «cibi impuri», i precetti del nazireato illustrati nel Libro dei Numeri.

Peter Tosh e compagni si erano avvicinati al rastafarianesimo già da tempo, ma dopo quell’esperienza l’identificazione fu totale e benché Marley non avesse assistito, quando fece ritorno sull’isola aderì al movimento. Cominciarono a farsi chiamare solo The Wailers e lentamente, abbandonarono i ritmi ska rallentando verso il rocksteady sino a giungere al reggae e i testi si facevano sempre più politici e al contempo spirituali.

Braithwaite, Kelso e Smith avevano abbandonato, ma al gruppo si era unito il percussionista AlvinSeekoPatterson e con Lee Perry alla regia, arrivarono anche i fratelli Carly e AstonFamily ManBarrett, rispettivamente al basso e batteria e ‘WyaLindo alle tastiere.

Registrarono brani come No Symphaty, Brand New Second Hand, Duppy Conqueror, Soul Rebel, canzoni che entreranno a far parte dei grandi classici del reggae, ma che insieme a sessioni in studio, a causa della superficialità di Perry iniziarono a diffondersi arrivando persino in Inghilterra. Se ne accorgeranno solo più tardi e per quelle incisioni non beccarono neanche un soldo. Imperterriti continuarono ad andare avanti per la loro strada, finché nel 1972, ad offrirgli un accordo arrivò Chris Blackwell, un produttore londinese che in Giamaica era di casa e a quel tempo era ancora proprietario dell’etichetta Island Records, da lui stesso fondata nel ’58.

Come ogni giovane del ghetto, soprattutto se rasta, anche i Wailers non potevano contare su una buona reputazione, ma andando contro l’opinione dei collaboratori, Blackwell non fece firmar loro alcun contratto e anticipò la somma necessaria per fargli registrare un primo album. Pochi mesi dopo, il 13 aprile del 1973 venne pubblicato Catch a Fire. Il disco contiene nove canzoni firmate da Marley, fra cui Concrete Jungle, Slave Driver, No More Trouble e due di Peter Tosh: Stop That Train e 400 Years.

Ricevette il plauso dalla critica e la band partì per una tournée in Inghilterra e Stati Uniti e il 19 ottobre dello stesso anno uscì l’album Burnin’. Una pietra miliare, con due brani in particolare che sopravviveranno al tempo: I Shot The Sheriff, al cui successo contribuì in maniera rilevante la cover realizzata da Eric Clapton nel ’74 e Get Up Stand Up, canzone fra le più rappresentative del repertorio di Bob Marley.

Un disco militante in cui oltre alle citate sono presenti tracce come Burnin’ and Lootin’, Small Axe, la mistica Rastaman Chant, ma è soprattutto Get Up Stand Up, considerando anche l’epoca, a rivelarsi come un forte richiamo per una presa di coscienza e conquista dei diritti. Le prime due strofe portano il nome di Marley, mentre l’ultima quello di Peter Tosh, evidenziandone le idee ed il temperamento.

 

Get up, stand up Stand up for your rights
Get up, stand up Stand up for your rights
Get up, stand up Stand up for your rights
Get up, stand up Don’t give up the fight

Preacher man, don’t tell me,
Heaven is under the earth.
I know you don’t know
What life is really worth.
It’s not all that glitters is gold;
‘Alf the story has never been told:
So now you see the light,
Stand up for your rights.
Come on!

Get up, stand up Stand up for your rights
Get up, stand up Don’t give up the fight
Get up, stand up Stand up for your rights
Get up, stand up Don’t give up the fight

Most people think
Great God will come from the skies,
Take away everything
And make everybody feel high.
But if you know what life is worth,
You will look for yours on earth:
And now you see the light,
You stand up for your rights.

Get up, stand up Life is your rights
Get up, stand up Don’t give up the fight
Get up, stand up Stand up for your rights
(so we can’t give up the fight)
Get up, stand up Don’t give up the fight
(keep on struggling on)

We sick an’ tired of your ism-skism game
Dyin’ ‘n’ goin’ to heaven in a Jesus’ name, lord.
We know when we understand:
Almighty god is a living man.
You can fool some people sometimes,
But you can’t fool all the people all the time.
So now we see the light
(what you gonna do?),
We gonna stand up for our rights

 

In entrambi gli album è evidente che la personalità di Peter Tosh non riuscì ad emergere trovando il dovuto respiro e quello che doveva essere solo l’inizio, si trasformò nella fine. Intraprese la carriera solista e lo stesso fece Bunny, da quel momento il gruppo sarebbe stato conosciuto come Bob Marley & The Wailers e non pochi attribuirono le responsabilità della rottura a Chris Blackwell, reo di aver creduto sin dal primo istante su quest’ultimo spostando di lui l’attenzione. Per altri il motivo era da ricercare nella mal sopportazione agli estenuati tour a cui la band venne sottoposta. Un’accusa che il produttore si vedrà ingiustamente nuovamente rivolgere anni più tardi, ma riferita allo stato di salute e conseguente morte di Marley, impegnato in un concerto dietro l’altro fino agli ultimi istanti della sua vita.

Sull’accaduto, a parte ribattezzare Blackwell come ‘Whiteworst’, Peter Tosh si limitò a dichiarare che l’unico fastidio che aveva avvertito era legato al fatto che il nome Wailers divenne proprietà d’altri, quanto al resto: «Non si trattava di una rottura, ma di tre diverse strade che indirizzavano la musica in tre differenti direzioni. La mia ispirazione stava aumentando, il mio calice era colmo, traboccante. (Holmes and Steffens, Reasoning With Tosh 13)»

Negli anni successivi gli verrà continuamente chiesto circa un presunto rancore, in una occasione gli fu anche domandato se avesse sofferto per la dipartita di Marley e se un giorno l’avrebbe ritrovato in Paradiso, ma il rasta rispose affermando che per coloro che agiscono in modo corretto, il dono è la vita eterna,  per cui non provò alcun dolore e Bob stava semplicemente continuando a fare il suo lavoro, ovvero lottare per i dritti del suo popolo.

Peter Tosh (https://terzopianeta.info)
Bob Marley e Peter Tosh, Starlight Bowl, Burbank CA, 1978

 

Peter Tosh, The Bush Doctor

La nuova carriera del giamaicano iniziò nel 1976, quando alle stampe venne dato Legalize It, un disco la cui copertina ritrae il cantate immerso tra piante di ganja con l’immancabile e fumante chalice: Igziabeher (Let Jah Be Praised), Burial, Till Your Well Runs Dry, Brand New Second Hand, ma è soprattutto la title track ad essere considerata intollerabile dalle autorità.

In ribellione alle vessazioni che i rasta erano costretti a subire dalla polizia, la canzone è un autentico spot che illustra ogni beneficio dell’erba, «buona per l’influenza, l’asma, la tubercolosi» e non solo, chiedendone la legalizzazione il giamaicano afferma che a farne uso sono anche i dottori, gli infermieri, i giudici e i legali. Il governo ne ordinò la censura, cercò in ogni modo di impedirne la messa in onda, ma ogni tentativo si rivelò vano e il fallimento non fece che accrescere a livelli esponenziali la fama di Peter Tosh, portandolo alla ribalta mondiale.

Come per ogni rasta, la ganja era anche da lui considerata come fonte di ispirazione, d’illuminazione spirituale e questo era il motivo per cui secondo Tosh il governo la manteneva ad uno stato d’illegalità, per avere controllo sul popolo. Il gran baccano attorno a quel pezzo aveva reso il musicista inviso alla legge, era visto come una minaccia, ma questo non gli impedì di continuare ad esprimersi liberamente e continuare a denunciare le ingiustizie della società giamaicana.

Nel ’77 pubblicò il memorabile Equal Rights e con lui canzoni come I Am That I Am, Downpression Man, Apartheid, con cui invitava alla lotta per un Sudafrica libero e nero, laddove la segregazione razziale ufficialmente istituita nel ’48, era stata dichiarata crimine internazionale dalle Nazioni Unite con una convenzione entrata in vigore nel 1976. Il brano che dà titolo all’album, esprime invece l’indole battagliera, il desiderio di riscatto che animò Tosh per tutta la vita, ponendolo al di fuori delle voci che guardavano alla pace come obiettivo ultimo.

 

Everyone is crying out for peace, yes
None is crying out for justice
Everyone is crying out for peace, yes
None is crying out for justice

I don’t want no peace
I need equal rights and justice
I need equal rights and justice
I need equal rights and justice
Got to get it, equal rights and justice

Everybody want to go to heaven
But nobody want to die (father of the Jesus)
Everybody want to go up to heaven
But none of them, none of them want to die

I don’t want no peace
I man need equal rights and justice
I got to get it, equal rights and justice
I really need it, equal rights and justice
Just give me my share, equal rights and justice

What is due to Caesar
You better give it all to Caesar, yeah, yeah, yeah
And what belong to I and I
You better, you better give it up to I

‘Cause I don’t want no peace
I need equal rights and justice
I need equal rights and justice
I’ve got to get it, equal rights and justice
I’m a fighting for it, equal rights and justice

Everyone is heading for the top
But tell me how far is it from the bottom
Nobody knows but everybody fighting to reach the top
How far is it from the bottom

I don’t want no peace
I need equal rights and justice
I need equal rights and justice
I’ve got to get it, equal rights and justice
I really need it, equal rights and justice

Everyone is talking about crime
Tell me who are the criminals
I said everyone is talking about crime, crime
Tell me who, who are the criminals
I really don’t see them

I don’t want no peace
I need equal rights and justice
We got to get equal rights and justice
And there will be no crime, equal rights and justice
There will be no criminals, equal rights and justice

Everyone is fighting for equal rights and justice
Palestinians are fighting for equal rights and justice
Down in Angola, equal rights and justice
Down in Botswana, equal rights and justice
Down in Zimbabwe, equal rights and justice
Down in Rhodesia, equal rights and justice

 

Una ribellione che raggiunse il culmine nel ’78, anno in cui vide la luce il terzo e storico album, Bush Doctor. Era il 22 aprile quando allo stadio nazionale andò in scena il One Love Peace Concert, evento che passò alla storia soprattutto per il fatto che Bob Marley chiamò accanto a sé i politici Edward Seaga e Michael Manley – leader dei principali partiti giamaicani e responsabili di una guerra che aveva messo a ferro e fuoco l’intera isola – e una volta saliti sul palco, li costrinse a stringersi pubblicamente la mano come segno di unità per la popolazione.

Peter Tosh (https://terzopianeta.info)Al contrario, durante la sua esibizione Peter Tosh ne approfittò per inveire contro di loro senza alcun riguardo e mentre i politici osservavano lo spettacolo seduti in seconda fila, tra una parolaccia e l’altra cominciò rinfacciargli ogni promessa fatta e mai mantenuta. Accusò i membri del governo di aver rubato le risorse della Giamaica, attaccò la polizia, paragonò i due uomini ai «so called great men», i cosiddetti grandi uomini della sua canzone You Can’t Blame The Youth, ma che altro non erano se non sciacalli, sottolineando che i problemi relativi alla criminalità, erano il diretto risultato di una narrazione storica che aveva portato alla glorificazione della violenza.
 

«Non importa cosa succede oggi e chi è al potere – tuonò dall’alto dei suoi 195 cm – il governo deve sapere che ci sono molte forze malvagie che non vogliono vedere un progresso […] Sento dire “Questo è l’anno anti-apartheid”, il che significa che i neri dovrebbero essere più consapevoli dei loro diritti costituzionali, mentre la maggior parte dei cosiddetti neri svantaggiati non sanno nemmeno cosa siano […] Impara che questa società ha 3 classi: L’alta borghesia, la media e la bassa. Chi è povero, non gode di privilegi e soffre nel ghetto […] lotta per raggiungere la classe media, combatte per arrivarci […] La gente ha fame sono persone che sono arrabbiato! Non sono un politico, ma ne subisco le conseguenze! Capito? Ora signor Manley, vi parlerò direttamente perché posso farlo sapendo che, secondo voi siamo amici, giusto? […] Vorremmo che i membri del governo si incontrassero. Se non ti prendi cura delle persone e della classe sociale che soffre…perché la polizia è sempre pronta a brutalizzare la gente, perché? […] Questo sistema di merda deve cambiare. Ora, se il governo si incontra e dice “Ora”. Se vogliamo portare il paese ad uno sviluppo, dobbiamo fare in modo che anche il suo popolo si sviluppi… Perché non puoi sviluppare un paese senza sviluppare il popolo. Le persone sono malnutrite e tutte queste cose sono evidenti […] E’ solo un sistema destinato a sminuire i poveri, capisci? Solo i poveri vanno in prigione, ogni volta che vado in galera vedo solo gente povera. Vai in tribunale ed è pieno di poveri.»

Peter Tosh minacciò gli addetti alle riprese, vietando loro di filmare quello che probabilmente sarebbe stato il momento più rilevante della sua carriera e il giorno seguente, evitando di prendere in considerazione il cuore del suo lungo intervento, dai giornali venne accusato di aver messo in imbarazzo il paese disprezzando apertamente le autorità.

Pochi mesi dopo, fermato dalla polizia venne tradotto in carcere, dove bastoni alla mano una decina di agenti lo linciarono fin quando tumefatto in volto e a cervello in vista per le fratture al cranio, Peter Tosh si finse morto placando l’ira dei militari. Per l’ennesima volta aveva pagato per aver mosso accuse contro un regime che teneva un popolo tra fame e angherie.

La musica è la mia arma per combattere

Non ne comprarono il silenzio, uscirono gli album Mystic Man, Wanted: Dread and Alive e poi Mama Africa con brani quali Recruiting Soldiers, The Day The Dollar Day, Reggaemylitis, versi d’amore per quella musica che definisce come una sorta d’influenza che dalle ossa gli giungeva fin alla testa. Ed ancora Glass House, Feel No Way, Where You Gonna Run, con cui voleva mostrare come il mondo fosse di fronte a illusioni e problemi la cui unica soluzione era l’amore e poi Not Gonna Give It Up: «Lotterò fino a che l’Africa e gli africani non saranno liberi»
 

I’m not gonna give it up
I’m not goin’
I’m not gonna give it up
I’m not goin’
I will be fighting
I’ve got to be fighting
I will be fighting
Til Africa
And Africans are free

I said that I been up there
And I’ve seen poverty beyond compare
I know slave drivers just don’t care
They just don’t care

Africa’s the richest place
But it has the poorest race
And to me it’s just a disgrace
Just a disgrace

Africans don’t wait too long
We gotta fight ‘cause it’s not wrong
Won’t you join in and sing this song
Sing this song

To be poor it’s a hurtful pain
Livin inna poverty it’s a burning shame
Help yourself ‘cause man you’re not lame
You are not lame

 

Nel 1986 la casa di Peter Tosh venne distrutta da un incendio doloso e la sera dell’11 settembre 1987, un manipolo di uomini armati — fra cui il trentenne Dennis ‘Leppo’ Lobban — irruppe nell’abitazione intimando ai presenti — alcuni amici e la compagna di Tosh, Marlene Brown — di consegnar il denaro in possesso; nessuno però aveva con sé contanti e agli assalitori venne quindi proposto di tornare l’indomani mattina, ma a tal risposta spararon due colpi all’indirizzo della donna, ella prontamente lasciandosi cader a terra e fingendosi morta; un rapinatore allora si diresse verso il Rasta e con un gesto repentino, gli strappò monile d’oro dal collo e caricò per centrarlo col calcio della pistola, al che Tosh, peraltro abile artista marziale, istintivamente eluse tentativo ed all’unisono assestandogli un siluro in pieno volto; di fatto firmando la propria condanna a morte; Lobban invero, in crescente panico al degenerar della situazione, a colui dal quale sin dall’adolescenza qualsivoglia genere d’aiuto aveva ricevuto, s’avvicinò, puntò volata della 9mm alla fronte ed impietosamente, due fiammmate esplose.
Peter Tosh si spense durante il tragitto in ospedale e a distanza di dieci giorni, il 21 settembre, uscì il settimo album, No Nuclear War.
 

Equal rights & Downpressor Man

 

Apartheid & You can’t blame the youth

 

Not gonna give it up

 

 

 

The day the Dollar die

 

 

I Am That I Am (Acustico)

 

 
 
 
 

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