Junior Wells, la storia del Padrino del Blues
In attiva simbiosi professionale alla sua armonica per oltre un quarantennio, Junior Wells ne interpretò l’anima sussurrandole intime sfumature nel camaleontico stile che lo contraddistinse, rendendolo alla storia come il Padrino del Blues.
La musica è la stenografia dell’emozione. Emozioni che si lasciano descrivere a parole con tali difficoltà sono direttamente trasmesse nella musica, ed in questo sta il suo potere ed il suo significato.
Lev Tolstoj
Affrancare i fisici dalla sfibrante spossatezza accumulata in campi di cotone o piantagioni di tabacco era impresa alquanto ardua, talvolta utopica, per gli afro-americani ridotti in schiavitù e per i loro discendenti, ma sullo stesso terreno in cui le loro schiene s’arcuarono ad oltranza obbligate dalle umilianti fatiche, religiosi canti a riferimento biblico, gli spirituals, si diffusero a cavallo tra il diciottesimo ed il diciannovesimo secolo, sovvennendo ai loro patimenti d’animo e sacralmente racchiudendo nell’unione di voci l’intima speranza di un futuro in cui la privazione libertà potesse divenire un remoto ricordo.
Alla coralità s’accompagnavano battiti di mani e note melodiche ad ondeggiante intonazione, caricate su una sola sillaba testuale a differenti altezze, come tipico del malinconico blues che sarebbe sorto più avanti, radicandosi indissolubilmente lo stesso alla storia americana come genere musicale con ogni probabilità, data la mancanza di prove certe a riguardo, evolutosi dallo spiritual, sebbene con indubbio ampliamento di tematiche e nel corso degli anni ramificandosi in sottogeneri e generi derivati, oltre a scene regionali con peculiarità relative all’area geografica, come per esempio fu per il Delta Blues, originatosi culturalmente, al tramonto degli anni Venti, sul Delta del Mississippi, fra chitarre ed armoniche, e in riferimento alle cui origini stilistiche ebbe ad affermarsi, a cavallo tra gli anni Quaranta e Cinquanta, il Chicago Blues, la cui immensa notorietà varcò i confini della città, divulgandosi sull’intero territorio statunitense dalla fine del 1930, rispetto al Delta ampliando il bacino strumentale, a chitarra elettrica e armonica affiancando batteria, pianoforte, basso e, in un secondo momento, sassofono e basso elettrico.
A quell’epoca, calpestava il suolo di Chicago l’ardimentoso passo di un musicista in aspirazione di suono e canto il quale, posata alla bocca un armonica di soli due dollari, ne soffiò all’interno ogni ambizione, di fantasia facendo realtà.
Junior Wells, al secolo Amos Wells Blakemore Jr., nacque il 9 dicembre 1934 – probabilmente a Memphis, in Tennessee, certamente cresciuto in Arkansas, a West Memphis, attualmente la più vasta cittadina della contea di Crittenden, situata sulle sponde del Mississippi, nella cui vallata fluviale si radicarono remote culture appartenenti ai nativi americani, che per ben dieci migliaia di anni la popolarono ed il cui fango fu sinfonico giaciglio da cui affiorarono, diffondendosi nell’aria, le migliori voci del succitato genere.
Iniziò a posar soffio su ance d’armonica appena settenne, persuaso dal cugino, polistrumentista e cantante dall’indimenticato timbro vocale, Herman ‘Junior’ Parker (1932-1971), sperimentandosi un anno più tardi, al cospetto di Sonny Boy Williamson II (1912-1965), leggendario musicista che da autodidatta, s’elevò a pifferaio magico ed in peculiare stile indelebilmente imprimendosi nella memoria Blues d’ogni epoca.
Incomprensioni della coppia genitoriale, sfociate in divorzio, condussero il quattordicenne Wells a cambiare residenza e, restando a fianco della madre, trasferirsi a Chicago cogliendo nella realtà musicale della città dell’Illinois opportunità di muovere passi in piccoli gruppi, esibendosi in locali notturni a dispetto dell’allora vigente legislazione per cui ai minori non era permesso, giungendo a collaborare con il cantante, pianista e compositore John Len Chatman (1915-1988) in arte Menphis Slim, spesso a capo di compagini Jump Blues — stile d’influsso Jazz sorto nella seconda metà degli anni Quaranta — ed ancora con il cantante pianista, chitarrista e virtuoso del kazoo, Hudson Woodbridge (1904-1981), in arte Tampa Red — epiteto originato dall’unione di ramata capigliatura con Tampa, capoluogo della contea di Hillsborough, sulla costa occidentale della Florida, ove si stabilì, cresciuto da zia e nonna adottando cognome Whittaker, alla perdita di entrambi i genitori — geniale compositore e padrone del bottleneck dall’originale tecnica slide a corda singola ispirò eminenti chitarristi della scena Blues chicagoana. Wells collaborò inoltre con il pianista e cantante Johnnie ‘Little Johnny’ Jones (1924-1964) che, sopraggiunto nella metropoli nel 1945, assieme al chitarrista e rivoluzionario armonicista Marion Walter Jacobs, ossia Little Walter (1930-1968) ed al prominente cantante, batterista e chitarrista ‘Baby Face’ Leroy Foster (1923-1958), s’inserì nel gruppo di Tampa Red, suonando in una decina di sessioni, fra il 1949 e il 1953, a sostituzione del pianista, purtroppo offeso definitivamente nella mano destra a seguito d’emorragia cerebrale, Major ‘Big Maceo’ Merriweather (1905-1953), dallo stesso carpendo tocco di tasti. Little Johnny per di più accompagnò il cantautore e chitarrista McKinley Morganfield (1913-1983), asceso a Father of Chicago Blues in firma di Muddy Waters, suonando inoltre con personalità del calibro del musicista e compositore Elmore ‘James’ Brooks (1918-1963), nonché di Albert Nelson (1923-1992), nella storia come Albert King, formando trinità dei Re insieme a B.B. King e Freddie King.
Preziose frequentazioni nel cui bacino artistico Wells seppe afferrare tecniche e miscelare se stesso, gradatamente crescendo insieme al suo strumento e finalmente concretizzando connubio, all’interno degli Aces, che, attiva dal 1950 al 1970 e formata dal batterista Frederick ‘Fred’ Below Jr. (1926-1988) ed i fratelli Myers, Louis (1929-1994) alla chitarra e l’altresì bassista Dave (1927-2001), fu tra le prime e significative espressioni di Blues elettrico.
I Myers, originari del Mississippi, si erano trasferiti a Chicago nel 1941, facendosi in fretta strada da esser convocati da Arthur William ‘Big Boy’ Crudup (1905-1974) e note notturne con Padre del Rock furono auspici di conoscenza con Wells e Below, quest’ultimo notevolmente esperto nell’accentuazione ritmica sui battiti pari, celebre abilità, denominata backbeat, incomparabilmente condizionando le basi dello specifico genere.
Un biennio più avanti, nel 1952, Little Walter assecondò desiderio di carriera solista e separatosi dal nucleo di Muddy Waters, assoldò Below e i fratelli Myers al nome di band al seguito, The Jukes, presto assurgendo a protagonista del Blues elettrico di Chicago e testimone, raccolse Junior Wells, il quale, nel frattempo delineando un proprio stile, ne aveva acquisito tecnica amplificata e subentro al grande armonicista, si rivelò occasione di registrare per la prima volta, quello stesso anno, all’interno del gruppo d’appartenenza.
Dall’altra parte, il percorso con The Aces, seppur breve, fu per Wells essenziale e prolifica esperienza attraverso la quale eufonicamente inserirsi tra l’influenza Jazz dei Myers e l’elegante shuffle beat di Below — artefice di rinnovata visione della batteria — dunque portando a bagaglio lo stile raffinato peculiare dello Urban Blues e decisamente avanguardista sui tempi.
Dopo breve periodo come supporto a Little Walter, Louis Myers lasciò, nel 1954, Below l’anno successivo, intraprendendo ruolo di turnista presso la storica Chess Records fondata nel 1950 dai fratelli di polacche radici Leonard (1917-1969) e Phil Chess (1921-2016), tuttavia suonando in più circostanze ancora con Jacobs, sia a favore d’innumerevoli altre personalità, mentre Dave imboccò percorso assurgendo, alla fine degli anni Cinquanta, fra i pionieri del basso elettrico, appoggiando autorevoli artisti tanto in sala d’incisione, quanto in concerti: differenti tragitti personali che non furono comunque d’intralcio a saltuarie riunioni degli originari Aces i quali varie volte, fra il 1960 e il 1980, tornarono calcare le scene, altrettanto concentrandosi in studio, frattanto in medesimo arco temporale di tempo, Junior Wells s’avventurò in sperimentazioni che ne avrebbero tratteggiato carrieristicamente la maestria.
Hoodoo Man Blues, ascesa ed eredità di Junior Wells
All’ombra dell’Elks National Memorial, da maggio 1952 a dicembre 1957, fu attiva una piccola etichetta discografica, filiale della United Records, rispondente al titolo di States Records, principalmente focalizzata su Blues, R&B, Gospel e Junior Wells ne divenne ambasciatore registrando alcuni dei suoi brani più incantevoli e fortunati, sebbene molti fossero cover, attingendo l’armonicista soprattutto dalla produzione di Sonny Boy Williamson II, dopodiché, passato alla Chief Records di Mel London mise in vinile interpretazione di It Hurts Me Too, Little by Little con questa posizionandosi al ventitreesimo posto della classifica R&B del 1960, graduatoria concepita nel 1942 e settimanalmente pubblicata dalla rivista musicale statunitense Billboard, nel cui elenco comparvero massicciamente pezzi funk, soul, rhythm and blues, jazz, doo-wop e rock and roll.
Autore del testo era Mel London (1932-1975), cantautore e produttore discografico proprietario dell’etichetta e delle complemetari Profile ed Age, fra gli anni Cinquanta e Sessanta personalità degli ambienti Blues ed R&B, cessando attività nel 1964 a causa d’insormontabili complicazioni finanziarie e così chiudendo i battenti sull’encomiabile quantità di canzoni scritte e una produzione di un’ottantina di singoli per decine d’artisti, che alla sua modesta etichetta restituirono meritata memoria, su tutti Junior Wells, in virtù d’attribuzione scrittoria della sua canzone più conosciuta, Messin whit the Kid, anch’essa del 1960 ed impressa nella Blues Hall of Fame.
Fu invece la Delmark Records, la più remota casa discografica americana indipendente, specializzata in blues e jazz, ufficialmente fondata nel 1958, ad onorarsi, nel 1965, del suo album di debutto, Hoodoo Man Blues, in collaborazione con l’allora giovane e non ancor molto noto George ‘Buddy’ Guy (1936), cantautore e fra i più lucenti chitarristi blues mai esistiti, le cui mani sfiorarono corde all’età di diciassette anni e a ventinove, cospicuamente intersecante la carriera di Wells, con eccezionale impronta sulla stessa.
Il fondatore della Delmark Records fu Robert Gregg Koester, nato nel 1932 a Wichita, in Kansas, al quale passion di musica folgorò il cuore durante una degenza ospedaliera causa polmonite, infatuandosi il bimbo sulle avvolgenti performance del chitarrista e banjoista jazz Albert Edwin ‘Eddie’ Condon (1905-1973) e del compositore, bandleader e clarinettista swing Benjamin David ‘Benny’ Goodman (1909-1986), fuoriuscenti da una radio che fu per lui occasione di dedicarsi anima e corpo alla sua folgorante ed appena scoperta passione, cominciando con l’acquistare vecchi dischi e percorrendo sentitamente la strada che l’avrebbe poi condotto alla creazione d’una propria etichetta e stimando a tal punto Wells, da spronarlo alla pubblicazione del succitato Hoodoo Man Blues, primo album solista su dodici tracce, prestando voce ed armonica, mentre chitarra fra le mani di Buddy Guy, lo straordinario Jack Myers (1937-2011) al basso e William Warren (1919-2000) alla batteria, inoltre concedendo all’armonicista ampia libertà di scelta, sia dei musicisti che delle canzoni, in fede alla sua personale visione priva di vincoli che assoggettassero l’artista a logiche meramente commerciali, con puro onore divenendo trampolino di lancio da cui la carriera di Wells prese vita.
L’incontro fra Wells e Koester, avvenne sullo sfondo d’un annata in cui il blues era in corso d’ascesa, nonostante le sue note circolassero ancora esclusivamente a cavallo di 45 e 78 giri perlopiù distribuiti da minuscoli negozi di quartiere d’altra professione, urlando dunque lodevole lungimiranza la scelta del produttore, peraltro avvenuta in un periodo in cui il Wells con tre decadi d’esistenza alle spalle non era più un giovane musicista che necessitava d’esser preso per mano dagli artisti che lo condussero nel mondo del blues, in effetti egli ormai dilettandosi fra tour autonomamente, giungendo al suo primo album con tutto il roco carico della sua voce amoreggiante all’armonica, interpretando il proprio animo soffiandolo con carismatica soavità e seducenti toni melodici, palesati in una capacità d’interpretazione sagacemente proposta fra compiacente ironia, consapevole self control, lentezza di suono e carica emotiva, nell’incantevole e multiforme ingegnosità a lui propria nel rendersi irresistibilmente mutevole a seconda dei brani, bucando ogni ascolto.
Album in cui l’interazione tra Wells e Guy s’enunciò a meraviglia melodica, incrociandosi i due in una sorta di gioco fra accodi, note e sottili contrasti ritmici all’interno dei quali suonare la magia della complementarietà, a non tutti concessa, ma effusasi nell’immediata intesa che come euritmico manto avvolse anche Myers e Warren, nell’accordata potenza canora e strumentale amabilmente assaporabile fra graffi di vinile.
Nel susseguirsi del tempo e di successivi cinque Lp, pubblicati con differenti etichette, quali It’s My Life, Baby! nel 1966, Coming at You e You’re Tuff Enough nel 1968 e Buddy and the Juniors due anni dopo, varie furono le cooperazioni fra Wells e Guy, in accoppiata al quale, sempre nel 1970, in aggiunta al privilegio di lavorare con gli intramontabili Rolling Stones, uscì con South Side Blues Jam, oltre alla presenza di Guy quella del vecchio amico Louis Myers e del formidabile pianista e cantante statunitense Otis Spann (1930-1970), famoso per una peculiare modalità di suono, di cui mentore fu lo stesso Big Maceo Merriweather.
Con South Side Blues Jam, Wells riagganciò contatti professionali con la Delmark Records, che ne pubblicò anche On Tap, nel 1974, fra i due un paio di lavori che videro la luce nel 1972, South Side Reunion e Play the Blues, ambedue con presenza di Buddy, lo stesso presente nei due successivi, Pleading the Blues, nel 1979 e Going Back, nel 1981.
Dei cinque album che attraversarono gli anni novanta, Buy apparve unicamente in Alone & Acoustic, del 1991, d’un anno precedente Harp Attack, a concludere carrellata di pubblicazioni in studio Better Off whit the Blues, Everybody’s e Come On in This House, rispettivamente nel 1993, 1995 e 1996, in aggiunta ad una decina di registrazioni live nelle quali Buddy Guy fu quasi onnipresente.
Nella densa, scintillante ed appassionata carriera di Junior Wells, l’album d’esordio, divenne faro illuminante la mente dei musicisti che vi dettero ascolto, aprendo vena artistica all’innovazione di tutti coloro che vollero affrancarsi da cliché e moduli predefiniti che le stesse etichette discografiche, solitamente succubi a leggi di mercato, imponevano ai bluesman degli anni Cinquanta, loro offrendo la sola possibilità d’esprimersi cin circoscrizione, ma predisponendo studio di registrazione con strumenti ed artisti da loro scelti, in un certo senso snaturando l’artista ed immolandolo a favor di guadagno.
In quest’ottica, l’affrancamento della Delmark records da ogni logica di questo tipo divenne conchiglia in cui Wells poté esprimersi come perla nella sua naturalità, allo stesso tempo lasciando in eredità alla scena blues la leggerezza di poter far di schemi e moduli delle zavorre da tranciare, in virtù d’un’indole canora o strumentale che potesse divenire congruente all’interiorità d’ogni artista, consentendone oltretutto libera apertura a quella sovrapposizione di generi da cui sorsero magnifiche e sensuali melodie, come avvenne per i giovani Junior e Buddy, alla fine, la cui convergenza toccò i rispettivi pinti vitali per oltre in trentennio, rendendo onore a quella che fu la coraggiosa scelta d’indipendenza d’una casa discografica nata in punta di piedi sui desideri di un fanciullo, forse il medesimo che in Wells correva sulla superficie di sogni portati a realtà.
Meno generoso fu il destino nel concedergli salute, avvinghiandolo nella meschina stretta d’una patologia oncologica e propinandogli un attacco cardiaco nel 1997, sfibrandone a tal punto la fisicità da condurlo a fine vita il 15 gennaio 1998, appena sessantatreenne, nella sua Chicago, custodendone le spoglie l’Oak Woods Cemetery, camposanto fondato nel 1853, un’ampia distesa di verdi prati sotto i quali riposano numerose personalità celebri americane, ove l’assenza di recinzioni e l’armoniosa strutturazione ambientale, concepite dal noto architetto paesaggista Adolph Strauch (1822-1883), s’offrono a perpetua dimora dell’armonicista che, esattamente oggi, come 87 anni fa, urlò il suo primo vagito la cui potenza, negli anni, sarebbe esplosa in leggendario ed armonico soffio e la cui assoluta bellezza all’ascolto, rimane intatta, impermeabile al passaggio del tempo.
Mi recai in un banco dei pegni in centro e l’uomo aveva un’armonica al prezzo di 2 dollari. Trovai impiego distribuendo bibite con un camioncino […] lavorai tutta la settimana ed arrivato al sabato ricevetti un dollaro e mezzo. Un dollaro e mezzo! Per un’intera settimana di lavoro. Tornai al banco dei pegni e l’uomo confermò i due dollari. Gli dissi che dovevo avere quell’arpa. Lui si allontanò dal bancone — lasciando l’arpa. Allora posai il mio dollaro e mezzo sul bancone e presi l’arpa. Andai a processo e il giudice mi domandò perché avessi compiuto il gesto. Gli dissi che dovevo avere quell’arpa. Così mi chiese di suonarla e dopo averlo accontentato, diede all’uomo i rimanenti 50 centesimi e urlò «Caso chiuso».(Junior Wells, 1948, Barry Lee Pearson, Sounds So Good to Me: The Bluesman’s Story, 1984, Pag. 53)
WTTW Studios, Chicago, 1971
Montreux 1974
Montreux, 1974
Kentucky Center for the Arts, 1987
Kentucky Center for the Arts, 1987
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