Plastica: il Cibo che Portiamo in Tavola
Plastica, il nuovo cibo che portiamo in tavola a causa dei rifiuti che continuiamo a gettare in ogni dove, dimostrando di non aver alcun rispetto per la natura e a ben vedere, neanche per l’essere umano.
Già da tempo molte associazioni ambientaliste, denunciano quanto la presenza di plastica nei fiumi, nei mari e negli oceani, metta in serio pericolo l’intero ecosistema.
Entrata in contatto con gli ambienti naturali, la plastica si degrada raggiungendo le dimensioni di nanoparticelle, di fatto entrando a far parte della catena alimentare della fauna ittica.
A lungo gli scienziati si sono chiesti il motivo per cui, alcune creature marine fossero maggiormente predisposte a confondere la plastica con il cibo e adesso, attraverso uno studio effettuato su un campione di acciughe, si è visto come queste siano tratte in inganno dall’odore dei microrganismi che colonizzano il materiale.
Una ulteriore ricerca condotta in Svezia, dal Dipartimento di Biochimica e Biologia Strutturale dell’Università di Lund, ha inoltre osservato come la plastica sia anche responsabile di gravi alterazioni sul comportamento e sul metabolismo dei pesci, tanto da ritenere più che necessario, intraprendere analisi approfondite circa gli effetti delle nanoparticelle sulla salute umana, in quanto nei prodotti di uso comune, se ne fa un crescente utilizzo pur avendone una scarsa conoscenza.
Uno studio effettuato dall’Istituto Nazionale Francese per la Ricerca Agronomica e condotto su animali, ha dimostrato come una continua ingestione all’additivo alimentare E171, nanoparticelle di biossido di titanio, abbia possibili effetti cancerogeni. Il 12 luglio del 2017, otto associazioni francesi hanno inviato una lettera aperta al primo ministro Edouard Philippe, chiedendone la sospensione temporanea in attesa di approfondimenti.
Purtroppo per loro, le acciughe fanno parte di quegli animali, chiamati ad essere un’importante fonte di sostentamento di predatori, che semplicemente nutrendosi, saranno a loro volta “inquinati” dalle sostanze nocive presenti nelle carni delle povere vittime.
Inoltre, dobbiamo ricordare che come molte altre specie, le acciughe sono i cosiddetti “pesci da foraggio”, cioè utilizzati nell’industria per produrre olio e farine, per gran parte destinate agli allevamenti ittici.
Insomma, i pesci mangiano plastica e questa, sotto varie forme arriva sulle nostre tavole e stando a quanto fanno sapere sapere i ricercatori belgi dell’Università di Ghet, una volta ingerita, parte di questa rimane nei tessuti del corpo umano, andando ad accumularsi nel tempo.
E’ quindi ovvio immaginare come a lungo termine, questo possa rappresentare un rischio per la nostra salute e quella delle future generazioni, considerando anche quanto emerge dal comunicato stampa fatto da Michael Gove, Segretario di Stato per l’Ambiente britannico.
Citando le stime effettuate dagli esperti, si legge, “circa 8 milioni di tonnellate di plastica finiscono negli oceani ogni anno”, diventando cibo per “31 specie di mammiferi marini e oltre 100 specie di uccelli marini”.
Plastica anche nei prodotti per la cura personale
Grazie anche alle pressioni esercitate da Greenpeace, sembra che in autunno la Gran Bretagna introdurrà la legge per vietare la fabbricazione di microbead, le piccole scaglie di plastica utilizzate su larga scala e presenti in prodotti come dentifrici, saponi, gel doccia o creme esfolianti.
Un primo importante passo, già fatto dagli Stati Uniti con il governo Obama nel 2015, quando si decise che da luglio 2017, sarebbe stata vietata la produzione di articoli per la cosmesi e per la cura personale utilizzando microbead e poi vietandone la vendita entro giugno 2018.
Iniziativa invero, intrapresa anche in Italia dall’On.Ermete Realacci con la proposta di legge n.3852, presentata alla Camera il 23 maggio 2016 per essere trasmessa in prima lettura al Senato il 28 ottobre e che vede tra i cofirmatari, deputati di vari schieramenti politici.
Con qualche dubbio sui tempi e forse anche sulla capacità di portare a termine certi impegni, Marevivo, organizzazione che s’impegna nella protezione, conservazione e promozione delle aree marine, pur promuovendo la legge, ha tentato di giocare d’anticipo lanciando una petizione su Change.org, indirizzata a Sergio Mattarella, Pietro Grasso e Laura Boldrini, per evitare che «come è successo già altre volte – scrivono quelli di Marevivo – non vogliamo rischiare che la proposta di legge venga bloccata e dimenticata in Parlamento».
Fermo restando che per quanto riguarda la cosmesi, esistono prodotti alternativi e naturali, iniziare ad accettare i segni del tempo e qualche difetto, forse potrebbe essere già un primo cenno di evoluzione.
Altrettanto, sarebbe giunto il momento di convincerci del fatto di essere quel famoso anello della catena e quindi, se limitare gli sprechi, osservare le norme per lo smaltimento dei rifiuti e boicottare le aziende che non rispettano le leggi, non lo vogliamo fare per proteggere la natura, facciamolo per proteggere noi stessi.
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