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Paperino, la storia del pennuto più amato e celebrato

 
Tra i più dilettevoli e adorabili personaggi d’artistica immaginazione, Paperino, vulcanico, magnanimo ed inesauribile pennuto, indissolubilmente legato all’estrosa e paterna fantasia di Walt Disney, unisce generazioni continuando a deliziar cuore e spirito a dispetto del correr del tempo.

Io non faccio film solamente per bambini. Li faccio per il bambino che è in tutti noi, che abbia sei o sessant’anni.
Walt Disney

Nel lontano 1904, l’ingegnoso e lungimirante acume dell’inventore, scienziato, fisico, regista, produttore cinematografico e direttore di fotografia, nonché antesignano delle tecnologie radio, Lee De Forest (1873-1961) ebbe a brevettare, fra le oltre trecento ideazioni contrassegnate, il Phonofilm, pietra miliare del sonoro che nel giro di qualche anno avrebbe rivoluzionato l’universo cinematografico, offrendo la possibilità d’imprimere il suono, parallelamente alle immagini, direttamente sulla pellicola mediante un raggio luminoso, metodologia pubblicamente esposta il 12 marzo 1923 ed accolta da un commisto d’incredulità e diffidenza d’un’epoca, piuttosto avara d’entusiasmo ed a tratti incline al discredito, in opposta tendenza alla visione del produttore cinematografico e regista irlandese, naturalizzato statunitense, PatrickPatAnthony Powers (1870-1948) il quale, acutamente intuendone l’immenso potenziale, un quadriennio più tardi si propose acquisire la Phonofilm Coporation, ripiegando, a fronte del fallito proposito, con una sorta di clonazione del sistema, attuata dalle capacità tecniche dell’ingegnere audio e inventore, alle dipendenze di Forest dal 1921 al 1927, William E. ‘BillGarity (1899-1971), che battezzò Powers Cinephone e contro cui, il defraudato Lee nulla poté, poiché ristrettezze economiche affrontate in tal periodo, gli preclusero avvalersi d’adeguata difesa e a distanza di circa dodici mesi, ad amarezza s’aggiunse constatazione di vendita del Cinephone al genio disegnatore, animatore, imprenditore, cineasta, doppiatore e produttore cinematografico, WalterWaltElias Disney (1901-1966), dal 16 ottobre 1923, titolare, in società col fratello minore Roy Oliver (1893-1971), della Disney Brothers Cartoon Studio, variandone denominazione in Walt Disney Studio nel 1926, Walt Disney Productions nel 1929, fin all’attuale Walt Disney Company adottato nel 1986.
 

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Walt Disney, 1917

 
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Walt Disney, 1940

 
Per gran parte del ventesimo secolo, figura di spicco della Disney fu il regista, compositore e animatore statunitense Wilfred Emmons Jackson (1906-1988), colui che s’adoperò al fin di pregiar del sonoro Steamboat Willie, commedia musicale d’animazione della durata di sette minuti e quarantotto secondi, la cui regia firmarono Disney e il fumettista animatore Ub Iwerks (1901-1971), realizzando così il terzo cortometraggio della serie Mickey Mouse, sebben il primo ad esser diramato e per cotal motivo ritenuto ufficiale esordio di Topolino e dell’adorata Minni, diminutivo di Minerva, negli Stati Uniti portato alla popolarità dalla Celebrity Productions il 18 novembre del 1928, peraltro data corrispondente al debutto della società di produzione fondata dallo stesso Pat Powers, alla quale inizialmente Walt assegnò la distribuzione dei suoi cartoni animati parlanti.
 
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Lee De Forest, 1923

 
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Bill Garity, Anni Trenta

 
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Wilfred Emmons Jackson, 1946

 
Fra gli attori di Steamboat Willie, il veterano dei personaggi Disney, Peg Leg Pete, ossia Pietro Gambadilegno, protagonista o comprimario di centinaia d’avventure a fumetti e d’animazione, giunto sulle scene a febbraio 1925, in Alice solves the puzzle, esibendo fattezze d’orso e identità di Bootleg Pete, mentre nel predetto corto, apparendo con l’aspetto felino mai più abbandonato ed interpretando ruolo di rivale — come tanto soventemente ricoprirà da divenirne antagonista per antonomasia — d’un esordiente Topolino, nella circostanza, giulivo al timon di vaporetto, fischiettando le note di Turkey in the Straw, brano folk del diciannovesimo secolo, ascritto fra le canzoni popolari statunitensi maggiormente antiche e celebrate d’ogni tempo.
 

Alice Solves the Puzzle, 1925

 

Steamboat Willie, 1928

 

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Walt Disney, 1928

 
Ad un biennio dall’uscita di Steamboat Willie, avvenne dunque la suaccennata variazione costitutiva della Disney Brothers Productions e a provocarla, la scoperta di traffici finanziari tra Iwerks — in quota societaria al 20% — e l’ambizioso Powers, il quale esortò l’autore a compartecipare all’istituzione del proprio Studio col mero obiettivo di prevalere sui Disney, tentando d’indebolirne la produzione sin a costringerli ad accettare deleterie condizioni, tuttavia non riuscendo nell’intento, poiché i fratelli, nient’affatto intimoriti, ma viceversa armati d’intraprendenza e pronti al sacrificio, attraversando stenti e degnamente sostituendo colui che fino ad allora era stato il principale animatore, risalirono egregiamente la china, tanto da convincere Powers ad interrompere, nel giro d’un sessennio, qualsivoglia sovvenzione all’attività di Iwerks, a questi non rimanendo che chiudere i battenti.

La differenza tra vincere e perdere è, il più delle volte, non mollare.
Walt Disney

Il 9 giugno del 1934, regia di Wilfred Jackson, musiche del compositore Leigh Harline (1907-1969), animazione di Wolfgang Reitherman (1909-1985), Archibald ‘Archie’ Robin (1910-1999), Ugo d’Osi (1897-1964), Richard Martin ‘Dick’ Huemer (1898-1979), Louie Scmitt (1908-1993), Frenchy de Tremaudan (1909-1988), Clito ‘Clyde’ Enrico Geronimi (1901-1989) e Arthur Harold Babitsky ‘Art Babbitt’ (1907-1992), vide luce pellicola dal titolo The wise little hen, «La gallinella saggia», cartone di circa otto minuti divulgato dalla United Artists Corporation — storica azienda di produzione e distribuzione cinematografica sorta nel 1919 in volontà di Charlie Chaplin, Douglas Fairbanks (1883-1939), David Wark Griffith (1875-1948) e Mary Pickford (1892-1979), nell’ottantuno inglobata dall’immarcescibile Metro Goldwyn Mayer: evocazione d’atavica fiaba della tradizione russa, già ispiratrice di La gallinella rossa pubblicata nel 1874 da Mary Mapes Dodge (1831-1905) sulle pagine della rivista per bambini, St. Nicholas Magazine, ma soprattutto, esordio, con voce originale del doppiatore e cantante Clarence Charles ‘Ducky’ Nash (1904-1985), dello spassoso, amabile ed estroverso Donald Fauntleroy Duck, in Italia, Paolino Paperino.
 

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Paperino, esordio 1934

 

Un papero nella storia

Sull’eco d’esclamazione «Who, me? Oh no! I have bellyache!», ne La gallinella saggia Paperino si presenta al mondo — in data poi indicata di nascita — recitando nel quarantacinquesimo episodio di Silly Symphony, sperimentale serie dalla Walt Disney Productions pubblicata dal 1929 al 1934, per un totale di settantacinque racconti — sette vincitori dell’Academy Award for Best Animated Short Film — dove, rispetto all’antecedente collana di Topolino, oltre a disporre d’una più ampia compagine d’attori, i protagonisti, salvo taluni a partecipazione costante, s’avvicendarono di continuo nel susseguirsi delle puntate, la cui realizzazione fu affidata alla società di Powers fino al 1930, dopodiché, alla Columbia Pictures Industriers — proprietà della Sony Pictures Entertainment — quindi all’UAC e successivamente, con un contratto valevole diciassette anni a partire dal 1937, alla Radio Keith Orpheum Pictures (RKO), mediante la quale diffusione di opere, d’animazione e tecnica mista, numerose annoverate nei classici, dagli Stati Uniti s’estese all’intero Pianeta.
 

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Walt Disney con la moglie Lillian Bounds agli Academy Awards 1935

 
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In titolo esplicitato, «Sinfonie Allegre» venne concepita sul legame d’immagine e musica, com’era stata imperniata, ottenendo successo, la precedente raccolta con Topolino mattatore ed accompagnato dalle composizioni di Leigh Harline (1907-1969), Paperino s’avviò a carriera vestendo i panni del vicepresidente dell’Idle Hour Club — guidato dal fin ad allora sconosciuto Peter Pig, Meo Porcello, maialino antropomorfo scaturito dalla matita dell’artista e pittore Albert Herter (1871-1950) — a cui una gallina chiede collaborazione per la semina del granturco ed irriducibilmente pigro, dimenticando allegra disponibilità manifestatale un’istante prima di ricever domanda, si sottrae alla fatica dei campi fingendo d’essere afflitto da «mal di pancia», pertanto ad ella non resta che accettar l’idea di farsi aiutare dei suoi adorati pulcini, ma al momento del raccolto, speranzosa si reca nuovamente alla sede del circolo, situata su di una barca, avanzando nuova richiesta, stavolta ad entrambi i soci ed ambedue, ripropongono indisposizione, tuttavia la chioccia ne capisce la commedia cogliendoli in complice stretta di mano ed architetta vendetta.
 

The wise little hen, 1934

 
Il Paperino principiante ebbe celere e positivo riscontro, dalla pellicola delle Sinfonie Allegre saltando nella versione a fumetti delle stesse e proiettandosi illimitatamente in successivi cortometraggi, film, proposte cartacee, ruoli da testimonial e pratiche commerciali di merchandising tuttora in essere, fin da subito infondendo simpatia e tenerezza, sentimenti medesimi prorompenti dalla bonaria espressività dello sguardo sottolineato dal becco arancione, in figura paffuta e candida, dalla distintiva divisa blu cobalto, occasionalmente nera, nell’originario ed iconico stile marinaro, ragion di naturale amor per l’acqua, oltre che, all’epoca, diffuso abbigliamento dei ragazzini, coloro ai quali Walt Disney rivolse il proprio interesse nell’idea di dar vita ad un personaggio che si ponesse in alternativa al virtuoso Topolino, forgiandone una personalità scapestrata, intrinsecamente ribelle e bizzarramente monello, in un papero dalle lunghe zampe palmate originando un metaforico soggetto animato in sé raffigurante l’umanità nelle quotidiane vicissitudini, da Paperino affrontate, fra criticità e realismo, cavalcando peripezie con la mirabile leggiadria d’un’amazzone a galoppo sul mondo che d’infinita resilienza fa il suo punto di forza.

Paternità dello stesso, oltre alla fervente ed entusiastica immaginazione di Disney ed alle indiscusse doti animatorie dei succitati Art Babbit e Dick Huemer è parimenti attribuibile, nello sviluppo del personaggio, all’animatore e regista Richard JamesDickLundy (1907-1990), varcante l’ingresso degli Animation Studios, nel 1929, con l’incarico di ripassare ad inchiostro e china i disegni, ricevendo promozione come animatore nemmeno due anni dopo ed ivi rimanendo fino al 1943, anno in cui variò professione saggiandosi come regista per il collega Walter Benjamin Lantz (1899-1994), completando carriera presso la MGM e a servizio della rinomata casa di produzione Hanna-Barbera Productions.
 

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Art Babbitt, 1980

 
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Dick Huemer, 1970

 
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Dick Lundy

 
Attitudine all’ira tipica di Paperino si palesò, sempre nel 1934, nella sua seconda apparizione in Orphan’s Benefit, otto minuti, sulla regia dello sceneggiatore e animatore Burton ‘Burt’ F. Gillet (1891-1971), durante i quali il papero s’infuria con degli orfani che disturbano la sua esibizione sul palco, soffiando in maniera provocatoria il naso e dando origine a ripetute sfide con lo stesso, nel corso di variegate rappresentazioni, nella sua impulsiva e cocciuta reazione Paperino cristallizzando alla storia il suo far attaccabrighe, forgiato dalla perenne sfortuna al suo seguito che ciò nondimeno è impotente nel renderlo gratuitamente meschino, difatti il suo animo custodendo preziosa gemma di bontà, perenne antidoto alle continue frustrazioni a cui la vita lo sottopone, in tal maniera risultando l’incarnazione dell’uomo moderno, potere di far fronte agli avvilimenti con incessante ottimismo, inconsciamente elargendo segreto d’esistenza restia ad adattarsi passivamente alle infauste pressioni degli avvenimenti.
 

Orphans Benefit, 1934

 
Naturalmente, seppur vagamente delineata, di Paperino residenza venne indicata, nel 1944, dal fumettista Carl Barks (1901-2000), fra le strade di Duckburg, Paperopoli, immaginaria cittadina — in esordio sulla Walt Disney’s Comics and Stories, testata mensile a fumetti statunitense attiva dal 1940 — situata nel territorio d’ogni dove di Calisota ed altresì dimora dei ben noti nipoti Qui (Huey), Quo (Dewey) e Qua (Louie), partoriti nel 1937 dai fumettisti Ted Osborne (1910-1968) e Charles AlfredAlTaliaferro (1905-1969) come i tre gemelli figli della di lui sorella Della Duck, anch’essa di medesimi creatori, e differenziantisi tra loro dai colori degli abiti, rispettivamente rosso, azzurro e verde, parallelamente corrispettivi a temperamento temerario, quello di Qui, intelligente e facilmente incline all’infatuazione, il tenero Quo, infine, terribilmente istintivo Qua, il trio ravvivando e scompigliando la già complicata esistenza dello zio, che nonostante tutto li adora dal profondo, restituendo l’immagine di un amorevole padre.

Duckburg era stato immaginato nei pressi di Burbank, California, vicino allo stabilimento principale dello Studio Disney, ma così non poteva essere perché fosse adatta a qualunque narrazione. Così è diventato un luogo di fantasia, una località fiabesca. Aveva un deserto, un lago, un mare, neve, uragani tropicali; tutto il necessario. Viceversa sarei stato oltremodo limitato se costretto a mantenere l’ambientazione nella California del Sud.
Carl Barks

 
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Paperopoli disegnata da Joe Peterson e Larry Mayer, Disney’s Comics and Stories, 1992

 

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Walt Disney Comics, 1940

 
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Donald’s Nephews: debutto di Qui, Quo, Qua, 1937

 
Nei primi anni novanta l’encomiabile estro del fumettista e illustratore Keno Don Hugo Rosa, natali al 1951, esplose la sua meraviglia in Donald Duck Family Tree, un albero genealogico dei paperi, uscito in prima pubblicazione il 3 luglio del 1933 in Norvegia sul quotidiano Verdens Gang, ch’egli realizzò a partire dal materiale precedentemente stilato, per esclusivo uso personale, dallo stesso Barks — le cui imprese di Paperon de’ Paperoni per giunta ispirarono George Lucas e Steven Spielberg nel delineare l’avventuroso archeologo Indiana Jones — con il quale, Don Rosa intraprese fitta corrispondenza, portando alla luce le relazioni di parentela del Clan de’ Paperoni, fra le quali Ortensia de’ Paperoni come madre di Paperino, e rielaborandone le ultime due generazioni nell’intreccio delle famiglie de’ Paperoni, Duck e Coot, dalle quali i discendenti universalmente noti, una schiera di figure animate presenti nella frizzante vita di Paperino, una su tutte la sua amata Daisy Duck, ovvero la Paperina dei suoi sogni, a lui perfin speculare nel numero delle nipoti gemelle Ely (April), Emy (May) ed Evy (June), colei con la quale vive un intensa relazione, non priva di quel tocco di sana gelosia che vivacizza il rapporto amoroso e che la papera esterna frequentemente attraverso il suo tenace temperamento, non di rado trovandosi la coppia in situazioni di conflittualità, seppur amalgamandosi con il proprio compagno fra premura e tenerezza, a lui unendosi nella completezza delle sfaccettature proprie ad entrambi, sublimemente complementari e magnificamente umane, per questo mezzo primo per tutti coloro che posseggano connaturata predisposizione all’arzigogolare, ad occhi aperti sognando.
 
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Donald’s Diary, 1954

 

Don Donald, 1937
Esordio di Paperina come Donna Duck

 

Mr. Duck Steps Out, 1940
Ufficiale debutto di Paperina al nome di Daisy Duck

 

La risata è senza tempo. L’immaginazione non ha età. E i sogni sono per sempre
Walt Disney

 

L’umanità di Paperino

Tendenza all’oziar di Paperino, costantemente disoccupato, non ne dipinge animo incline alla rassegnazione, egli infatti, nel corso degli anni, svolgendo molteplici impieghi, a curriculum più d’una settantina, ad essi alternando rigenerante e giulivo dondolarsi sulla sua amaca prediletta, ad ogni modo la professione che precipuamente lo delinea, forse l’unica a tempo indeterminato, di specialista curatore di denari, minuziosamente lucidando monete, addirittura lavando e stirando banconote, dell’abbiente ed avaro zio Paperon de’ Paperoni (Scrooge McDuck), noiosa mansione, miseramente retribuita, durante la quale spesso il magnate tartassa ed umilia lo scalognato nipote, per antonomasia immortalato nel suo personaggio come il perdente, il misero, lo sfruttato, il collerico inascoltato e il bersaglio per eccellenza a cui mirar come freccette ogni qualsivoglia sopruso, eppure, come una vera forza della natura, perennemente propositivo, speranzoso, incrollabile, visionario e magnificamente immune al disincanto, colui che saetta di Cupido si fa nei cuori, con piacevolezza ed ilarità oscillandosi come un plettro sulle cardiache corde, accordandosi al pubblico nella simpatica melodia del suo inconfondibile starnazzare, in fede al suo essere un papero, più unico che raro.
 
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E in un certo qual senso a sovvenir alle ingiustizie subite è Paperinik, segretissimo alter ego esploso nel numero 706 di Topolino, edito dalla The Walt Disney Company Italia numero 706, l’8 giugno del 1969, su intuizione del giornalista e fumettista Mario Gentilini (1909-1988), allora Direttore del periodico che, intenzionato a proporre un soggetto ispirato al fumetto nero italiano, guardando a Diabolik, porse suggerimento di plasmarlo su Mickey Mouse discutendone con il capostipite della striscia Disney dello Stivale, Guido Martina (1906-1991), ma questi ritenendolo più idoneo, scelse invece Paperino e l’insegnante, nonché insigne illustratore, Giovan Battista Carpi (1927-1999), forgiò l’eroe mascherato — il cui positivo riscontro favorì, nel marzo del 1996, la nascita della saga italiana PK, tuttora in corso — che impersonasse il riscatto di Paperino sulla miriade di mortificazioni subite, nel tentativo di rinascere sulle ceneri della sua ordinarietà, al contempo le sue gesta mantenendo la maldestra goffaggine a lui congenita, risultandone un adorabile e singolare giustiziere in volo nel ciel di Paperopoli, dall’inarrestabile e meritoria vena creativa del trio d’autori scaturendo uno strampalato giustiziere di nero abbigliato, con tanto di mantello, cinturone beige dotato di razzi, giallognoli stivaletti a molla e l’immancabile cappellino marinaresco.
 

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Paperinik, 1969

 
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Paperinik, 1969

 
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Paperinik, PK n.0

 
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Giovan Battista Carpi, 1993

 

Perbacco! Le confesso che io lavoro per disperazione: se non scrivessi, se non mi documentassi per poi immaginare le storie, mi annoierei a morte. Per l’anagrafe avrò più di 70 anni, ma il mio cervello rifiuta di pensare a questo e continua a farmi sognare…
Guido Martina, intervista del 5 dicembre 1987, La Stampa

 
Al trasmutar del papero in eroe collima la metamorfosi della sua tondeggiante utilitaria targata 313 che, grazie all’ingegnosità di Archimede Pitagorico (Gyro Gearloose) — antropomorfo gallinaceo votato ad esperimenti scientifici e l’unico a conoscenza dell’identità segreta di Paperinik — si converte in 313-X, una potenziata vettura munita di singolari congegni fra i quali le fenomenali caramelline car-can dall’effetto obliante, pillole dai magici poteri illusori, vari tipi di curiose pistole, ad acqua piuttosto che a microonde, ipnotizzatrici o di svariata tipologia e aggiuntivi gingilli alleati d’azione d’un vendicatore dall’animo di Robin Hood, or in agguato su sconosciuti criminali or in guerriglia contro lo stesso zio Paperone, nel tentativo di frenar le sue brame d’arricchimento qualora a discapito dei più deboli, in Paperinik coesistendo uno spiccato sentimento sociale ed un sarcasmo, spesso tagliente, nei confronti dello sbeffeggiato zio e dei nipoti, accuditi ed accompagnati alla crescita fra uno sconfinato affetto e paterne filippiche talune volte alquanto sgarbate, nel suo petto, tanto in quello di Paperino, racchiudendosi venature di pathos spesso antinomiche, testimoni di quella stravaganza che nell’acume di Walt fu il seme da cui germogliare un personaggio, in simmetrica discrepanza al Topolino, del quale adulti e ragazzini sarebbero ben presto divenuti affezionati ammiratori, in quanto ben più semplice immedesimarsi nella realistica individualità dello stesso, concretamente distante dall’irraggiungibile ed inesistente perfezione — della quale l’ossessionante ricerca è nociva all’esistere — rispetto al cugino topo perennemente sulla retta via come fosse in dantesco in dantesco marciar, indi stentatamente simulabile.

L’animata selva delle Sinfonie Allegre in cui Paperino sorse a popolarità fu clamorosamente innovativa, la decennale serie di cortometraggi ai tempi rappresentando, per l’industrioso Disney, un fertile terreno di prova per cimentarsi in nuove tecniche ch’ebbero cosmica influenza nel panorama storico dell’animazione, avvicendandosi l’uomo in special maniera sul fronte del colore e della profondità di campo, il tutto dopo l’introduzione del suono a cui indispensabile contributo era stato quello del compositore Carl W. Stalling (1891-1972) il quale, nel biennio trascorso in collaborazione con la The Walt Disney Productions, prima di passare alla Warner Bros nel 1936, propose d’invertire il passo fra l’azione e la musica, vale a dire che fosse la prima ad assecondare la seconda e non viceversa, come invece avveniva, di fatto confluendo ogni procedimento sullo spartito musicale come punto d’inizio, alla parte melodica assegnando ruolo primario e non più di semplice sottofondo, la variazione dello statu quo ante attestandosi come appropriatamente svecchiante e gaiamente vittorioso.

L’intraprendete Walt riuscì inoltre ad ottenere l’esclusiva sul colore fin al 1935, dopo essersi giovato del processo Technicolor, straordinaria cromatura di pellicola con estrema soddisfazione ed orgoglio eruttata, con immane successo di ritorno, in Flowers and Trees, grazioso cortometraggio del 1932 e primo delle Sinfonie Allegre ove, nella boscaglia in risveglio dall’invernal stagione, un giovane alberello si gonfia d’amore per un’amena e briosa pianticella alla quale l’infatuato dedica sentimentali e corrisposte serenate, adorando la sua bella ch’egli si troverà a difendere e proteggere da un vecchio albero rinsecchito e colmo di gelosia a tal punto d’appiccare un incendio, per domar il quale fauna e flora interverranno in commovente unione, le fiamme smorzandosi ed il legnoso piromane perendo, in conclusion d’incantevole favella l’affiatata coppia convolando a desiate e pacifiche nozze.

Sul fronte della profondità di campo fu invece la Multiplane Camera a fruttuosamente sconvolgere la precedenti inquadrature, data la possibilità di riprendere in verticale a piani multipli, con scenografie ed animazioni poste a differenti altezze, conseguendone un’ottenuta e fin ad allora ignota tridimensionalità che The Old Mill, corto di nove minuti del 1937, palesò agli occhi degli spettatori con la storia di un malconcio mulino, in cui trovano rifugio piccoli mammiferi e volatili, taluni in dolce attesa, che nella notte viene dilaniato da una possente folgore che fa temere il peggio, all’opposto l’alba, nella luminosità effusa sul creato dai tiepidi raggi della gentil sfera solare, rianimandosi nei suoni e profumi che Madre Natura spande quotidianamente fra terra e cielo, salutando il giorno la schiusa delle uova che fino a pochi istanti prima han corso il rischio d’esser frantumate dalla macina in movimento, inno alla vita lietamente concludendo l’episodio.
 

 
La successione di brevi film fu immediata, come istantaneo il successo della serie, il preveggente e certosino Disney, per tali caratteristiche da alcuni considerato inconscio risvolto del suo Topolino, con Sinfonie Allegre segnando un impareggiabile traguardo ma, soprattutto, un nuovo punto di partenza ad ampio raggio nel mondo dell’animazione e nella susseguente creazione d’innumerevoli personaggi fra i quali, per l’appunto, Paperino, candido ammasso di piume incredibilmente iellato, con un far a ogni piè caparbio, bizzoso, contestatore, scorbutico e irrequieto nel quale Walt Disney soffiò animo cortese, bontà, stupefacente altruismo, sensazionale tempra e simpatia fuori dal comune, in tal modo forse sfidando la propria interiorità, volgendola alla seducente beltà dell’imperfezione, argentato ricamo imbastito sulla tela dei sognatori, quelli incalliti, quelli ancor capaci di sorprendersi, quelli goliardici, quelli con i piedi per terra, la testa leggiadramente immersa fra le nuvole e il piede in pronta scalata verso personali ed ambite vette.

In qualche modo non credo che ci siano sommità tali che non possano essere scalate da un uomo che conosce il segreto di realizzare i sogni. Questo speciale segreto, mi pare, può essere sintetizzato nelle quattro C. Queste sono curiosità, crederci, coraggio e costanza, e la più grande di tutte è il crederci. Quando credi in qualcosa, credici fino in fondo. In modo coinvolgente ed indiscutibile.
Walt Disney

 

Donald Duck, Paperino, personaggio tra i più dilettevoli e adorabili d’artistica immaginazione, indissolubilmente legato all'estrosa e paterna fantasia di Walt Disney, continua a deliziar cuore e spirito a dispetto del correr del tempo • Terzo Pianeta • https://terzopianeta.info
Walt Disney, 1951

 
 
 
 

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