La Linea, l’indimenticabile personaggio scaturito dal genio di Osvaldo Cavandoli
Sin dagli albori, il disegno animato ha suscitato stupore, gioia e commozione, storie e attori segnando epoche ed ignorando ogni sorta di barriera, imprimendosi in memoria comune e nella schiera d’inobliabili cartonate stelle, indubbiamente, La Linea, leggendario personaggio, bizzarro, talora iracondo, sempre e comunque adorabile, scaturito dall’estro di Osvaldo Cavandoli, pluripremiato regista, fumettista e appunto animatore, dall’universalmente celebrata espressione artistica.
Ho cercato di semplificare perché amavo molto fare del bel movimento, rispetto al disegno fine a se stesso. Per cui ho cominciato a provare un qualcosa che mi permettesse di esprimermi con velocità.
Osvaldo Cavandoli
Osvaldo Cavandoli nacque il giorno di Capodanno del 1920, nell’allora autonoma ente e suddivisione territoriale di Maderno, centro abitato disteso sulla riva bresciana del Lago di Garda, dove però appena un paio d’anni rimase prima di seguir famiglia — causa trasferimento del padre Mario, ufficiale dell’Esercito — a Milano, rapidamente alla città legandosi e in confini meneghini intraprendendo percorso scolastico in un istituto tecnico professionale, a cui approdò dopo aver interrotto formazione classica, in cammino scientemente riscontrandovi distanza con le personali attitudini e ambizioni.
Ingresso nel lavoro compì nel 1938, inizialmente come progettista al servizio dell’azienda automobilistica Alfa Romeo di Arese, poi della ditta Costruzioni Elettro Meccaniche di Saronno (CEMSA), frattanto natural propensione verso il disegno, esortandone mano vignettista a ritrarre scene satirico-politiche e di quotidianità, durante la Seconda Guerra Mondiale, dramma di cui nel 1943 conobbe orrore della prigionia, subendo deportazione in Germania, tuttavia provvidenzialmente libertà ritrovando e a dodici mesi dalla conclusione del conflitto, risposta ad un annuncio giornalistico e presentazione dei propri schizzi, gli valsero assunzione alla Pagot Film, casa di produzione fondata nel ’38, dai fumettisti, animatori e registi, Giovanni (1908-1972) e Antonio Pagotto (1921-2001), noti al nome d’arte, Nino e Toni Pagot.
Dopo incontro e collaborazione con gli intraprendenti fratelli — memorabili pionieri dell’animazione italiana — Osvaldo Cavandoli si consacrò alla stessa in anima e corpo, fin dal principio assimilando preziosi insegnamenti sul campo, specialmente partecipando alla messa in opera del film, edito nel 1946, Lalla, piccola Lalla — ispirato al racconto Poldo e Paola, apparso fra il 1940 e il 1942 sulla rivista d’orientamento cattolico e rivolta alle più giovani generazioni, Il Giornalino, con illustrazioni e narrazione rispettivamente di Nino e Toni Pagot — e de I fratelli Dinamite, lungometraggio a colori, nel 1949 presentato con successo alla decima edizione della Mostra cinematografica di Venezia.
Sostenuto da esperienza, nel 1950 Osvaldo Cavandoli tentò strada imprenditoriale assieme ad Ugo Moroni — in arte Gelsi — fidato amico d’infanzia con cui — in uno scantinato — avviò Pupilandia, laboratorio incentrato sulla realizzazione di cortometraggi promozionali cinematografici, aventi testimonial pupazzi animati, personalmente curando trama, soggetti, scenografia, materiale e costumi di scena, nel mentre il socio occupandosi della fotografia. Progetto tramontò nel 1956 e nel corso del seguente decennio l’artista offrì opera per vari studi pubblicitari utilizzando la tecnica di ripresa a passo uno e dunque giungendo al 1965, aprendo a cooperazione col padovano Pierluigi de Mas (1934-2005), il genovese Marco Biassoni (1930-2002) e il milanese Giuseppe Maurizio Laganà (1944-2016), lavorando alla sceneggiatura dei corti di Re Artù e i Cavalieri della Tavola Rotonda, trasmessi nello spazio televisivo dell’iconico programma, Carosello, dal 3 febbraio 1957 e per circa un ventennio in onda ogni sera ad esclusione di Venerdì Santo e 2 novembre, dalle 20:50 alle 21:00.
Nel 1968, Osvaldo Cavandoli, ponderando volontà d’esperienza in solitaria, considerò idea di sviluppare uno storyboard — rappresentazione grafica in sequenza cronologica — e da intuizione scaturì personaggio dall’originale aspetto e che, battezzato Mr Linea, presentò ad agenzie pubblicitarie, ma null’altro incassando se non sequela di dinieghi, finché, proposto alla Radio Televisione Italiana, tratteggiata fantasia ammaliò il brillante collezionista d’arte, classe 1908, Massimo Lagostina, al tempo titolare dell’omonima ditta e nella quale — discendente di Carlo ed Emilio, nel 1901 fondatori dell’azienda fabbricante stoviglie in ferro stagnato — era entrato a ventun anni, lungimiranza d’acchito esibendo nel comprendere l’immenso potenziale dell’acciaio inossidabile ed illuminata visione ancora mostrò, oltreché nell’assiduo fautorar l’innovazione in ambito industriale, intravedendo nell’insolito carattere plasmato dal genio di Osvaldo Cavandoli, consono ambasciatore dei propri articoli, quindi decidendo d’adottarlo e così, creatura s’accinse a compier esordio adottando identità di Agostino Lagostina, poi abbandonata divenendo, La Linea.
Trentacinque furono gli episodi — ciascuno di circa due minuti e mezzo — con la stravagante Linea reclamizzare il marchio Lagostina, brontolando in singolar grammelot non senza talvolta tradir lieve cadenza milanese, attraverso l’inconfondibile voce del doppiatore, Carlo Bonomi (1937-2022) e su jingle a ritmo jazz del musicista, arrangiatore, discografico, compositore e direttore d’orchestra, Franco Godi, nelle ultime note in passaggio a Io cerco la Titina, versione della francese, Je cherche après Titine, del 1917 — testo dello storico dell’arte Joseph Henri Lemonnier (1842-1936) e del cantautore Marcel ‘Bertal-Maubon’ Bloch (1882-1953), su musica di Léo Daniderff, al secolo Gaston-Ferdinand Niquet (1878-1943) — apice di popolarità toccando nel 1936 a merito dall’attore, regista, sceneggiatore, produttore cinematografico e compositore britannico Charles Spencer Chaplin (1889-1977), egli cantandola nella pellicola, diretta ed interpretata vestendo i panni di Charlot versione operaio, Tempi moderni.
Lunatica Linea catalizzò all’istante interesse e già nel 1972, in un crescendo d’affettuoso plauso, premi ottenne dai prestigiosi Festival d’Animazione di Annecy ed Animafest di Zagabria l’anno successivo, medesimo periodo in cui da Osvaldo Cavandoli, ricevette tributo mediante libro edito da Bompiani, nel 75 accoglienza sulle pagine del summenzionato Giornalino e nel 1977, opportunità d’affrancarsi dal panorama pubblicitario e al mondo presentarsi liberamente: il cineasta raccolse gli intermezzi eseguiti per Lagostina ricavandone effettivi cartoni animati; concepì Serie 100 e 200, rispettivamente annoveranti 56 e 25 storie; ma al clamore attorno a Mr Linea a livello internazionale, al concludersi del Carosello, andò apponendosi lento diradarsi delle apparizioni sugli schermi italiani in ragion del timore dalla Rai manifestato, d’infrangere norme sul diritto d’autore — ravvisandone immagine legata a Lagostina e dunque compiere pubblicità occulta — in ultimo tradotto, difformemente da analoghi frangenti, in dissenso a trasmetterne indipendenti avventure; nondimeno messa al bando della Linea mitigò passione e operosità di Cavandoli, nel 1980, stringendo sodalizio con l’agenzia Quipos, realtà milanese fondata nel 1971 dagli argentini, Marcelo Ravoni e Coleta Gloria, al contempo spendendosi alla direzione di ben ventisei puntate de La Pimpa, cagnolina dal manto candido e rosso, germogliata dalla fantasia del disegnatore, fumettista, sceneggiatore e autore satirico trevigiano, Francesco Tullio-Altan.
Negli anni, benché occasionalmente, La Linea si rivide sulle reti nazionali, intanto e soprattutto esplorando inediti orizzonti che Osvaldo Cavandoli mai smise dipingergli ed assieme continuando a partecipar a rassegne inerenti il cinema d’animazione, puntualmente riscuotendo apprezzamento, l’artista altresì dedicandosi, oltreché alla grafica pubblicitaria, a disegno tecnico, arti plastiche, vignette e persin intaglio del legno, finché il 3 marzo 2007, ottantasettenne, nel capoluogo lombardo si spense in eredità lasciando un universo di meraviglia, più luminosa stella di cui, nivea creatura priva d’ogni particolare, eppur dall’icasticità e temperamento intensi, parimenti alla magnanimità, reale e toccante nell’elargir e destar sorriso a fronte d’ostacoli, imprevisti, aggirati e superati anche cercando e trovando mano del proprio artefice, maestro e compare, imperterrita avanzando su infinito sentiero.
Si dice che fumettisti e animatori altro non siano che attori frustrati che, in mancanza di mezzi adeguati, danno sfogo alla loro repressa voglia di protagonismo attraverso il disegno. Nulla fu mai più falso nel caso di Osvaldo Cavandoli in arte ‘Cava’, che nella vita di tutti i giorni era un entusiasta.
Piero Tonin
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