Grock, il Re dei Clown e la suggestiva Villa Bianca
Incastonata nel verde della Liguria, Villa Bianca, meglio nota come Villa Grock, è un capolavoro che si erge sulle colline di Oneglia, un pittoresco borgo marittimo in provincia di Imperia, il cui bacino portuale era un tempo l’accesso al mare dei Savoia.
L’Italia è costellata di ville e parchi dall’aspetto originale, piccole perle dietro le quali si celano storie, enigmi, curiosità. Strutture cariche di simbolismi esoterici, collegamenti alla massoneria, richiami alchemici e cabalistici, basti ricordare Buzzinda, il Parco dei Mostri, la Rocchetta. Come queste, anche Villa Grock è un luogo colmo di fascino, avvolto da numerose leggende e misteri, ma di cui è impossibile parlarne senza ricordare quella è la figura a cui è indissolubilmente legato, Charles Adrien Wettach, il ‘Re dei Clown’ famoso in tutto il mondo con il nome d’arte, Grock.
Si fece conoscere dentro un cappotto tanto enorme, quanto lo erano le scarpe e ben presto, il suo sorriso, l’inventiva, il suo volto di gomma divennero celebri in tutto mondo, durante un’epoca in cui televisione o il web erano solo un miraggio. La notorietà arrivò infatti già nei primi anni ’20. Clown, mago, acrobata, equilibrista, giocoliere, contorsionista, musicista di straordinario talento. Era l’arte circense concentrata in un uomo. Al grido di ‘Nit möglich!’ si fece amare da bambini e adulti, lo vollero nei palazzi reali, da Churchill e Gustav Stresemann era adorato e altrettanto dall’Agha Khan, Stanlio e Ollio, Jeanne Bourgeois Josephine Baker.
Nacque il 10 gennaio 1880 a di Moulin de Lovéresse, località situata nel cantone francofono dell’elvetica Berna. In famiglia, nonostante le modeste possibilità, l’arte faceva da protagonista: sua madre Cécile Fanny Péquegnat era un’operaia votata al canto e alla chitarra, mentre il padre Jean Adolph, un orologiaio che si divideva fra musica e acrobazie. Passioni che trasmisero egregiamente ad un figlio che sin da bambino, si applicò allo studio del violino – arriverà a padroneggiare decine di strumenti – ed ogni estate gli era concessa trascorrerla interamente in un circo.
Il colpo di fulmine per il ruolo del clown arrivò a 6 anni, quando i genitori portarono lui e la sorella Jeanne ad uno spettacolo circense.
Debuttò adolescente sotto la tenda della compagnia Wetzel, si esibì però in numeri da contorsionista, giocoliere e mise in mostra le sue doti musicali. Dopo quell’esperienza viaggiò in Ungheria, Francia, finché non fece ritorno in patria approdando al Circo Nazionale svizzero e qui, nel 1903, venne chiamato a sostituire l’artista che nel duo comico Brick & Brock, interpretava quest’ultimo e con un cambio di consonante, nacque Grock.
“Il mio nome di nascita non conta più.
Io sono Grock.
L’altro è il nome degli anni oscuri”
Nei cinque successivi anni girò per mezzo mondo: Italia, Africa, Belgio, durante una tournée in Sud America conobbe e iniziò a far coppia con Umberto Guillaume, il celebre Antonet. Nel 1908 fu nuovamente in Francia, dove incontrò Ines Ospiri, una cantante originaria di Garessio, nel cuneese. S’innamorò all’istante e nel 1919, dopo lo spettacolo all’Olympia di Parigi che gli valse la definitiva consacrazione e la fama era ormai giunta a livello planetario, il neo incoronato Re dei Clown, in gran segreto e con solo due amici a far da testimoni, sposò la sua amata sotto i cieli di Londra.
Da quel momento fu lei a cucirgli quegli abiti in cui l’artista sguazzava, i pantaloni, il gilè, la giacca sdrucita ed era presente ad ogni spettacolo, mentre Grock, fuori dal palco inventava e dentro arrangiava. Offriva agli spettatori un repertorio composto d’assurde trovate a cui sapeva associare scene estemporanee, reagendo con genialità a ciò che poteva andare storto, agli stimoli esterni, provocando improvvise esplosioni di risate. Numeri come il piccolo violino, il salto sulla sedia, lo spostamento del pianoforte, Grock divenne l’artista più pagato di tutto il Vecchio Continente e donò momenti di spensieratezza e divertimento nel periodo a cavallo delle due guerre mondiali, questa è stata la sua generosità oltre la vocazione.
«Le mie migliori gag sono nate nelle improvvisazioni di fronte al pubblico, scaturivano da circostanze impreviste, qualche volta assolutamente per caso»
Grock, il Re dei Clown e la sua Reggia
Nei primi anni venti, dopo quasi due lustri d’ininterrotto lavoro si concesse una vacanza e con la moglie, si recò a far visita ai suoceri che si trovavano in villeggiatura nella Riviera dei Fiori. Grock rimase folgorato e decise di acquistare un appezzamento di terreno e affidare al geometra genovese Armando Brignole, per fare materia dell’idea che aveva in mente, partecipò egli stesso alla creazione.
Iniziata nel 1927, l’edificazione ebbe termine nel 1930 e in onore della figlia di Ines, nata da una precedente relazione, fu battezzata Villa Bianca. Grock aveva concepito una dimora dal doppio volto, come d’altronde si addice a un clown, allegro e al contempo malinconico. La reggia si rivelò come un anonimo scrigno per un gioiello al cui interno s’incontrano liberty, futurismo, art-déco, echi orientali.
Una dicotomia che era propria anche dell’artista, poco si conosce infatti dell’uomo dietro la maschera, ma certo è, che ricopriva un ruolo di spicco nella massonica Gran Loggia Svizzera Alpina e aveva un forte interesse per l’esoterismo. In ogni angolo si trovano quindi elementi di mondi che fanno assumere alla reggia un aspetto a metà strada fra un percorso iniziatico e un surreale e fiabesco omaggio al circo.
Qualunque sia la chiave di lettura, quella che fu Villa Bianca resta un luogo incantato e suggestivo, dove è evidente l’ingegno e la cura che Grock mise in ogni dettaglio. Al suo esterno, un sontuoso giardino adornato di cedri, olivi, dei tanto adorati fiori ed ancora cipressi, palme di ogni genere, americana, nana, delle Canarie. Il laghetto, al cui centro si erge una piccolo tempio dal profilo orientale, insieme al leggero ponte che lo unisce alla terra ferma, di notte era trasformato dall’artista in un romantico tripudio di luci.
Centinaia di lampadine colorate andavano a riflettersi sullo specchio d’acqua, illuminavano i viali, il porticato con il soffitto affrescato come un cielo stellato, le numerose cornucopie sparse ovunque ed infine le fontane zampillanti, a forma di cupola e recanti le scritte ‘Per aspera ad astra’ e ‘Fons lucet plaude’ (Attraverso le asperità alle stelle, La fontana brilla e risuona).
L’Acqua regna sovrana nella Villa, movimenti che la ricordano sono dappertutto, nei graffiti, sulle ringhiere, sulle architetture, ma altrettanto ricorrenti sono i dipinti e gli intarsi posti sia all’esterno, sia all’interno – negli ampi saloni, sulle scale – raffiguranti forme geometriche,simboli non codificati ed ancora cornucopie e stelle. Elementi su cui rimarrà per sempre il dubbio sulla loro natura: riferimenti massonici, astrologici, esoterici, oppure un semplice modo per giocare con i frequentatori ed il suo pubblico.
Eccentrica, fiabesca, surreale, Grock mise in essa la sua cultura, il bagaglio di esperienze raccolto in giro per il pianeta, la propria spiritualità e quella che doveva solo un angolo di pace nei brevi periodi lontano dal palcoscenico, divenne residenza stabile a partire dal 1939, quando insieme alla moglie stava progettando di ritirarsi dalle scene.
Era approdato al cinema, fatto coppia con Jerome Medrano, Alfred Schatz, era stato applaudito dal popolo, dai monarca e persino Charlie Chaplin diventò suo ammiratore:
“Non passò molto prima che gli spettatori venissero a sapere che Charlie Chaplin era in teatro, e che era partito da Algeri appositamente per me. E così, durante tutto il numero, tutti gli occhi erano rivolti a lui per rendersi conto delle reazioni che provava guardandomi. Per un istante puntai lo sguardo nella sua direzione e vidi Charlot, con un fazzoletto in mano, asciugarsi gli occhi. Gli spettatori erano in delirio: più Charlot rideva, più forte era l’entusiasmo in sala. […] Qualche minuto dopo entrò in camerino. Stringendomi calorosamente la mano disse, in inglese: «If I am the best on the screen, you are the greatest on the stage! (Se io sono il migliore sullo schermo, voi siete il più grande in palcoscenico). La sola differenza è che sono più ricco di voi.» «Sono incantato – rispose Grock – ma forse sono più felice di voi». Parlammo ancora di varie cose. Lui dei suoi progetti cinematografici, io delle vacanze che avrei iniziato di lì a poco. Infine ci congedammo.” (‘La mia carriera di clown’, Ugo Mursia Editore)

Ad allontanarlo dalla sua Villa arrivò però la guerra. Il clown pensò che non fosse più il momento adatto per far calare il sipario sulla sua avventura e continuò ad esibirsi in Europa. Tornato a Oneglia, nel 1944 una bomba esplosa nei pressi della residenza fu l’avvisaglia per la fuga e con la famiglia trovò riparo da parenti in Svizzera. La reggia cadde nelle mani dei tedeschi, venne sequestrata e ne riprese possesso solo a conflitto terminato.
Negli anni ’50 s’inventò impresario e costituì il proprio circo itinerante e con esso continuò a mietere successi fino al 1954, quando il 31 ottobre, dopo l’ennesimo trionfo davanti al pubblico di Amburgo, cedette la creatura al suo ex direttore e a parte qualche rara apparizione televisiva, non si esibì mai più.
Il 14 luglio 1959, Grock si spense nella sua onirica dimora, lasciando scritto: «Sono il risultato di mezzo secolo di osservazione e di ostinazione, il desiderio di perfezionare quello che già era perfetto. Credo di esserci riuscito.»
La villa rimase di proprietà della moglie Ines Ospiri, la mantenne fino al 1974, anno in cui morì. Da quel momento, come in un vuoto temporale, non è ben chiaro cosa accadde. Alcune fonti riportano che la figlia, in difficoltà finanziarie, vendette l’intero immobile, con oggetti, vestiti, persino le ceneri del padre ad una agenzia immobiliare, la quale mise poi tutto all’asta. Comunque sia, quello ch’era definito il ‘Circo di Pietra’, cadde in assoluto abbandono, finché nel 2002, ad acquistarla fu la Provincia di Imperia e dopo una lunga opera di restauro, nel 2010 vennero aperte le porte al pubblico e tre anni dopo, fu allestito il Museo del Clown, dove è più vivo che mai lo spirito di Grock.
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