David Zinn, l’arte di donare vita alla strada
Illustratore a lungo impegnato ad esaudire richieste dell’imprenditoria, David Zinn, quasi esortato da ingenito e lontano sentire, all’incanto del multiforme universo dell’arte di strada s’abbandonò, lasciando ad ispirazione ripensare la realtà urbana affollandola d’improvvisate, illusorie e fugaci figure, le quali presto collettiva attenzione e gioia al contempo, suscitarono.
Secondo genito di Karl Zinn ed Ann Copley, ambedue dalla carriera professionale interamente spesa all’Università del Michigan, ad Ann Arbor — rispettivamente in qualità di ricercatore al Center on Research for Learning and Teaching e di amministratrice del college Literature, Sciences and Arts in ambito del programma interdisciplinare Inteflex della Medical School — David Zinn nacque il 30 giugno 1969, fanciullezza trascorrendo nella dimora di famiglia immersa nel verde delle foreste tra il comune di South Lyon e il Lago Whitmore, dove al disegno principiò a dedicarsi a merito dell’abitudine del padre di tener con sé fogli, penne e matite, appunto al fine di porgerli ai figli al notarli colti da tedio o comunque spenti della vitale irrequietezza dell’infanzia: il maggiore, Fred, durante il periodo accademico ricoprì ruolo di vignettista per il Michigan Daily, inventandosi oltremodo apprezzato fumetto Sketchpad, mentre David Zinn, dopo aver frequentato il liceo di Greenhills e conseguito Creative Writing Bachelor’s Degree al Residential College del summenzionato ateneo michiganiano, intraprese carriera di grafico — a distanza di decenni peraltro comprendendo quanto liberare fantasia su carta gli fu lenimento ad innata e profonda introversione — prestando talento nella realizzazione di poster, locandine di spettacoli teatrali, serie di fumetti destinati alla didattica, materiale pubblicitario, lavori dunque commissionati da imprese appartenenti a svariati settori — Gilbert and Sullivan Society, Google, Kerrytown Market & Shops, John F. Kennedy Center for the Performing Arts, Penguin Books — sinché sul finire degli anni Ottanta, cominciò a riversare estro sul cemento mediante stencil, tecnica di wheatpasting, ma soprattutto gesso e carboncino, popolando le strade di fuggevoli e delicate creature, immaginate interagenti con l’ambiente circostante, ricorrendo ad alchimia di anamorfismo – proiezione su una superficie piana o curva di una figura deformata, la stessa rendendo però riconoscibile allorché osservata da diversa e determinata prospettiva — e pareidolia, fenomeno istintivo ed inconscio per cui è possibile vedere forme ed oggetti alla mente noti, in strutture invece amorfe, ossia la comune illusione ottica d’individuare volti, animali o quant’altro, osservando ad esempio le nuvole.
Sono un irriducibile scarabacchiatore ed un impenitente nerd della parola, costantemente alla ricerca d’inedite opportunità di rendere l’arte strumento per superare problematiche, siano esse riguardanti complesse tematiche globali od una triste crepa del marciapiede.
Condivisione sul web regalò ai personaggi di David Zinn — fra i protagonisti assoluti il verde alieno Sluggo atterrato ad Ann Arbor nel 2005 — rapida popolarità e dalla Tree Town di Ann Arbor, permise loro di viaggiare attorno al Pianeta e compiere effimere apparizioni nel resto degli Stati Uniti, in Francia, Svezia, Giappone, Taiwan, oltreché esser citati da testate giornalistiche quali New York Times, Washington Post, comparire in festival, calendari e pubblicazioni a firma di Zinn: Temporary Preserves, The Art of Daring, Chalk Art for All Seasons, Sluggo on the Street vol. 1 e 2, sin ai recenti Underfoot Menagerie, Chance Encounters, The Chalk Art Handbook e Chalk Art For Kids.
Sluggo è sovente in compagnia di maiali alati ed di questi, comparsa assume evidente valore, relativamente ad espressione, «quando i maiali voleranno», usualmente pronunciata per liquidare, ritenendole vane, speranze di raggiungere traguardi desiderati; quindi la presenza di maiali alati (o pigasuses), comprova che tutto è fattibile.
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