Castello di Glamis: dimora di nobili, spettri e misteri
Il castello di Glamis, con una vita millenaria espressa attraverso lo stile gotico, la sontuosità delle ampie sale interne impreziosite dalla ricchezza degli stucchi, è un maniero suggestivo e l’indubbio fascino che il tempo non ha scalfito è dovuto anche alla travagliata storia fatta di episodi cruenti ed altrettante spettrali credenze che l’avvolgono da secoli, insieme a inquietanti e imperituri segreti.
Molte sono le ville e le rocche attorno alle quali sono andate creandosi superstizioni, leggende; dimore capaci di ammaliare artisti, scrittori, attirare a sé ricercatori bramosi di comprenderne il magnetismo, svelarne gli enigmi ed il castello di Glamis, con i suoi misteri s’insinuò persino nella fantasia di William Shakespeare e forse non è un caso che nel ‘600 il sommo drammaturgo e poeta inglese, l’immaginò maniero del suo Macbeth, la tragedia tetra e a tratti apocalittica che guarda alla natura umana attraverso le gesta dell’ambizioso generale che divenne sovrano come auspicatogli da tre streghe.
L’imponente architettura è immersa nel verde di Glamis, piccolo villaggio situato nella contea di Angus, in Scozia, dominando il borgo dal luogo esatto ove sorgeva la Loggia di Caccia Reale di re Máel Coluim II e in tale residenza, Sua Maestà detto il Distruttore, vi morì assassinato nel 1034, com’era stato predetto nel poema irlandese di epoca altomedievale, La Profezia di Berchán. Nel 1372, re Robert II, anche noto come ‘the Steward’, appellativo che ha dato origine al casato degli Stuart, concesse il baronato di Glamis a Sir John Lyon di Forteviot riconoscendone i servigi resi alla Corona.
Nel 1376 egli sposò la figlia del re, la Principessa Johanna, la quale pochi mesi prima aveva perso il marito John Keith a cui aveva donato un discendente, e un erede arrivò anche dalla nuova unione. Al nascituro fu dato il nome di suo padre, ma questi non riuscirà a vederlo crescere, venne infatti ucciso durante un alterco nel 1382 e la mano omicida fu quella di James Lindsay di Crawford.
Agli inizi del ‘400, fu John Lyon a cominciare la trasformazione della Loggia facendo costruire il nucleo che compone l’ala orientale dell’attuale fortezza e le ristrutturazioni proseguirono con il figlio Patrick, membro della Camera dei Lord e I Signore di Glamis. Nel 1435 avviò l’edificazione della torre centrale e i lavori si protrassero fino al 1489, ben oltre la sua morte, avvenuta nel 1459.
Il castello rimarrà proprietà dei Lyon sino al 1537, quando ne prese possesso re James V per vendicarsi nei confronti di Archibald Douglas, VI conte di Angus. Quest’ultimo era il patrigno dal quale aveva più volte tentato di fuggire durante l’adolescenza e quando nel 1528, riuscì finalmente a liberarsi dalla sua custodia e assumere le redini del governo, si scagliò contro la di lui sorella Janet, vedova del VI Signore di Glamis. L’accusò di tradimento, di aver attentato alla vita del re, d’esser l’assassina del marito e persino di stregoneria. L’impeccabile reputazione della donna non servì ad evitarle la prigionia e poi il rogo, una sorte che avrebbe dovuto subire anche il figlio e solo la dipartita del sovrano, deceduto nel 1542, lo restituì alla libertà e al castello, ritrovandolo però spoglio d’ogni bene e con le guerre che segnarono la prima metà del XVII secolo, il maniero cadrà in uno stato di decadimento.
Tornò a splendere verso il 1670, quando Patrick Lyon, III conte di Strathmore e Kinghorne intraprese un ampio rifacimento del palazzo. Costruì l’ala ovest offrendo maggior equilibrio visivo alla struttura e si curò di nobilitarne ancor più gli interni. Nel mentre però, il destino ne falcidiava la famiglia e con la moglie Helen Middleton, fu costretto a sopportare la perdita di 3 degli 8 figli avuti e non pianse anche la scomparsa della penultima nata Adelaide, soltanto perché la morte lo colse poco prima di portar via lei. Il conte si spense nel 1695, all’età di 51 anni e la dinastia verserà ancora lacrime per esponenti caduti in battaglia, uccisi in risse, vittime di malattie, ma anno dopo anno proseguì giungendo al 1767, gioendo per il matrimonio fra la facoltosa Mary Eleanor Bowes e John, il IX conte conosciuto come the beautiful Lord Strathmore, il quale adottò accanto al proprio cognome quello della moglie, rivisitò lo stemma di famiglia e dette così inizio alla discendenza a cui apparterrà Elizabeth Angela Marguerite e dunque, l’attuale sovrana britannica.
Spiriti e ombre del castello
Nona dei dieci figli di Cecilia Cavendish-Bentinck e del XIV conte Claude Bowes-Lyon, la Regina Madre nacque a Londra nel 1900 e gran parte della sua infanzia la trascorse al castello, mentre sinistri racconti non facevano che diffondersi e attirare l’attenzione.
Già nel ‘400 era nota la vicenda di tale Earl Beardie, soprannome attribuito ad Alexander Lyon, II Lord di Glamis, anche se un’altra versione ipotizza possa trattarsi di Alexander Lindsay, IV conte di Crawford.
Leggenda vuole che fosse un personaggio particolarmente crudele, tanto che un giorno, per dar gaudio a sé e ai propri ospiti costrinse un servente a spogliarsi nudo per poi farlo correre nella tenuta cercando di sfuggire al metallo di lance e spade, ma soprattutto alle fauci dei cani lanciatigli al seguito. Il pover’uomo morì trafitto e sbranato sotto gli occhi delle gentildonne che a distanza assistevano divertite. Da allora, al salir della luna per le stanze e corridoi del palazzo si udirebbero strazianti urla di terrore e dolore, ma per quanto commesso, anche Earl Beardie avrebbe fatto presto una brutta fine.
Inguaribile giocatore d’azzardo, dopo un’intera serata trascorsa fra picche e denari, venne avvicinato da un maggiordomo, forse motivato dalla presenza di qualche baro, altrimenti perché notò la fortuna guardare altrove, oppure semplicemente per l’ora tarda, fatto sta che facendogli notare il sopraggiungere della mezzanotte, gli suggerì di posare le carte. L’aristocratico però, prese l’ammonimento con furia e dopo averlo schernito gli ordinò di lasciare il salone strillandogli dietro che non avrebbe smesso fino al Giorno del Giudizio. Allo scoccare delle 24, un enigmatico figuro si presentò alla porta e chiese di potersi unire al tavolo; il nobile di Glamis non ebbe da obiettare e il gioco avanzò nel cuore della notte. All’alba della mattina seguente, i domestici cominciarono a sentire lancinanti grida provenire dalla camera di Earl Beardie, così accorsero per sapere cosa stesse accadendo e quando aprirono la porta, lo trovarono completamente avvolto dalle fiamme. Bestemmie, sbattersi di porte e calpestio continuo, è quanto hanno affermato di aver ascoltato abitanti e ospitati al castello nel corso del tempo, voci e rumori che confermò di percepire anche la domestica Florence Foster durante un’intervista rilasciata allo scrittore e conduttore televisivo britannico James Wentworth Day, all’epoca impegnato a raccogliere materiale per il libro The Queen Mother’s Family Story, pubblicato per la prima volta nel 1967.
Alcuni sostengono addirittura di aver visto un’oscura presenza dall’aspetto riconducibile a lui e se così fosse non sarebbe l’unica presenza ad aggirarsi nei meandri della regale dimora. David Bowes-Lyon, fratello maggiore della Regina Madre, dichiarò di aver distinto una giovane sconosciuta affacciata ad una finestra del castello mentre stava passeggiando dopo aver cenato e nell’attimo in cui provò a rivolgerle parola, ella svanì all’istante come fosse stata inghiottita. Le stesse guide turistiche affermano che nella piccola chiesa episcopale dedicata a San Michele, risalente alla seconda metà del 1600 e collocata nell’ala nord-est della proprietà, vi è un posto fra i banchi dove a nessuno è concesso accomodarsi neanche durante le normali funzioni, neppure gli attuali conti di Strathmore e Kinghorne osano farlo, in quanto è riservato alla White Lady, ovvero al fantasma di Janet Douglas.
La stanza segreta e il mostro di Glamis
Si dice che a vagar per corridoi sia anche lo spettro di una donna a cui fu tagliata la lingua affinché non rivelasse oscuri segreti, uno dei quali, o presunto tale, venne evocato dallo scrittore scozzese Walter Scott nel libro Letters on Demonology and Witchcraft pubblicato nel 1830, quando nella Lettera X racconta la breve permanenza al castello di Glamis nel 1790. Parlò di una stanza «il cui ingresso, secondo la legge o l’usanza della famiglia, deve essere conosciuto solo da 3 persone contemporaneamente, vale a dire il conte, il suo erede, e una terza persona su cui possono riporre la loro fiducia». Eloquentemente descrisse anche le sensazioni provate durante il pernottamento: «In assenza di Lord Strathmore, fui condotto nel mio appartamento situato in un angolo lontano dell’edificio. Devo ammettere che, quando ho udito le porte chiudersi una dietro l’altra dopo che l’accompagnatore se n’era andato, ho cominciato a sentirmi troppo lontano dai vivi e un po’ troppo vicino ai morti».
Fonti risalenti all’età vittoriana come The haunted homes and family traditions of Great Britain, edito nel 1897, oppure Strange Pages from Family Papers scritto nel 1900 dal reverendo Thomas Firminger Thiselton-Dyer, offrono una versione secondo cui ad essere mantenuta sotto silenzio è la fine fatta da alcuni membri della famiglia degli Ogilvy, provenienti dalle vicine terre di Kirriemuir. In un contesto storico non ben definito, a seguito dell’ennesima faida con il clan rivale dei Lindsay, si presentarono al castello di Glamis pregando di essere accolti e Lord Strathmore. Evidentemente egli non volle negarsi apertamente e così, «con la scusa di nasconderli», condusse loro in un’ampio salone appartato e si assicurò che non potessero più uscire. La fame li spinse al cannibalismo e quando tempo dopo i corpi furono rinvenuti dal suo successore, tanto fu l’orrore che non fece neanche rimuovere i resti, ma decise di murare la stanza.
Esiste però un’altra ipotesi.
Il 27 dicembre del 1900, sulle pagine del quotidiano di Dundee, The Courier, veniva data eco alla notizia di una camera segreta ed in cui era tenuto nascosto un essere mostruoso, descritto come «una specie di Frankenstein».
L’articolo riportava un episodio accaduto nel 1850, lo stesso riferito anche da Horace Rumbold, diplomatico britannico che visitò il castello nel 1877. Una sera d’estate, Charlotte Maria Barrington, da poco moglie di Thomas Lyon-Bowes, XII conte di Strathmore, in assenza del marito suggerì agli invitati che avrebbero trascorso la notte presso il maniero, di sporgere un asciugamano bianco dalla finestra del proprio alloggio non appena si fossero destati. In tal modo avrebbero determinato dov’era eventualmente rinchiusa la creatura deforme. La mattina seguente i teli vennero puntualmente stesi e a quanto pare, un’apertura si presentò spoglia, ma inaspettatamente il conte fece ritorno e sdegnato da un gesto che giudicò essere un’ingiuria alla sua ospitalità e cortesia, ordinò alla servitù di prodigarsi perché venissero immediatamente rimossi e criticò aspramente la consorte.
Nel 1870, la cantante e compositrice inglese Virginia Gabriel, si recò al maniero soggiornandovi per un lungo periodo. Venne così a conoscenza delle storie di fantasmi, di una camera segreta e fra i ricordi del periodo, riportò la conversazione fra Charlotte Lyon-Bowes e l’amministratore del castello Andrew Ralston: «Lady Strathmore, una volta confessò a Mr. Ralston di aver gran desiderio di sapere il mistero. Lui la guardò intensamente e con tono grave le rispose: “E’ una fortuna che lei non lo conosca e che non potrà mai conoscerlo, perché altrimenti non sarebbe una donna felice”».
Quello stesso anno, Gabriel ebbe un incontro con la di lei sorella Augusta Anne Barrington, moglie dell’allora arcivescovo di York, William Maclagan. Le raccontò numerosi particolari della sua permanenza, citando episodi di spettri, la camera ed ella li rese a sua volta noti a Charles Wood, II visconte di Halifax ed esponente di rilievo dell’anglo-cattolicesimo, il quale integrò il resoconto avuto nella raccolta di storie su case infestate, apparizioni ed eventi sovrannaturali dal titolo Lord Halifax’s Ghost Book, pubblicata per la prima volta nel 1936.
Barrington riferì che dopo la morte del cognato, il XIII conte di Strathmore, Claude Bowes-Lyon venne messo al corrente del segreto di famiglia e subito si rivolse alla consorte pregandola di non tornare mai più sull’argomento: «È indubbio che negli anni successivi la rivelazione, Claude si mostrava piuttosto cambiato, era diventato un uomo silenzioso e lunatico, con un espressione in volto ansiosa e spaventata. L’effetto su di lui era così evidente, che suo figlio, quando raggiunse la maggiore età nel 1876, rifiutò assolutamente di essere messo al corrente».
La stessa Rose Leveson-Gower, sorella maggiore della Regina Madre, affermò che da bambina, per lei e fratelli era assolutamente proibito parlarne oppure far domande. Barrington continua citando la vicenda di un operaio indaffarato in lavori di restauro, che d’un tratto si trovò di fronte all’ingresso di un lungo corridoio. La curiosità spinse l’uomo ad avventurarsi, ma quando arrivò verso l’estremità opposta del passaggio, qualcosa lo turbò e così tornò immediatamente indietro riferendo l’accaduto. Il conte gli dette una somma di denaro affinché emigrasse all’estero e un episodio simile, venne portato alla luce nel 1904 dal Sun. Il quotidiano newyorkese andato in stampa dal 1833 al 1950, scrisse circa un giovane medico che esercitava la professione alloggiando stabilmente al castello e una sera, facendo ritorno nella camera, notò il tappeto posizionato in maniera differente dal solito, così ne alzò un lembo e scoprì una botola. Si addentrò, ma si trovò davanti un muro di cemento ancora fresco e così fece ritorno nella stanza. L’indomani ricevette il pagamento dei servizi sin a quel momento svolti e gli fu detto che all’esterno c’era una carrozza ad attenderlo, sarebbe stato così portato alla stazione ferroviaria e caricato sul primo treno.
Le informazioni raccolte da Wentworth Day negli anni ’60, teorizzavano la detenzione di un bambino profondamente deformato e le descrizioni che negli anni erano andate divulgandosi, portarono a ipotizzare potesse essere affetto dalla Sindrome di Proteo e da emimelia, rara malattia che impedisce il normale sviluppo degli arti. Il 21 ottobre del 1821, Lord Glamis Thomas Lyon-Bowes e la moglie Charlotte Grimstead, ebbero il loro primo figlio a cui fu dato il nome del padre, ma 48 ore dopo venne annunciato che la creatura era deceduta lo stesso giorno in cui era nata. La notizia suscitò non pochi dubbi, se non altro perché l’ostetrica, di cui è però sconosciuta l’identità, sembra abbia dichiarato di averlo lasciato in perfetta salute. Con fermezza la famiglia smentì più volte, tuttavia non servì a sopire del tutto i sospetti che volevano l’infante terribilmente colpito nel fisico e per questo mantenuto in completo isolamento per tutta la sua lunga esistenza, si crede infatti, possa essere vissuto fino agli anni ’20 del Novecento.
Timothy Patrick, XVI conte di Strathmore, ascoltato da Wentworth Day si disse del parere che il segreto di Glamis finì con la morte di suo padre, avvenuta nel 1949, per cui se mai ci sia stato un mistero, probabilmente non verrà mai svelato e forse, Claude Bowes-Lyone, XIII conte di Strathmore e Kinghorne la considererebbe una fortuna, dato che nel 1903, esprimendosi a riguardo sentenziò che nel momento in cui qualcuno riuscisse a indovinare la natura del segreto, s’inginocchierebbe ringraziando Dio per non essere proprietario del castello.
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