Il sigillo del Guerriero, che riscrive la storia
Un pietra di oltre 3.500 anni potrebbe contribuire a riscrivere la storia dell’arte greca, si tratta dell’ultimo reperto emerso da quando i ricercatori dell’Università di Cincinnati, guidati da Sharon Stocker e Jack Davis, hanno portato alla luce la tomba del Guerriero del Grifone, a Pilo di Messenia.
Città del Peloponneso più volte citata nei poemi omerici, è vicino allo scavo archeologico del Palazzo di Nestore, che nell’estate del 2015 è stato scoperto quello ch’è ritenuto essere il sepolcro di un importante combattente o sacerdote di 30/35 anni e qui inumato nel 1500 a.c. ad un profondità di circa 2m.
L’uomo non sarebbe quindi Neleo e neppure il figlio Nestore, comunque sia più di 2000 oggetti preziosi sono stati ritrovati intorno al corpo, tra cui una spada in bronzo e un pugnale entrambi con l’elsa in oro, uno specchio con manici in avorio, ma ancora collane, pietre di ametista, pettini di avorio, perle, suppellettili di argento e quattro anelli in oro massiccio, ma il pezzo più importante doveva ancora mostrarsi.

Si tratta di una piccola pietra di forma ovoidale grande 3,6 cm, rinvenuta accanto al braccio del guerriero e completamente ricoperta di calcare, tanto che gli esperti hanno impiegato oltre un anno per ripulire il sigillo e poterne ammirare la bellezza e la rilevanza storica.
E’ un oggetto da polso recante incisioni eseguite con straordinaria maestria, tre guerriero che si affrontano in battaglia e che alla memoria non possono che riportare i racconti dell’Iliade, dell’Odissea, un’autentica opera d’arte per la perfezione dei corpi, la minuziosità con la quale è stata eseguita, particolari addirittura difficilmente apprezzabili ad occhio nudo.

«Ciò che è affascinante è che la rappresentazione del corpo umano, è ad un livello di dettaglio e muscolatura che non è riscontrabile fino al periodo classico dell’arte greca, 1000 anni dopo» ha affermato Jack Davis, sottolineando come nessuno avrebbe potuto immaginare che i minoici potessero essere in grado di produrre oggetti con abilità simili e dello stesso parere è John Bennet, direttore della British School di Atene, secondo cui i particolari delle incisioni, considerando le dimensioni del monile, ne fanno «un capolavoro d’arte in miniatura».
Un’accuratezza inspiegabile, in quanto all’epoca, stando a quanto sino ad oggi è possibile sapere, non esistevano lenti d’ingrandimento che permettessero lavorazioni di questo livello, un mistero che altresì avvolge lo stesso autore del gioiello, anche se gli archeologi, ipotizzano possa appartenere alla scuola cretese, al tempo importante fucina di artisti.
Nulla di quanto ritrovato in precedenza, nonostante la raffinatezza, regge il paragone con l’agata, «guardare l’immagine per la prima volta è stata un’esperienza emozionante», afferma Sharon Stocker, osservando come in futuro «questo sigillo dovrebbe essere incluso in tutti i prossimi testi di storia dell’arte, cambiando il modo in cui viene concepita l’arte preistorica».

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