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“Di fiumi e (d)istanti”, poestoria di Claudia Brugna

 
 

Di fiumi e (d)istanti

di Claudia Brugna

 
 

Quando sorridi, Amore mio, mi capovolgo dentro.

Sento che per me tu sei la rincorsa da prendere.
Sei la danza per la quale ti prenderei sottobraccio
ed il ballo che protrarrei a notte fonda.

Guardami ballare, ti prego.
Danzerei sol per te…

Ti fosse data possibilità, per un secondo almeno,
d’entrar nel mio cuore,
scopriresti di non saper contare
dalla quantità di battiti che ne udiresti
e ti chiederesti quanto conta infinito.

Fossi strumento,
sarei arpa per le tue mani,
mi lascerei accarezzare garbatamente e,
da tal delicatezza,
suon di poesia solcherebbe ogni cielo.

Ti fosse concesso di sentir come sento io,
percepiresti un suon meraviglioso,
una melodia suprema e sublime che
accompagna ogni mio pensiero
ricamando la tua immagine.

Nei miei occhi vedresti le tue sembianze
e nella mia bocca gusteresti il tuo sapore.

Annuseresti del tuo essere, nel mio olfatto,
sentiresti la tua pelle a fil della mia.

Oh mio amato…

Esisterà mai al mondo cura in grado di alleviar la mancanza di te?
Si resero mai conto, gli Dei, creando l’amore, dell’intensità che gli diedero?
Si accorsero mai di quanto gliene rubai per poterne provare nei tuoi confronti la giusta dose?

Non poterono rendersene conto,
di quanto ne sottrassi loro,
perché glielo tolsi tutto quanto,
lasciandoli nello stupore più assoluto.

Dovettero riconoscermi la capacità di amare che avevo dentro.
Si resero ben presto conto che dentro di me era la sorgente,
dell’Amore, era l’alveo, la foce e tutti i suoi affluenti,
in un fiume in piena che scorre come impazzito,
prima ruscello e poi torrente,
verso il tuo mare immenso.

Si intenerirebbero guardandomi, gli Dei,
vedendomi riflettere crucciata sulle parole del Pianeta,
che vorrei far brillare una ad una,
come le stelle al cielo per poter solo farti capire quanto ti ami,
in tutte le lingue del mondo.

Ma resterebbe muto, il mondo, in tal modo.

Perché avrei acchiappato ogni lettera,
ogni virgola ed ogni apostrofo
per rendere soave il mio dichiararmi a te.

E all’uomo non sarebbe più concessa possibilità alcuna di parlare, anche se,
forse, pur ridonando lui voce,
credo non esista nessuno, a parte te,
in grado di descrivere ciò che io provi nei confronti del tuo amabile esistere.

Lascerei dunque all’umanità intera lo stupore,
servirebbe loro tutto quanto,
nel caso decidessero di posar lo sguardo su di noi,
due creature l’un per l’altra,
che nessuna colpa possiedono se non quella di amarsi troppo,
troppo e ancora troppo,
sicché,
meno troppo.

Ti amo anima mia.

 
 
 
 

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