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Uto Ughi, la voce del violino

 
 
Unanimemente considerato come una delle massime figure rappresentative della scuola violinistica italiana, nonché tra i maggiori interpreti della scena contemporanea internazionale, il 21 gennaio del 1944, a Busto Arsizio, nasce Bruto Diodato Emilio Ughi, conosciuto dal mondo intero semplicemente come Uto Ughi.

Figlio di genitori istriani costretti a lasciare la loro terra per sfuggire alle repressioni titine, il futuro Accademico di Santa Cecilia, sembra esser stato cullato dalle note, sin dall’infanzia mostra infatti un talento cristallino, tanto che, come lui stesso afferma, a soli sette anni si esibisce per la prima volta in pubblico eseguendo opere di Bach e Paganini e non mancò molto acché la critica lo salutasse come “un concertista artisticamente e tecnicamente maturo”.

Presso la scuola musicale varesina Pergolesi, è Ariodante Coggi il primo insegnante di violino, dopo di che, ancora giovanissimo Uto Ughi partirà alla volta di Parigi per proseguire gli studi con il polistrumentista, compositore e direttore d’orchestra romeno George Enescu, il quale, a partire dal 1933 ebbe tra i suoi allievi Corrado Romano, violinista milanese sensibile e carismatico, che a sua volta sarà guida di alcuni tra i maggiori violinisti italiani del nostro tempo: Domenico Nordio, Marco Fornaciari, nonché Uto Ughi.

Studi che proseguiranno alla senese Accademia Chigiana, istituzione musicale fondata nel 1932 dal conte Guido Chigi Lucarini Saracini, trovando come l’amico/nemico Salvatore Accardo, maestri come Yvonne Astruc e Riccardo Bregola, violinista napoletano iniziato alla musica dal padre Carlo, violoncellista fuggito dalla povertà della guerra dedicandosi alla liuteria in quel di Casablanca, Marocco, e fu proprio dalle sue mani che Bregola ricevette il suo primo strumento.

Sono anni in cui Uto Ughi entra in contatto con altri musicisti del calibro di Andrés Segovia Torres, il celebre chitarrista spagnolo protagonista assoluto dello sviluppo della tecnica classica, conosce Pau Casals i Defilló, violoncellista suo malgrado meglio noto come Pablo Casals, nome impostogli dalla dittatura spagnola e che lui odierà apertamente disconoscendolo ogni qual volta si presentava occasione, rivendicando con fervore la sua origine catalana, argomento più che mai attuale e delicato sotto tanti aspetti.

Restio alle sale d’incisione, da allora la vita di Uto Ughi è un perpetuo concerto che lo ha portato ad esibirsi in ogni angolo del pianeta, sempre accompagnato dai suoi due preziosi strumenti, uno Stradivari del 1701 appartenuto a Rudolphe Kreutzer, violinista a cui Beethoven dedicò la Sonata per pianoforte e violino in La maggiore n. 9, e un Guarnieri del Gesù del 1744.

Antonio Stradivari e Bartolomeo Guarnieri detto del Gesù, assieme agli Amati, in assoluto i più celebri tra i liutai d’ogni epoca. Cremonesi, capaci di strumenti inimitabili, tanto eccellenti, quanto differenti, quasi perché si compensino secondo le partiture: voce dolce e limpida lo Stradivari, vivace e potente il Guarnieri, ch’era il prediletto dell’inarrivabile Niccolò Paganini e chissà che lo stesso amore, non provi anche Uto Ughi.
 
 
 
 

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