Avvento ed evoluzione della Penna a sfera
La penna è più potente della spada.
Edward Bulwer-Lytton, Richelieu; Or the Conspiracy, 1839
Nell’atto di scrivere, dita avvolgono, ormai inconsapevolmente in virtù di consuetudine, un piccolo capolavoro consegnato a popolarità al nome di Bic, appellativo derivato da abbreviazione del cognome dell’imprenditore italiano naturalizzato francese, Marcel Bich (1914-1994), ma sortito dal brillante ingegno dell’inventore argentino-ungherese, László József Schweiger Bíró (1899-1985), a sua volta attingendo dal progetto dell’americano John Jacob Loud (1844-1916) e da tale storico scorrere di creatività, concretandosi l’odierna “penna”, ella vantando nella miriade di vesti, seguito inesorabilmente crescente e costituito, oltreché da puri amatori, da collezionisti.
Primi tentativi scrittori sono ampiamente attribuiti ai Sumeri, l’antica popolazione sovvenendo alla scarsa presenza di legno e pietra della Mesopotamia con l’utilizzo di cera o argilla come soffici basi, sulle quali riportare l’antico sistema di numerazione e la successiva scrittura cuneiforme tramite robuste canne recise ad hoc, di fatto precorrendo ideazione dello stilo (stýlos-stilus) greco-romano, arnese costituito da una piccola asta — solitamente in legno, osso o metallo — da un’estremità volutamente acuminato al fin d’incidere, dall’altra viceversa provvisto d’una parte larga ed appiattita, impiegata per piallare la superficie precedentemente impressa e riutilizzarla, in seguito la grafia iniziando a praticarsi avvalendosi d’arcaici inchiostri, fatti scorrere attraverso rudimentali calami, fintantoché l’innovativa sperimentazione della penna d’oca — talvolta di cigno — a partir all’incirca dal sesto secolo non avrebbe dominato un abbondante millennio, forte della capacità di trattenere e lentamente rilasciare fluidi — per modo da meglio destreggiarsi nello scrivere riducendo la frequenza dell’intingere — nonché nel tempo perfezionandosi sotto abili mani, tra certosine modifiche e sapienti intagli.
Adonque la penna sie legera, che sia rotonda, lucida, e dura, e che non sia molto grossa, communemente di occa sono le megliori. E similmente si pigliera un coltellino di buon acciaio, e ben tagliente, la cui lama sia dritta, e stretta, e non incavata, come qui ti ho notato, percio che la panza, la largeza e la incavatura del coltello non lasciano, che la mano il possa governare a suo modo.
Ludovico Arrighi, Il modo de’ temperare le penne con le varie sorti de littere, 1533
Nonostante il secolare impiego della penna d’oca, maggior svantaggio n’erano le colanti macchie d’inchiostro, intoppo che nemmeno le successive strutture in metallo riuscirono a risolvere, parziale miglioramento all’opposto verificandosi con l’avvento della stilografica, brevettata il 12 febbraio 1884 dallo statunitense Lewis Edson Waterman (1837-1901), con novità apportata d’una scorta d’inchiostro che — seppur ridotta e pertanto rendendosi comunque necessaria immersione o regolare riempimento — permise di limitare le fastidiose perdite, aggiuntivo inconveniente consistendo tuttavia nell’impossibilità di scrivere anche su pelle, legno o dura carta da imballaggio, complicazione alla quale — un quadriennio più tardi — soccorse il succitato John Jacob Loud, il 30 ottobre 1888 egli ottenendo brevetto USA n. 392.046, per la prima penna a sfera che fosse in grado di allargare campo d’azione, grazie appunto ad una minuscola sfera d’acciaio, posta all’estremità, che ruotando aumentava la quantità liquido in distribuzione.
La mia invenzione consiste in un serbatoio o una penna stilografica migliorati, particolarmente utile, tra gli altri scopi, per la marcatura su superfici ruvide come legno, carta da pacco grossolana e altri articoli su cui non è stato possibile utilizzare una penna normale.
Nondimeno, risultando il nuovo stilo eccessivamente ruvido per venir con scioltezza adoperato su fogli tradizionali, sperata commercializzazione non s’avviò, brevetto giungendo a scadenza e paternità venendone raccolta, un cinquantennio più avanti, da László József Schweiger Bíró, all’epoca prolifico giornalista in appassionata ricerca d’uno strumento che lo avvantaggiasse in estetica e tempistiche rispetto all’uso della stilografica, egli dapprima provando a sostituir l’inchiostro della stessa con quello delle rotative di stampa — trovando nella celere asciugatura soluzione a macchie — ma nonostante l’efficacia di tale intuizione, a giocare in sfavore d’una fluida scorrevolezza ne fu la copiosa viscosità, inadatta ad opere estranee ai procedimenti tipografici.
La consistenza dell’inchiostro in questione venne analizzata e migliorata dal fratello, chimico, György Bíró, e poi applicata sulla penna a sfera concepita da John Jacob Loud, il 15 giugno 1938 la coppia realizzando un primo prototipo e brevettandolo in Europa, ma per l’immissione sul mercato erano indispensabili costosi miglioramenti, purtroppo stoppati sul nascere dallo scoppio del secondo conflitto mondiale e dalla disperata fuga dell’ebrea famiglia Schweiger verso l’Argentina, ove coppia d’ungheresi s’inserì naturalizzando nomi, Ladislao e Jorge.
In terra adottiva, i Biró s’incamminarono nel processo produttivo fondando — insieme all’amico e connazionale Juan George Meyne — la Bírós Pen of Argentina, nel 1943 depositando nuovo brevetto e da iniziale trampolino di lancio fungendo il sostanzioso acquisto di circa trentamila penne da parte del Regno Unito, come dotazione, in rimpiazzo delle stilografiche, all’equipaggio della Royal Air France.
Medesimo successo non esplose in Argentina, dove eccessivi costi di produzione resero il prodotto elitario, indi il disincantato Ladislao — conscio dell’ardua scalata — dopo averla proposta con gli appellativi Eterpen, Stratopen ed infine, nel 1945, Birome — dall’unione di Birò e Meyne — mollando il grande sogno e vendendone sia diritti che brevetto a Marcel Bich, dal 1944 proprietario, in società con Édouard Buffard (1908-1996), di una fabbrica nel comune francese di Clichy, ritirata allo scopo d’instradare attività deputata alla creazione di prodotti per la scrittura.
Nell’industrioso proposito di provar ad aumentare bacino d’utenza dell’esemplare elaborato da Loud, s’impegnò tanto nel semplificare il passaggio dell’inchiostro quanto nell’abbattere gli oneri produttivi, innanzitutto optando per materiali più economici, dunque al tubo in ceramica e vetro elaborato sostituendone uno in plastica, nel quale venne inserita una sfera in carburo di tungsteno — pressione interna regolandosi grazie ad un foro più o meno a metà altezza — ed avvalendosi di tecnologie automatizzate estremamente precise, dal 1950 mettendo in vendita un modello pratico e conveniente — a marchio BIC® — che nel giro di breve tempo esplose su larga scala, nel 1952 onorandosi di un Oscar per la celebre pubblicità Elle court, elle court e concordando, fra le altre, inizio di lunga partnership del brand con il Tour de France, nel medesimo anno espandendosi oltre i confini della patria natia e nel 1953 Bich e Buffard dando vita alla Societé BIC e di lì a breve dotando la penna d’aspetto trasparente permettendone controllo del livello d’inchiostro.
Fra innumerevoli campagne pubblicitarie d’enorme fama, la leggendaria BIC® Cristal® riscosse un successo senza pari e nel 1965 — sciolta radicata diffidenza del vecchio corpo docenti — con ufficiale nulla osta del Ministero della Pubblica Istruzione riuscì a valicare ingressi delle scuole francesi, gradatamente inserendosi nei luoghi di lavoro, dagli istituti bancari agli uffici, quindi conquistando ogni angolo del Pianeta e divenendo amata compagna senza età, d’istanti ameni e severi, nonché leggiadra traduttrice degli intimi moti dell’animo.
La penna è la lingua dell’anima.
Miguel de Cervantes, El Ingenioso Hidalgo Don Quijote de la Mancha, 1605-1615
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