Joseph Hill, voce della Cultura Rasta
Il 22 gennaio del 1949 a Linstead, città situata a sud-est della Giamaica, nasceva Joseph Hill cantante e compositore tra i più significativi del panorama roots reggae.
Cresciuto in una famiglia cristiana, iniziò a cantare all’età di 6 anni nei cori della chiesa, ben presto però, entrò in contatto con la fede Rastafari, movimento abramitico sorto nell’isola caraibica nel corso degli anni ’30, abbracciandone la filosofia.
Autore di testi densi e profondi, dotato di forte presenza scenica e voce nasale graffiata, inconfondibile, Joseph Hill a fine anni 60 si trasferisce nella capitale Kingston e si avvicina all’industria discografica come DJ, poi esibendosi nei circuiti degli hotel ed in seguito come percussionista nei Soul Defenders, poco prima che Clement “Sir Coxone” Dodd, li eleggesse come band di supporto negli storici Studio One Records.
Il gruppo, formato da Freddie McKey, Clifton Gibbs, Selected Few e Vin Morgan, comincia a suonare con decine e decine di artisti raggiungendo un discreto successo, anche con lavori slegati dall’etichetta di Dodd, ma Joseph Hill decide comunque di uscire e nel 1976, sotto il nome di African Disciples forma un trio vocale insieme ad Albert Walker e Kenneth Dayes, il tema centrale delle canzoni è la cultura Rasta, cosa che contribuì a dar loro visibilità anche in prospettiva internazionale, in virtù della popolarità che stavano avendo artisti ed esponenti del movimento come Bob Marley e Peter Tosh.
A notare il trio è nientemeno che Joe Gibbs, indimenticabile cantautore, musicista e produttore che li convince a cambiare il nome della band in Culture e li affida alla supervisione di Morris “Blacka” Morwell, musicista e fondatore insieme all’amico di sempre “Bingy Bunny Lamont” del gruppo The Morwells, conosciuto anche come Morwell Unlimited o Morwell Esquire ed attivo tra gli anni 70 e 80.
Già durante le prime sessioni tra i brani registrati ci sono pezzi che a breve sarebbero diventati dei classici della musica giamaicana, tra cui “Two Sevens Clash”, canzone con cui si descriveva il 1977 come l’anno in cui si sarebbe avverata la profezia di San Giovanni contenuta nel libro dell’Apocalisse e l’uscita del singolo, a suo modo l’Apocalisse la fece davvero.
Il successo fu immediato e nonostante nulla sia accaduto dopo la fatidica data del 7.7.1977, i Culture non persero proseliti ed anzi, altre canzoni come “Behold”, “Black Star Liner”, “International Herb”, “Natty Never Get Weary” e “I’m Not Ashamed”, “Why I’m A Rastaman” raggiungeranno la stessa popolarità sia a livello locale, sia internazionale, tanto che in Inghilterra la crescente onda reggae era ormai una realtà concreta capace di influenzare anche molti gruppi punk, tanto che nel 1978, Richard Brenson, accompagnato da Johnny Rotten, si recò in Giamaica per mettere i Culture sotto l’etichetta della Virgin Records Frontline Label e nello stesso anno, Bob Marley in persona invitò il gruppo a prendere parte al leggendario One Love Peace Concert.
Nel 1982, Walker e Dayes escono dalla band, per farvi ritorno quattro anni dopo, lasciando definitivamente nel 1990. Joseph Hill non smise mai di portare la sua musica e la fede Rastafari in ogni angolo del pianeta, Europa, Africa, America, tanto che il primo ministro giamaicano PJ Patterson ne riconobbe il merito onorandolo dell’Independence Award, era il 2005, appena un anno prima che l’artista morisse improvvisamente per insufficienza renale, a Berlino, era l’inizio di un nuovo tour europeo.
Liriche infuocate sostenute dal groove delle melodie, arrangiamenti dolci, la sua voce sicura e coinvolgente era ed è faro della musica giamaicana, con il suo impegno politico e sociale, Joseph Hill è nel firmamento del reggae militante e spirituale.
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