Rahsaan Roland Kirk, il musicista nato in sogno
Rahsaan Roland Kirk aveva appena due anni, quando fatal sovradosaggio di nitrato d’argento negligentemente somministratogli da un’infermiera, gli distrusse le cornee pregiudicandone la vista, senza tuttavia pregiudicarne la capacità di coglier meraviglia nel kleeiano universo dell’invisibile, risorger in sogno d’una notte del 1970 e divenir musicista fra i più creativi d’ogni tempo, inventando strumenti e suonandone oltre quaranta.
La mia esistenza è stata motivata dai sogni, ne ho sempre avuti e ognuno di essi mi ha cambiato la vita.
Il 7 agosto 1935, fu la capitale dell’Ohio, Columbus, ad accogliere Ronald Theodore — come riportato sul certificato di nascita — erede della numerosa famiglia di Gertrude e Theodore Kirk, residente nel quartiere Flytown, il «crogiolo della democrazia» che, sorto nei primi del Novecento ospitando in particolare immigrati irlandesi, tedeschi, italiani, africani, ungheresi, in tal modo venne battezzato per la rapidità con cui la popolazione aumentava e nuove case spuntavano dal nulla. In tale tripudio di culture, un adolescente Kirk iniziò a esibirsi proponendo la musica amata e studiata, a partire dalla classica europea sin al Jazz, definizione ch’egli scarsamente gradiva e preferendole ‘classica nera’.
Leggenda ne tramanda immagine d’infanzia mentre con un tratto di tubo di gomma da giardino, forato similmente ad un flauto, se ne stava davanti alla chiesa locale, accompagnando l’eco dei canti dalle volte balzati all’esterno, finché fantasia bramante note, non venne premiata con una vera e propria tromba ricevuta in dono dalla madre, la quale cominciò anche ad impartirgli regolari lezioni, sennonché, su ordine del medico, preoccupato dal possibile peggioramento delle condizioni oculari a causa della pressione esercitata dalla respirazione, fu costretto a riporla.
Tuttavia, inconveniente non sedò passione e dodicenne, frattanto frequentava la scuola statale per non vedenti di Columbus, si unì alla banda dell’istituto cimentandosi su clarinetto e sassofono tenore, tre anni più tardi eleggendo quest’ultimo per esordire in pubblico, durante i fine settimana, con la band R&B del batterista Boyd Moore.
All’epoca, narrò Ronald Kirk, Luna gli preannunciò il futuro, sognando di suonare tre fiati contemporaneamente e non appena il Sole fu di nuovo alto, si precipitò in un negozio, però anziché limitar cernita agli strumenti, si mise a cercar il suono udito.
Ne provò a decine tra legni ed ottoni, ma nessuno riconduceva alla memoria della notte ed alla fine il gestore, non. avendo altro da proporre, nel tentativo di accontentarlo lo condusse nel seminterrato in cui conservava «rottami» ed in un oscuro quanto scassato strumento, Kirk individuò, l’oggetto del desiderio. Nondimeno, l’esercente, constatandone la soddisfazione si convinse d’esser in possesso di un pezzo da collezione, seppur mal ridotto, quindi sull’istante rifiutandosi di separarsene e cedendo soltanto una settimana dopo, sfinito dalla quotidiana e serrata insistenza del giovane acquirente, al quale, considerandone l’interesse verso fatiscenti bizzarrie, glie ne porse un ulteriore. Kirk acquistò entrambi e principio a modificarne la struttura fin all’esatto raggiungimento di quanto rimastogli in mente: sperimentando concepì il manzello — simile al saxello soprano con la campana più larga e rialzata — e lo stritch — sax contralto dritto, privato della caratteristica campana rovesciata e che insieme al sassofono, suonerà all’unisono, facendo del sogno realtà.
Tenendoli appesi al collo e dedicando la mano sinistra la sax, la destra ai restanti, dapprima fiorirono accordi, poi i fraseggi, dopodiché si concentrò sull’antica respirazione circolare da riuscir così a suonare evitando d’interrompere il flusso d’aria e raggiunta padronanza, ampliò all’unisono utilizzando clarinetto, armonica, corno, oboe, tromba, sirena e ancora campane, percussioni, flauto da naso, uno dolce, uno traverso nascosto e pronto all’uso, all’interno della campana del sassofono, fin a costruir una sorta di fischietto e dei tubi di gomma che rispettivamente chiamò rokon e black mystery pipes, ponendo accanto a creazioni la evil box, una scatola elettrificata mediante la quale produceva sinistri rumorii.
Emotivo, primordiale, dialogico, pittoresco, Rahsaan Roland Kirk fu geniale esploratore del suono, sensazione acustica ch’egli sosteneva essergli facoltà visiva e mediante cui comunicava improvvisando, tracciando arcobaleni d’armonie, talora contrappuntate, unendo Jazz, Dixieland, Blues, Gospel, Soul, musica popolare americana, interponendo fra le note parole su temi d’attualità, inneggiando ai diritti civili, trasformando concerti in surreali ed ammalianti cerimonie sciamaniche.
Estro, scevro di qualsivoglia confine, trovò nell’accademica élite annoverante critici e musicisti, incomprensione, denigrazione e se verosimilmente ebbe il potere d’arginarne popolarità e successo, non ne intaccò l’espressività, elevata all’apoteosi mediante il flauto, da gregario asceso a protagonista assoluto della scena influenzando pesantemente personaggi quali Frank Zappa, Paul Weller, Jeff Coffin, alla stregua d’una divinità fu per Jimi Hendrix, da cui venne definito «a stone cold blues musician» e fonte d’ispirazione, nonché maestro, lo ha dipinto il volto dei Jethro Tull, Ian Anderson, traslandone tecnica e linguaggio nel Rock, realizzandone cover, fra le quali Serenade to a Cuckoo, versione originale contenuta nell’album I Talk with the Spirits del 1964.
Oltre a donar contemporaneamente polmoni a flauto da naso e traverso, volteggiando dita fra legati, tripli staccati ed effetti percussivi, Kirk sviluppò l’ultrasoffio, parlando, graffiando, barbugliando e cantando assieme alla voce degli strumenti, altrimenti riproducendone il suono emettendo la stessa nota, oppure una terza o una quinta maggiore, alterandone e conferendo al timbro le atmosfere scure e stridenti nei registri più alti.
Rahsaan Roland Kirk: Istanti di luce
Il debutto discografico avvenne nel 1956 con Triple Threat, pubblicato dall’etichetta King di Syd Nathan, la stessa che lanciò la carriera di James Brown e sebbene sull’istante — anche a conseguenza d’una scarsa distribuzione — non raccolse particolare attenzione, ebbe comunque il potere di ridestare il Jazz da un periodo di stasi creativa e difatti successivamente assurgendo a pietra miliare della musica contemporanea.
Nel 1960 seguirono Introducing Roland Kirk, i live Kirk at Copenaghen – dove suonò insieme a Sonny Boy Williamson — Gift & Messages, il sopracitato I Talk with the Spirits, dove concentrò impegno unicamente sui flauti e nel 1961, anno dell’album Kirk’s Works, venne invitato da Charles Mingus a colorare le tracce di Oh Yeah e a distanza d’un triennio invece, arrivò la convocazione di Quincy Jones per LP Big Bossa Nova, custode della sempiterna Soul Bossa Nova decorata dal canto del flauto di Kirk.
Nel ’65 uscì Rip, Rig and Panic, opera colma di tributi a pionieri del Jazz come Fats Waller, Clifford Brown, Lester Young e dal titolo, appunto legato alla track album, in tal modo esplicato da Rahsaan Kirk: «Rip significa Rip Van Winkle; è la condizione in cui si trova la gente, musicisti inclusi. Dormono. Rig sta per rigor mortis ed è lo stato mentale di molte persone. Quando mi sentono fare cose che non credevano possibili, vanno nel panico». Giunsero poi Here Comes the Whistleman, Slightly Latin, contenenti le cover di Walk On By e And I Love Her, rispettivamente di Burt Bacharach e del duo Lennon-McCartney e nel ’67, coadiuvato da Ronnie Boykins, Lonnie Liston Smith e Grady Tate, incise dedica alla moglie Bernice Edith Detlor, da cui ebbe il figlio Rory Stritch, Now Please Don’t You Cry, Beautiful Edith.
Nell’estate del 1969 partecipò al tradizionale Newport Jazz Festival, per la prima volta aperto ad interpreti di differenti generi musicali ed in occasione vantando, oltre alla presenza di Miles Davis, Dave Brubeck e B.B. King, di John Mayal, Led Zeppelin, Sly & The Family Stone, di fronte ai quali, dal palco Rahsaan Kirk s’abbandonò a commenti ironici sull’uso dell’LSD, argomentò fatti politici e denunciò il ruolo marginale riservato dai media statunitensi alla musica nera, esigua rilevanza che nel 1970 lo esortò a fondare il Jazz and People’s Movement, collettivo avente appunto obiettivo di pressare emittenti televisive e radiofoniche a promuovere adeguatamente l’arte afroamericana ed il 27 agosto, alle 17:30 circa, in compagnia di alcuni dei personaggi apicali del JPM come il sassofonista Billy Harper, il batterista Andrew Cyrille e il trombettista Lee Morgan, a guida d’una cinquantina di musicisti, irruppe negli studi della CBS durante la trasmissione del Merv Griffin Show, improvvisando ed agitando cartelli con scritto «More black artists on TV», «Honor american Jazz music», costringendo il programma alla sospensione.
La musica è qualcosa di meraviglioso. Quando mi reincarnerò, tornerò sotto forma di nota musicale; così nessuno potrà catturarmi.
Nel 1973 venne dato alle stampe il doppio album con la registrazione dei concerti tenuti l’8 e 9 giugno al Keystone Korner di San Francisco, dove Kirk, nell’intimità di una capienza limitata a centosettanta spettatori, si mostrò oltremodo ispirato offrendo sublimi versioni di Flytown Nose Blues, Dem Red Beans and Rice, Pedal Up e Bright Moments, preceduta da mistica e poetica introduzione:
Bright Moments is like seeing something that you ain’t ever seen in your life and you don’t have to see it but you know how it looks.
Bright Moments is like hearing some music that ain’t nobody else heard, and if they heard it, they wouldn’t even recognize that they heard it, because they been hearing it all their life but they nutted on it, so when you hear it and you start popping your feet and jumping up and down they get mad because you’re enjoying yourself, but those are bright moments that they can’t share with you, because they don’t know even how to go about listening to what you’re listening to and when you try to tell them about it, they don’t know a damn thing about what you’re talking about.
Is there any other Bright Moments before we proceed on?
Testify.
Bright Moments.
Bright Moments.
Bright Moments is like having brothers and sisters like you all here listening to us.
Capolavoro bissato nel 1975 con The Case of the 3 Sided Dream in Audio Color, altro doppio vinile, però registrato ai Regent Sound Studios di New York con il contributo, fra i tanti, di Cornell Dupree, Steve Gadd, Arthur Jenkins, Laurdine Patrick, Ralph MacDonald, Hugh McCracken, Hilton Ruiz e Richard Tee alla corte d’un appassionato Kirk vorticare in psichedelici echi Funk, Jazz, Blues, scanditi da folli intermezzi tonanti esplosioni, treni, cavalli e vocalizzi di Billie Holiday, chiudendo viaggio dopo gli orizzonti di High Heel Sneakers, Portrait of those Beautiful Ladies, The Entertainer (Done In The Style Of The Blues)e Freaks for the Festival, in un lungo silenzio d’improvviso interrotto da una risata per piombare nuovamente fin allo squillare d’un telefono.
Siglati Warner Bros uscirono The Return of the 5000 Lb. Man e Kirkatron, quest’ultimo frutto di sessioni in studio e frammenti dell’intervento al Montreux Jazz Festival, nondimeno, il 1975 terminò in tragedia: Rahsaan Kirk venne colto da emorragia cerebrale rimanendo semiparalizzato, ma nonostante l’incidente, come aveva dominato l’oscurità, seppur contando sulla sola mano sinistra, modificati gli strumenti, riprese ad incidere e calcare le scene comprovando di posseder ancora magia e a ventiquattro mesi dall’accaduto, alla musica donò Boogie Woogie String Along for Real, segnato dalla tradizionale Make Me a Pallet on the Floor, dalle gioviali sfumature della title track, dalla velata Hey Babebips, l’incalzante Dorthaan’s Walk e dalle profonde interpretazioni di I loves You Porgy e Summertime di Gershwin.
Voce, sassofono, flauto, clarinetto, armonica, m’bira — idiofono tipico dell’Africa sudorientale — Rahsaan Roland Kirk impresse l’ultimo capitolo d’umana esperienza, vissuta solcando i sentieri della trascendenza: lunedì 5 dicembre 1977, a poche ore dallo spettacolo tenuto alla Frangipani Room dell’Indiana University Student Union di Bloomington, colpito da una seconda emorragia, si spense all’età di 41 anni.
La mia vita è stata motivata dai sogni. Ne ho avuti molti e ognuno ha cambiato il corso della mia esistenza. Ecco perché ho aggiunto Rahsaan al mio nome.
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