Linton Kwesi Johnson: Poesia come Arma Politica
La poesia ha cantato e accompagnato rivoluzioni, denunciato tirannie e disuguaglianze, agli inizi del Novecento è entrata nelle fabbriche e con suoi readers spaventato l’industria. Si è fatta cronaca, strumento di lotta e riscatto per l’affermazione dei diritti e dei valori umani, ed è la poesia che dagli anni settanta, ha reso Linton Kwesi Johnson una figura di riferimento nel panorama letterario e musicale britannico.
A quasi 40 anni dall’uscita del primo album, la sua voce lucida e tagliente ha raccontato per tre decenni il disagio di una generazione oppressa, emarginata, stretta fra ideologie razziste e le brutalità messe in atto dalla polizia inglese sotto la guida della Thatcher.
Giovani che vivono e portano con sé, la drammatica esperienza dello sradicamento, una diaspora che ha inizio con il commercio degli schiavi e che l’attuale realtà, ben testimonia come non trovi conclusione, confermando quanto le sue poesie, siano quanto mai attuali nonostante le differenze epocali.
Attivista, intellettuale ed unico poeta di colore a comparire – non senza polemiche al seguito – nella prestigiosa collana Penguin Modern Classic, Linton Kwesi Johnson nasce nel 1952 a Chapelton, in Giamaica e giunge in Gran Bretagna all’età di 11 anni per ricongiungersi con la madre, trasferitasi nel quartiere londinese di Brixton circa un anno prima.
Londra vive anni di grande fermento sociale e culturale, disoccupazione e deprivazione trovano sfogo nei primi disordini tra immigrati e forze dell’ordine, quando viene portata a nuovo splendore la Sus Law, ossia “suspected person”, una legge introdotta nel 1824 che permetteva alla polizia di incarcerare chiunque fosse ritenuto potenzialmente pericoloso, basandosi unicamente sul sospetto.
Un provvedimento atto a contrastare la criminalità, ma che altro non sarà se non un’indiscriminata caccia all’uomo che in meno di una settimana porterà all’arresto di mille individui, per la stragrande maggioranza appartenenti alla comunità afro-caraibica.
In un clima del genere, per di più vivendo in una Brixton lontana da ciò che è oggi, per il giovane Linton Kwesi Johnson – anche noto con l’acronimo LKJ – sarebbe stato quasi innaturale non trovarsi immerso nelle correnti ideologiche radicali, e ancora studente, entra a far parte delle British Black Panther, movimento che nella più nota organizzazione americana, trae chiaramente ispirazione.
Il razzismo ed il pregiudizio, si palesano nella sua vita già durante gli anni del liceo e nel 1972, quando alla vista di tre ragazzi neri che al mercato di Brixton venivano malmenati da alcuni poliziotti, viene arrestato e accusato di «gravi lesioni personali» per aver semplicemente chiesto informazioni circa lo stato di salute dei tre giovani.
Il caso fu poi archiviato grazie alle manifestazioni che succedettero il fermo e ad un articolo comparso sul periodico britannico The Observer, Why Blacks In Brixton Are Blowing Their Tops, che provocò anche il trasferimento degli agenti.
Sono gli anni in cui Johnson partecipa attivamente anche ai dibattiti che si svolgevano all’interno del Carabbean Arts Movement, un’iniziativa apolitica culturale nata nel 1966 con l’obiettivo di riunire artisti, poeti e scrittori di origini caraibica, cui l’emarginazione precludeva la possibilità di incontro, confronto e tanto più, l’opportunità di farsi notare.
Istituito per coloro che avevano residenza nel Regno Unito, il CAM si diffuse in tutta Europa trovando adesioni anche in Africa, Stati Uniti e in alcuni paesi del Commonwealth, ben presto trasformandosi in un importante movimento, attraverso il quale ricercare ed esplorare nuove forme artistiche, nuovi linguaggi nella cultura caraibica, in quel particolare momento storico.
Conseguita la laurea in sociologia, nel 1974 Johnson pubblica la sua prima raccolta di poesie, Voices of the Living and the Dead e dodici mesi dopo, per la casa editrice Bogie-L’Overture, si ripete con Dread Beat an’ Blood, opera che entro pochi anni segnerà il suo esordio nel mondo della discografia.
L’interesse per la letteratura corre da sempre a fianco dell’impegno civile e la poesia, è quindi arma politica e al contempo mezzo per rafforzare una coscienza identitaria; LKJ scrive in patwah, dai linguisti identificato come creolo giamaicano, è un dialetto che dall’inglese si scosta significativamente sia nella pronuncia, sia nel vocabolario ed è particolarmente influenzato da termini che hanno origine nell’Africa occidentale.
Niente del genere era mai stato pubblicato prima; una forma poetica che Fred D’Aguiar, romanziere e professore d’inglese all’Università di Miami, definirà come «la più originale emersa nell’ultimo quarto di secolo».
I versi suonano e rimbalzano con una cadenza che ha in sé tutto il bagaglio culturale e musicale dell’isola che un tempo fu dei nativi Taino, dalla tradizione orale cresciuta fra le piantagioni, fino ai sound system che invadevano le strade dei ghetti giamaicani fin dagli anni 50.
Tra i giovani della comunità caraibica londinese, la musica ricopriva un ruolo fondamentale e nelle poesie di LKJ, è assente solo formalmente: grancassa e rullante che posano l’accento sul terzo movimento della battuta di 4/4, il giro di basso, tutto è già presente ascoltandone i versi e la svolta, arriva dall’incontro con il coetaneo Blackbeard, al secolo Dennis Bovell, bassista, chitarrista, tastierista e produttore discografico con origini barbadoriane.
E’ il 1978 quando Dread Beat an Blood esce nella sua nuova veste vinilica, dando ufficialmente i natali al Dub Poetry, termine introdotto in precedenza da Oku Onuora per identificare il movimento poetico giamaicano e che lo stesso Johnson usava per descrivere il dj style di artisti come U Roy o Big Youth, ma è solo adesso che diventa concretamente un sotto genere del reggae, ponendo i già citati e altri interpreti come Mutabaruka e Benjamin Zephaniah, tra i suoi massimi esponenti.
Il disco inizialmente accreditato a Poet and the Roots, oltre a un paio di inediti contiene ovviamente alcune poesie dell’omonimo libro e tra le quali, spiccano All Wi Doin’ is Defendin’ brano dal titolo esaustivo, e It Dread Inna Inglan (for George Lindo), dove Johnson accusa apertamente la Thatcher di razzismo.
Maggie Thatcher
gira con il suo spettacolo razzista
ma se ne deve andare
perché proprio adesso
africani
asiatici
caraibici e inglesi neri
restiamo saldi qui in Inghilterra
qui e ora
non importa cosa dicono
succeda quel che succeda
siamo qui per restare
in Inghilterra
Guerra, guerra,
ascoltami oppressore,
ascolta cosa dico se puoi
ti combatteremo nelle strade a mani nude
abbiamo un piano
quindi ascolta e preparati a prenderle
quei giorni di manganelli
e quelle notti di tristezza chiusi in una cella
quelle ore di tortura fino a toccare l’inferno
quei colpi che mi facevano scoppiare il cuore
erano contati e adesso sono finiti
ci stiamo solo difendendo
quindi preparati alla guerra
La libertà è una cosa molto seria
l’unica cosa che l’oppressione può fare
è innalzare la passione fino all’esplosione
e canteremo canzoni di fuoco.
Guerra, guerra
la Special Patrol cadrà come un muro abbattuto
o una città ridotta in macerie
e anche se si credono coraggiosi
sappiamo che sono congelati dalla paura
e noi siamo fuoco!
Scegliete la vostra arma allora
veloci!
tutto ciò che ci serve sono bottiglie, mattoni e bastoni
abbiamo i pugni
abbiamo i piedi
portiamo dinamite fra i denti
mandate l’antisommossa
Linton Kwesi Johnson sopravanza su quant’altro la discografia britannica aveva proposto fin ad allora, con le sue poesie sfiora – se non oltrepassa – i limiti del penale e lo fa con tale serietà e decisione, che appare persino improprio confinarlo al solo mondo musicale.
La sua non è banale voce di protesta, ma è lotta politica per l’affermazione di una giustizia sociale senza distinguo di razza o etnia; versi che deplorano le lotte fratricide e con identica passione, si scagliano contro un sistema razzista e per questo aggettivato come fascista, condannando quelle pagine di storia inglese, scritte dalle rivolte di Brixton, di Nothing Hill, fino alla mobilitazione più imponente che la gente di colore avesse mai organizzato in Gran Bretagna, in risposta all’indifferenza mostrata dal governo davanti al massacro dei 13 ragazzi neri uccisi a New Cross nel 1981.
Accompagnato dalla Dub Band che vedrà sempre Dennis Bovell alla regia – quando non impegnato anche al basso – negli anni successivi Linton Kwesi Johnson inciderà album come Forces of Victory (1979), Bass Culture (1980), Making History (1983), Tings An’ Times (1991), LKJ Presents (1996) fino a More Time (1999) e con loro poesie come Sonny’s Lettah (Anti-Sus Poem), vede la presa di posizione contro quella legge sul sospetto, che è riconducibile ad un concetto di contrasto e prevenzione della criminalità, esattamente quanto può esserlo stata la politica dell’apartheid.
Una poesia che mostra come nella popolazione nera, anche nei settori più radicali, vi era la comprensione che in ultima analisi, la lotta era contro lo Stato, come è evidente nella stessa Forces of Victory che dà nome al disco sopracitato, dove Johnson inneggia all’antica resistenza del popolo nero, tanto quanto ricorda la rilevanza culturale che riveste il carnevale di Nothing Hill come luogo di unione delle varie etnie, riportando alla memoria quanto successo nel 76, quando 1500 agenti della polizia furono impiegati per tentare di fermarlo.
New Word Hawdah, il “nuovo ordine mondiale” che non ha nessun riferimento con le teorie di complotto, quanto piuttosto è un’analisi di quanto accaduto negli anni 90 e che non è così distante dai conflitti successivi.
Gli assassini di Kigali
devono essere operatori sanitari
I macellai di Butare
devono essere operatori sanitari
I selvaggi di Chatila
Devono essere operatori sanitari
Le bestie in Bosnia
devono essere operatori sanitari
Nel nuovo ordine mondiale
Come una vecchia garza sporca
sulla faccia imputridita dell’umanità
il vecchio ordine svela e rivela
la vecchia cicatrice che si riapre e fa ancora male
la ferita primitiva che il tempo non guarirà
e nell’antico scorrere di sangue
tiranni tribali regolano i conti
Ed è la stessa vecchia sindrome di Caino e Abele
ancora più antica della caduta di Roma
ma nel nuovo ordine mondiale un’atrocità
è il nuovo linguaggio della barbarie
Sterminio di massa
Normalizzato
Pogrom
Razionalizzato
Genocidio
Sanificato
Con Ingland is bitch ci si chiede se qualcosa sia mai veramente cambiato negli ultimi 30 anni, o se la condizione di immigrati e non, si sia semplicemente parificata, dato che il testo è una radiografia della situazione di più generazioni odierne. Linton Kwesi Johnson parla di licenziamenti ingiusti, perché vissuti da persone con un’età che non consente loro di trovare facilmente una nuova occupazione, parla di mestieri mal retribuiti, ma che si è costretti ad accettare perché per quanto orribili e orribile sia la vita che questi permettono, «non c’è scelta migliore».
Considerando la situazione attuale, così come anche la precedente All Wi Doin’ is Defendin’, fanno riflettere Fite Dem Back e Mekkin’ Histri“, poesie il cui significato non può che far venire alla mente le analisi sul post-colonialismo e sul nazionalismo dello psichiatra e filosofo francese, Frantz Fanon nel suo “I dannati della terra“, opera quanto mai moderna nonostante la prima pubblicazione risalga al 1961: «Il colonialismo non è una macchina pensante, non è un corpo dotato di ragione. È la violenza allo stato di natura e non può piegarsi se non davanti ad una violenza ancora maggiore», violenza che genera una contro-violenza peggiore e vissuta come autodifesa.
Gli spaccheremo la testa
Perché dentro non hanno nulla
Gli spaccheremo la testa
Perché dentro non hanno nulla.
Alcuni di loro dicono che odiano i negri,
alcun di loro dicono che pestano i neri
alcuni di loro dicono che accoltellano i negri
e alcuni di loro dicono che picchiano i pakistani.
Fascisti all’attacco
non è il caso di preoccuparsi
Fascisti all’attacco
noi risponderemo
fascisti all’attacco
e contrattaccheremo
Fascisti all’attacco
e li respingeremo
Ora dimmi qualcosa
Tu signore del governo
dimmi qualcosa
Per quanto pensi davvero
di poterci tenere soggiogati
Se viene rivelata la verità
su come arraffi e rubi
su come fai i tuoi loschi affari
Bene, laggiù a Southall
Dove è caduto Peach
Gli asiatici hanno formato una muraglia umana
contro i fascisti e la polizia che era là
dimostra che gli asiatici erano proprio infuriati
Non è un mistero
stiamo facendo la storia
Non è un mistero
per noi è vittoria
Ora dimmi qualcosa
Tu portavoce della polizia
dimmi qualcosa
Per quanto pensi davvero
che prenderemo le vostre manganellate
e le vostre pedate con gli stivali militari
il vostro sporco zaino pieno d’inganni
e i vostri politici razzisti
Bene laggiù a Bristol erano disarmati
ma hanno cacciato via Babilonia
Lo avresti dovuto dire che sei Babilonia,
E come sono fuggiti
Lo avresti dovuto dire che sei Babilonia
Li hanno rasi al suolo quel giorno
Ora dimmi qualcosa
Signor Uomo di Destra
Dimmi qualcosa
Per quanto tempo credevi davvero
che ci saremmo fatti umiliare piagnucolando
Quando sono stati nascosti tanti omicidi
Quando siamo stati feriti senza poter guarire
Quando ci sentiamo come ci sentiamo
Bene, c’è stata Toxteth
e c’è stato Moss Side
e un sacco di altri posti
dove la polizia ha dovuto nascondersi
Bene, c’è stata Brixton
e c’è stata Chapeltown
E un sacco di altri posti
e altri sono i posti dove sono stati rasi al suolo
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