Josef Hofmann, il genio dimenticato del pianoforte
Josef Hofmann è una leggenda del pianoforte che al pari di Wolfgang Amadeus Mozart (1756 -1791) e Franz Liszt (1811-1886), già fin dall’alba della sua esistenza espirò una dimenticata genialità donando meraviglia al pubblico, beatitudine a grandi maestri dell’epoca e flusso magnetico a futuri talenti, attraverso una straordinaria sensibilità e un sublime controllo del suono espresso in dinamiche variegate, delicate ed eleganti. Colori e sfumature di una copiosa sorgente di musica e immaginazione che incantò e si fece collega di inventori, lasciando in eredità un’infinità di creazioni molte delle quali di uso quotidiano e nella maggior parte dei casi, senza neanche preoccuparsi di depositare i brevetti a proprio nome.
Józef Kazimierz Hofmann nacque il 20 gennaio 1876 a Podgórze, distretto di Cracovia lambito dalle acque del fiume Vistola dove nel corso della seconda guerra mondiale, con l’occupazione tedesca, venne costruito uno dei principali ghetti nazisti della Polonia occidentale sotto l’autorità del Governatorato Generale. Periodo buio dell’umana storia durante il quale nel quartiere vi sorse anche la Deutsche Emaillewaren-Fabrik, fucina di articoli smaltati per la cucina e poi convertita alla produzione di munizioni di cui era proprietario Oskar Schindler, il celebre imprenditore originario dei territori del Sudetenland che trasse in salvo dall’Olocausto circa 1100 ebrei, dapprima fingendo di impiegarne la forza lavoro in favore della causa bellica ed in seguito trovando loro rifugio in Cecoslovacchia, presso una fabbrica di Brunnlitz.
All’ombra del misterioso Tumulo di Krakus che leggenda vuole sia tomba del fondatore della città, in quella che al tempo era la Galizia austro-ungarica, Josef Hofmann fu immediatamente cullato dalla musica, ignaro d’aver un DNA votato all’arte: la madre Matylda Pindelska (1853- ?), era una talentuosa attrice e cantante di cabaret Vaudeville, mentre il padre Kazimierz (1842-1911), un noto compositore, direttore d’orchestra e pianista. In realtà anch’egli mostrò doti nient’affatto comuni, a 9 anni infatti, incoraggiato dai genitori lasciò Cracovia per frequentare il Conservatorio di Vienna. Sotto la guida di maestri come Joseph Fischhof (1804-1857) e Simon Sechter (1788-1867), superò le comprensibili difficoltà accentuate dalla componente linguistica e in meno di un lustro conseguì il diploma, dopodiché rimase ancora una stagione sulle rive del Danubio, appagando la sete di conoscenza con gli insegnamenti di Karol Debrois van Bruyck (1828-1902).
Tornato in patria si esibì per la prima volta il 29 maggio 1856 e i concerti proseguirono in varie città della Polonia, dove per altro condivise il palco con il baritono Leopold Miłaszewski, il compositore Wladyslaw Zelenski, mentre con avidità studiava filosofia nelle aule della storica Università Jagellonica. Nel 1866 arrivò la laurea e non molto tempo dopo la nomina a direttore dell’antico Teatro Nazionale Helena Modrzejewska, incarico che mantenne fino 1878, quando assieme alla famiglia si trasferì nella capitale Varsavia dove aveva ottenuto il ruolo di professore di pianoforte al Dipartimento di Musica presso la Facoltà di Belle Arti, l’attuale Fryderyk Chopin University of Music.
Il sacrificio del Genio
Fra gli allievi trovò il futuro pianista e direttore di orchestra Józef Śliwiński (1865 – 1930), ma lontano dalla cattedra cominciò a vestire i panni di docente anche con Josef e nonostante questi avesse soltanto 3 anni, faceva scivolare le dita sulla tastiera con sorprendente naturalezza, corroborando tale innata abilità con altrettanto straordinarie capacità mnemoniche e di ascolto. Sembra che il padre, notevolmente stupito, abbia addirittura preso in considerazione la decisione di metter in secondo piano simili doni in favore delle più consuete materie didattiche, preoccupato dal fatto che l’educazione del figlio ne avrebbe altrimenti potuto risentire. Ma non si può ingabbiare il vento e come riportano numerose biografie, Josef Hofmann fece il suo pubblico debutto nel 1883 eseguendo opere di Ludwig van Beethoven (1770-1827).
Due anni più tardi, con un programma di concerti previsti per giovedì 25 aprile al Teatro dell’Opera e la successiva domenica presso l’Istituto di Musica, giunse a Varsavia il compositore Anton Grigor’evič Rubinštejn (1829-1894) virtuoso concertista e figura chiave della musica russa della seconda metà dell’Ottocento.
Dietro suggerimento di persone vicine, Kazimierz Hofmann riuscì a presentargli il piccolo prodigio e ottenne un’audizione. «Suona», gli disse con tono autoritario, al che Josef domandò quale opera avrebbe dovuto eseguire e non appena il maestro rispose di non aver preferenze lasciandolo libero di scegliere, lo colse alla sprovvista: «Mi piacerebbe suonare il tuo 5 Morceaux per piano No. 5. Toccata».
«Che diavolo! Non ci sono altri compositori?», ribatté spiazzato dalla richiesta, ma il lampo d’irritazione cadde sul candore della fanciullezza: «Sì, ci sono, però io comincio sempre dalla tua Toccata». Al termine dell’esecuzione Rubinštejn lo prese fra le braccia e iniziò a roteare, prevedendo per lui un radioso domani. (Jan Żdżarski, Jozef Hofmann, Geniusz Zapomnia, 2002)
In data 3 aprile 1886 il settimanale di Varsavia, Echo Muzyczne i Teatralne, contemplando correttamente la moltitudine di pericoli a cui può andare incontro una creatura se esposta ad una eccessiva visibilità, motivata per altro da un elevata vocazione immoderatamente sottolineata, descriveva «il giovane Józio Hofmann» come un bambino dall’abilità pianistica «non comune» messa in evidenza da «precisione ritmica e un accento sorprendenti», manifestando al contempo «una familiarità con la letteratura musicale sbalorditiva» e una «preziosa facilità di composizione». L’articolo chiudeva esortando i lettori che ancora non l’avessero ascoltato di approfittare degli imminenti concerti per «compiere un dovere civile» incontrando un «talento meritevole di speciale attenzione».
I dubbi abbandonarono definitivamente il cuore di suo padre e il 14 maggio, Hofmann si esibì al Gran Teatro di Varsavia accompagnato dall’orchestra e una scaletta che comprendeva Canzone della Campana di Friedrich Schiller (1759-1805), Tema con Variazioni di Robert Schumann (1810-1856) eseguito a quattro mani con Aleksander Michałowski e ancora polonaise di Carl Maria von Weber (1786-1826) e Fryderyk Chopin (1810-1849), di quest’ultimo interpretando anche Valzer in La bemolle maggiore, Op. 69, n.1. Il successo fu tale che l’evento venne replicato 3 giorni dopo, raccogliendo nuovamente il consenso di pubblico e critica di settore, benché la stampa e in particolare il quotidiano Kurier Warszawski, edito fino al 1939, pur rimarcando l’unicità del musicista ribadì l’importanza di lasciar vivere al bambino la sua età, asserendo che «il talento, seppur fenomenale, non dovrebbe svilupparsi attraverso prestazioni pubbliche premature».
Echo Muzyczne i Teatralne cominciò a pubblicare opere del piccolo prodigio e gli introiti derivati dai due appuntamenti, convinsero e concessero a Kazimierz Hofmann di metterlo ulteriormente alla prova facendolo conoscere nel resto d’Europa: una tournée che avrebbe così svolto il ruolo di algido giudice permettendogli di comprendere se quanto dimostrato fin al quel momento dal figlio, poteva essere malinconicamente archiviato come fulgore di una meteora, oppure solide fondamenta sulle quali continuare a costruire.
Josef Hofmann si esibì in Francia alla presenza del compositore Charles Camille Saint-Saëns (1835-1921) e poi in Gran Bretagna, Svezia, Olanda, nell’allora Cecoslovacchia suonando nei teatri di Praga e Brno; a Copenaghen davanti a Cristiano IX re di Danimarca e il 1° dicembre, accompagnato dalla Berliner Philharmonisches Orchester entusiasmò il pubblico proponendo sue composizioni e fra le altre, un’interpretazione di Primo Concerto di Beethoven sotto la direzione di Franz Mannstädt (1852-1932). Fosse dipeso da Rubinštejn subito dopo aver incontrato il giovane pianista, certo di aver di fronte un talento senza precedenti e quindi pronto per affrontare il Vecchio Continente, si adoperò personalmente affinché l’impresario tedesco Hermann Wolf lo prendesse sotto la sua ala e ne iniziasse a gestire la carriera. La famiglia però si oppose ritenendo il progetto troppo avventato data l’età del ragazzo, ma adesso, quasi fosse una corsa contro il tempo era già pronta la conquista degli Stati Uniti.
In terra americana arrivò il 17 novembre 1887, aveva 11 anni, e si preannunciò con una serata per non più di 200 persone al Wallace di Broadway, dopodiché, debuttò ufficialmente al Metropolitan di New York il 28 novembre, presentando una sempre più ricca scaletta comprendente composizioni originali, opere di Jean-Philippe Rameau (1683-1764), Beethoven, Chopin, Liszt. L’ammirazione per quel ragazzino che a malapena sfiorava i pedali dl pianoforte fu immediata, gli stessi musicisti erano impressionati dalla sua percezione uditiva e sul New York Herald Tribune così descrissero la reazione degli spettatori: «In un primo momento il pubblico ha ascoltato con stupore, poi con gioia, infine con un sentimento di completa adorazione per il dono divino di questo genio».
Nelle successive 10 settimane tenne qualcosa come 52 concerti facendo danzare le note di Schumann, Weber, Rubinštejn, Felix Mendelssohn (1809-1847), Ludvig Schytte (1848-1909) e molte altre date erano già assicurate, quando a mettere fine a una serie di spettacoli oltremodo estenuante, arrivò la Società per la Prevenzione della Crudeltà verso i Bambini, la quale montò un campagna a mezzo stampa per impedirne ulteriori apparizioni.
Elbridge Thomas Gerry (1837-1927), presidente dell’organizzazione si appellò direttamente all’allora sindaco di New York, Abraham Stevens Hewitt (1822-1903) e molti musicisti si unirono al disappunto, compreso il compositore e pianista Johann Ernst Perabo (1845-1920), il quale espresse seria preoccupazione per le condizioni di salute di Hofmann, nonostante gli esami medici a cui fu sottoposto per volontà del primo cittadino, non avessero evidenziato particolari problematiche.
A metter fine alla diatriba, il filantropo Alfred Corning Clark (1844-1896), quarto e ultimo figlio del magnate Edward Cabot Clark (1811-1882), co-fondatore della storica casa produttrice di macchine da cucire Singer Sewing Machine Company. Si disse pronto a versare agli Hofmann l’ingente somma di 50.000 dollari, a patto che sottraessero il figlio dalla luce dei riflettori per lasciarlo fuori dalle scene fino al compimento dei 18 anni, sfruttando tempo e denaro per un’adeguata istruzione comprensiva di studi musicali.
Naturalmente l’accordo venne siglato e la famiglia, una volta rientrata in Polonia, utilizzò parte dell’elargizione ricevuta per affittare una residenza nella cittadina tedesca di Eisenach, regalando al figlio un’estate di meritato riposo nel verde della Turingia. Quando la stagione volse al termine, si trasferirono a Berlino e Josef Hofmann iniziò a lavorare sotto la guida di grandi maestri come Maurycy Moszkowski (1854-1925), Ignacy Jan Paderewski (1860-1941), Eugene d’Albert (1864-1932), , Seweryn Berson (1858-1917), la clavicembalista Wanda Landowska (1879-1959) e il violinista Heinrich Urban (1837-1901), il cui metodo d’insegnamento lasciava libertà assoluta agli studenti per sostenerne le individualità e le idee artistiche.
Josef Hofmann e Thomas Edison: musica e invenzioni
Parallelamente alla musica Hofmann amava lo sport, ritenendo l’attività fisica molto importante e spesso si allontanava dal pianoforte per praticare pattinaggio su ghiaccio, ciclismo, tennis e aveva anche un debole per la tecnologia, la meccanica e proprio in quegli anni, la mente dell’inventore americano Thomas Alva Edison (1847-1931) aveva ideato il fonografo. Ottenne il brevetto in data 19 febbraio 1878 ed insieme ad alcuni finanziatori creò la Edison Speaking Phonograph Company cominciando la distribuzione commerciale nel 1889. Nonostante la giovane età, il musicista non esitò a contattarlo tramite lettera redatta in data 24 novembre 1889, colma di ammirazione, entusiasmo e innocenza: «Ti ricordi Josef Hofmann, il ragazzo-pianista che era in America? Sono io». Dopo essersi così presentato, chiese se mai gli sarebbe stata concessa la possibilità di acquistare un modello di fonografo, motivando la richiesta in ragione del giovamento che ne avrebbe tratto la sua educazione e concluse la missiva premurandosi d’informarlo di essere già in possesso di un telefono e di una lampadina, infine scusandosi per il non perfetto inglese.
Edison accolse la richiesta con particolare piacere e per mano del segretario personale Alfred Ord Tate, gli assicurò che avrebbe ricevuto il fonografo e qualora avesse avuto occasione, lo invitò a raggiungerlo al suo laboratorio di West Orange, nel New Jersey. Con l’apparecchio dispose l’invio di una settantina di fonogrammi, 50 dei quali intonsi e il 21 febbraio 1890, di suo pugno scrisse e poi mandò ad Hofmann una lettera per metterlo al corrente circa l’avvenuta spedizione, specificando che aveva scelto per lui un modello «di ultima generazione, con motore ad acqua», augurandosi quindi gli fosse maggiormente gradito e conveniente rispetto ai precedenti che sfruttavano l’energia elettrica.
Iniziò un fitto scambio epistolare con cui il musicista esprimeva le proprie impressioni, descriveva i tentativi fatti per una migliore restituzione del suono, chiedeva informazioni e proponeva modifiche al fine di perfezionarlo, non mancando di inoltrare anche numerosi cilindri con incisioni al pianoforte, pregando sempre di ricevere un parere e da parte sua, l’inventore gli faceva avere parti di ricambio, nuovi supporti per registrare e fonografi a metà prezzo, depositando egli stesso la differenza nelle casse della società.
Non è dato sapere se i due si siano mai incontrati, tuttavia, se Hofmann non fu il primo pianista a testare la creatura di Edison, è certamente il più significativo, anche in virtù dei suoi interessi dei quali si ha testimonianza già nel 1896 con il libro Manuale di Meccanica di M. Lauenstein, sulla cui copertina campeggia il suo nome in veste di traduttore, dal tedesco al polacco, ma anche sottolineato con il titolo professionale di ingegnere.
Egli fu padre di numerose invenzioni, contributi implementati su mongolfiere, aerei, anticipò i tempi ideando un orologio elettrico, lo scambiatore a spirale per riscaldare l’acqua, si rese autore persino di un motoscafo e una casa che girava su se stessa seguendo la traiettoria del Sole. In un’epoca segnata dalla diffusione dell’automobile, vide negli Stati Uniti la terra promessa delle quattro ruote e il fascino da esse esercitato lo spinse a cimentarsi nell’assemblaggio di un veicolo munito di motore a vapore e in compagnia dell’amico Konstantin von Sternberg, su di esso viaggiarono in tutta Europa. Nel 1906 ne costruì un altro alimentato a gas che raggiungeva la velocità massima di circa 55 km/h e 3 anni dopo arrivò l’esemplare a benzina. Le intuizioni intorno al mondo dell’auto proseguirono con l’antenato del moderno navigatore GPS, è registrato con il n. 909 798 alla data del 12 gennaio 1909. Inoltre progettò ammortizzatori in grado di aumentare il comfort alla guida e rimasero in uso fino agli anni ’40, ma non ultimo, anche se la questione è controversa, ha regalato alla storia il tergicristallo, scaturito osservando il moto oscillatorio del metronomo.
Naturalmente la musica e il pianoforte, furono fonte d’ispirazione, a cominciare dalla seduta che gli permise di ovviare alla sua minuta statura. Anticipando la leggendaria sedia concepita dall’impetuoso Glenn Gould, ne realizzò un tipo regolabile che aveva come caratteristica principale quella di aver gambe posteriori più alte rispetto a quelle anteriori di circa 3,80 cm, in modo tale da fargli assumere una leggera inclinazione in avanti. Cosiddette sedie ‘Hofmann’ sono ancora oggi presenti in conservatori americani, ma d’indiscutibile rilievo sono gli studi e le modifiche dette Piano Action (PDF) apportate alla meccanica dei tasti al fine di settarne la resistenza alla pressione «in modo tale da ridurre al minimo gli attriti indesiderati tra le parti in movimento e ottenere così un’azione pianistica che opera con un ritorno più rapido, risponde al tocco più delicato, rimane sostanzialmente inalterata alle condizioni climatiche ed è meno soggetta ad usura».
Fedele agli strumenti prodotti dalla Steinway & Son, il celebre marchio fondato a New York nel 1853 dalla famiglia tedesca Steinweg, già 10 anni prima Hofmann suggerì loro simili cambiamenti alla tastiera per renderla più sensibile, reattiva e fu così che nacque l’Accelerated Action, il sistema di azione attualmente in uso in tutti gli strumenti della Steinway col passaporto americano.
Rubinštejn e la consacrazione di Josef Hofmann
Molte altre furono le invenzioni e più di 150 le migliorie al pianoforte a coda apportate lungo una carriera che ebbe il definitivo abbrivo nel momento in cui Anton Rubinštejn, nel 1891 arrivò in Germania dopo aver abbandonato la Russia a causa delle pressanti richieste imperiali, affinché le ammissioni al Conservatorio di San Pietroburgo da lui fondato, avvenissero secondo criteri etnici al fine di svantaggiare soprattutto gli ebrei, contravvenendo ai severi parametri meritocratici applicati dal compositore.
Dopo tanti anni rincontrò il bambino che l’aveva stupito e come in accade in quel frangente, alla presenza di Kazimierz Hofmann, desiderò ascoltarlo prima di prendere in considerazione l’eventualità d’inserirlo nella ristretta cerchia di studenti che stava seguendo fra un concerto e un altro. Ancora una volta gli concesse libera scelta sull’opera da eseguire e Josef attaccò Polacca Op. 53 in La bemolle maggiore di Chopin. Al consumarsi dell’ultima nota Rubinštejn gli si pose di fronte e rimanendo in silenzio cominciò a fissar quell’adolescente, mentre con la semplicità di chi non ha piena consapevolezza, si era già buttato sulle caramelle contenute in un vassoio. Distolto lo sguardo si rivolse al padre e pronunciò la sentenza: «Non mi sarei mai aspettato niente del genere. Gentile signore, sboccerà da tuo figlio il più grande pianista del mondo». (Jerzy Leszczyński, Z Pamiętnika Aktora, 1958)
Durante il successivo biennio elesse Josef Hofmann suo unico allievo privato e il 12 marzo 1894, due mesi dopo il compimento dei 18 anni ottemperando l’accordo fatto con Alfred Clark, ne avviò la seconda vita con un concerto organizzato ad Amburgo e poi lasciò che da solo proseguisse il volo. All’indomani di quell’ennesimo debutto il giovane pianista corse da Rubinštejn e sebbene lo sapesse restio a rilasciar autografi, il desiderio di averne uno che fermasse il tempo abbatté timori e timidezze. Il maestro lo accolse con un sorriso e fu ben lieto di accontentarlo, ma la felicità non va mai oltre l’istante e spesso è la tristezza a rubarne il posto nel cuore, esattamente come accadde a Hofmann allorché domandò quando sarebbe dovuto tornare a lezione: «Mai», gli rispose, «ti ho detto e consegnato tutta la mia conoscenza sul pieno significato di suonare il pianoforte». Non l’avrebbe mai più rivisto, il compositore tornò in Russia, nella sua residenza a Peterhof, nei pressi di San Pietroburgo e vi morì pochi mesi dopo, il 19 novembre, all’età di 65 anni.
Il mondo intero si è rivelato vuoto e privo di fascino. Ho capito che lo amavo non solo come educatore e artista, ma anche come uomo. Lo amavo come un padre.
Hofmann apprese dai giornali la notizia della scomparsa, mentre era in Inghilterra, al concerto di Amburgo seguì infatti un’infinita serie di spettacoli che lo vide girare Europa e Stati Uniti, ovunque raccogliendo successi, attestati di stima e ammirazione da parte di compositori come Sergej Rachmaninov, Ralph Berkowitz, Rudolf Serkin, il già citato Glenn Gould che ne rimase oltremodo stregato e nel 1913, proprio a San Pietroburgo, venne insignito dell’onorificenza della consegna delle Chiavi delle Città.
Negli ’20 e ’30 rappresentarono l’apogeo, per i pianisti era semplicemente Emperor Josef e con la cittadinanza statunitense in tasca venne nominato direttore del Curtis Institute of Music di Philadelphia, svolgendo anche il ruolo di insegnante ad allievi come Abram Chasins (1903-1987), Shura Cherkassky (1909-1995), Abbey Simon (1920) e ancora Ezra Rachlin (1915-1995), anch’egli precoce prodigio che nel 1937 decise di abbandonare la carriera di pianista per dedicarsi alla direzione d’orchestra dando l’addio con un’ultima esibizione alla Casa Bianca, davanti al Presidente Franklin Roosevelt: «Avevo 13 anni quando divenne il mio mentore e non dimenticherò mai la sua gentilezza, la sua grande comprensione, la sua integrità e il suo esempio artistico. Molte persone possono essere troppo giovani per aver sentito Hofmann e non avere idea, ma il suo carattere musicale era potente e originale, aveva un tono sontuoso e virtuosismi emozionanti».
Nadia Reisenberg (1904-1983), celebre pianista americana e sorella dell’indimenticabile Clara Rockmore (1911-1998), colei che dette voce e anima allo strumento musicale dall’eterno fascino di cui padre fu Léon Theremin, nel 1930 cercò in Hofmann la figura di una guida e dopo aver toccato l’apice della carriera soprattutto per le interpretazioni di Mozart, ne divenne assistente all’Istituto Curtis: «Quello che mi ha insegnato non ha prezzo».
Come tante anime traboccanti innata sensibilità, non confortante nelle fragilità e nei dolori, Josef Hofmann fu catturato dal fatuo calore dell’alcol, intimo confidente e aspide paziente, alla cui danza demolente non si abbandonò prima d’esser entrato nella leggenda con il disco Casimir Hall Recital, registrato il 7 aprile 1938 al Curtis Institute Of Music e poi con l’ultimo concerto tenuto al Carnegie Hall nel 1946.
Una delle tragedie più terribile accadute alla musica, è stata la rovina di Josef Hofmann.
Oscar Levant
Lontano dal mondo che lo aveva osannato, Josef Hofmann si spense a Los Angeles il 16 febbraio 1957, all’età di 81 anni, lasciando centinaia di composizioni, molte delle quali firmate anche come Josef Hoffmann, Joseph Hofmann e Michel Dvorsky.
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