Jaco Pastorius, la rivoluzione del basso elettrico
Jaco Pastorius è stato un intenso e infocato fulgóre, fiamma il cui ardere è stato anzitempo sopito da un vento però incapace d’attenuarne il calore. Rivoluzionario e geniale poeta del basso elettrico, esplorò i linguaggi della musica per crearne di nuovi e inaspettati scivolando fra melodie, effetti percussivi, armonici donando essenza ad ogni gesto ed elevando a protagonista uno strumento spingendolo oltre i limiti raggiunti prima del suo passaggio.
I’m the greatest bass player in the word
Nacque John Francis Anthony Pastorius III, nome dal suono vagamente nobile che i genitori sostituirono presto con un più breve Jocko, preso in prestito dal giocatore di baseball Jocko Conlan, esterno dei Chicago White Sox divenuto poi arbitro entrando nella Hall of Fame della disciplina. Ma intorno agli anni ’70, il bassista adottò con soddisfazione la trasformazione in Jaco ad opera di un inconsapevole Alex Darqui, pianista francese e suo vicino di casa che sbagliò la grafia lasciandogli un appunto scritto.
Era il primogenito di Verna Katarina Haapala, una ragazza con origini finnico-svedesi conosciuta come Stephanie, e John Francis ‘Jack’ Pastorius II, le cui radici affondavano invece nelle terre d’Irlanda e Germania. Vivevano a Norristown, un piccolo comune della Pennsylvania dove Jaco venne alla luce il 1° dicembre 1951, rimanendo per un paio d’anni in attesa della carica di fratello maggiore di Gregory e nel ’55 di Rory. Respirò musica sin dall’infanzia, Jack era infatti un appassionato batterista jazz e quando non era in giro per l’America impegnato in concerti, insegnava ai figli a suonare tentando di tramandar quel suo amore proprio come lui l’aveva ereditato dal padre, orchestrale nella banda della vicina cittadina di Bridgeport.
Pastorius ripagava il suo fervore con entusiasmo e sebbene fosse solo un bambino, sin dal primo istante mostrò un innato sentire per la batteria, profilando una possibile continuità nell’albero genealogico ricalcando le orme del maestro e del nonno.
Alla fine degli anni ’50 la famiglia lasciò la Pennsylvania per stabilirsi in Florida, a Oakland Park, praticamente a ridosso delle paradisiache spiagge di Fort Lauderdale e il trasferimento non poté ch’esser apprezzato dai tre fratelli. Jaco era pieno di vitalità, aveva un temperamento esuberante, gioviale e sotto i raggi tropicali della ‘terra dei fiori’ trascorreva gran parte delle giornate fra onde, mangrovie, rami degli alberi. Iperattività e un’abitudine a star sempre a torso nudo che finirono col suggerire a Gregory di soprannominarlo Mowgli, come il ragazzino de Il Libro della Giungla. Energia, sorriso e senso di libertà che mantenne per l’intera e fugace esistenza.
Quell’idillio, a breve sarebbe stato però scalfito dalla separazione dei genitori, un evento causato dai lunghi periodi d’assenza di Jack e soprattutto per la consuetudine che aveva di abbandonarsi all’alcol, sprofondando in atteggiamenti non di rado violenti ed esasperanti tanto per la moglie quanto i per i figli. Tuttavia non si allontanò da loro, ma continuò a seguirne la crescita, conservando perciò un legame che musica e affinità caratteriali, lo univano in modo particolare a Jaco, nel frattempo impegnato a metter su una band insieme a John Caputo e Dean Noel.
L’incontro e l’amore per il basso elettrico
Facendo lo strillone era riuscito ad acquistare una modesta batteria e con loro fondò il gruppo The Sonics, ma in quegli stessi anni Pastorius volgeva la sua attenzione anche sull’altra grande passione, lo sport. Adorava il basket e con discreta attitudine praticava inoltre baseball e football, finché un giorno, proprio quest’ultimo mandò contemporaneamente in frantumi il sogno del batterista e dell’atleta. All’età di 13 anni, durante una partita si procurò una frattura al polso sinistro che andò ad aggravarsi a tal punto, da render necessario un’intervento chirurgico correttivo. «Sentivo il polso come di vetro», ricordò nell’83 nel corso di un’intervista rilasciata alla BBC, ma ciononostante non si perse d’animo e continuò ad esercitarsi, a suonar in pubblico, benché tutto fosse diventato più complicato.
Nel 1966, a due anni dall’infortunio, entrò a far parte dei Las Olas Brass, un gruppo composto da nove elementi che eseguiva cover di James Brown, Otis Redding, Aretha Franklin, Wilson Pickett e alla batteria rimase fin quando non si presentò loro un musicista con maggior preparazione. Destino però volle che l’arrivo coincidesse con l’abbandono del bassista e Jaco Pastorius colse l’occasione proponendosi per sostituirlo, pur non avendo mai sfiorato corde che non fossero quelle della chitarra di suo fratello, fatte vibrare solo occasionalmente.
Ancora una volta utilizzando i soldi provenienti dai giornali comprò il suo primo basso elettrico e il talento che lo avrebbe consacrato alla storia cominciò rapidamente a palesarsi. Sempre più trasportato dal jazz, crebbe in lui il desiderio di posseder anche un contrabbasso e dopo mesi e mesi di risparmi, riuscì finalmente ad averne uno. Nell’arco di poche settimane però, si accorse quanto difficile fosse mantenerlo a causa del clima umido della Florida e alla fine lo trovò irrimediabilmente rovinato. Non poteva permettersene un’altro, oltretutto avrebbe dovuto guardare a oggetti di qualità superiore e così acquistò un secondo basso, puntando su un Fender Jazz del 1962. Tuttavia, qualcosa non lo accontentava del tutto e poco dopo, in cerca di qualcosa che gli consentisse di più respiro alla sua espressività, gli tolse i capotasti, le traversine metalliche presenti sul manico della tastiera, dopodiché riempì le scanalature con stucco e terminò ricoprendo il manico con vernice isolante per imbarcazioni. Si era costruito un fretless, eludendo il credo che portò Mr. Leo Fender a far l’esatto opposto, quando rincorrendo l’idea di crear uno strumento meno approssimativo da offrire ai musicisti, nel 1951 concepì il Precision Bass, appunto battezzato fugando ogni dubbio a riguardo.
Ascoltava dischi dove figuravano personaggi quali Paul Chambers, Jerry Jemmott, James Jamerson, la cui firma è praticamente in tutte le grandi hit della Motown e nel 1968, Jaco Pastorius registrò su nastro una sua versione della canzone The Chicken di Pee Wee Ellis e la spedì ad Alice McLeod. Era la moglie del memorabile John Coltrane, ma soprattutto una pianista di formazione classica che accompagnò il jazzista nei suoi ultimi 5 anni di attività, una carriera straordianria bruscamente interrotta dalla prematura scomparsa avvenuta nel ’67. Ella non mancò di percepire la vocazione del giovane bassista, rispose inviandogli una lettera colma stima, di parole incoraggianti e più tardi, quel brano sarebbe diventato un classico nel repertorio di Pastorius.
Intanto l’avventura con Las Olas Brass era terminata e principiarono quelle con i Soul Incorporated, i Woodchuck, con la band di supporto di Wayne Cochran, i CC Riders, con i quali intraprese lunghe tournée per gli Stati Uniti. Esperienza che gli permise di affinare ulteriormente la tecnica, il groove, ne favorì la crescita musicale anche sul piano compositivo e nel 1973 si unì alla Bakers Dozen, un gruppo di 13 elementi di cui faceva parte anche il chitarrista Pat Metheny e tra i due scaturì un’intesa dalla quale nacquero gli album con cui debuttarono a livello professionale. Dopo un primo LP registrato nel 1974 insieme al pianista Paul Bley e al percussionista Bruce Ditmas, formarono un trio con il batterista Bob Moses ed incisero Bright Size Life, pubblicato dalla Edition of Contemporary Music nel 1976 e lo stesso anno, edito dalla Epic, vide la luce anche Jaco Pastorius, disco con cui il bassista si affacciò sul panorama internazionale.
Alla realizzazione parteciparono musicisti come Herbie Hancock, Wayne Shorter, David Sanborn, Michael Brecker, fra le tracce Donna Lee, Portrait of Tracy, Continuum e il successo fu immediato, esplose sulla scena jazz come qualcosa di estremamente avveniristico e lo riconobbe lo stesso Pat Metheny: «Il suo assolo su ‘Donna Lee’, oltre ad essere stupefacente per il solo fatto che è stato suonato con un fraseggio simile al corno, prima sconosciuto al basso, è ancora più notevole per essere uno degli sguardi più innovativi su come suonare una serie di accordi nella storia del jazz moderno».
Il basso canta. Devi solo sapere esattamente come toccare le corde, e quanta pressione applicare con le dita. Devi imparare a sentirlo.
Jaco Pastorius e i Weather Report
Prima ancora che tutto questo accadesse, Pastorius ebbe modo d’incontrare il tastierista austriaco Joe Zawinul, desiderava entrare nei suoi Weather Report, band fusion che al tempo era già leggenda. Avvenne all’esterno del Guzman Theater di Miami, dove avevano appena concluso il soundcheck in vista del concerto. Si presentò a lui come «John Francis Pastorius III, il più grande bassista del mondo» e quindi gli chiese di poter far parte del gruppo. Zawinul osservò quel tipo dai capelli lunghi e dall’aspetto tutt’altro che curato e senza troppi giri di parole gli rispose di andarsene, ma Jaco non demorse, gli allungò un nastro e la sera stessa gli scrisse una lettera.
Quando il tastierista ascoltò il demo rimase stupefatto, a tratti aveva l’impressione di ascoltare un contrabbasso, solo che nel gruppo il ruolo era in quel periodo ricoperto nientemeno che dallo stickista Alphonso Johnson, per cui non poté far altro che rifiutar l’offerta, rimanendo però in contatto attraverso una fitta corrispondenza tramite la quale Pastorius continuò a spedirgli nastri con incise sessioni e concerti.
L’opportunità giunse però nel ’75, quando Zawinul pensò ad un ulteriore bassista per completare il il disco Black Market ed ovviamente si ricordò di lui. Venne pubblicato dalla Colombia l’anno dopo, 7 le tracce presenti ed il musicista offrì il suo contributo in Cannon Ball e in Barbary Coast, canzone da lui stesso composta. Trascorsi due anni di militanza, Johnson lasciò il suo posto per abbracciare il progetto di Billy Cobham, Tom Scott e Steve Khan, i CBS All Stars e Jaco Pastorius venne invitato ad unirsi ufficialmente ai Weather Report e la sua presenza permise alla band di raggiungere una popolarità mai toccata prima, come lo stesso Zawinul ha ricordato: «Aveva qualcosa di magico. Era un artista elettrizzante e un grande musicista. Prima del suo arrivo eravamo percepiti come una specie di gruppo jazz esoterico, ma dopo che si unì al gruppo iniziammo a far il tutto esaurito ovunque andassimo». (Richard J. Lawn, Experiencing Jazz)
Lascerà un segno indelebile nella storia della musica e la fama cominciò a sommergerlo a partire dal 1977 con l’uscita di Heavy Weather, un album entrato nel Grammy Hall of Fame nel 2011 e di cui fu coproduttore e autore delle canzoni Teen Town e Havona. Vinse il disco d’oro e altrettanto fece il seguente Mr. Gone, mentre il live dal titolo 8:30 pubblicato nel 1979 venne premiato con un Grammy Award per la categoria Miglior Performance Jazz. Altra affermazione arrivò con Night Passage del 1980, custode del brano considerato da Joe Zawinul come l’assoluto capolavoro di Pastorius: Three Views of a Secret.
I sogni e dolori dell’anima
Le numerose collaborazioni che negli anni aveva collezionato, lo portarono al desiderio di costituire un ensemble fuori dall’ordinario e le circostanze si vennero a creare quando la Warner Bros gli offrì un contratto per realizzare un album come solista e nacque Word of Mouth. Poetico, travolgente, evocativo, un disco complesso e geniale che vide il bassista circondarsi di musicisti come Toots Thielemans con la sua armonica, il batterista Peter Erskine, il sassofonista Michael Brecker e ancora Herbie Hancock, Don Alias, Peter Gordon, Tom Scott, Jack DeJohnette e tanti altri ancora. Artisti con i quali formerà la sua big band raccolta sotto al nome dell’album che aveva reso possibile concretizzare il sogno.
Uscì a dicembre del 1981, quando già da tempo nella vita di Jaco Pastorius erano entrati cocaina e alcol, fin ad allora ripudiato con forza, memore di suo padre. Gli effetti sulla sua personalità furono devastanti, lentamente scivolò in un inferno fatto di profonde crisi depressive che sbottavano in pianti disperati e atteggiamenti assurdi che oltrepassavano i limite della ragione, arrivando ad esacerbare le persone che aveva accanto, i musicisti, inermi e rattristati dal vederlo preda d’un vortice autodistruttivo e i familiari.
Nel 1970 aveva conosciuto e sposato Tracy Lee, da lei ebbe Mary e poi John Francis IV, ma l’unione andò sgretolandosi a causa dei suoi comportamenti e si concluse 9 anni dopo con un divorzio che colpì duramente la stabilità di Pastorius. Gli episodi che lo videro protagonista, furono da molti letti come gli eccessi del classico ‘artista maledetto’, ma la verità è un’altra ed è raccolta nelle parole accorate della figlia: «Credo che tante persone abbiano considerato mio padre anche un fallito, etichettandolo nella categoria “genio/musicista jazz autodistruttivo”, che non riesce a gestire i propri successi e creatività, per darsi all’alcool e alle droghe e finire con l’impazzire. Questo non era papà, sebbene superficialmente possa corrispondere al profilo. La verità è che mio padre era malato di mente. Stava soffrendo di un duro squilibrio bio-chimico, chiamata sindrome maniaco-depressiva. Non aveva fatto niente per prenderla o causarla, sebbene l’abbia aggravata con i suoi abusi. Le sue percezioni deformi della realtà e tutti i comportamenti bizzarri che ne seguivano, possono essere attribuiti ad episodi maniacali che, a volte, raggiungevano livelli psicotici. Qualcuno non può o non vuole crederci. Le tante persone che lo hanno messo su un piedistallo, non possono accettare che lui abbia avuto tale “difetto”. Qualcuno, invece, pensa che mio padre era “fuori di testa” che non intendeva gestire la sua vita utilizzando le “scuse” maniaco-depressive. Beh, vi giuro che questa malattia è “legittima”».
Tutto proveniva da un problema, gli abusi, gli eccessi, gli arresti in Giappone, a New York, in Florida, il volo da un balcone d’albergo in Italia, persino droga e alcol ne erano una conseguenza. Dopo il fallimento del matrimonio, Pastorius convolò a nozze con Ingrid Horn Müller, una ragazza nata a Sumatra da madre indonesiana e padre tedesco, gli fece dono di due gemelli e gli rimase accanto per il resto della vita, ma nulla poté per salvarlo. Con il tempo andò lacerandosi anche il rapporto con Joe Zawinul e nel 1982 Pastorius si trovò costretto ad allontanarsi dal gruppo continuando a registrare e ad esibirsi con i Word of Mouth Orchestra, anche se formalmente smisero di esistere quando nell’83, la Warner Bros decise di risolvere il contratto a causa di una condizione di salute che si aggravò a tal punto, che il musicista fu ricoverato nel reparto psichiatrico del Bellevue Hospital di New York, rimanendovi per 6 settimane. Quando venne dimesso sembrò essersi pienamente ripreso e basso alla mano se ne andò a far concerti in giro per il mondo, ma l’incubo era dietro l’angolo e si materializzò quando Alex Sadkin, amico d’infanzia e produttore che nel mondo discografico irruppe a fianco di Chris Blackwell, lavorando sull’album Rastaman Vibration di Bob Marley, il 25 giugno 1987 trovò la morte in un incidente stradale a soli 38 anni.
Jaco Pastorius precipitò nuovamente nel buio di una crisi che l’aveva emarginato, abbandonato alla vita di un senzatetto, che gli aveva logorato l’anima ancor prima della mente, un baratro dal quale non sarebbe più uscito.
Alle 4:20 della mattina del 12 settembre 1987, la polizia lo trovò riverso in lago di sangue a pochi metri dal Midnight Bottle Club, un locale situato nella periferia di Fort Lauderdale. Accanto a lui una donna che cercava di togliergli il sangue dalla bocca per evitar che soffocasse. L’unico a fornire una testimonianza fu il buttafuori venticinquenne Luc Havan, una rifugiato vietnamita ed esperto di arti marziali. Stando a quanto dichiarato, Pastorius andò in escandescenza dopo che gli era stato negato l’accesso per un evidente stato di ebrezza. Dette un calcio alla porta e tentò di colpire Haven, il quale reagì dandogli una spinta e il bassista cadde all’indietro sbattendo la testa sull’asfalto e il rapporto degli agenti indicò quindi come causa delle lesioni, un violento trauma cranico.
Il musicista venne trasportato d’urgenza al Broadway Country General Medical Center, ma vi giunse ormai in coma per cui venne collocato nel reparto di terapia intensiva dove rimase per una settimana, ovvero fin quando un’emorragia provocò la morte celebrale. Si spense la sera del 21 settembre, alle 21:25, tre ore dopo che i familiari avevano disposto l’interruzione dell’assistenza dei macchinari che lo tenevano in vita. Pastorius morì a 35 anni con il cranio fracassato, traumi interni e il volto completamente tumefatto.
Haven fu accusato di omicidio colposo, ma in seguito fu dichiarato colpevole di omicidio di secondo grado e considerando l’assenza di precedenti, fu condannato a 22 mesi di carcere e cinque anni di libertà vigilata. È stato rilasciato dopo quattro mesi per buona condotta.
La gente viene e dice che mi sto annientando, ma non sono autodistruttivo, non sono un alcolizzato, non sono un tossicodipendente, sto solo accogliendo la vita con entrambe le mani.
Nel 1999, la Fender Musical Instruments Corporation, realizzò in suo onore 3 modelli ai quali fu dato il suo nome, mentre nel trentennale della sua scomparsa venne pubblicato ‘Truth, liberty & soul – Live in NYC: The Complete 1982 NPR Jazz Alive! Recording‘, contenente la registrazione del concerto tenuto da Jaco Pastorius con la Word of Mouth Orchestra alla Avery Fisher Hall di New York il 27 giugno del 1982, in ambito del Kool Jazz Festival.
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