Giovanni Battista Viotti, compositore tra i più influenti del Classicismo
Un liutaio, fabbricando un violino, permette la nascita dei più bei suoni di miele e d’oro che l’orecchio umano possa intendere.
Yehudi Menuhin
A Fontanetto Po – caratteristico borgo agricolo vercellese, il cui nome derivante dai molteplici fontanili presenti sul territorio — il 12 maggio 1755 venne alla luce Giovanni Battista Viotti, sesto dei nove figli di Felice Antonio (1714-1784) — maniscalco — e Maria Magdalena Milano (1728-1763), donna di cui scarse risultano le notizie se non essere erede di famiglia dalle origini locali e coppia che, ben presto, avrebbe subito l’atroce, opprimente e ripetuta sofferenza della perdita, trovandosi a sopportare la sconquassante scomparsa di gran parte della prole e — senza nulla poter fare per mutar fatale (s)ventura — rassegnandosi al greve gravame del doverle sopravvivere.
Insieme ai soli fratelli Anna Adelaide (1748-?) e Giuseppe (1763-?) risparmiato dal destino nel non perire durante l’infanzia, a Giovanni Battista non venne tanto meno evitato il dolore del vedersi estirpar affetto materno in tenera età, dacché la madre morendo quand’egli aveva appena otto anni; convolando dopo qualche mese a nozze con il vedovo padre, ne assunse ruolo di matrigna la trinese Teresa Maria Musetti (1742-1793).
Fabbro ferraio esercitante professione nella domestica bottega, Felice Antonio deliziava tempo libero suonando il corno, non di rado esibendosi in serate organizzate nella propria dimora e in parallelo spronando l’innata e manifesta predisposizione alla musica del giovane Viotti, fungendogli da primo istruttore e, nel 1766, accettando — su consiglio dell’allor vescovo della diocesi d’Ivrea, Francesco Luserna Rorengo di Rorà (1732-1778), scaturito dall’aver visto il ragazzo suonare nel corso d’una festività religiosa — che il talentoso erede si stabilisse a Torino, benevolmente accolto nell’aristocratica famiglia d’Anna Gabriella Enrichetta Caresana (1723-1802), Marchesa di Voghera, e dal di lei figlio, all’epoca diciottenne, Alfonso dal Pozzo della Cisterna che del Viotti sarebbe diventato duraturo patrocinatore, affidandone formazione al valente Gaetano Pugnani (1731-1798), dal 1770 primo virtuoso di corte e direttore dell’orchestra del Teatro Regio, nonché uno fra più prolifici compositori del Piemonte nel diciottesimo secolo e autorevole violinista in ambito europeo.
A partir dal 1773 impiegandolo nell’orchestra del Regio dapprima e in quella della cappella reale nel 1775, del ricettivo e dotato Giovanni Battista Viotti, Gaetano Pugnani fu mentore per oltre un decennio, trasmettendogli stile espressivo e teatrale, a sua volta assorbito dai magistrali insegnamenti del torinese Giovanni Battista Somis (1686-1763), quest’ultimo allievo prediletto del fusignanese Arcangelo Corelli (1653-1713) e fondatore della Scuola Violinistica Piemontese, in una Torino all’epoca luogo d’interscambio culturale con la Francia — prevalentemente con Parigi — e protagonista di spicco nel panorama musicale internazionale, ragion per cui ai molteplici musicisti giunti da varie parti d’Italia, nell’intento d’annoverarsi tre le file dell’eccellenza, venivano proposti viaggi all’estero, allo scopo di perfezionar abilità nel campo.
Così fu per Gian Battista Viotti, tra il 1779 e il 1781 impegnato con Pugnani in un tour tra Svizzera, Germania, Polonia e Russia, passando per Ginevra, Berna, Dresda, Berlino, Varsavia, San Pietroburgo e in seguito maturando intenzione d’affrancarsi dall’affiatato maestro — costui in rientro nella città natia — decidendo di non seguirlo e viceversa proseguendo per la capitale francese, dove intraprese indipendente carriera, esordendo il 17 marzo 1782 al Concert-Spirituel e tale fu il trionfo, da esibirvisi una trentina d’altre volte ancora nelle successive due stagioni.
Nonostante la copiosa e celere fama raggiunta, nel settembre 1783, il Viotti mise fine alle rappresentazioni pubbliche, a favor della regina consorte Maria Antonietta (1755-1793), andando a servizio della qual, a Versailles, ebbe maggior possibilità d’incrementar attività compositiva e co-fondare — insieme al di lei favorito parrucchiere, stilista e impresario teatrale, Léonard-Alexis Autié (1751-1820) — il Théâtre de Monsieur, volto alla diffusione sia d’opere buffe italiane, sia d’opéras-comiques e vaudevilles francesi, con inaugurale apertura dei battenti, nell’antico Palazzo delle Tuileries il 26 gennaio 1789, annata in cui, tra marzo e maggio Giovanni Battista, forte della gratificante ed affermata avventura imprenditoriale intrapresa, s’avvalse della collaborazione di nuovi investitori, nella mira d’assumer altresì la direzione dell’Académie Royale de Musique — comunemente designata, Opéra — ma proposito non andando purtroppo a buon fine.
Con l’inasprirsi della Rivoluzione Francese e dei tragici eventi che ne seguirono, l’amicizia di Gian Battista Viotti con Maria Antonietta lo rese oggetto d’aspre critiche e generali malcontenti, mettendone a repentaglio l’incolumità e costringendolo, nel luglio 1792, alla partenza per Londra, imbastita rispondendo ad appello dell’amico e collega Johann Peter Salomon (1745-1815), grazie al qual si riattivò in qualità di brillante violinista, con acclamato debutto il 7 febbraio 1793 presso gli Hannover Square Rooms, tuttavia ambizione gestionale perseverando nello smuoverne orizzonti e difatti, già nel 1794-95, egli assumendo ruolo di direttore amministrativo del King’s Theatre, l’anno seguente subentrando a Wilhelm Cramer (1746-1799) nelle redini dell’orchestra e, nei mesi intercorrenti, avviandosi in alternativo e redditizio commercio di vini e liquori.
Nell’approdo oltremanica, Giovanni Battista Viotti intessé preziosa e ininterrotta amicizia con l’intendente e funzionario al Ministero del Tesoro, William Basset Chinnery (1766-1827/34) e, soprattutto, la moglie Margaret Tresilian (1765-1840), con la qual negli anni futuri avrebbe convissuto più volte, a lei affezionandosi in legame intimo e inerodibile.
Al centro del Gilwell Park — vasta area dalla donna ricevuta in eredità alla dipartita del padre Leonard Tresilian (?-1792) — era ed è tutt’oggi situata la White House, dai coniugi Chinnery assunta a residenza di campagna nel 1793: quasi ogni week end, all’interno dell’edificio, attorniato da curati e rigogliosi giardini, si svolgevano sfarzosi ed elitari ricevimenti, protrattisi per circa un ventennio e poi stoppatisi a causa d’un’inchiesta a carico di William, conclusasi nel 1812 e certificante buchi di bilancio per appropriazione indebita: quand’egli riparò in Svezia per sfuggire all’arresto, Giovanni Battista Viotti fu costante presenza per Margaret — ai Chinnery dedicate più opere, tra cui Concerto per violino n.29, da cui peraltro Ludwig van Beethoven (1770-1827) trasse ispirazione — ulteriormente affranta dal susseguente sequestro di Gilwell Park ed il cui animo di madre atrocemente crepato da destabilizzanti lutti, ripetutisi nel corso del tempo, per la prematura scomparsa di tutti i suoi figli, George Robert, Caroline — gemelli — e Walter Grenfell.
A circa un quinquennio dall’arrivo a Londra, fra il 1797 e il 1798, Giovanni Battista Viotti venne espulso dall’Inghilterra e costretto ad esiliare, sull’onda di calunnie in merito a sospetta ideologia giacobina ed egli — stabilitosi nelle vicinanze d’Amburgo — per l’ennesima una volta non demordendo e caparbiamente reinventandosi, perseverando a comporre musica, saggiandosi in pratica d’insegnamento e, rimesso piede in suolo londinese attorno al 1801, continuando a suonare in ambito privato, inoltre riprendendo vesti di commerciante per quasi una decade, durante la quale mancati guadagni e conseguenti debiti, finirono per esaurirne totalmente il patrimonio in possesso; ottenuta la cittadinanza britannica nel 1811, ripresa delle apparizioni pubbliche non avvenne comunque fino al 6 febbraio 1813, data in cui il suo nome s’ascrisse, insieme a quello d’una trentina di colleghi, nell’elenco d’ideatori della Philharmonic Society, organizzazione sorta a promozione della musica classica, in capo alla qual s’accorparono professionisti del settore, contando sul fatto che l’unione avrebbe non soltanto creato un’orchestra permanente a Londra, ma contribuito a dissolver le potenziali competizioni dei singoli, dacché convolanti a condiviso obiettivo.
Per Giovanni Battista Viotti, iniziali entusiasmi andaron via via sfumando e cooperazione si concluse in un quadriennio, volgendone inarrestabile passo nuovamente a Parigi ove, nel 1818, rilevò le Théâtre Italien e l’anno seguente — a trent’anni dal primo tentativo andato a vuoto — finalmente coronando il bramato sogno d’esser a direzione dell’Opéra, benché la simultanea conduzione di due teatri non tardò a farsi sentire, palesandosi in difficoltà dal punto di vista logistico, organizzativo ed economico, alle quali s’aggiunsero le nascenti critiche ed antipatie dei cittadini per questioni politiche, deflagranti senza sconti all’avvenuto omicidio del nobile Carlo Ferdinando d’Artois, duca di Berry (1778-1820), pugnalato — in quanto promotore d’un ritorno dell’ancien régime — dal fanatico bonapartista Louis Pierre Louvel (1783-1820).
L’assassinio avvenne all’uscita dell’Opéra e il fatto che quella sera il compositore piemontese si trovasse a Londra, venne percepito da parte dell’aristocrazia francese come un disinteresse da severamente biasimare, a tali rimproveri sommandosi quelli inferti sulla conduzione del Théâtre Italien ed ottimistici progetti franando in sconfortante è già vissuto disincanto.
In preda a delusione di fronte a dimostrategli ostilità, il sessantaseienne Giovanni Battista Viotti ritornò a Londra nel 1821 — trasferendosi al civico 5 di Barkey Street, in Portman Square — nella casa presa a locazione tempo prima insieme a Margaret, alla fidata e cara amica in volontà testamentaria donando ogni bene rimastogli, dopo che morte lo colse il 3 marzo 1824, silenziandone respiro ma non la musica, per l’intero percorso vitale danzata su corde di violino con versato tocco, a metà strada fra modernità e tradizione, pionieristico dell’imminente Romanticismo: presenza scenica difficilmente equiparabile e perfezione tecnica strumentale, unite a sensibilità innata e natural capacità di lasciarla fuoriuscire suonando, incantò e commosse platee, indelebilmente influenzando violinisti francesi ed europei.
Omaggiato annualmente, a Vercelli, dal Concorso Internazionale di musica G.B. Viotti e dal Viotti Festival, di Giovanni Battista Viotti il musicologo Guido Rimonda ha recentemente avanzato l’ipotesi — ancor lontana dall’esser tramutata a verità assoluta — che gli spartiti ritrovati, Tema e variazioni in Do Maggiore per violino e orchestra, risalenti al 1781, possano esser stati presi a spunto per il testo della Marsigliese, nel 1792, dal paroliere Claude Joseph Rouget de Lisle (1760-1836), tuttavia al momento ancor ritenuto, per la maggiore, il probabile autore dell’Inno Nazionale di Francia.
Riservato, a tratti timido eppur di personalità resiliente e difficilmente soggiogabile, Giovanni Battista Viotti fu carismatica personalità artistica e uomo leale che seppe cavalcar alti e bassi dell’esistenza in stima a se stesso, sognante e ardimentoso animo che nell’etere espanse — con simil energia di raggi solari lumeggianti la volta celeste — imperiture, delicate ed avvolgenti note.
Se l’ammirazione di tutti potesse concentrarsi su un solo artista, si potrebbe dire che il violino non è mai stato più grande o più bello che sotto l’arco di Viotti, nella carriera che egli seppe compiere in trionfo, ma con la nobile semplicità del suo stile, l’imponente e magnifica natura del suoi concerti.
Pierre Baillot
Parti orchestrali di timpani e trombe per il I e il III movimento, scritte da Wolfgang Amadeus Mozart (1756-1791)
Johannes Brahms (1833-1897):
«Questo Concerto è magnifico, di mirabile libertà d’invenzione; sembra essere improvvisato ed invece è magistralmente pensato e realizzato».
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