Giacinto Scelsi, l’uomo venuto dal futuro
«La musica non può esistere senza il suono. Il suono esiste di per sé senza la musica. È il suono ciò che conta»
Nella musica come nell’intero mondo dell’arte, guardando al passato si ha spesso la sensazione di osservare il futuro, un effetto questo, che non può non suscitare la musica di Giacinto Scelsi.
L’interesse per la spiritualità orientale, fa sì che Scelsi anticipi di quasi due decadi i movimenti che andranno poi a svilupparsi e diffondersi in Europa e America negli anni 70 e altrettanto, il modo in cui il misticismo lo porterà a vivere e accostarsi alla musica con una concezione e una composizione del tutto innovative, farà di lui un autentico pioniere di correnti evolutesi solo a fine del secolo.
Nato nel 1905 a Pitelli, oggi in provincia di La Spezia, Giacinto Francesco Maria Scelsi d’Ayala Valva ha origini aristocratiche e la sua infanzia la trascorre prevalentemente nel castello di famiglia in Irpinia, dove veniva raggiunto da un precettore che gli impartiva lezioni di latino e inoltre educandolo alla scherma e agli scacchi.
Una nobiltà che non si è mai tramutata in alterigia, ma che anzi, con ogni probabilità contribuì all’isolamento nel quale Scelsi si chiuderà, prendendo le distanze da un mondo al quale sentiva di non appartenere, abbandonandosi a quel percorso musicale, che indubbiamente lo porterà ad essere riconosciuto come uno tra i maggiori compositori internazionali, benché purtroppo, in Italia poco conosciuto rispetto al resto del mondo.
Trasferitosi a Roma con la famiglia, Scelsi partecipa attivamente alle correnti artistiche e culturali del proprio tempo, stringe rapporti con personaggi come Virginia Wolf, Jean Cocteau, Norman Douglas, Henri Michaux e nella capitale, ha il primo approccio con la musica andando a lezioni private dal Maestro Giacinto Sallustio.
Negli anni succedenti Scelsi viaggerà molto, recandosi in Africa, in Medio Oriente – tappe che si riveleranno fondamentali nella seconda parte della sua parabola artistica – sarà più volte a Londra, Parigi, a Ginevra, dove studia con il compositore e flautista Ernesto Köhler, che lo introdurrà al sistema musicale di Aleksandr Skrjabin, il compositore russo la cui musica fu particolarmente influenzata dalla spiritualità, dalle dottrine esoterico-filosofiche e dalle teorie di Nietzsche.
Con il senno di poi, è possibile affermare che l’aspetto ascetico che si rifletteva nella musica di Skrijabin, affascinò Scelsi più della tecnica dodecafonica ideata da Arnold Schoenberg, della quale il Maestro russo fu tra i maggiori interpreti insieme a compositori quali Wagner, Debussy, Ravel o Strauss.
Il mondo si accorge di lui il 21 dicembre 1931, quando “Rotativa“, la sua prima composizione per orchestra, va in scena alla Sala Pleyel di Parigi, diretta dal Maestro Pierre Monteux.
Già nelle successive “Trio No. 1” per pianoforte, violino e violoncello, “Sonata No. 3” per pianoforte e “Quartetto d’archi No. 1” del 1944, seppur non ancora in modo significativo, Scelsi sta già discostandosi dalle tecniche compositive tradizionali, dal linguaggio di provenienza, per intraprendere quella ricerca del “suono sferico“, che lo porterà a realizzare musica d’avanguardia.
«Il Centro è, prima di tutto, l’origine, il punto di partenza di tutte le cose; è il punto principiale, senza forma e senza dimensioni, dunque invisibile, e, di conseguenza, la sola immagine che si possa dare dell’Unità primordiale. Da esso sono prodotte, per irradiazione, tutte le cose […] La mia musica non è né questa né quella, non è dodecafonica, non è puntillista, non è minimalista […] Il suono è sferico, è rotondo. Invece lo si ascolta sempre come durata e altezza […] Bisogna arrivare al cuore del suono: solo allora si è musicisti, altrimenti si è solo artigiani. Un artigiano della musica è degno di rispetto, ma non è né un vero musicista, né un vero artista […] C’è la musica cristiana, quella indù, quella cinese, sono tutte vie che portano alla trascendenza. Anche la gnosi e lo zen sono vie di conoscenza, anche l’arte […] Io sono solamente un intermediario fra la musica del cosmo e la terra […] Non avete idea di cosa sia un suono! Vi sono dei contrappunti, vi sono sfasamenti dei timbri diversi, armonici che producono effetti del tutto differenti fra loro […] Fissando a lungo un oggetto esso si ingrandisce […] ribattendo a lungo una nota essa diventa grande, così grande che si sente sempre più armonia ed essa vi si ingrandisce all’interno, il suono vi avvolge […] e quando si entra in un suono si diventa parte di esso, poco a poco si è inghiottiti»
da: Giacinto Scelsi, “Viaggio al centro del suono”, a cura di P.A. Castanet, N.Cisternino, La Spezia 1993
Per tutto il periodo della seconda guerra mondiale soggiorna in Svizzera, e al rientro in Italia si stabilisce a Roma, davanti ai Fori imperiali, in in via S. Teodoro, 8 dove oggi sorge la fondazione e il museo a lui titolato, «In una casa – affermava Giacinto Scelsi – situata di fronte al Palatino e che poggia esattamente su una linea ideale di demarcazione fra Oriente e Occidente e per chi intende, spiega la mia vita e la mia musica».
Sono anni difficili, segnati da forti conflitti interiori, dove l’attenzione di Giacinto Scelsi vira verso le arti visive, la poesia; pubblicherà sei volumi in versi oltre l’autobiografia “Il Sogno 101” uscita solo 2010 per la Quodlibet, e contenente un saggio introduttivo del musicologo Quirino Principe dall’esaustivo titolo, “Venuto dal futuro”.
E’ in questo periodo che Scelsi abbraccia definitivamente le filosofie orientali, l’esoterismo e riversando questa sua nuova coscienza e conoscenza nella musica, così apportando quella svolta che darà vita a opere come “La Nascita del Verbo“, la stupenda “Quattro Pezzi Per Orchestra“, ma ancora “Elegia per Ty“, o “Trilogia“.
Da molti definito “il compositore di una nota sola”, dagli anni 50 Giacinto Scelsi smise di scrivere i suoi lavori, componeva improvvisando su un’Ondiola, tastiera monofonica precorritrice del sintetizzatore analogico, registrando tutto quanto su nastro magnetico e consegnando il materiale ai collaboratori affinché trascrivessero le opere.
Scelsi infatti conduceva ormai una vita eremitica, un isolamento spezzato solo dalla cerchia di artisti a lui vicini o dalle collaborazioni con il Gruppo di improvvisazione di Nuova Consonanza, fondato da Franco Evangelisti nel 64 e al quale presero parte tra gli altri John Eaton, Roland Kayn, Larry Austin e non per ultimi, Mario Bertoncini e Ennio Morricone.
Degli anni 60 sono le composizioni “Hô. Cinq mélodies” per soprano, “Yilam” per coro femminile (1964); “Uaxuctum” per sette batteristi, timpani, coro e orchestra (1966), mentre nel 1967 Giacinto Scelsi intraprende la scrittura della spettacolare “Ko-tha“, il cui sottotitolo è “Trois danses de Shiva, pour guitare traitée comme instrument de percussion”.
L’esecuzione di quest’opera, proprio a causa del tempo che intercorreva tra le sue registrazioni e la trascrizione, avvenne nel 1974, all’Aquila, eseguita dal chitarrista Gianluigi Gelmetti, oggi famoso direttore d’orchestra.
Il sottotitolo che Scelsi attribuisce alla sua opera, è monito per il chitarrista in quanto l’opera è fuori dall’ordinario e così lo strumento non potrà essere usato come vuole tradizione e l’autore, esplica il significato di quanto detto, proprio nelle note dell’opera: «L’esecutore terrà la chitarra appoggiata in orizzontale sulle ginocchia»
Giacinto Scelsi, il «postino fra la musica del cielo e quella della terra», come egli stesso si definiva, si spense a Roma il 9 agosto del 1988 nel silenzio in cui si era immerso e salutato con il brano “Un Adieu“, da lui composto nel 1978 e mai eseguito prima perché volle che quello, fosse il suo commiato.
Un Adieu
Rotativa
La Nascita del Verbo
Uaxuctum
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