George Antheil, il compositore che sconvolse l’Europa
Con la sua musica George Antheil sconvolse l’Europa degli anni ’20, era l’enfant terrible, ma improvvisamente, quel genio cristallino ammirato dai maggiori artisti e scrittori dell’epoca, Éric Satie, Pablo Picasso, Ernest Hemingway, vide un declino tanto rapido quanto clamorosa era stata l’ascesa.
Cresciuto a Trenton, New Jersey, dove nacque l’8 luglio del 1900, George Johann Carl Antheil era il primogenito di Henry e Wihelmine, una coppia di origine tedesca, proprietaria di un piccolo negozio di scarpe. Suo fratello Henry William Jr., diplomatico impiegato nella Legazione degli Stati Uniti a Helsinki, era uno dei 9 passeggeri del Kaleva, l’aereo che il 14 giugno del 1940 venne abbattuto da due bombardieri sovietici mentre sorvolava il golfo di Finlandia, perse la vita a soli 28 anni.
Precoce e d’animo sensibile, Antheil non concluse gli studi scolastici, ma fin dalla tenera età scrisse poesie e manifestò interesse per la musica. Iniziò a suonare il pianoforte all’età di 6 anni e adolescente se ne andò a Philadelphia per prendere lezioni da Constantin von Sternberg, compositore tedesco-russo che a sua volta era stato studente al Conservatorio di Lipsia, trovando fra i tanti nomi di prestigio quello di Carl Reinecke, insegnante e compositore che nel Vecchio Continente guadagnò fama per il ‘tocco lirico’ nelle sue interpretazioni di Mozart.
Ricevette una formazione classica, ma erano gli anni delle avanguardie artistiche, a New York s’incontravano Marcel Duchamp, Beatrice Wood, Henri Pierre Roché, Man Ray, il ‘suono organizzato’ di Edgard Varèse e George Antheil, nel 1919 si rivolse a Ernest Bloch, innovatore e autore di musica d’espressione spirituale tra i più significativi del Novecento. Gli presentò alcune composizioni e in prima battuta questi mostrò diffidenza rifiutando la collaborazione, tuttavia, di fronte all’insistenza e alla passione che vedeva nel giovane pianista, cambiò idea e lo aiutò anche economicamente affinché avesse tempo e modo di portare a termine quella sarebbe stata Zingareska.
Gli inizi del XX secolo furono caratterizzati da forti cambiamenti sociali, politici, tecnologici e anche tutto il mondo dell’arte e della cultura fu invaso da un vento d’innovazione, erano fioriti il futurismo, il dadaismo, l’espressionismo, la dodecafonia, nuove visioni che andarono ad interessare ogni forma espressiva e frequentare la Grande Mela gli permise di conoscere molti esponenti di spicco dei movimenti modernisti, strinse amicizia con Alfred Stieglitz, figura chiave dell’evoluzione della fotografia, con Leo Ornstein, pioniere fra i più importanti compositori sperimentali d’ogni tempo e fondamentale fu la conoscenza di Mary Louise Curtis Bok. Era la figlia del facoltoso editore americano Cyrus H.K. Curtis e qualche anno più tardi avrebbe fondato il celebre Curtis Instiute of Music, accademia tra i cui insegnanti poté vantare Josef Hofman, inventore-pianista che incantò Glenn Gould e che a fine ‘800 era stato insistentemente accostato a Mozart e Mendelssohn.
Artefice dell’incontro fu Constantin von Sternberg, sapeva che Bok sarebbe stata in grado di sovvenzionare George Antheil senza batter ciglio, basti pensare che nel 1917 aveva donato 150 mila dollari alla Settlement Music School di Philadelphia e al proprio Istituto aveva elargito somme che nel ’27 toccarono i 12 milioni. Doveva solo convincerla a scommettere sull’estro del pianista e l’amicizia che intercorreva tra i due rese il compito semplice: il talento di Trenton avrebbe ricevuto 150 dollari al mese.
Antheil poté così concentrarsi sulla musica, leggenda vuole che suonasse fino a 10, 12 ore al giorno, arrivando al punto da esser costretto ad immergere le mani nell’acqua fredda per lenire i dolori e continuare ad esercitarsi. Sperimentava, guardava a Le Group des Six o più semplicemente Les Six, 6 compositori francesi con base a Montparnasse che a loro volta traevano ispirazione della ‘Могу́чая ку́чка’, letteralmente Possente Manciata. Anche nota anche come Russian Five, era una coalizione di 5 musicisti capitanata da Milij Alekseevič Balakirev, formatasi nel clima insurrezionale di fine ‘800 e con sentimento nazional-popolare, aveva l’obiettivo di creare e proporre uno stile musicale d’appartenenza, distintamente russo.
In chiave americana era qualcosa che affascinava George Antheil, che al contempo adorava e studiava le opere di Igor’ Stravinskij, pianista e direttore d’orchestra russo che a causa dello scoppio della Rivoluzione d’Ottobre, aveva trovato rifugio in Svizzera lavorando attivamente in Europa, in particolare a Parigi, dove si stabilì definitivamente nel 1930.
In Antheil, che nel frattempo aveva dato alla luce Second Sonata (The Airplane), maturò l’idea di andare a far esperienza nel Vecchio Continente, voleva presentarsi come autore ‘ultramoderno’ e per farlo, aveva però necessità di un manager. Si rivolse a Martin Hanson, uno dei più importanti a New York, era l’impresario di Ornstein e quest’ultimo si era appena infortunato durante la tournée europea, per cui era egli stesso in cerca di un rappresentante d’avant-garde e perciò, fu ben lieto di accettare la proposta.
L’avventura europea di George Antheil
Salpò il 30 maggio del 1922 e per circa una anno visse a Berlino, ovviamente esibì in Germania, ma anche in Italia, Ungheria, Francia, Inghilterra. Il debutto oltreoceano lo fece proprio a Londra, alla Wigmore Hall, in quella che 5 anni prima era conosciuta con il nome del suo costruttore, il produttore di pianoforti tedesco Carl Bechstein. Venne inaugurata il 31 maggio 1901, guadagnandosi immediato prestigio con un concerto di Ferruccio Busoni al piano e Eugène Ysaÿe al violino. Negli anni successivi sul palco si alternarono musicisti come Rubinstein, Saint-Saëns, Spivakovsky, Hess, finché durante la Grande Guerra, a causa del fatto ch’era proprietà di un tedesco, venne sequestrata. Alla sua riapertura però, avvenuta appunto nel 1917, tornò immediatamente ad essere metà ambita.
George Antheil propose un repertorio incentrato su Stravinskij e Debussy, presentando però anche opere originali ed altrettanto fece nei successivi concerti, interpretando classici di Rachmaninoff, Liszt, Schumann insieme a sue composizioni sperimentali come Serpent Mécanique, Sonata Sauvage, Sonatina (Death of Machines), Woman Sonata. La fama di autore modernista stava espandendosi come desiderava, intraprese una collaborazione con il virtuoso pianista Arthur Schnabel e in quel periodo, a Berlino, ebbe anche modo di stringere la mano proprio di Stravinskij, il quale non solo gli suggerì di trasferirsi a Parigi, ma si offrì di organizzargli un concerto nella settimana di Natale: «Suoni la mia musica esattamente come vorrei che fosse suonata – ricorderà Antheil – davvero, vorrei che tu decidessi di venire a Parigi.»
“La musica di Stravinsky, dura, fredda, non sentimentale, enormemente brillante e virtuosa, era ora la preferita della mia post-adolescenza. In un modo diverso raggiunse l’impeccabile, fredda, disinvoltura postbellica che io stesso volevo raggiungere, ma in uno stile completamente diverso.”
Nel frattempo il musicista aveva appena conosciuto Erzsebet ‘Boski’ Markus, una ragazza di 20 anni nata a Budapest e fuggita dall’Ungheria a causa delle rivolte. L’aveva incontrata in un café non distante dal suo appartamento e ne rimase folgorato. Quando giunse il momento di salire sul treno che lo avrebbe condotto da Stravinskij, Antheil pensò di chiederle se le sarebbe piaciuto trascorre il Natale insieme all’ombra della Torre Eiffel. Venne spiazzato dalla risposta. Boski gradì l’idea ma non il luogo, i francesi erano ‘nemici’. Il musicista doveva prendere una decisione: rispettare l’impegno rivelandole che l’invito era nato in funzione di esso – cosa che nelle migliore delle ipotesi non avrebbe cambiato nulla – oppure rinunciare al concerto all’ultimo istante. Chiaramente la scelta ricadde su quest’ultima ipotesi e Stravinskij non glielo perdonerà mai. George e l’amata passarono quei giorni in Polonia, nella fattoria della zia di lei. Si sposarono tre anni più tardi e nel 1937 nacque Peter Richard.
L’ascesa e la caduta di un genio
A Parigi arrivarono comunque nel ’23, si stabilirono in un appartamento di rue de l’Odeon, sopra la celebre libreria Shakespeare and Company di Sylvia Beach, luogo dove s’incontravano i maggiori scrittori, artisti e intellettuali dell’epoca. Questo permise al compositore di entrare in contatto con molti di loro ed in particolare con James Joyce e Ezra Pound, i quali avrebbero voluto anche intraprendere collaborazioni con lui e significativa per la carriera, fu la conoscenza di Jean Cocteau. Fu quest’ultimo infatti che lo introdusse negli ambienti della musica elitaria della capitale e presto, sarebbe stato coinvolto nell’ambizioso progetto di realizzare la musica per un film d’arte, a cui stavano lavorando i registi Léger e Murphy, con Man Ray direttore della fotografia.
La musica di George Antheil era dissonante e meccanicistica, peculiarità che si univano allo stile aggressivo: «Quando il pezzo è finito, quando ti sei alzato, hai fatto il tuo inchino, e poi ti siedi di nuovo, dopo esserti asciugato la fronte e le tue importantissime mani, pensa: Vorrei essere un pugile professionista, il prossimo round contro lo Stainway sarà più comodo indossando i calzoncini.»
La definitiva consacrazione se la conquistò con questo stesso spirito, irrompendo sulle scene con Ballet Mécanique, una delle opere più rivoluzionarie del XX secolo, niente del genere era mai stato concepito prima, in origine l’orchestrazione prevedeva qualcosa come 16 pianoforti meccanici sincronizzati e due pianoforti a coda, 3 xilofoni, 4 tamburi, 1 tam tam, non meno di 7 campane elettriche, 1 sirena antincendio e per finire 3 eliche di aeroplano.
Venne presentata per la prima volta all’UFA-Palast di Berlino il 3 maggio 1925 insieme al film di Léger, ma prima che ciò avvenisse, di comune accordo, registi e compositore decisero che pellicola e musica avrebbero preso due strade separate e quest’ultima, pur restando per 19 minuti nel lavoro cinematografico andò poi a svilupparsi diversamente e con un tempo totale di 30 minuti divenne un pezzo da concerto.
Eseguito nel 1926 al Théâtre des Champs Elisées di Parigi, il successo fu immenso, tanto che per placare il parapiglia generale dovettero accorrere addirittura i gendarmi ed Antheil, confermò essere il genio che tutti attendevano.
Sulla scia del trionfo, insieme ad altre opere il compositore volle far conoscere la sua Ballet Mécanique agli Stati Uniti. Accadde il 10 aprile dell’anno successivo al Carnegie Hall di New York e il disastro fu totale. Errori tecnici e una evidente impreparazione del pubblico americano a una visione futuristica di tale portata, fecero finire la serata fra l’ilarità degli spettatori.
Mentre musicisti, scrittori e pittori guardarono a George Antheil come ad un compositore che aveva spezzato le catene della tradizione aprendo un varco per un mondo nuovo, il suo cammino venne bruscamente interrotto. A quella caduta si aggiunsero la grande depressione e soprattutto l’ascesa del nazismo che, come per tanti altri artisti, significò l’allontanamento da un’Europa che a breve avrebbe vissuto alcuni degli anni più bui della sua storia.
Così il giornalista musicale David Ewen: «Nonostante il titolo, Antheil non aveva alcuna intenzione di simulare rumori meccanici o suoni di fabbrica per il loro stesso fine. Musicalmente, mirava a una composizione di astrazioni musicali e materiali sonori basati esclusivamente sul ritmo, chiamò questo dispositivo ‘lo spazio-tempo’, confrontando i suoi suoni con i colori e le forme schizzati su una tela da un pittore modernista. Programmaticamente, la sua idea, come disse: “era di avvertire l’età in cui vivo la simultanea bellezza e il pericolo di la sua filosofia meccanicistica inconscia”.»
Con la moglie, Antheil si trasferì in California dove si reinventò compositore neoclassico realizzando molte opere per orchestra, numerose colonne sonore per il cinema di registi come Cecil De Mille, Edward Dmytrik, l’espressionista Fritz Lang. Tuttavia il suo nome non avrebbe più guadagnato la fama e la notorietà dei giorni europei. Nella sua eclettica creatività George Antheil si cimentò anche sul fronte letterario, scrivendo articoli e pubblicazioni in cui affrontava argomenti che andavano dalla musica all’endocriminologia, passando per le scienze militari. Prevedendo con stupefacente puntualità molti eventi che sarebbero poi accaduti nella Seconda Guerra Mondiale.
Con la graffiante ironia che gli era propria, nel 1947 dette alle stampe l’autobiografia Bad Boy of Music ed insieme all’attrice hollywoodiana Hedy Lamarr, inventò il ‘frequency hopping’, un sistema di radio comunicazione che anticipava di mezzo secolo lo sviluppo della telefonia cellulare. Messo a disposizione dell’esercito per il controllo a distanza dei siluri, venne accantonato, per essere ripreso solo alle soglie del XXI secolo.
George Antheil si spense il 12 febbraio 1959 a causa di un attacco di cuore.
Grazie alla tecnologia digitale, negli anni ’70 e ancora nei decenni successivi Ballet Mécanique tornerà a vivere i fasti di un tempo.
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