Connie Francis, cuore e tormenti di una donna, icona della musica
Canto limpido e dall’avvolgente ondeggiare d’anima delicata quanto resiliente alle asprezze dell’esistere, quando non agli umani abomini, Connie Francis, iniziò scrivendo la propria storia nelle strade di Ironbound, sobborgo nord-orientale della portuale Newark, capoluogo della jerseyiana Contea di Essex, ivi nascendo, al nome di battesimo Concetta Rosa Maria, il 12 dicembre 1938, dall’unione — prospera del secondogenito George Anthony (1940-1981) — di George Franconero (1911-1996) e Ida Ferrari di Vito (1911-2000), radici irpino-calabresi e della donna fede ebraica dalle quali inevitabilmente trasse cultura, nonché di italiano ed yiddish padronanza sin dall’infanzia, età durante cui palesando musicale sensibilità, dai genitori ed in particolare dal padre, privilegiando canto e fisarmonica, fu proficuamente esortata allo studio di tale primigenia arte ed appena quattrenne, in occasione d’uno spazio libero e riservato ai dilettanti allestito nell’Olympic Amusement Park del quartiere, accompagnata sul palco ed imbracciando strumento di cui precursore fu Leonardo da Vinci, offrì agli astanti Anchors Aweigh — marcia militare composta nel 1906 da Charles A. Zimmermann (1862-1916) — e l’imperitura O Sole Mio, dai versi di Giovanni Capurro su note di Eduardo Di Capua (1865-1917) ed Alfredo Mazzucchi (1878-1972).
Presenze ad eventi amatoriali andò da allora collezionando e presto, audizioni superando, a programmi televisivi di emittenti locali rivolti ad aspiranti artisti, fino a saggiare, nel 1948, le atmosfere del teatro approfittando dell’organizzazione al Salaam Temple di Newark, dello spettacolo di Ted Mack (1904-1976) — prosecuzione dello storico format radiofonico ideato e diretto da Edward Bowes (1874-1946) — Original Amateur Hour, cantando e suonando St. Louis Blues di William Christopher Handy (1873-1958) e cammino continuò — cominciando saltuariamente ad abbandonare nome battesimale in luogo di Connie — confrontandosi con il pubblico newyorkese e a dicembre 1950, guadagnò partecipazione al varietà Talent Scouts di Arthur ‘Old Redhead’ Godfrey (1903-1983), al tempo volto di punta della CBS ed ascoltando suggerimento del quale, cominciò ad adottare cognome Francis, «a good ole easy-to-pronounce Irish name», accogliendo volentieri anche consiglio di deporre fisarmonica, oramai sentendone affievolita passione e al contrario, recando ambizione d’imparare a muovere mani su pianoforte o violino.
Percorso di studi secondario venne intrapreso da Connie Francis presso la scuola superiore pubblica Newark Arts High School nel biennio 1951/1952, intanto principiando a imprimer voce su alcuni demo e più tardi — dato trasferimento della famiglia — ella varcando ingresso della Belleville High School — dove nel 1955 si diplomò ricevendo attestato accademico, Salutatorian.
In medesima annata, George Franconero, aiutato dall’editore Lou Levy (1910-1995) e dal cantautore, produttore televisivo e agente musicale, George Scheck (1911-1984) — futuro manager dell’artista — sognandone ingresso in affermate case discografiche e dunque a vantaggio d’aspirazione mirando a sovvenzionarne lavori, riuscì a materializzare somma di seimila dollari e — insistendo nonostante sequela di rifiuti — a conquistare favore di Harry Meyerson, all’epoca dirigente della Metro Goldwyn Mayer, egli compiacendosi del fatto che esordiente titolo d’una produzione posta a contratto d’una decina d’opere, avrebbe coinciso col nome del nipote, Freddy, quindi intravedendovi omaggio da dedicargli per il compleanno; nondimeno, il singolo, né il progetto nel complesso, destarono desiderata attenzione.
Twas my first real love,
But my heart new then
I’d never have a love again
Like my first real love!
Negatività non distolsero Connie Francis dalle custodite ambizioni e nel 1956, mentre a dispetto d’iniziale diffidenza, andava corroborandosi rapporto con Bobby Darin, al secolo Walden Robert Cassotto (1936-1973), cantante ed attore — dall’evidente passato italiano — cresciuto nelle disagiate strade del Bronx, con cui relazione sentimentale rimase rimpianto per ferma opposizione di George Franconero, ella prestò voce a Susan Ker ‘Tuesday’ Weld, nelle scene canore di Rock, Rock, Rock!, musical diretto da Will Price (1913-1962) su sceneggiatura di Milton Subotsky (1921-1991) e trama scritta da Phyllis Coe, vantevole tra i protagonisti, oltre alla citata attrice e modella, Dolores ‘LaVern’ Baker (1929-1997), il gruppo doo-wop, Flamingos e l’indimenticabile, Charles ‘Chuck’ Edward Anderson Berry (1926-2017); avventura cinematografica che 1957 replicò doppiando Freda Holloway in Jamboree, romantica pellicola costellata di celebrità quali Buddy Wayne Knox (1933-1999), Antoine Dominique ‘Fats’ Domino Jr. (1928-2017), James ‘Jimmy’ Albert Bowen, Charles Anthony Graci ‘Charlie Gracie’, Jerry Lee Lewis (1935-2022), John Wesley Vivian ‘Jack’ Payne (1899-1969), Eleanor DiSipio ‘Jodie Sands’, Carl Lee Perkins (1932-1998), Ottis Dewey ‘Slim’ Whitman Jr. (1923-2013), Francis Thomas Avallone ‘Frankie Avalon’, Aaron Harold Schroeder (1926-2009), Joseph Goreed ‘Joe Williams’ (1918-1999) e Cauby Peixoto ‘Ron Coby’ (1931-2016).
A risultato di pertinacia, Connie Francis compì ingresso nelle classifiche nell’autunno del 1957 volando — in dialogo canoro col cantautore country e rockabilly, Marvin Karlton Rainwater (1925-2013), allora radioso del successo di Gonna Find Me A Bluebird — sulle note di The Majesty of Love e You, My Darlin’ You; apprezzamento riscosso dal 7 pollici — le cui vendite finirono per oltrepassare il milione di copie — non ebbe comunque potere d’esortare l’MGM Records a rinnovare accordi, pertanto l’italo-newarkese tentando sguardo ad inediti orizzonti, altresì valutando opportunità d’accettare profferta della New York University, d’una borsa di studio di quattro anni per il conseguimento della Laurea in Medicina, sennonché caparbietà paterna persuadendola a collaborare con l’autore, pianista, direttore d’orchestra, arrangiatore e compositore, Joseph ‘Joe’ P. Lipman (1915-2007) e così, nella prevista conclusiva sessione nelle sale dell’etichetta, Francis incise cover di Who’s Sorry Now?, brano stampato nel 1923 e — scritto dal duo Bert Kalmar (1884-1947) e Harry ‘Ruby’ Rubenstein (1895-1974) su melodia del compositore Theodore ‘Ted’ Frank Snyder (1881-1965) — reso popolare dal direttore, bassista, sassofonista e cantautore Isham Edgar Jones (1894-1956), già disco d’oro RIAA con Wabash Blues.
Mostrando illuminato intuito, Franconero aveva compreso del componimento, qualora ripensato in considerazione d’avanguardie stilistiche e sonore, le potenzialità per ampliare platea d’ascolto incontrando distanti sensibilità generazionali distanti e se all’idea Connie Francis d’acchito s’oppose ritenendo insensato scommettere su una canzone, quantunque fortunata, ultratrentennale, sperando di suscitare interesse o di cogliere simile obiettivo, a fronte d’inverosimili pressioni, d’ultimo abdicò ed invero, uscita al tramonto del 1957 su 45 giri dal Lato B avente You Were Only Fooling, il 1° gennaio 1958, dall’iconica personalità — fervente antisegregazionista — di radio e televisione, Richard Wagstaff ‘Dick’ Clark (1929-2012) fu da esaltanti parole introdotta e proposta nel corso del leggendario programma musicale, di cui era mattatore e produttore, American Bandstand, dopodiché, lo stesso invitò Francis ad eseguire Who’s Sorry Now? nella puntata d’esordio, trasmessa il 15 febbraio, del condotto varietà The Saturday Night Beechnut Show ed a marzo, il singolo toccò il quarto posto nella Billboard Hot 100 e ad aprile, la vetta della UK Singles Chart, conservando scettro ben sei settimane, regalandole inimmaginate conferme e, nonostante fama dell’originale e le molteplici successive versioni, a Connie Francis ineluttabilmente legandosi.
Who’s sorry now?
Whose heart is achin’ for breakin’ each vow?
Who’s sad and blue, who’s cryin’ too
Just like I cried over you?
Ascesa all’universo della musica adesso non più era bramato miraggio: la MGM Records riconsolidò intesa ed accordo ragione trovò nelle cifre di Stupid Cupid — di Howard Greenfield (1936-1986) e Neil Sedaka — e My Happiness — scritta da Borney Bergantine (1909-1952) nel 1933 e dall’adolescente Francis adorata nella lettura dell’ensemble Jon & Sondra Steele — rispettivamente posizionatesi al numero 1 tra i singoli maggiormente venduti nel Regno Unito e dietro soltanto a Smoke Gets in Your Eyes dell’inobliabile gruppo vocale dei Platters.
Ad aprile del 1960, la ballata Everybody’s Somebody’s Fool di James ‘Jack’ Walter Keller (1936-2005) e il succitato Greenfield, incisa negli Olmestead Studios di New York con la Joe Sherman Orchestra — anche in tedesco, al titolo, Die Liebe ist ein seltsames Spiel — catapultò Connie Francis — eleggendola prima donna nell’impresa — in vetta alla Billboard Hot 100 ed alle classifiche europee, annata tramontando — pur acuendone mal d’amore ponendola dinanzi a nozze di Bobby Darin con l’attrice e modella, Alexandra Cymboliak Zuck ‘Sandra Dee’ (1942-2005) — consacrandola voce femminile tra le più apprezzate a livello internazionale, conferendole il Goldene Löwe Award di Radio Luxembourg e riconoscendola precorritrice nell’abbracciare culture lontane dalla statunitense registrando in idiomi diversi dall’inglese, divenuta consuetudine in particolare all’indomani del consenso raccolto dal disco Connie Francis Sings Italian Favorites e del singolo dall’album tratto, Mama, musica di Cesare Andrea Bixio (1896-1978) e testo del poeta, Bixio Cherubini (1899-1987).
Nel 1965, tra i ricordi effimero matrimonio con Dick Kanellis, pubblicista dallo stile hippie del Sahara Hotel di Las Vegas, Connie Francis prese parte alla XV edizione del Festival di Sanremo ed annoverata tra gli Esordienti, in coppia con Gigliola Cinquetti, cantò canzone di Piero Ciampi, Ho Bisogno di Vederti e nel Salone delle Feste del Casinò, rientrò nuovamente nel 1967, da Big ed in abbinamento a Bobby Solo, interpretando Canta Ragazzina, di Prog Depedrini, Iller Pattacini e Carlo Donida.
Sanremo 1965
Sanremo 1967
Connie Francis stava vivendo un periodo d’intensa e proficua attività: protagonista sulle radio governative American Forces Network, Free Europe, Voice of America; convocata al cospetto della regina Elisabetta, alla base navale di Guantanamo, in Vietnam a lenire lo spirito dei soldati; abitualmente all’Ed Sullivan Show, ne venivano trasmessi i concerti in Europa, da Parigi a Berlino; sciaguratamente però, chiusa parentesi ligure e sottopostasi ad operazione di chirurgia estetica, proibitivo le divenne tenere spettacoli in ambienti dotati di aria condizionata, incidente di fatto imponendole di diradare sensibilmente gli impegni, progressivamente riduzione traducendosi in ritiro dalle scene sino a circa il 1973, quando Joseph Garzilli, ristoratore e proprietario d’un’agenzia di viaggi appunto sposato — ad un biennio dall’infrante promesse nuziali scambiate con Izzy Marrion, titolare d’istituti di cosmesi ovunque disseminati a Las Vegas — la incoraggiò ad uscire da un silenzio fattosi ancora più assordante, in reazione a perdita di gravidanza: in occasione però di ritorno sul palco, avvenuto rispondendo a domanda d’ingaggio, da martedì 5 a domenica 10 novembre 1974, del Westbury Music Fair di Jericho — sobborgo della newyorkese Long Island — destino ordì l’intollerabile e nella notte di venerdì, Connie Francis cadde in balia d’umana ignobiltà: ospite dell’Howard Johnson’s Hotel, impietrita da spregevole violenza e minaccia d’arma bianca, venne imbavagliata sfiorando il soffocamento ed ignobilmente denudata, stuprata, derubata e dopo l’infinità di quasi tre ore d’agonia, lasciata incatenata ad una sedia da un individuo, mai identificato. Incubo attraversato, comprensibilmente la precipitò nel baratro della depressione e a distanza di quattro settimane, a lenimento d’intima sofferenza, unicamente il dono di un bambino di cinque mesi per la cui adozione aveva accolto comunicazione di idoneità una manciata d’ore antecedenti l’aggressione e che al nome di Joseph ‘Joey’ Garzilli Jr, avrebbe risposto: «He’s been the true love of my life».
Ferma nel proposito d’evitare simili atrocità ad altre donne, Connie Francis nel 1976 intentò complicata causa civile contro la catena alberghiera imputandola d’insufficiente cura e precauzioni a salvaguardia dell’incolumità della clientela e da sopralluogo avallato da autorità giudiziaria, accusa trovò effettività, innanzitutto nella ravvisata caducità degli infissi, rappresentando perciò agevole accesso dagli esterni ed a conclusione di processo, la società — istituita nel 1925 dall’imprenditore bostoniano, Howard Deering Johnson (1897-1972) — venne condannata ad un risarcimento di $ 2.600.000, ritenuto iniquo e ricorrendo in appello, infine concordando in via stragiudiziale indennizzo di 1.475.000 dollari; l’artista tuttavia, dall’intendimento nient’affatto distratta dalla lauta somma, si placò soltanto ad accertato apportamento delle dovute modifiche ed in virtù di verdetto, nei trattati legali procedimento divenne riferimento nel delineare gli obblighi a carico delle strutture ricettive.
Nel 1977, perché fosse posto rimedio alle problematiche insorte a conseguenza d’intervento d’un decennio antecedente, Francis varcò nuovamente soglia di sala operatoria, ma infausto fu invece l’esito, poiché severamente danneggiate risultarono le corde vocali e disgrazia, privandola d’ingenita espressività, peraltro quando già oltremodo provata, comprensibilmente l’annichilì e sospinse ad introversione, tanto da comprometterne vincolo coniugale e fato, impietoso, ulteriore angoscia le avrebbe inflitto: il 6 marzo 1981, l’adorato fratello George Franconero Jr, avvocato alla data indiziato di frode fondiaria ed al servizio delle autorità federali in ambito di indagini a contrasto della criminalità organizzata, colto davanti alla propria abitazione, a North Caldwell, New Jersey, venne freddato a colpi d’arma da fuoco.
Connie Francis non s’arrese a drammatiche avversità, bensì, con determinazione pari alla sfoderata occupandosi del contrasto alla violenza sulle donne ed affinché veterani e relative famiglie fossero sostenuti nelle imperiose necessità — anche tramite beneficienza traendo ispirazione dal Telethon, giusto nel 1965 ideato da Jerry Lewis (1926-2017) a sovvenzione della ricerca sulla distrofia muscolare — si votò a difesa dei diritti delle vittime di reato, contribuendo all’emanazione di leggi e revisioni di norme esistenti, nel frattempo, malgrado le esperienze, s’affidava a chirurgia, risoluta a tornare padrona di sé recuperando arte canora ed affrontata serie d’interventi, oltreché totale rieducazione della muscolatura laringea, pur dovendosi definitivamente rassegnare alla perdita di determinati e primigeni suoni — ad esclusione del peculiare effetto “pianto” stimabile in Who’s Sorry Now?, Where the Boys Are od Among My Souvenirs — nell’arco d’un quadriennio riconquistò canto.
Quando persi la voce, smarrii l’identità, perché mentalmente, ero la mia voce. Senza, mi sentivo una persona diversa, non avevo fiducia in me stessa e a livello sentimentale, a quel periodo risalgono le relazioni peggiori — non ero io, senza voce mi sentivo vuota.
Senza attendere ricominciò a registrare — incise album dall’eloquente titolo, I’m Me Again, anticipato dal 45 giri recante omonima traccia sul Lato A e ad ornamento sull’opposto, Comme ci, comme ça — ed altrettanto a calcare le scene, onorando chiamata all’American Bandstand 30th Anniversary Special Episode condividendo palco con, nella moltitudine, Ella Fitzgerald (1917-1996), Beach Boys, Jerry Lee Lewis (1935-2022), Little Richard (1932-2020), Stevie Wonder ed addirittura osando concerto al Westbury Music Fair, significativamente scegliendo d’aprire intonando capolavoro di Frederick James ‘Freddie’ Perren (1943-2004) e Dino George Fekaris, I Will Survive, immolata all’eterno da Gloria ‘Gaynor’ Fowles nel 1978 ed agli accorsi a teatro, Francis svelando immensità d’animo, rimanendo tradita dall’emozionata sete di rinascita, dimenticandone il testo e al chiedere «perdono» per l’accaduto, in risposta incassando generosamente assordante applauso; Connie Francis era tornata, ovunque segnava sold out ed inopinabile, imminenza d’ennesimo dolore a sconvolgerle esistenza, eppure, fronteggiate afflizioni tramutatesi in silenti e logoranti tormenti interiori, in aggiunta a profonda spossatezza dovuta alla mole d’impegni, d’improvviso eruppero provocandole un tale esaurimento, da indurne il padre a violarne volontà e dando credito a diagnosi medica, «depressione maniacale», ne organizzò ricovero all’ospedale psichiatrico di Fort Lauderdale; accorata da crisi e simile condizione, nel 1984, frattanto autobiografia Who’s Sorry Now? entrava nelle librerie, Connie Francis tentò il suicidio.
Come sempre in passato, Connie Francis seppe risollevarsi e compiendo meravigliosa catarsi, dal 1989 riprese a dipingere la propria storia dibattendosi tra concerti, scrittura — nel 2017 firmando libro Among My Souvenirs, terza opera letteraria essendo il summenzionato successivo a For Every Young Heart del 1963 — ed a memoria conservando, sia vissuto, sia indole incline a filantropia, abnegazione verso le donne vittima di violenza — da ogni angolo del Pianeta ricevendo missive — associazioni a tutela e promozione dei diritti civili, nel 2010 assumendo incarico di portavoce della Mental Healt America.
I would like to be remembered not so much for the heights I have reached, but for the depths from which I have come.
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