Charlie Patton, il misterioso Padre del Delta Blues
E’ nella flebile speranza di sopravvivenza, nella disperata condizione di emarginazione, fra negazione di libertà e identità culturale, che il Delta Blues comincia a risuonare nei tormentati meandri del Mississippi. Storie di spiantati spesso avvolte da misteri, narranti fatti di crimine, abusi di alcol, incontri con il demonio e non diversamente, poteva essere la parabola umana e artistica di colui che i più considerano il padre di questa musica: Charlie Patton.
Figura emblematica e leggendaria, con la sua voce ruggente, appassionata, a volte incomprensibile, il modo che aveva di far letteralmente cantare la chitarra, lo stile percussivo, l’uso dello slide in una miscela di folk, spiritual e ragtime, Charlie Patton ha ispirato ed influenzato intere generazioni di artisti: Bukka White, Willie Brown, ‘Son’ House, Roebuck Staples, Big Joe Williams, sono solo alcuni di coloro che sono stati stregati dai suoi ritmi.
Nonostante questo, le informazioni su di lui sono poche e a tratti confuse, discordanti, storici e cultori del blues dibattono su molti eventi della sua vita, un vuoto che non di rado è andato colmandosi di credenze. C’è stato persino un momento in cui si raccontava che fosse ‘The Masked Marvel’, un improbabile bluesman che a viso coperto andava suonando per le piantagioni e a chi lo riconosceva, regalava un disco. Charlie Patton ha utilizzato vari pseudonimi, uno dei quali fu JJ Hadley, ma non quello e la favola nacque a seguito della trovata pubblicitaria escogitata dalla Paramount Records per promuovere ‘Mississippi Boweavil Blues’ e ‘Screamin’ and Hollerin’ the Blues’, registrate il 14 giugno del 1929.
Quando l’etichetta mise in vendita il 78 giri, organizzò un concorso attraverso il quale invitava i clienti a comprarlo per poi indovinare l’artista mantenuto anonimo, i vincitori avrebbero ricevuto un disco omaggio a loro scelta.
Sono comunque tante le domande che non hanno ancora trovato una risposta sicura e definitiva, interrogativi più o meno grandi che iniziano dal nome di battesimo. Lapide e numerose registrazioni riportano Charley, ma è noto che il musicista, come esposto anche nella biografia ‘King of Delta Blues’ di Stephen Calt e Gayle Wardlow, lo pronunciava Charlie e a confermarlo sono le varie testimonianze secondo cui era così che oltretutto si firmava. Sul foglio d’arruolamento per la Prima Guerra Mondiale, di suo pugno però si registrò scrivendo Chas, mentre il certificato di matrimonio notifica l’unione tra Bertha Lee Pate e Charles Patton.
Incertezze riguardano anche la data di nascita, considerando l’epoca non c’è da stupirsi, comunque sia il giorno è sconosciuto e se in alcuni documenti risulta essere aprile 1891, in altri risale addirittura a dieci anni prima e tranne per il fatto che si trovi nella Contea di Hinds, neanche il paese natale è stato individuato con esattezza. E’ plausibile che si tratti di Heron’s Place, un’area agricola che al tempo era di proprietà di Samuel Lycurgus ‘Sam’ Herring. A riferirlo è stato il chitarrista blues Sam Chatmon, conosceva Charlie Patton sin dall’infanzia, si dice possano esser stati fratellastri ed affermò che il musicista viveva lì con la madre Annie e due sorelle, più tardi avrebbero poi raggiunto il padre Bill spostandosi a ovest di Bolton e nel 1902, la famiglia si trasferì nella Dockery Plantation, la storica piantagione di cotone nella Contea di Sunflower.
Polemiche non mancano neppure circa il suo aspetto, esiste infatti una sola immagine che ne immortala l’intenso sguardo e le mani che sfiorano la chitarra. Databile intorno al 1929, l’originale fa parte della vasta raccolta di John Tefteller, acceso collezionista che può vantare persino i diritti sulla fotografia, tuttavia, l’autenticità di quest’ultima è ancora oggi al centro di una diatriba che avrebbe coinvolto anche David ‘Honeyboy’ Edwards, compianto chitarrista e cantautore, nonché testimone della leggendaria morte del fraterno amico, Robert Johnson. Nel 2005, epoca in cui Edwards era probabilmente l’ultima persona sul pianeta a poter affermare di aver conosciuto e suonato insieme al bluesman, a colloquio con un giornalista della popolare rivista americana Mojo, sembra abbia dichiarato che l’uomo ritratto non è Charlie Patton.
Prove a conferma di come stiano davvero le cose, verosimilmente non arriveranno mai, ma se in quella fotografia ci fosse il padre del blues, i suoi capelli, i tratti del volto e il colore della pelle, evidenziano chiaramente che l’Africa non è l’unica terra nella quale affondavano le sue radici ed anche su questo, sono state fatte decine di supposizioni. Oggi è ampiamente riconosciuto che avesse antenati africani, europei e nativi. Il bluesman Howlin Wolf asseriva che fosse messicano o Cherokee, teoria quest’ultima che troverebbe conforto nella canzone ‘Down the Dirt Road Blues’, in cui Patton canta strofa “I been to the Nation, oh Lord, but I couldn’t stay there Some people say them oversea blues ain’t bad”, riferendosi alla Nazione Cherokee dell’Oklahoma dove molti ‘Black Indians’ sperarono vanamente di essere inclusi per avere accesso ai diritti che spettavano ai nativi americani.
Circa l’aspetto di Charlie Patton, il ricercatore musicale Bernard Klatzko, autore del primo libro sulla vita dell’artista pubblicato nel 1964 e dal quale tra l’altro emerge il profilo di un uomo che amava l’alcol, aveva successo con le donne ed ebbe più matrimoni, affermò:
«Deve essere sembrato strano a uomo come Patton, poco differente dalla ‘gente bianca’, esser stato comunque relegato ad una classe inferiore. In ogni caso, l’indignazione di Charley, qualunque cosa l’abbia provocata, l’ha liberata nel blues.»
L’incontro di Charlie Patton con Henry Sloan
C’è ancora un altro capitolo su cui molti hanno scritto, forse il più romanzato e oscuro, ovvero chi è stato il suo mentore, colui che ne ha scoperto e incoraggiato il genio? Leggenda vuole che altri non sia se non Henry Sloan, musicista riconosciuto tra i fondatori del Delta Blues e che per ciò riveste un ruolo da protagonista, benché le informazioni sul suo conto siano poche, lacunose e non esista alcuna sua registrazione.
I suoi genitori erano Laura e Sam, ex schiavi che si erano conosciuti quando l’uomo, dal South Carolina dov’era nato nel 1842, una volta compiuti vent’anni si era trasferito nel Delta del Mississippi. Si sposarono nel 1867 e tre anni dopo pare sia nato Henry. ‘Pare’, in quanto già dalla nascita iniziano le incongruenze. Nel censimento del 1880, dove correttamente risulta elencata la coppia, emerge che il loro figlio si chiamava James e solo nella successiva rilevazione del 1900 arriva Henry. Opinione diffusa è che i due siano la stessa persona e c’è chi suggerisce che potrebbe non trattarsi di un errore, ma che quest’ultimo abbia semplicemente portato il nome di un fratello deceduto. Comunque sia, in quello stesso censimento, Sloan risulta essere sposato per la seconda volta, aver dei figli e vivere ancora con i genitori nelle Contea di Hinds.
Secondo il ricercatore David Evans, tra il 1901 e 1904 si unì ai lavoratori della piantagione di Dockery, quindi nello stesso periodo di Patton e che al tempo avrebbe dovuto avere tra 10 e 15 anni, un’epoca in cui il blues, anche se diverso dall’attuale concetto, era già diffuso nelle zone del Delta e insieme a lui le tante storie che ne facevano la musica di satana, legata alla magia nera e che portava l’anima alla dannazione. L’accostamento con gli inferi non è poi così sbagliato, per il fatto che a suonarla erano davvero poveri diavoli, uomini a lungo brutalizzati da una società che continuava a negargli ogni diritto, spesso spingendoli a condurre una vita dissoluta, in equilibrio fra bene e male, molti bluesman finivano ammazzati da un’arma o dalla cirrosi e sparivano nel nulla dando adito a misteri e leggende.
Lo stesso Charlie Patton ebbe problemi con la legge, lo racconta nella sua ‘Tom Rushen Blues’, canzone registrata nella stessa sessione di giugno 1929, in cui ammette di esser stato beccato mentre era ubriaco perso.
Laid down last night, hopin’ I would have my peace, eee
I laid down last night, hopin’ I would have my peace, eee
But when I woke up, Tom Rushen was shakin’ me
When you get in trouble, it’s no use to screamin’ and cryin’, hmm
When you get in trouble, it’s no use to screamin’ and cryin’, hmm
Tom Rushen will take you, back to the prison house flyin’
It were late one night, Halloway was gone to bed, hmm
It were late one night, Halloway was gone to bed, hmm
Mister Day brought whiskey taken from under Halloway’s head
An’ it’s boozy booze, now, Lord, to cure these blues
It takes boozy boo’, Lord, to cure these blues
But each day seems like years in the jailhouse where there is no boo’
I got up this mornin’, Tom Day was standin’ ‘round
I got up this mornin’, Tom Day was standin’ ‘round
If he lose his office now, he’s runnin’ from town to town
Let me tell you folksies just how he treated me
Let me tell you folksies just how he treated me
Aw, he caught me yellin’, I was drunk as I could be
Sebbene non ci siano conferme, è negli anni alla piantagione che Sloan avrebbe trasmesso le sue conoscenze a Patton, per poi svanire nel nulla. Alcuni affermano che insieme alla famiglia, si sia trasferito nell’Arkansas ed il motivo è che nella Contea di Crittenden, risulta che negli anni ‘30 abbia vissuto un uomo con identici dati anagrafici: nome, cognome, luogo e data di nascita, Mississippi 1870 e deceduto il 13 marzo 1948. In nessun cimitero della zona è però presente un lapide che lo identifichi, per cui se la teoria fosse corretta, l’unica risposta plausibile è che la sepoltura sia avvenuta nel cimitero di Re Salomone, anche detto Cimitero Africano, dove numerose tombe risultano anonime.
E’ stata avanzata anche la suggestiva ipotesi che possa trattarsi del fantomatico vagabondo che iniziò al blues nientemeno che William Christopher Handy. Lo incontrò alla stazione ferroviaria di Tutwile nel 1903, in attesa del treno che lo avrebbe portato a Clarksdale e il musicista rimase così colpito dall’uomo che riportò l’episodio nella sua autobiografia descrivendolo con le seguenti parole: «Un nero magro e dinoccolato cominciò a pizzicare una chitarra accanto a me mentre dormivo. I suoi vestiti erano stracci, i suoi piedi spuntavano dalle sue scarpe. Nella sua faccia c’erano secoli di tristezza. Mentre suonava, tirò fuori un coltello e ne premeva la lama sulle corde, alla maniera resa popolare dai chitarristi Hawaiani. L’effetto è stato indimenticabile Anche la sua canzone mi ha esaltato all’istante.Il cantante ripeteva lo stesso verso tre volte accompagnandosi alla chitarra, la musica più strana che avessi mai sentito.»
Comunque sia andata a Sloan e chiunque abbia dato i primi rudimenti di chitarra a Charlie Patton, fra il 1929 e il 1934, registrò circa 70 canzoni che hanno fatto la storia del blues; a lui Bob Dylan ha dedicato High Water, riprendendo titolo di un suo brano in cui narra del Grande Diluvio del 1927, lo stesso che nel 2017 è stato interpretato da Taj Mahal.
Scomparso il 28 aprile del 1934, a causa di un disturbo alla valvola mitrale, il suo sepolcro è stata inserito nel Mississippi Trail, l’itinerario che ripercorre la storia del Blues rievocandone i musicisti più significativi.
Alcune immagini inserite negli articoli pubblicati su TerzoPianeta.info, sono tratte dalla rete ed impiegate al solo fine informativo. Nel rispetto della proprietà intellettuale, sempre, prima di valutarle di pubblico dominio, vengono effettuate approfondite ricerche del detentore dei diritti d’autore, con l’obiettivo di ottenere autorizzazione all’utilizzo, pertanto, laddove richiesta non fosse avvenuta, seppur metodicamente tentata, si prega comprensione ed invito a domandare immediata rimozione, od inserimento delle credenziali, mediante il modulo presente nella pagina Contatti.