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Bob Marley: Storia e retroscena di Exodus

L'album dopo il tentato omicidio

 
 
Interamente registrato negli studi londinesi della Island Records, etichetta di cui al tempo era proprietario Chris Blackwell, il 3 giugno del 1977 viene pubblicato Exodus, l’album che sancirà la definitiva consacrazione di Bob Marley, anima rivoluzionaria della musica Reggae e del movimento spirituale Rastafari.
 
Bob Marley
 
Molteplici sono gli aspetti e i retroscena che ne fanno una tappa particolarmente rilevante della vita e della carriera dell’artista giamaicano. Ritmi potenti e ipnotici accompagnano l’impegno politico, la spiritualità, i temi trattati sono quelli che Marley ha più a cuore, canzoni come Natural Mystic, Jamming, la stessa Exodus che dà titolo all’album, fino ad arrivare a One love, autentico inno alla Pace, diventeranno pietre miliari capaci di catturare l’attenzione ed il favore di intere generazioni.

Già afflitta da problemi economici e da una violenza dilagante, la Giamaica è in pieno fermento politico per l’avvicinarsi delle elezioni. Le strade sono teatro di sanguinosi scontri a fuoco tra bande armate e la situazione è ormai insostenibile.

Per calmare gli animi, il primo ministro uscente Michael Manley, guida del People’s National Party, decide di organizzare un concerto. In realtà l’iniziativa si rivelerà pura propaganda politica, il solo scopo era quello di catturare il favore della gente, sfruttando figure carismatiche e leader popolari del panorama Reggae.

Tuttavia, in accordo con i musicisti, l’evento andrà in scena allo stadio National Heroes Park di Kingston, la data prevista è il 5 dicembre 1976 e passerà alla storia come lo ‘Smile Jamaica Concert’.
 

L’attentato a Bob Marley

Due mesi prima alcuni delegati del PNP si recarono da Bob Marley al fine di ottenerne la partecipazione e considerate le motivazioni, il giamaicano non esitò a dar la propria disponibilità.

Ottenuta conferma, guardie del partito furono messe a sorvegliarne l’abitazione giorno e notte, ma qualcosa non andò come doveva.

Il 3 dicembre, un manipolo di uomini armati e con il volto coperto, irrompe al numero 56 di Hope Road, residenza del cantante che al momento dell’aggressione si trova all’interno con la moglie Rita, il manager Don Taylor e alcuni membri dei Wailers.

Il commando apre il fuoco sparando alla cieca, i fori di proiettile saranno ovunque, Marley viene raggiunto al petto e ad un braccio e la sera stessa viene scortato in un luogo segreto.

Due giorni dopo, nonostante il parere contrario di medici e delle persone a lui più vicine, preoccupate dall’evidente rischio di un nuovo attentato, Marley decide comunque di rispettare la parola data e dunque esibirsi allo Smile Jamaica.

Sul palco è circondato dalla folla e dopo aver cantato e saltato roteando i suoi dreadlocks sulle note di ‘War’, ‘Get Up Stand Up’, ‘Positive Vibration’, ‘Trenchtown Rock’, ‘Jah Live’, ‘Them Belly Full’, ‘Rebel Music’ e altre fra le sue più significative canzoni, alle 80 mila persone presenti, il rastaman mostrò dove era stato ferito, quasi a voler tranquillizzare tutti circa il suo stato di salute.

«Le persone che cercano di far diventare peggiore questo mondo non si concedono un giorno libero.
Come potrei farlo io?»

 

L’esilio e l’ombra della C.I.A.

Alla base del tentativo criminoso sembra vi siano ragioni politiche e se gli esecutori dell’agguato verranno trovati uccisi, sull’accaduto non sarà mai fatta davvero luce.

Tra le varie ipotesi, c’è anche quella che vede il coinvolgimento della C.I.A., avvalorata dai numerosi fascicoli riguardanti il movimento Rastafari e Bob Marley stesso, dossier dai quali si evince che era effettivamente osservato dall’agenzia di spionaggio americana, per le sue idee il giamaicano era infatti considerato sovversivo e dunque pericoloso per il magnetismo con il quale trascinava le masse.

Supposizione questa, che trova fondatezza nella presenza di Carl Colby, figlio dell’agente segreto e poi direttore della C.I.A., William Colby, colto dalle telecamere presenti al concerto, mentre lui stesso è intento a filmare l’esibizione di Marley.

Quanto accaduto comunque, non lasciò indifferente il cantante e tutto l’entourage, ebbe così inizio l’esilio che li portò a stabilirsi a Londra e cominciare le registrazioni dell’album.

Se il brano ‘Exodus’ è un richiamo ad unirsi al ‘movimento del popolo di Jah’ abbandonando la corruzione di Babilonia, è altresì una chiara metafora dell’esodo che lo ha costretto lontano dalla Giamaica e i riferimenti su quanto accaduto in patria, non mancano neppure nell’invito alla ribellione di ‘Jamming’, così come in ‘The Heaten’ o ancora in ‘Guiltiness’.

“Non dimenticate chi siete
e da che parte state in questa lotta.
Quando scende la pioggia,
non cade sul tetto di un solo uomo.”
(So much thing to say)

 

Bob Marley: «La mia musica vivrà per sempre»

Nella capitale inglese vi rimarrà per 16 mesi, tornando in patria solo in occasione del leggendario One Love Peace Concert del 22 aprile 1978, nel bel mezzo della guerra civile politica giamaicana fomentata dai due principali partiti politici, il Jamaican Labour Party ed il People’s National Party. Il concerto raggiunse il suo culmine quando a fine esibizione, Bob Marley “costrinse” i due principali esponenti politici a stingersi la mano di fronte al pubblico presente, che esplose in un boato. «Potremmo avere qui sul palco Michael Manley e Edward Seaga? – esclamò – Voglio solo che vi stringiate la mano e mostrare alla gente che ci uniremo».

L’episodio fu il simbolo del ritorno alla pace, ma questa purtroppo non durò molto tempo. L’isola caraibica continuò ad essere oppressa dalla guerra politica, i due gangster che idearono l’evento, Claudius ‘Claudie’ Massop e Aston ‘Bucky’ Marshall, vennero assassinati nei mesi successivi, mentre i leader politici, pubblicamente non si incontrarono più fino a che non furono praticamente costretti dai funerali di Stato dello stesso Marley.

A luglio del 1977, gli era infatti stato diagnosticato un melanoma maligno.
Passeranno quattro anni, tour mondiali e canzoni che ne faranno uno dei personaggi più influenti della musica contemporanea. Il 23 settembre del 1980, allo Stanley Theatre di Pittsburgh, visibilmente debilitato Bob Marley si esibisce per l’ultima volta davanti al suo pubblico. Sconvolti, i componenti dei Wailers e le I-Threes, le tre coriste Judy Mowatt, Marcia Griffiths e la moglie Rita, ne seguirono l’uscita in lacrime. Divorato dal cancro, Robert Nesta Marley, questo il suo nome per il intero, si spense l’11 maggio del 1981.

L’eredità lasciata è l’estremo valore dato all’essere umano, esaltandone la libertà e i diritti, base di una giustizia ed equità sociale. Bob Marley ha parlato al cuore con il cuore, ha trattato di amore e pace mai svuotandole di significato, affrontando con semplicità e generosa lungimiranza temi politici, spirituali, le problematiche del nostro tempo, indicando concretamente una strada alternativa oltre la visione mistica che lo ha accompagnato per l’intera esistenza.
 
Bob Marley

“Gli oppressori
si nutrono con il pane del dolore,
si nutrono del pane di un triste domani.”
(Guiltiness)

 

“Ciascuno e tutti devono affrontare la realtà.
Non ti racconterò menzogne,
nell’aria soffia una mistica naturale
non si può contenerla.
Se ora ascolti attentamente, la sentirai”
(Natural Mystic)

 

“Colui che combatte e si ritira,
vive per combattere un altro giorno.
Più infuocata è la battaglia, più dolce è la vittoria.”
(The Heaten)

 

“Siete soddisfatti della vita che fate?
Noi sappiamo dove stiamo andando,
sappiamo da dove veniamo
stiamo lasciando Babilonia.”
(Exodus)

 

“Nessun proiettile ci può fermare
Non supplicheremo e non ci piegheremo
Non possono comprarci né venderci.
La tua vita vale molto più dell’oro.”
(Jamming)

 

“C’è solo una domanda che vorrei davvero fare.
Esiste un posto per il peccatore senza speranza,
che ha ferito l’intera umanità
soltanto per far il proprio interesse?
Credi a me, un solo cuore,
un solo amore.”
(One Love)

 
 
Bob Marley
 
 
 
 
 
 

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