Adele Girard: L’angelico suono dell’arpa nel jazz
«Il jazz non è qualcosa che si può insegnare, lo si deve sentire», rispose Adele Girard — ossia colei a introdurre arpa in sottogeneri jazz quali dixieland e swing — a domanda di poter ricevere lezioni rivoltale dal celebre attore statunitense, Arthur Marx (1888-1964), ammiratore e come comprova scelta di nome d’arte, Harp, egli stesso appassionato interprete dello strumento.
Adele Girard nacque il 25 giugno 1913 a Holyoke, città del Massachusetts dove a fine Ottocento, grazie all’istruttore e inventore William George Morgan, ebbe origine sport tra i più popolari, la ‘mintonette’, poi rinominata, Pallavolo.
Erano però le note a volare fra le mura casalinghe dei Girard, una gioiosa famiglia di origini franco-canadesi. Il padre Leon era infatti un violinista e direttore d’orchestra, mentre la madre Lizza Noël è stata un’attrice, ballerina e soprattutto una talentuosa pianista, le furono persino offerte una borsa di studio per il Williams College e una che le avrebbe aperto le porte del Teatro alla Scala di Milano, ma ritenendo che accettare non sarebbe stato un atteggiamento consono per una ‘signora’, per quanto incredibile rifiutò entrambe le opportunità.
Come il marito si esibirà in spettacoli teatrali, musical, dando al contempo lezioni di piano che non mancò di impartire anche alla piccola Adele e al fratello maggiore Donald. Come lei stessa affermerà, l’insegnamento ricevuto dalla madre, si rivelò particolarmente proficuo, quando sul finire degli anni ’20, Alice Mikus, amica di famiglia e orchestrale della Springfield Broadcasting Symphony, le mostrò come accarezzare e far vibrare le corde dell’arpa.
Strumento fra i più affascinanti in assoluto, in Italia ebbe il suo periodo di maggior splendore fra il Rinascimento e il Barocco, annoverando virtuosi come il bresciano Gian Battista Giacomelli ed è a partire dal 1786, grazie a Sébastien Erard, già famoso costruttore di pianoforti apprezzati da giganti tra cui Verdi, Beethoven, Chopin, Liszt, Haydn, Mendelssohn, che si devono le migliorie più significative e che in sostanza hanno portato l’arpa ad essere quella che oggi conosciamo.
Non ancora ventenne, Adele Girard iniziò ad esibirsi nei salotti e nei resort dei ristoranti, l’arpa avrebbe fatto il suo ingresso molti anni dopo, cantava accompagnandosi al pianoforte e spesso a seguirla assistendo agli spettacoli c’era la madre, ma nonostante avesse un agente che le procurava le serate, gli incassi erano da fame, ma quella vera e non meglio stava andando al padre Leon. Le difficoltà si fecero maggiori con la crisi del ’29, in una intervista pubblicata dal Mississippi Ring nell’aprile del ’96, la Girard raccontò di aver persino corteggiato un uomo, pur di accaparrarsi una cena:
«Ero di bell’aspetto, ero sempre stata carina e decisi di ricorrere a un facoltoso bellimbusto. La mia povera madre, naturalmente, fu inorridita da tale indecenza. Ma funzionò! Incontrai un signore dall’aspetto raffinato e dopo aver passato un piacevole pomeriggio, mi chiese di cenare insieme. Certo, fui costretta a spiegare la situazione, perché non avrei potuto mangiare senza la mamma. Rise fragorosamente, mi disse di andarla a prendere e saremmo usciti tutti e tre. L’abbiamo fatto. Alla fine della serata ci ha anche dato un po’ di soldi, 25 dollari credo, e questo ci ha permesso di rimanere a galla finché il mio agente non chiamò con una bella notizia: mi aveva trovato un lavoro a Chicago.»
L’incontro con Harry Sosnik
Fu la svolta, si trattava dell’orchestra di Harry Sosnik, direttore, compositore e pianista che poteva vantare collaborazioni con George Gershwin, Cole Porter, Lorenz Hart, Richard Rogers, solo per citarne alcune. Erano i primi mesi del 1933 e dopo un provino, la Girard ebbe il suo posto come cantante e pianista, avrebbe fatto il suo esordio all’Edgewater Beach Hotel e per l’evento, ago e filo alla mano, la signora Lizza le cucì un abito nientemeno che in taffetà e con i pochi soldi rimasti, le comprò un paio di eleganti calzature.
Sarà forse stata l’emozione, la poca abitudine a camminare con scarpe alte, ma fatto sta che un’istante prima di salire sul palco, cadde rovinosamente da una scalinata presente dietro le quinte. Fortunatamente, non le accadde nulla e fra le risa degli altri musicisti, si dette un’aggiustata ai capelli, al vestito e con un tacco spezzato si diresse verso il microfono ed attaccò ‘Who’s Afraid of the Big, Bad Wolf’.
Era il 1934 quando Sosnik venne a sapere che la Girard era in grado di suonare anche l’arpa, fu Lizza a dirglielo e il compositore non poté che accogliere la notizia con piacere, aggiungere l’arpa avrebbe dato nuova originalità al sound dell’orchestra e immediatamente si preoccupò di fargliene avere una. Adele iniziò così a suonare lo strumento che ne farà la più grande arpista jazz di tutti i tempi, dimostrando come anche il suono angelico delle sue corde possa dondolarsi sui ritmi dello swing.
Rimase con Sosnik fino all’inverno del 1935, per poi entrare a far parte dell’ensemble del sassofonista Dick Stable; rimase con loro solo pochi mesi, la band partì per un tour ed oltre al fatto che alla Girard non piaceva viaggiare, il trasporto dell’arpa sarebbe stato un problema. Fu comunque un tempo necessario per vedere quello che pochi anni più tardi sarebbe diventato l’amore di una vita, il clarinettista Joe Marsala. Ne incrociò lo sguardo durante una serata alla newyorkese Hickory House di Jack Goldman, era lì insieme a Stable per ascoltare la band di Mike Riley e Eddie Farley, che da poco avevano pubblicato ‘The Music Goes Round and Round’, canzone che divenne uno dei grandi successi di quell’anno. Non si conobbero, ma l’incontro era solo rimandato.
La Girard continuò ad esibirsi con i Three T’s dei fratelli Charlie e Jack Teagarden e Frank Trumbauer, sostituendo proprio il già citato Caspar Reardon e con loro, come mai aveva fatto prima, assorbì il vasto repertorio jazz e soprattutto imparò a coglierne il ‘sentire’, apprese così il fraseggio, l’improvvisazione. L’avventura però non durò a lungo, le ‘tre T’ furono chiamate alla corte di Paul Whiteman, il gruppo si sciolse e Adele, che aveva appena acquistato la sua prima arpa, una Lyon e Healy da 2.500 dollari, cominciò a temere che non sarebbe riuscita a pagarne le rate.
Cercò aiuto in Goldman, nell’ultimo periodo aveva suonato numerose volte nel suo locale e questi le fece il nome di un giovane, ch’era per l’appunto indaffarato a trovar musicisti. Si trattava di Joe Marsala, artista che non è scorretto definire autodidatta e che arrivò a stringere collaborazioni con Dizzy Gillespie, Buddy Rich, Wingy Manone, Ben Pollack e si apprestava a per mettere su un ensemble epocale.
Adele Girard e Joe Marsala
Era nato a Chicago il 4 gennaio del 1907, i genitori erano italiani sbarcati in Illinois ad inizio secolo. Cominciò suonando la chitarra nei locali della città natia ed in seguito si trasferì a New York, facendosi conoscere come uno straordinario clarinettista. Joe Marsala mise in piedi un gruppo che, oltre al fratello trombettista Marty, comprendeva Joe Bushkin al piano, Danny Alvin alla batteria, Eddie Condon alla chitarra, Artie Shapiro al basso, Ray Biondi al violino e Adele Girard all’arpa.
L’esordio avvenne all’Hickory House il 17 marzo del 1937, il successo fu immediato e solo pochi mesi dopo da quella serata, Joe e Adele convolarono a nozze, dando vita ad un sodalizio dal quale scaturiranno canzoni come ‘And so to sleep Again’, ‘Don’t Cry, Joe’, registrata da Johnny Desmond e ripresa da Frank Sinatra; tra le tante collaborazioni, oltre le sopracitate, memorabile è quella con Brooks Bowman per il brano ‘East Of The Sun’, registrato a New York il 30 novembre 1945.
La coppia fu l’anima di quella band che restò ‘evento’ nelle serate del locale di Goldman per oltre un decennio, trascorso il quale, assieme alla figlia Eleisa, nata nel 1939, i Marsala si trasferirono in California continuando a fare concerti lungo la West Coast per oltre vent’anni, ovvero fin quando un cancro, il 4 marzo del 1978, non depose il clarinetto di Joe. Il dolore non silenziò però l’arpa della Girard, la musicista proseguì ad esibirsi per molti anni, finché il suo cuore, dopo due infarti, smise di battere a causa di un’insufficienza cardiaca congestizia. Era il 7 settembre 1993.
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