Kurt Cobain, il ricordo dell’ultimo mito
Kurt Cobain 50:
Il grunge nelle foto di Michael Lavine
Il 20 febbraio avrebbe dovuto festeggiare 50 anni Kurt Cobain, se non fosse che all’apice del successo, improvvisa e inaspettata la morte è piombata su di lui, un «colpo di fucile autoinflitto alla testa», sentenzierà l’autopsia, ma a distanza di oltre vent’anni, la causa della sua scomparsa è ancora motivo di diatriba.
Nato a Aberdeen, piccola cittadina dello Stato di Washington, Kurt Donald Cobain mostra la sua inclinazione per l’arte fin dall’infanzia, mostrando talento per il disegno e una naturale predisposizione per la musica.
Come ogni bambino dovrebbe mostrarsi al mondo, è vitale e attento, ma per placarne l’esuberanza, la madre gli somministra il Ritalin, ancora oggi una consuetudine negli Stati Uniti, nonostante ne siano ormai stati declarati i possibili effetti negativi:insonnia, depressione, aggressività, ideazione suicidiaria, sono solo alcune delle conseguenze che possono manifestarsi a causa del medicinale, soprattutto se assunto in giovane età.
La sua prima chitarra elettrica la riceve a sette anni, è il regalo di compleanno di Mary Earl, zia materna nonché musicista che incoraggia e impartisce lezioni al futuro leader dei Nirvana, ma che appena un anno dopo, si troverà a dover sopportare il divorzio dei genitori, un’evento per Cobain profondamente drammatico, che lo porterà a isolarsi e ad avere rapporti sempre più tesi sia con il padre che con la madre.
Sono anni durante i quali non fa altro che trasferirsi da una casa all’altra, finché nel 1985, rompe ogni legame con la famiglia e se la cava grazie all’aiuto di parenti e amici.
La storia però, già lo attende per scolpirne il nome nell’Olimpo del rock e per farne con ogni probabilità, l’ultimo mito della musica del Novecento.
Nello stesso anno infatti, insieme a Dale Crover, già batterista dei Melvins, Kurt Cobain fonda i Fecal Matter, band dalle sonorità heavy metal che avrà vita breve, ma abbastanza per incidere a casa di Mary Earl, “Illiteracy Will Prevail”, demo che finisce per essere ascoltata da Krist Novoselic ed il bassista, rimasto piacevolmente colpito da brani come “Downer” e “Spank Thru”, decide di unirsi.
Il gruppo cambia nome numerose volte e dopo l’abbandono di Clover, tanti saranno anche i batteristi che si succederanno ed è solo con l’ingresso di Chad Channing, che arriva un momento di stabilità e nel 1987, nascono i Nirvana.
Nello studio di Jack Endino, la band registra una decina di demo e pubblica il primo singolo, si tratta di una cover di “Love Buzz” degli olandesi Shocking Blue, mentre nel 1989, con una spesa di poco superiore ai 600 dollari, per l’etichetta Sub Pop di Bruce Pavitt, esce “Bleach”, album d’esordio che contiene anche versioni remixate di brani realizzati da Cobain insieme a Clover. In breve tempo il disco raggiunge le 35mila copie vendute, gira nelle radio dei college, la stampa musicale ne parla; quanto basta perché le grandi etichette si accorgano di loro.
Agli inizi del 1990, i Nirvana iniziano a lavorare sul secondo album e per la produzione, Bruce Pavitt suggerisce loro di rivolgersi a Butch Vig, produttore che fin ad allora aveva visto transitare piccole band locali nei suoi Smart Studios, ma che ben presto, sarebbe diventato uno dei principali artefici della diffusione del rock alternativo degli anni ’90, arrivando a produrre dischi di gruppi come gli Smashing Pumpkins, Sonic Youth, Soul Asylum, Garbage, Green Day e molti altri.
Registrano otto brani, tra cui la cover dei Velvet Underground, “Here She Comes Now”, per un secondo album che avrebbe dovuto intitolarsi “Sheep”, ma alla fine di maggio del 1990, Cobain e Novoselic allontanano Channing dal gruppo, spesso capitava che perdesse il tempo ed inoltre non “pestava” come i due avrebbero voluto, cosicché alla batteria arriva David Grohl e questa volta per rimanerci.
Nel frattempo giunge la firma con l’etichetta discografica Geffen Records, di David Geffen, allora distribuita dalla Warner Bros. Records, il disco viene registrato nei californiani Sound City Studios di Van Nuys e il 24 settembre del 1991, i Nirvana pubblicano “Nevermind”, anticipato dal singolo “Smells Like Teen Spirits” uscito quasi due settimane prima e che solo negli Stati Uniti, supererà il milione di copie vendute.
“Comes As You Are”, “Lithium”, “On Plain”, “In Bloom” sono alcune delle tracce di un album che non solo rimarrà il capolavoro assoluto di Cobain e compagni, ma scrive una delle più belle pagine nella storia della musica contemporanea, massima espressione del grunge e uno degli ultimi apici toccati nel rock.
A partire dalla copertina con uno Spencer Elden di pochi mesi che nuota inseguendo una banconota da un dollaro infilato in un amo da pesca, il disco è una miscela di frustrazione e inquietudine, le atmosfere sono a volte rabbiose, altre placide, eteree, Kurt Cobain è struggente come lo sono i suoni e le armonie della sua chitarra, come lo è l’intera sua esistenza, forse riassunta proprio in quel Nevermind, non importa, forse chissenefrega.
“Ho cominciato a farmi regolarmente dopo il successo di Nevermind, non so spiegare il perché, forse perché in realtà sono stato sempre uno scoppiato. Sto cercando di venirne fuori, ma sinceramente non posso dire di esserci ancora riuscito”
Il terzo ed ultimo album è “In Utero” uscito 21 settembre del 1993, ma la conclusione tristemente perfetta arriva con il concerto acustico tenutosi il 18 novembre dello stesso anno a New York, per gli MTV Unplugged, che diventerà anche il primo album postumo del gruppo.
L’esibizione si chiude con la tradizionale “Where Did You Sleep Last Night”, conosciuta anche come “Black Girl” e “In the Pines”, brano che i più associano a Leadbelly, leggendario bluesman adorato dal leader dei Nirvana e che ha conosciuto i campi di cotone, amato le donne e l’alcol, finito in carcere più volte e storia vuole, ne sia sempre uscito solo grazie alla musica.
Con il banale senno di poi, tutto, a partire dalla scenografia con gigli e candele che circondano Cobain, altrove, decadente, a suo modo sereno, semplicemente se stesso, sembra essere un commiato previsto, disegnato e voluto anche nel rifiuto di suonare ancora, in quella sigaretta accesa mentre firma autografi con l’aria di uno che neanche sa il perché di quella penna in mano.
Dal 13 dicembre a 31 gennaio la ONO Arte di Bologna, presenta “Kurt Cobain 50: Il grunge nelle foto di Michael Lavine”, un’esposizione per ricordare un personaggio criticato musicalmente, definito antieroe quando mostrare l’anima è semplice prerogativa dell’ispirazione massima, pura e non plasmata, è l’essere che lascia dietro di sé ogni altra ragione, è il “prendere o lasciare” che spiazza e del quale sia ha sempre meno coraggio, Kurt Cobain ha segnato, aperto e chiuso un’epoca e lo ha fatto oltre i Nirvana.
Alcune immagini inserite negli articoli pubblicati su TerzoPianeta.info, sono tratte dalla rete ed impiegate al solo fine informativo. Nel rispetto della proprietà intellettuale, sempre, prima di valutarle di pubblico dominio, vengono effettuate approfondite ricerche del detentore dei diritti d’autore, con l’obiettivo di ottenere autorizzazione all’utilizzo, pertanto, laddove richiesta non fosse avvenuta, seppur metodicamente tentata, si prega comprensione ed invito a domandare immediata rimozione, od inserimento delle credenziali, mediante il modulo presente nella pagina Contatti.