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Giornata Europea della Cultura Ebraica 2017

 

Giornata Europea della Cultura Ebraica

 

di Cristiano Ferrari

 
 

Diaspora, Identità e Dialogo

10 Settembre 2017

 
 
Un dialogo di Magda Poli con Haim Baharier sulla lectio in programma e di seguito le preziose anteprime di una conferenza che si preannuncia fuori dal coro come è d’abitudine per gli interventi del nostro caro ermeneuta.
 
Haim Baharier
 
Come sempre parlare con Haim Baharier è aprire orizzonti conoscitivi e emozionali. Quest’anno “La giornata europea della Cultura ebraica” ha come tema la Diaspora, l’esilio millenario vissuto e raccontato alla luce del valore e della salvaguardia della propria identità e del dialogo intessuto dalle comunità con le società circostanti e con le nazioni di appartenenza.

Quindi di ciò si parla col maestro e si ha subito la netta percezione che il centro di tutto sia la parola.
Il primo capitolo della Genesi è scandito da questa espressione “l’Eloi(h)m disse e ci fu, disse e ci fu”. La parola crea. E da lì si parte per esplorare il territorio creato.

Prima di tutto Baharier fa una distinzione tra due termini che sembrano sinonimi, diaspora e dispersione.

«Come il mito dell’ebreo errante è un mito cristiano, così la parola greca diaspora è poco adeguata a definire le dispersioni subite da Israel durante la sua storia.
La diaspora implica l’esplosione di un centro che non è riuscito a mantenersi tale, a creare un fenomeno aggregante perché era diventato solo coercitivo e tirannico.
Un centro ricco culturalmente è esploso con i valori che lo contraddistinguevano.
Le varie dispersioni di Israel sono invece caratterizzate da un dialogo culturale costante con un centro storicamente, geograficamente localizzato.
Ogni anno a Pesach, Israel ribadisce: l’anno prossimo a Gerusalemme.
I valori che lo informavano non sono stati cancellati da un’esplosione, ma non si sono concretizzarsi nei vari angoli del mondo. Certo la responsabilità è anche delle periferie che non hanno saputo scorgerli, coglierli e svilupparli»

E il fenomeno imponente delle migrazioni di popoli cui oggi stiamo assistendo?

«Uniscono al loro interno i due concetti. Sono una interpretazione di diaspora e dispersione, a sfondo politico e economico».

Un centro ben localizzato, dice, che è anche un centro linguistico?
La lingua ebraica, mai dimenticata, la lingua del culto.

«Sicuramente. Un centro linguistico che continua a fare riferimento a un Libro e in questo Libro, il Primo è fondato sull’andare verso questo luogo al quale però la guida, Mosè, non giungerà.
Ma questo centro storicamente, geograficamente, linguisticamente, culturalmente localizzato non ha generato in questo popolo una determinazione etica sufficiente per rimanerci.
La tradizione ebraica ha scelto di narrare la prima diaspora come un esilio linguistico attraverso il mito della Città Torre di Babele.
Più che dell’esilio di persone, si parla di esilio delle lingue.
A mio parere questa è una scelta decisa che procede dalla convinzione che rispetto al pensiero la parola risulta personale.
Il pensiero di per sé non implica direttamente la responsabilità.
La parola va sempre ricondotta a chi la proferisce, la persona.
Per Israel il tribunale della storia sarà senz’altro un tribunale di uomini il cui compito sarà di giudicare gli uomini».
 
 
Notizie Biografiche di Haim Baharier

Haim Baharier, pensatore e studioso di ermeneutica biblica, è nato nel 1947 a Parigi da genitori di origine polacca reduci dai campi di sterminio.
Allievo di Léon Askenazi e di Emmanuel Lévinas, è stato vicino al maestro hassidico Israel di Gur.

Ha pubblicato “Il Tacchino pensante” (Garzanti, 2008), “Le dieci Parole” (San Paolo, 2011) e “Il Qabbalessico” (Giuntina, 2012).
“La valigia quasi vuota” (Garzanti, 2014) e “La Genesi spiegata da mia figlia” (Garzanti,2015) narrano della propria vita illuminata dalla figura di Monsieur Chouchani, clochard geniale e enigmatico, apparso nella Parigi del Dopoguerra.
 
 
 
 

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