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Violeta Parra, musica e poesia a sostegno dei diritti umani

Violeta Parra

 
 
Cantautrice, musicista, pittrice e della qual pitture irrompendo nelle sale del Louvre, il museo dischiusero all’arte latinoamericana ed ancor, Violeta Parra fu, e precipuamente, donna, voce sublime ed inconcussa a sostegno e difesa dei diritti umani, poetessa ed essa stessa poesia e poesia pura, dacché gesto prima di parola, in cuor provando «l’obbligo di porre creatività al servizio degli uomini» nell’irresoluto creder e sentir che «sofferenza del popolo non può essere disattesa».

Esile, d’austera e al contempo delicata, talora assorta, espression dipinta in volto permeato della savia quietudine d’ancestral memoria, Violeta Parra fu protagonista assoluta di ricerca e derivante risorger della musica popolare, sorgente ispirante la Nueva Canción Chilena, movimento culturale che appunto mediante opera di recupero della tradizione e adattamento ai ritmi latinoamericani, eleggerà la musica strumento di lotta politica e sociale.
 
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Violeta Parra del Carmen Sandoval, nacque — terzogenita di dieci figli — dall’unione di Clarisa del Carmen Sandoval Navarrete e Nicanor Parra Alarcón, il 4 ottobre del 1917, in Cile, a contendersi il luogo esatto sono San Carlos e San Fabiàn de Alico, località dell’allora provincia di Ñuble, region di Bio Bio; a cadenzar e colorir quotidianità d’umile e numerosa famiglia, comune poetico e musical sentire, invero il padre delle note era insegnante — estremamente stimato e difatti sovente invitato ad eventi politici, culturali ed egualmente chiamato a tener conferenze — e la madre, sarta di professione, possedeva passion pel canto e chitarra, quindi tra gli eredi, ad esclusion del circense Oscar René, detto Tony Canarito, armonie furon ispirazion ad Eduardo, Hilda e Louis, notevoli folkloristi e compositori, mentre Parnaso emozion guidò del sestogenito Caupolican e del maggiore, il fisico e matematico Nicanor, l’«anti-poeta» scomparso all’età di 103 anni, il 23 gennaio 2018.

Nel 1919, l’artistica carovana partì alla volta di Santiago per rimanendovi un biennio, ossia fintantoché Nicanor Parra Alarcón ottenne cattedra a Lautaro, città situata nel territorio dell’Araucanía — fondata nel 1881 e dunque in corso di conflitto tra Stato e l’indigeno popolo Mapuche per l’occupazione di quest’ultimi i territori — affrontando viaggio verso Sud d’oltre 650 chilometri e durante il qual peraltro, il vaiolo — patologia d’origine virale e causa di milioni di decessi prima d’eradicazione all’alba degli anni Ottanta del Novecento — aggredì Violeta Parra segnandole indelebilmente i lineamenti. Un sessennio più tardi, suolo natio del poeta-ideatore della poesía lárica, Jorge Teillier, famiglia abbandonò in ragion del concludersi di docenza paterna e ripresa strada in direzion di capitale, si stabilì a Villa Alegre, borgo della Regione del Maule.

Sebben fanciulla e riuscendo a mantener l’eccellente profitto scolastico, in volontà di sovvenir alle necessità familiari, Violeta Parra s’avventurò nella concretezza del lavoro, somme pure ricavando cantando, assieme ad alcuni fratelli, in strada, nei café, ristoranti, sui treni, principiando ad accompagnar virtuosismi vocali suonando chitarra, dacché novenne, scovò strumento della madre, in autonomia, alle dita insegnando a danzarvi e più tardi, dodicenne, cimentandosi alla stesura di testi.
 

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Violeta Parra, 1931

 
Alle difficoltà meramente economiche però, nel 1931 sopravvenne dolore per la prematura scomparsa di Nicanor Parra Alarcón — di tubercolosi scomparso a soli 51 anni — evento che, a distanza d’una decina di mesi, esortò Violeta Parra a raggiunger, armata di sei corde, il primogenito Nicanor a Santiago, iniziando ad esibirsi nei locali lungo la storica Avenida Matucana — ov’attualmente ha sede il Circuito Cultural Santiago Poniente — entrando in contatto con intellettuali, scrittori e poeti, fra cui Luis Oyarzún Peña, Pablo Neruda, il qual poesia le dedicherà, Elegía para Cantar, definendola Santa de greda pura, «Santa di pura creta».
 

Elegía para Cantar

¡Ay, qué manera de caer hacia arriba
y de ser sempiterna, esta mujer!
De cielo en cielo corre o nada o canta
la violeta terrestre:

la que fue, sigue siendo,
pero esta mujer sola 
en su ascensión no sube solitaria:

la acompaña la luz del toronjil,
del oro ensortijado 
de la cebolla frita,
la acompañan los pájaros mejores,
la acompaña Chillán en movimiento.
¡Santa de greda pura!

Te alabo, amiga mía, compañera:
de cuerda en cuerda llegas
al firme firmamento,
y, nocturna, en el cielo, tu fulgor
es la constelación de una guitarra.
De cantar a lo humano y lo divino,
voluntariosa, hiciste tu silencio
sin otra enfermedad que la tristeza.

Pero antes, antes, antes, 

ay, señora,

qué amor a manos llenas
recogías por los caminos:
sacabas cantos de las humaredas, fuego de los velorios,
participabas en la misma tierra, eras rural como los pajaritos

y a veces atacabas con relámpagos.
Cuando naciste fuiste bautizada
como Violeta Parra:

el sacerdote levantó las uvas
sobre tu vida y dijo:

“Parra eres
y en vino triste te convertirás”.
En vino alegre,
en pícara alegría,
en barro popular,
en canto llano,

Santa Violeta, tú te convertiste,
en guitarra con hojas que relucen 

al brillo de la luna,
en ciruela salvaje
transformada,

en pueblo verdadero,
en paloma del campo,
en alcancía.

Bueno, Violeta Parra, me despido,
me voy a mis deberes.
¿Y qué hora es? La hora de cantar.
Cantas. Canto. Cantemos.

 

Violeta Parra, simbolo e memoria della cultura cilena

A Santiago, Violeta Parra conobbe altresì LuisPepeCereceda, impiegato delle ferrovie e frequentator del ristorante Tordo Azul, dov’ella era solita intrattener astanti offrendo scaletta di brani spagnoli, com’era d’altronde desiderio d’epoca, nonché in coerenza della moltitudine d’iberici balli, in Cile e parimenti in Bolivia, Colombia o Messico, radicati, benché talora screziati delle sonore tipicità del luogo e ribattezzati: incontro, preludio fu d’amor, nel 1938 suggellato da scambio di promesse all’altar e dipoi sublimato alla luce dando, rispettivamente nel 1939 e 1943, Isabel e Angel, ambedue creature destinate a protrarre vocazion musicale; idillio però, nel 1948, arrendersi dovette a fronte del crescente interesse e coinvolgimento di Violeta Parra nella realtà politico-sociale.

Nell’intercorso decennio, l’artista ñublense ricevette personal riconoscimenti, assieme alla sorella Hilda costituì The Parra Sister incidendo registrazioni negli studi della RCA Victor; pur tuttavia mal distinguendosi, a livello di proposta, dalla scena cilena, se non in virtù della peculiar sofferta melodia vocale; almen finché, a metà degli anni Cinquanta, in ascolto ad indole, principiò a raccoglier, munita di magnetofono, penna e fogli, testimonianze riguardanti la tradizione popolare, al fin di scoprirne le radici e queste così porre a base della propria evoluzion artistico-esistenziale: ripercorrendo del País de poetas la storia attraverso le solcate mani dei contadini, gli occhi di fame intrisi della miseria, i racconti dei Mapuche, Violeta Parra scoprì e toccò la nobiltà de el canto a lo humano y lo divino, la rima incastonata tra primo e quarto verso della décima cullata dalle note dei payadores ed acquisendone avit’ essenza, ne accompagnò risorger rinnovellandone spirito e da esperienza, componendo intima La Araucana e canzoni quali La Carta, Arauco tiene una pena, Yo canto la diferencia, Hasta cuándo está, Al centro de la injusticia, El diablo en el Paraíso, la meravigliosa Gracias a la vida, El pueblo, scritta insieme a Pablo Neruda.

La lettera

Mi hanno mandato una lettera
con la posta del mattino.
In quella lettera mi dicono
che hanno arrestato mio fratello
e senza pietà, con le manette
lo han trascinato per strada, sì.

La lettera dice il delitto
che ha commesso Roberto.
Aver aderito allo sciopero
che era già finito.
Se questo è un buon motivo,
arrestino anche me, Sergente, sì.

A me che son lontana
aspettando una notizia,
arriva una lettera a dirmi
che nella mia patria non c’è giustizia,
gli affamati chiedono pane,
piombo gli dà la milizia, sì.

In questo modo pomposo
vogliono conservare il posto
quelli del ventaglio e del frac,
senza averne merito.
Vanno e vengono dalla chiesa,
e dimenticano i comandamenti, sì.

Si è mai vista più insolenza,
barbarie e perfidia
da tirar fuori la pistola
e ammazzare a sangue freddo
chi non ha difesa
con le mani vuote, sì.

La lettera che ho ricevuto
chiede la mia opinione.
Io chiedo che si diffonda
in tutta la popolazione
che il Leone* è un sanguinario,
tutta la generazione, sì.

Per fortuna ho una chitarra
per piangere il mio dolore,
e ho anche nove fratelli
oltre quello che è in prigione,
tutti rivoluzionari
con l’aiuto del Signore, sì.

*Soprannome del Presidente cileno, Jorge Alessandri Rodríguez,
figlio del malavitoso Arturo Alessandri Palma.

 

Arauco ha un tormento

Arauco ha un tormento
che io non posso tacere
sono ingiustizie di secoli
che tutti vedono fare,
nessuno vi ha posto rimedio
pur potendo rimediare.
Sollevati, Huenchullán.

Un giorno arriva da lontano
il ladro conquistatore
cercando montagne d’oro,
che l’indio mai ha cercato,
all’indio basta l’oro
che risplende nel sole.
Sollevati Curimón.

Allora scorre il sangue,
l’indio non sa cosa fare,
gli porteranno via la terra,
la deve difendere,
l’indio cade morto,
e lo straniero rimane in piedi.
Sollevati, Manquilef.

Dov’è andato Lautaro,
perso nel cielo azzurro,
e l’anima di Galvarino
se l’è portata via il vento del Sud,
per questo stanno piangendo
le pelli del suo Kultrun*.
Sollevati dunque, Callfull.

Dal millequattrocento
l’indio è afflitto
all’ombra della sua capanna
lo si può veder piangere,
ma la totora di cinque secoli
non si seccherà mai.
Sollevati, Callupán.

Arauco ha un tormento
più nero del suo Chamal**,
non sono più gli spagnoli
quelli che lo fanno piangere,
oggi sono gli stessi Cileni
a sottrargli il pane.
Sollevati, Pailahuán.

Già ruggiscono le elezioni,
si ascoltano per non rinunciare
ma il lamento dell’indio
perché non verrà ascoltato?
Sebbene risuoni nella tomba
la voce di Caupolicàn,
Sollevati, Huenchullán.

* Tamburo Sacro dei Mapuche
** Costume tradizionale

 

Io canto la differenza

Io canto alla chillaneja*
se devo dire qualcosa.
Io non prendo la chitarra
per conseguire un applauso
io canto la differenza
che c’è tra il vero e il falso
Altrimenti, non canto.

Vi racconterò
di un fatto molto allarmante.
Faccia attenzione chi ascolta
perché sta per ingoiare il purgante.
Ora che celebriamo
il 18 più galante**
la bandiera è un calmante.

Io trascorro il mese di settembre
con il cuore pieno
di pena e sofferenza
nel vedere il mio popolo afflitto.
Il popolo che ama la patria
ed è così mal corrisposto.
Simbolo di testimonianza.

Su comandi importanti
giuramento alla bandiera
le sue parole mi suonano
come catene tricolore,
con agenti armati
nelle piazze e nei viali
a di fronte alle chiese.

Gli angeli custodi
sono arrivati da un altro pianeta.
Perché il loro sguardo subdolo
il loro nefasto sangue?
Profani suonano tamburi
clarini e fucili.
Dolorosa la ritirata.

Affermo, signor Ministro
che è morta la verità.
Oggi si giura il falso
per puro piacere, nient’altro.
Ingannano l’innocente
senza nessuna necessità,
e con libertà.

Qui passa il signor Parroco
con la sua parola benedetta.
Potrebbe, sua santità
ascoltare una parolina?
I bambini hanno fame
gli danno una medaglietta
o una bandierina.

Per questo, sua Signoria,
dice il saggio Salomone
C’è scontento nel cielo
in Chuqui e a Conceptión.
Non fiorisce più il copihue***
e non canta il colibrì.

Centenario di dolore.

Un cavaliere benestante
acuto come un pugnale
mi guarda con lo sguardo
di un potente vulcano
e con lampi di oro
corre la sua Cadillac.

E viva la libertà.

In alto splende la luna
con tanta amara verità
l’abitazione di Luisa
che aspetta un figlio.
Le sue grida arrivano al cielo.
Nessuno la potrà ascoltare
alla Festa Nazionale.

Luisa non ha casa
né una candela, né un pannolino.
Il bambino è nato nelle mani
di chi sta cantando
Per una scia di sangue
domani la Cadillac andrà.

E viva la libertà.

Il momento più importante
la bandiera sventola.
Luisa non ha una casa.
La parata militare.
E se Luisa va al parco
Dove tornerà?

Amara cueca militare.

Io sono chillaneja,
signori, per cantare.
Se io sollevo il mio grido
non è solo per gridare.
Mi perdoni chi ascolta
se la mia schiettezza offende.

Lunga cueca militare.

* di Chillán, paese nei pressi di San Carlos
** 18 settembre festa del Cile
*** Fiore nazionale del Cile

 

S’aprì per Violeta Parra lungo periodo d’impegni concertistici in atenei, programmi televisivi, a festival organizzati in ogni angolo del Pianeta: Unione Sovietica, invitata in Polonia al Festival della Gioventù di Varsavia ed in Europa esibendosi inoltre in Finlandia, Germania, Italia, Francia, a Parigi, tenendo spettacoli nel celebre Quartiere Latino, al Teatro delle Nazioni ed all’ombra della Torre Eiffel rimase alcuni anni, incidendo album, esponendo quadri al Pavillon de Marsan, al Louvre, divenendo prima latinoamericana a varcarne soglia presentando mostra personale, in occasion, Tapices de Violeta Parra; e Ville Lumière fu auspice di travolgente amor con il flautista e antropologo svizzero, Gilbert Favre; nondimeno relazione terminando sul tramontar degli anni Sessanta.
 

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Violeta Parra e Gilbert Favre

 
Tornata in Cile, Violeta Parra si stabilì a Concepción, rispondendo a richiesta dell’Università di organizzare e promuovere un museo del folklore, simultaneamente recuperando le antiche tradizioni: accettando incarico, quantunque proseguì alacremente a lavorare su inedite composizioni musicali, tele, a dedicarsi all’arte tessile — realizzando arazzi raffiguranti «la canzone cilena, le leggende, la vita della gente» — ed immancabilmente alla poesia, firmando autobiografia in versi Las Décimas e il libro Poésie populaire des Andes.
 
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Museo Nacional del Arte Folclórico fu inaugurato nel 1958, quando ormai Violeta Parra, era assurta a simbolo della cultura cilena, della resistenza degli Indios della Patagonia, dei Mapuche, d’ogni popolo emarginato, cantandone dignità, il passato e il diritto d’essere, nel consacrarsi a causa alba donando alla Nueva Canción Chilena, corrente fiorita negli anni Sessanta all’interno del Peña de los Parra, laboratorio d’arte fondato da Isabel e Angel ed in seguito trasformato in casa discografica affidando le incisioni all’etichetta DICAP.
 
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Violeta Parra, ca.1955

 
Attorno allo studio di registrazione orbitavan Tito Fernández, Gitano Rodriguez, Patricio Manns, i Quilapayún, Illapu, gli Inti-Illimani, artisti le cui opere furono condannate e costretti ad esiliare per sfuggire a persecuzione e brutalità, destino al quale troppi non riuscirono a sottrarsi, come non poté Victor Jara, cantautore, poeta e resgista teatrale, catturato e condotto nell’Estadio Nacional de Chile adibito a campo di prigionia e dove, incontrò la morte trafitto da 44 colpi d’arma da fuoco, dopo aver patito frantumazione delle mani e taglio della lingua.

Era il 1973, mediante sanguinoso golpe ai danni del presidente democraticamente eletto Salvador Allende, il Generale Augusto Pinochet era asceso al potere, del Cile d’oppression ed orrore devastandone animo; inferno di cui Violeta Parra neppure scorgerà baratro: alle 17:40 del 5 febbraio 1967, puntatasi pistola alla testa, all’eterno s’abbandonò.

Io canto per non piangere e questa affermazione è terribilmente vera. Sono in pochi a dire: «La canzone è il lamento della gente».

 
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Grazie alla vita

Grazie alla vita che mi ha dato tanto,
mi ha dato due stelle che quando le apro
distinguo perfetto, il nero dal bianco,
e nell’alto cielo il suo sfondo stellato,
e tra le moltitudini l’uomo che amo.

Grazie alla vita che mi ha dato tanto,
mi ha donato l’ascolto profondo,
notte e giorno cattura il canto di grilli e canarini,
martelli, turbine, latrati, piovaschi,
e la voce tanto tenera dell’uomo che amo.

Grazie alla vita che mi ha dato tanto,
mi ha dato il suono e il vocabolario,
con le parole che penso e che dico,
madre, amico, fratello, luce illuminante,
la strada dell’anima dell’uomo che amo.

Grazie alla vita che mi ha dato tanto,
mi ha dato il cammino dei miei piedi stanchi,
con loro ho attraversato città, pozze,
spiagge e deserti, montagne e pianure
e la tua casa, la tua strada, il cortile.

Grazie alla vita che mi ha dato tanto,
mi ha dato il cuore che scuote i suoi confini,
quando guardo il frutto del pensiero umano,
quando guardo il bene lontano dal male,
quando guardo il fondo dei tuoi occhi chiari.

Grazie alla vita che mi ha dato tanto,
mi ha dato il sorriso e mi ha dato il pianto,
perché distingua gioia dal dolore
i due materiali che danno vita al mio canto
e il vostro canto che è lo stesso mio canto
e il canto di tutti che è lo stesso mio canto.

Grazie alla vita che mi ha dato tanto.

 

 
 
 
 

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