Populismo, prega per noi
Per cancellare un popolo lo si rende innocuo, incapace di riconoscersi, se ne distrugge la memoria, serbatoio di tradizioni e cultura che rende possibile l’identificazione storica e fisica abile a creare una forma di resistenza.
Un’idea la si elimina denigrandola, ridicolizzandola, le si toglie il peso manomettendo però la bilancia ed oggi, questo accade facendo appello al famigerato sostantivo “populismo“, tanto in voga tra i politici.
Usato verso la fine dell’ottocento in riferimento al People’s Party, partito politico americano, come molti sanno sbarca in Italia attraverso l’inglese “populism”, a sua volta traduzione del vocabolo russo “народничество”.
Il populismo è infatti un movimento intellettuale ed antizarista, nato in Russia verso la fine del XIX secolo, che si prefigge la creazione di un socialismo rurale in opposizione al modello industriale d’occidente, con l’obiettivo di migliorare le condizioni di vita delle classi povere, disagiate, anche tramite un processo di emancipazione delle stesse.
Il primo significato che il dizionario Garzanti riporta è: “atteggiamento o movimento politico, sociale o culturale che tende all’elevamento delle classi più povere, senza riferimento a una specifica forma di socialismo e a una precisa impostazione dottrinale” .
Come spesso accade le parole vengono travolte e stravolte da ignoranza, talora da superficialità, altresì dall’intenzione, resta il fatto che oggi nel vocabolario politico, populismo è sinonimo di demagogia.
In fondo però, fin qui l’indignazione potrebbe giunger solo da parte di linguisti e persone di cultura, se non fosse che un certo disappunto lo suscita anche l’uso che ne viene fatto di tale parola o meglio, l’abuso continuo con accezione denigratoria, volta a semplificare un concetto, a svuotarlo tentando magari una deresponsabilizzazione.
Benvenuti al Circo Barnum
Alle ultime elezioni politiche del 2013 l’affluenza alle urne fu del 75,19%, registrando un calo del 5% rispetto al 2008, mentre alle europee del 2014 i cittadini al voto segnano un misero 57,22%, addirittura sotto del 7,83% rispetto alle europee del 2009.
In controtendenza le ultime consultazioni referendarie con un 65,47% degli aventi diritto.
Questi non sono numeri riguardanti idee o preferenze di partito, sono le cifre della sopportazione, si è passati dalla rassegnazione all’intolleranza e sentiamo spesso dire che “la gente si è allontanata dalla politica”, quando sarebbe più corretto dire che è la politica ad aver preso le distanze dalla gente.
Promesse riposte e riproposte, evaporati voti e volontà popolari, velati benefici, pensioni anticipate, giri di giacche, bandiere e poltrone, leggi lampo sul mare calmo del lento legiferare, da una porta si esce e dalla stessa si riappare….è “il più grande spettacolo del mondo“.
Gli acrobati si lanciano al grido “ci stiamo lavorando“, ultimamente accompagnato dal neo teorema “se vado da un medico, voglio che sia competente e non onesto.”
Tralasciando anche il fatto che la politica sia riuscita a trasformare qualcosa di ordinario in straordinario, si dimentica forse che le competenze si acquisiscono, mentre la tanto citata (e vituperata) onestà, la si ha o non la s’impara.
Secondo i nostri equilibristi infatti, quest’ultimo altro non è che la soluzione semplice a problemi complessi, oltre che l’ingiusto tentativo di addossar colpe o mancanze ad un determinato soggetto; ingiustificato soprattutto se il soggetto è istituzionale.
Populismo….o pura demagogia?
Ora, non volendo concentrarsi sul fatto che persino le “soluzioni” delle grandi guide spirituali e religiose, son tanto semplici quanto difficili da attuare per volontà umana, da populista quale sono, sento di dover affermare che la politica è tutt’altro che da buttare, essere politici significa assumersi l’onere e l’onore di custodire e rappresentare un Paese, coadiuvati dai doveri e dal rispetto dei cittadini.
Nulla però è più banale e demagogico del cercare di ridicolizzare la domanda e porre silenzio sui propri limiti, errori e privilegi, bramando continuamente e chiudendo gli occhi di fronte alla realtà che vuole persone rovistare nei cassonetti, anziani rubare cibo e altri vedersi arrivare una pensione resa inutile dal carovita, troppo forte anche per gran parte dei salari.
In molti casi si creano così, situazioni di povertà tali da favorire l’aumento dei senzatetto, da negar la possibilità di cure sanitarie e persino il diritto all’istruzione; insegnamento, spesso svolto in edifici fatiscenti se non pericolosi, dai quali si continua tra l’altro, a lasciar fuori arte, musica e discipline sportive.
Una realtà che vede giovani fuggire anche a causa di una crescente disoccupazione, che non solo è fonte di disagio, ma costringe gli occupati ad accettare qualunque condizione lavorativa.
Questo, mentre la politica pare non aver forza (o volontà) di reagire alla corruzione e al continuo “sospetto” di intrusioni mafiose nelle istituzioni, una politica che sembra ignorare o accettare, quando non alimentare, iniquità ed ingiustizia sociale che da sempre, assieme alla povertà sono radice di violenza.
Nell’abbondanza nella quale viviamo, se non per volontà, non è comprensibile l’insufficienza….Populismo e così sia.
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