Paracelso: il medico naturalista, il filosofo, l’alchimista spagirico
Robert Alan Thom (1915-1979), Paracelsus, Stormy Petrel of Medicine, 1961
A History of Medicine in Pictures
Preminente rappresentante della Iatrochimica, del naturalismo tedesco rinascimentale, pioniere della botanica sistematica, riformatore della terapia medica e della filosofia alchemica, Paracelso fu illuminato esploratore delle scienze occulte, padre della Spagirica e autore delle sette regole, tuttora preziose nozioni per condurre un’esistenza all’insegna dell’equilibrio psicofisico.
Siamo angeli che dormono ancora il greve sonno della carne. L’uomo deve destarsi, aprire gli occhi alla verità, se non vuole correre il rischio di attraversare la vita come un bruto incosciente.
Paracelso
Cavalcanti più millenni, nell’intero corso del Medioevo le pratiche alchimistiche, in Europa, vennero aspramente criticate e stigmatizzate per la loro analogia con riti magici e pagani, nondimeno i praticanti non essendo trattati al pari degli eretici, grazie all’indubbio contributo in sostegno alla società e visto l’abbracciare dell’alchimia più discipline e, seppur in maniera ai tempi scientificamente inspiegabile, non di rado giungendo a guarire i pazienti a loro affidati, sebbene agli esperti si affiancassero anche veri e propri impostori alla ricerca di facili introiti, completamente incapaci in materia e per questo condannati.
Le miscele di piante e minerali create dagli alchimisti competenti – in fondo una rudimentale “bozza” dell’odierna chimica — si sviluppavano secondo reazioni non sempre benefiche, insuccessi non tanto dovuti alle sostanze utilizzate, ma all’assenza di sperimentazioni, in più mancando un prolifico confronto fra colleghi, in quanto gli stessi gelosamente celanti i loro composti e i procedimenti messi in atto nel realizzarli, in aggiunta ancora mancando al processo di produzione calcoli e misurazioni che solamente il metodo matematico avrebbe introdotto a livello tangibile, perlomeno fino a quando la Rivoluzione scientifica non confutò, sull’onda di nuove e importanti scoperte, quelle che fino a quel tempo erano state le principali e inattaccabili filosofie di riferimento.
In mezzo a quel turbinio di progresso, l’acuto e libero ingegno di Paracelso lasciò indelebile impronta nella riforma dell’alchimia.
Paracelso: medico, filosofo, stregone delle Scienze Segrete
Fidando sugli scritti lasciati, colmanti assenza di atti formali sancentine identità, Theophrast Aureolo Philipp Bombast von Hohenheim, detto Paracelso, probabile latinizzazione del cognome, nacque tra il 1493 e il 1494 — sebbene ne sia accettata datazione al 14 novembre 1493 — nel villaggio svizzero di Egg, facente parte del comune di Einsiedeln, Canton Svitto, nelle vicinanze del passo montano Etzelpass e precisamente in un’abitazione situata presso il Teufelsbrücke, il Ponte del Diavolo sovrastante il fiume Sihl, non distante all’ingresso del quale, sorge un masso su cui scultura ne tramanda memoria.
Genitori di Paracelso furono il fisico appassionato di alchimia Wilhelm Bombast de Riett von Hohenheim e Elsa Ochsner — benché fonti ne dichiarino Wesener o Grätzer il casato — di origini mezzadrili e precedentemente al matrimonio, impiegata come responsabile dell’ospedale interno alla locale abbazia Unsere Liebe Frau, fondata sulla chiesa eretta dal monaco benedettino ed eremita Meinrado (797-861) intorno all’835, divenendo nel corso del Medioevo rilevante passaggio dei pellegrini in viaggio per Santiago di Compostela e dal XIV secolo, assurgendo a depositaria del simulacro della Madonna Nera, significativo luogo di culto mariano. Nel 1502, stando alla versione più accredita, la donna si suicidò gettandosi dal predetto ponte a conseguenza di presunta sindrome maniaco-depressiva e così separandosi dal figlio novenne e dal consorte che, in vita sin al 1534, si narra fosse illegittimo discendente del comandante dell’ordine di San Giovanni a Rohrdorf Georg Bombast von Hohenheim (1453-1499) — nonostante storici neghino tale discendenza — laureatosi all’Università di Tubinga e all’indomani del lutto trasferitosi nell’austriaco Ducato di Carinzia, a Villach, praticando professione di medico — occupandosi della crescita e dell’istruzione del figlio, tramandandogli le proprie conoscenze in neurologia, botanica, mineralogia, filosofia, iniziandolo in laboratorio alle leggi di fisica e chimica, disciplina quest’ultima, lasciatagli approfondire, acquisendo altresì prime nozioni d’occultismo, mediante il sapere del venerato alchimista, astrologo, crittografo, esoterista, lessicografo, scrittore, storico, umanista ed abate di Sponheim, Johann Heidenberg, altrimenti noto, Johannes Trithemius (1462-1516).
Nel 1509 Paracelso, sedicenne, principiò percorso di studi, protratto per un sessennio, all’ateneo di Basilea, ottenendo poi dottorato in medicina all’Università di Ferrara, fra il 1515 e il 1516 — per sua stessa dichiarazione — frequentando più istituti e nel medesimo periodo viaggiando in numerosi Paesi, da egli riferiti in un intreccio di realtà ed immaginazione, secondo il quale avrebbe attraversato confini portoghesi, tedeschi, ungheresi, italiani, inglesi, croati, grechi, olandesi, turchi, egiziani, polacchi, scandinavi, danesi, svevi e ancora visitando Transilvania, Russia, India e Cina.
In veste di chirurgo si scoprì prestando opera nell’esercito, rimanendo coinvolto in vari conflitti, al servizio della Repubblica di Venezia, durante l’ultima fase della Guerra della Lega di Cambrai; della Casa d’Asburgo, di Cristiano II (1481-1559) sovrano dell’Unione di Kalmar, parallelamente dedicando, in Svezia, ricerche sulle patologie sviluppate dai minatori per poi recarsi in Germania, verso il 1524, dove, conclusa triennale esperienza lavorativa a Salisburgo, avviò studio medico a a Strasburgo, presto acquistando prestigio tanto da ottenere, già l’anno successivo, cattedra all’Università di Basilea, contesto nel quale Paracelso si distinse immediatamente, dapprima annunciando pubblicamente che non avrebbe più tenuto lezioni imperniandole sui testi degli antichi maestri, dopodiché, il 24 giugno 1527, compiendo assoluto oltraggio, causa d’iracondo biasimo dei colleghi, scagliò, di fronte agli studenti, nei roghi accesi nelle piazze in onore a San Giovanni, i libri del medico, filosofo, logico, fisico e matematico persiano Ibn Sīnā (980-1037), in Occidente noto come Avicenna, e quelli del medico greco antico, Galeno di Pergamo (129-201 c.a.), trasportato da una visione ormai radicata e in decisa antitesi sia alla millenaria tradizione medica, sia alla neonata scuola italiana e francese; posizione e gesto per cui nel 1528, accusato dai docenti di mettere a rischio l’ordine pubblico e dunque la collettività, dai magistrati fu emessa condanna d’esilio.
Il provocatorio atto di Paracelso, esplose sullo sfondo di una rivoluzione concepita anche a livello linguistico, etico e relazionale, egli prediligendo esporre in tedesco anziché in latino nel generoso intento di favorire l’apprendimento degli allievi, peraltro con essi instaurando un rapporto confidenziale, dunque tradendo la severa gerarchia contemplata dal protocollo didattico, nonché avversando la consuetudine, ritenuta scellerata, di porre in secondo piano l’esperienza, considerando valide determinate teorie senza empirica ricerca assiduamente coadiuvata dalla saggezza.
Ogni medico dovrebbe essere ricco di conoscenze e non soltanto di quelle contenute nei libri; i pazienti dovrebbero essere i libri.
Paracelso
I mesi trascorsi a Basilea furono per Paracelso preziosa occasione d’arricchimento culturale e umanistico nelle conoscenze piacevolmente sviluppate confrontandosi con l’influente editore e libraio Wolfang Lachner (1465-1518), con il riformatore protestante tedesco Johannes Oecolampadius (1482-1531) e, soprattutto, intraprendendo fitte conversazioni letterali, spaziando dalla scienza alla teologia, con l’umanista, filosofo, saggista e teologo olandese Erasmo da Rotterdam (1466/69-1536), il quale nutrì, manifestandola apertamente, un’immensa e sincera stima e fiducia nelle abilità mediche di Paracelso, infatti allo stesso rivolgendosi in richiesta d’assistenza in sopraggiungere di temporanea malattia.
Alla volta dell’Alsazia, Paracelso riprese a svolgere professione in varie località, di frequente ostacolato e interdetto alla pratica dalla nomea andata divulgandosi, nondimeno scalfendone idee, né temperamento e trasferitosi a Norimberga, nel 1529, non esitò a deplorare la cura, a base di legno di guaiaco, all’epoca prescritta nel trattamento della sifilide, apertamente definendola truffa a vantaggio dalla famiglia Fugger, potente nucleo dell’alta borghesia tedesca i cui membri, banchieri componenti del patriziato mercantile di Ausburg, possedevano pieno controllo su un’ampia fetta dell’economia d’Europa e il loro essere i massimi importatori del legno, fu per Paracelso la conferma al fatto che il trattamento proposto a risoluzione di pandemia null’altro fosse se non un’ulteriore strada per accumulare cospicui guadagni.
Progressivamente diventando sgradita presenza, Paracelso si vide costretto a lasciare la città spostandosi nel distretto di Regensburg, a Beratzhausen, dove, prevedendone pubblicazione, si concentrò in una relazione analitica sull’infezione suddetta, ma gli fu impedito portarla a termine da un’ordinanza proveniente dalla Facoltà di Medicina di Lipsia, su direttiva del rettore Heinrich Stromer (ca.1746-1542), legato ai Fugger, tanto da amicizia, quanto da rapporti societari.
Nel 1530 completò però celeberrimo trattato dal titolo Opus Paragranum, mediante cui espose essenza della medicina, basandola su quattro costituenti rappresentati da filosofia, astronomia, alchimia ed infine umana virtù, indispensabile per esaudire i precedenti cardini, contemplanti la conoscenza e l’utilizzo degli elementi della Natura: acqua, aria, fuoco e terra.
A fatica conclusa si trasferì nell’elvetica città di San Gallo, capoluogo d’omonimo Cantone, adoperandosi all’ombra dell’autorevole medico umanista Joachim ‘Vadiano’ von Watt (1484-1551), conforme alla concezione del tempo della teoria sulla pratica e sul contatto con il paziente, perciò in contrapposizione con Paracelso, quantunque di sovente consultato a fronte di patologie intestinali e gastriche, nel mentre impegnato alla stesura di Opus Paramirum, analisi — archiviata con dedica al luminare collega nel 1531 e al pari dell’antecedente pubblicata postuma — rivolta all’ esplorazione dell’origine delle malattie, indagandone il significato più profondo e proponendone la relativa terapia, secondo una prospettiva di guarigione olistica, sostenendo la capacità potenziale dell’essere umano, di dominare, anziché subire, i processi, illustrando inoltre il rapporto tra mondo celeste e terreno, macrocosmo e microcosmo, donando così pensiero tuttora osservato come strumento di valore al fine di raggiungere la comprensione di sé, del prendersi cura del prossimo, dunque dell’arte medica, la propria, in accostamento all’alchimia, nel terzo capitolo dell’edizione del 1562, battezzata Spagirica, dal greco antico σπάω e ἀγείρω, «separare» e «riunire», pertanto in grado di «insegnare a scindere il falso dal giusto, affinché affiori la luce della Natura ed attraverso essa osservare l’evidenza e camminare», dottrina da Martin Ruland (1569-1611), in latino introdotta nel Lexicon Alchimiae edito nel 1612 e riportata come scienza che «purum ab impuro segregare docet, ut, rejectis fecibus, virtus remanens operetur»
Continuo girovagare condusse Paracelso a Gais, Canton Appenzello, luogo natale del padre Wilhelm, offrendo assistenza alle comunità rurali, ma anche ricoprendo ruolo di laico predicatore, riprendendo poi viaggio in perenne necessità d’appagare inesauribile desiderio di sapere, immergendosi in realtà inedite affrontate e riflesse in più opere, fra le quali Der grossen Wundartzney, sulla chirurgia, ed Astronomia Magna, pagine intrise d’ermetismo, teologia, divinazione, astrologia e demonologia in direzione d’incipiente cammino profetico tratteggiato in un tomo datato 1537, allorché luce vide nel 1571, ovvero un trentennio dopo la morte dell’autore, scomparso il 24 settembre 1541 a Salisburgo, dove nel medesimo anno s’era fermato, suggellando esistenza votata alla ricerca della verità scientifica.
Coloro che si limitano a studiare e a trattare gli effetti della malattia sono come persone che si immaginano di poter mandar via l’inverno spazzando la neve sulla soglia della loro porta. Non è la neve a causare l’inverno.
Paracelso
Le sette regole di Paracelso
Il contributo lasciato all’umanità da Paracelso toccò molteplici sfere, animato da spassionato ardore e lucida brama d’esperienza, a livello di diagnosi e terapia, imprescindibilmente a contatto diretto, su sentita interpretazione ch’egli tentò d’instillare nel cuore degli studenti, in volontà, tenacemente osteggiata, d’affrancarne la mente dagli accademici dogmi delle dottrine classiche, invitando al dubbio, all’indagine, alla critica, persino le argomentazioni di personalità del calibro di Aristotele (384 a.C. – 322 a.C.), Ippocrate (460 a.C. – 377 a.C.), professando l’estrazione della quintessenza della materia in un complesso mistico, religioso, filosofico, ispirato alla tradizione ermetica in petto agli alchimisti e a concetti platonico-pitagorici, in affiancamento a discipline astrologiche, le quali tradusse in talismani curativi.
Oltre a interpretare i quattro poteri della Natura, alba di costante rivelazione, Paracelso, mai allontanandosi dall’intimo divino abbraccio, imprescindibile guida, alla chimica aprì le porte della medicina, tra lo zolfo (combustibile), il mercurio (fluido e mutevole) e il sale (solido e permanente) instaurando una correlazione, descritta per la prima volta nel succitato Paramirum, mediante cui lesse origine prima d’ogni malanno, asserendo che qualsiasi manifestazione patologica dovesse forzatamente derivare dall’avvelenamento di uno dei tre elementi in caso di separazione degli stessi, come testimonianza metodica portando l’esperimento d’un legno avvolto dalle fiamme, queste raffigurando lo zolfo, il fumo il mercurio, la cenere il sale, poi traslando rispettivamente al corpo, alla mente e all’anima, attribuendo all’individuo natura chimica, la Tria Prima — in antinomia dalla quale, in base ai sintomi manifestati, risalire alle cause e prescrivere la corretta terapia.
Il suo approccio all’alchimia fu dunque progressista, egli non riducendosi alla sola trasmutazione dei metalli, ma allargandola al mondo vegetale ed integrando al sistema filosofico alchimistico, la coniata scuola, ipotizzando la struttura e il mutamento della materia, caratterizzati dalla presenza degli spiriti della Natura e dai tre costituenti spargici, appunto zolfo, mercurio e sale, immaginati in attività nei quattro aristotelici elementi e a questi contrapposti, sangue, flegme, bile gialla e bile nera, nella teoria umorale ideata da Ippocrate — ancorché sostenuta e attuata dagli antichi medici romani e greci — posti al centro dell’esposizione eziologica all’insorgenza delle malattie, asserendo che, pilastro della Iatrochimica, qualsivoglia variazione del bilanciamento tra tali fluidi corporei, influisce sulla salute ed il temperamento dell’individuo, Paracelso però divergendo nella certezza di poter curare disfunzioni mediante l’uso di sostanze simili a quelle che l’avevano provocata, smentendo gli archetipi ippocratici e galenici riferiti alla teoria dei contrari, con la teoria dei simili.
Ciascun fattore è collegato ad altro fattore. Cielo, terra, aria e acqua. Sono un unico elemento; non quattro, non due e non tre, ma uno. Laddove non si forma un insieme, vi è incompletezza.
Paracelso
Tuttavia, al sommo di Coo, Paracelso s’allineò nel giudicare gli organismi provvisti d’intrinseche potenzialità di autoguarigione, secondo l’assunto che natura possa porre rimedio ad ogni patologia e il collegamento, in essere per influsso astrale, tra macrocosmo e microcosmo — in campo esoterico ed ermetico, entità riprodotte in scala una dell’altra e delineanti un tutto invisibile in cui ogni parte è in rapporto all’insieme — sia colto e plasmato dal medico allo scopo di renderlo curativo, quindi correlando determinati pianeti ad organi ben precisi, ma, specialmente, egli fu in assoluta sintonia col “discendente di Asclepio”, nel dover agire del terapeuta in ossequio d’etica e coscienza, sostanzialmente osservando i requisiti enumerati nel giuramento ad Ippocrate attribuito.
Paracelso, mai mancò di considerare Dio, riferimento centrale, intravedendo la patologia, effetto di una fede manchevole, nettamente distinguendo inoltre, l’universo femminile dal maschile, tributando alla donna ruolo di creatura custodente il soprannaturale enigma della vita e imprescindibile figura per la crescita spirituale della prole.
I contributi di Paracelso alla scienza medica furono molteplici e su varie branche e l’uomo — che circoscrivere in un’unica disciplina sarebbe riduttivo e ingrato — ancor oggi vivendo in sette consigli da lui lasciati in eredità agli uomini come proposte per condurre l’esistenza in appagante serenità, calandosi nella metafora di un giardino da accudire con premura e rendere rigoglioso, ascoltandosi, elargendosi, amandosi ed amando.
• Prendersi cura del proprio corpo, considerandolo come un sacro tempio da mantenere in costante salute.
• Evitare di cedere a sentimenti negativi, sterili e graffianti sull’animo, viceversa nutrendo positività e ottimismo, inestimabile panacea.
• Praticare del bene senza secondi fini, ma per l’impareggiabile piacere di donare gioia.
• Impedire che gli oltraggi ricevuti possano germinare come odio nel corpo e nella mente, in tal caso irrimediabilmente deturpandoli.
• Concedersi del tempo per meditare e riscoprirsi, predisponendosi ad accogliere la bellezza del mondo.
• Mantenere un discreto riserbo sulle proprie vicissitudini, salvaguardandosi da maldicerie e inoltre riscoprendo il valore del silenzio.
• Non farsi sopraffare dal timore del futuro, soffocando nei timori e arretrando, ma ascoltarsi interiormente per orientare il proprio animo a quella che sarà la meritata felicità e intraprendere cammino, senza mai girarsi indietro, in totale affidamento all’amore per se stessi.
Colui che non sa niente, non ama niente. Colui che non fa niente, non capisce niente. Colui che non capisce niente è sgradevole, ma colui che capisce, ama, vede, osserva. La maggior conoscenza è congiunta indissolubilmente all’amore. Chiunque creda che tutti i frutti maturino contemporaneamente come le fragole non sa nulla dell’uva.
Paracelso
Alcune immagini inserite negli articoli pubblicati su TerzoPianeta.info, sono tratte dalla rete ed impiegate al solo fine informativo. Nel rispetto della proprietà intellettuale, sempre, prima di valutarle di pubblico dominio, vengono effettuate approfondite ricerche del detentore dei diritti d’autore, con l’obiettivo di ottenere autorizzazione all’utilizzo, pertanto, laddove richiesta non fosse avvenuta, seppur metodicamente tentata, si prega comprensione ed invito a domandare immediata rimozione, od inserimento delle credenziali, mediante il modulo presente nella pagina Contatti.