...

Lampião: La leggenda dell’ultimo bandito del Cangaço

 
 
E’ agli inizi del Novecento che fa la sua comparsa il brigante brasiliano Lampião, ‘O Tigre do Sertão’. Erano gli anni del cangaço, quel banditismo sociale coniato da Eric Hobsbawm, che andò sviluppandosi nella vasta regione nordorientale del Paese, verso la fine del XVIII secolo.

Fino a quel momento, altri personaggi erano già stati eletti eroi del popolo e male assoluto per le autorità: Joaquim ‘Cabeleira’ Gomes, Jesuíno Brilhante, Corisco, Antonio Silvino, ma nessuno come Lampião riuscì a creare attorno alla propria figura un’aura di leggenda altrettanto elevata e capace di resistere al tempo.

All’origine, i cangaçeiros erano gruppi di volontari che prezzolati e armati da latifondisti desiderosi di espandere i propri possedimenti, combatterono contro i nativi per poi rimanere al soldo dei fazenderos durante le guerre di potere. Le cose cominciarono a cambiare quando a causa dello stato di abbandono e della povertà in cui riversava la comunità contadina, le bande armate presero a rivoltarsi contro il governo ed i suoi coronéis, i cosiddetti colonnelli che a livello locale controllavano il sistema politico e giudiziario, favorendo le classi nobili, ricche, spartendo gli incarichi pubblici più rilevanti secondo la logica del familiarismo, in un Brasile dove analfabeti e il ceto debole non avevano diritto alcuno.

Se da una parte questi fuorilegge erano quindi una risposta all’ingiustizia e alle vessazioni subite dal popolo, dall’altra, non sempre, o non per forza, impersonavano il ‘rivoluzionario’ che si batte contro il dominante in virtù di una trasformazione sociale volta all’abbattimento delle disuguaglianze. Tuttavia, molti di loro vennero visti come portavoce della resistenza e nelle regioni più povere come Paraíba, Ceará e Pernambuco, dove neanche i colonnelli erano così facoltosi e potenti, nessuno ebbe la forza per impedire la formazione di gruppi armati indipendenti. Ed è proprio nel sertão pernambucano che cominciò l’avventura di Lampião, il cui nome vero era Virgulino Ferreira da Silva.

Molte ipotesi sono state fatte su come e perché gli fu dato quel soprannome, letteralmente ‘lanterna’, si dice fosse dovuto alla sua abilità con il fucile, benché si trattasse di arma a ripetizione manuale, sparava con tale rapidità da renderne incandescenti le canne. Altri racconti invece, lo attribuisco più banalmente al fatto che indossava gli occhiali per la quasi totale cecità di cui soffriva l’occhio destro ed è quindi metafora dei riflessi prodotti dalle lenti. I detrattori, riferivano che era per una sua presunta fobia del buio, congettura quest’ultima che appare poco probabile considerando l’uomo e la romanzesca e sanguinaria storia.

 

Lampião, paladino o criminale?

Nacque il 7 luglio 1897 a Vila Bela, l’attuale Serra Talhada, patria della danza tradizionale xaxado e dove, a testimonianza di un mito imperituro, si trova ancora oggi la sua abitazione che trasformata in museo, conserva fotografie, documenti e altri oggetti che insieme ai racconti delle persone del luogo, ne ripercorrono la memoria e cantano le gesta di «colui che per vent’anni ha percorso la maggior parte del nordest brasiliano, facendo giustizia con le proprie mani, opponendosi al potere dei colonnelli.»

Lampião - https://terzopianeta.infoEra il terzo figlio di Maria ‘Jocosa’ Lopes de Oliveira e José Ferreira da Silva, umili e onesti agricoltori che in un clima di disordine generale e di subordinazione al potere militare, come spesso accadeva si trovarono ad affrontare aspre faide familiari. Insieme ai fratelli Antônio e Levino, Virgulino, amante della letteratura, della musica e che oltre all’allevamento era dedito ad attività artigianali, venne più volte accusato di aver rubato capi di bestiame a José ‘Zé’ Saturnino. Per metter fine ad una diatriba che stava divenendo sempre più violenta, i Ferreira si trasferirono dapprima a Nazaré do Poco ed in seguito ad Água Branca, nello Stato di Alagoas. I dissapori però non si placarono ed il 18 maggio 1921, dopo uno scontro avvenuto con la polizia, Lampião si convinse ad unirsi ai cangaçeiros.

Sette anni più tardi racconterà lui stesso l’accaduto in una breve conversazione avuta con il giornalista di A Noite, José Alves Feitosa, che lo avvicinò a Juazeiro do Norte, Bahia, dove viveva da quattro anni:
«Io non vivo la vita del cangaço per crudeltà mia. E’ per la crudeltà degli altri. Di uomini che non hanno il coraggio di scontrarsi a viso aperto come faccio io, ci uccidono nell’ombra, in codarde imboscate. Io devo vendicare la morte dei miei genitori. Ero un ragazzino quando furono uccisi. Bevvi il sangue che scorreva sulla pelle di mia madre, le ho baciato le fredde labbra e ho giurato vendetta.
È per questo, che fucile alle spalle, attraversando l’entroterra, lascio una scia di sangue, sono alla ricerca degli assassini dei miei genitori.
È per questo che sono un cangaçeiros.
Non so quando smetterò di vedere gli orrori di questa vita, in cui il grande desiderio, la cosa più bella, sarebbe eliminare la malvagità di coloro che hanno rubato la vita di mia madre, mio padre e quella dei miei fratelli.»

Venne pubblicata il 4 giugno del 1928 simultaneamente al quotidiano O Povo. Ad animarlo quindi un sentimento di vendetta ed i nemici da eliminare il tenente Lucena, l’uomo che sparò il colpo, e Zé Saturnino.

Lampião, intervista su O Povo, https://terzopianeta.info

In realtà, in quello scontro a fuoco perse la vita solo suo padre, esattamente come affermano gli storici e come riporta anche lo scrittore Alcino Alves Costa nel libro ‘Lampião Além da Versão Mentiras e Mistério de Angico’. Alcuni ricercatori ritengono che possa essersi trattato di un drammatico incidente. Quanto alla madre Maria Jocosa, era deceduta nei mesi precedenti per un infarto e forse sarebbe più corretto parlare di crepacuore, date le scoraggianti e drastiche circostanze in cui si trovava a vivere.

Lampião divenne il bandito ribelle che fu, a causa delle rappresaglie famigliari e con i cangaçeiros ebbe a che fare ben prima di quella data. Leggendo però con sguardo non giudicante e considerando il contesto di disperazione e la durezza del tempo, a livello di immagine non sono poi da considerarsi del tutto false le sue parole, tanto più che sulla scomparsa del padre non è mai stata fatta chiarezza.

Comunque sia, dopo quell’evento Virgulino si unì al gruppo armato di SebastiãoSinhôPereira, bandito di lungo corso che ormai stanco degli scontri e di essere perseguitato, l’anno successivo gli cedette le redini del comando.

Sarebbe presto nata la leggenda del Roi do Cangaço, l’uomo che nella memoria collettiva avrebbe eclissato ogni altro personaggio che prima di lui si era guadagnato una certa fama sia come combattente, sia come simbolo di rivalsa di un popolo tenuto ai limiti della schiavitù, un paladino degli oppressi di robinhoodiana memoria che rubava ai ricchi per donare a poveri, che si rivolgeva ai militari definendoli scimmie e le cui gesta saranno tenute vive dai cantastorie e tramandate nella tradizione letteraria.

Alto, capelli neri, volto sottile, fin dal primo momento Lampião dimostrò essere in possesso di carisma, doti da stratega e assoluta ferocia. La banda era formata da una cinquantina di cangaceiros, figure come Corisco, detto il ‘Diablo Louro’ per la crudeltà e la freddezza con cui agiva; Josè Baiano, passato alla storia come il ‘ferrador de gente’ data l’abitudine che aveva di marchiar a fuoco le vittime con le sue iniziali. Per anni, con indosso pesanti vesti di pelle per muoversi meglio nella vegetazione desertica, Lampião e i suoi misero a ferro e fuoco il Nordest brasiliano, saccheggiando e uccidendo, sempre riuscendo ad eludere ogni tentativo di cattura da parte della polizia.

 

L’incontro di Lampião con Benjamin Botto

Dai giornali del Sud era osannato, incarnava la rivolta degli affamati contro il regime dei colonnelli e c’è stato un momento in cui le autorità cercarono anche di assoldarlo per contrastare la Coluna Prestes, un movimento politico-militare sorto per un malcontento verso la República Velha. Culminerà nella rivoluzione del 1930.

Era il 1926, il bandito era particolarmente credente, nonché devoto a Padre Cícero, un sacerdote molto influente e amato in tutto il territorio. Questi lo contattò per convincerlo ad abbandonare il cangaço ed entrare nel Battaglione Patriottico ed in cambio avrebbe ricevuto l’amnistia e sarebbe stato promosso Capitano.
Dopo aver accettato la proposta, Lampião rivendicò presso le autorità quanto gli era stato promesso, ma nel momento in cui gli fu data divisa e un mucchio di armi, sparì dalla circolazione con il resto della banda. Non aveva mai avuto intenzione d’immischiarsi in questioni che non lo riguardavano e da allora, quei gradi li utilizzò numerose volte per rifornirsi di fucili e munizioni.

In quella occasione, Padre Cícero era accompagnato da quello che al tempo era il suo segretario, Benjamin Abrahão Botto, un libanese classe 1890, emigrato in Brasile per sfuggire alla leva obbligatoria quando scoppiò la Prima Guerra Mondiale. A suo scapito, giocherà un ruolo chiave per la definitiva consacrazione del mito.

I due si erano già visti un paio di anni prima, Botto però non sapeva chi fosse quel cangaceiro, ma dopo quell’incontro crebbe in lui il desiderio di realizzare un documentario sulla sua vita e quella della banda. L’attrezzatura l’avrebbe fornita l’ABA Film di Adhemar Bezerra de Albuquerque, per la quale lavorava in veste di direttore della fotografia. Non rimaneva che aver il permesso del fuorilegge, ma questi, dopo una reticenza iniziale, dette il suo benestare.

Lampião e Benjamin Abrahão Botto - https://terzopianeta.info
Lampião e Benjamin Abrahão Botto

Era il 1937 e a fianco di Lampião c’era già da tempo l’amata MariaBonitaGomes de Oliveira. Botta rimase con il gruppo armato alcuni giorni realizzando video, fotografie. Quest’ultime cominciarono ad apparire sul quotidiano Diário de Pernambuco e il 10 aprile dello stesso anno, le riprese vennero mostrate in pubblico al Cine Moderno em Fortaleza.

Per le autorità fu un affronto insopportabile: sul brasiliano pendeva una taglia sulla testa, da quasi vent’anni gli davano la caccia, farlo fuori significava sferrare il colpo decisivo ad ogni ambizione di riscatto del popolo.Tutto quanto venne sequestrato dall’organismo di controllo per la censura del governo di Getúlio Vargas e gran parte del materiale distrutto.

Il 7 maggio del 1938, Benjamin Botto venne trovato morto, gli erano state inflitte 42 coltellate e il 28 luglio, mentre erano accampati in una fattoria nell’entroterra di Sergipe, alle prime luci dell’alba e quindi colti nel sonno, Lampião e suoi vennero massacrati a colpi di mitragliatrice.

Tutti gli elementi del banda vennero decapitati e il colonnello Joao Bezera, ne espose le teste sui gradini del municipio di Piranhas in Alagoas, con accanto armi ed ogni altro oggetto posseduto dai cangaceiros. Rito macabro per dimostrare a tutti che “l’eroe del Sertão” era stato sconfitto.

Nel 1950, quello che era rimasto del lavoro di Botto fu ritrovato dalla Fondazione Getúlio Vargas. Consisteva in un buon numero di fotografie e circa 15 minuti di riprese video. Accuratamente restaurati, divennero fonte d’ispirazione per ‘O Cangaceiro’, il film che portò la storia di Lampião fuori dai confini del Brasile. Nella colonna sonora, il regista Victor Lima Barreto (1906-1982), incluse la canzone ‘Mulher Rendeira’, brano che a quanto pare, fu composto dal bandito e negli anni delle scorribande cantato come una sorta di inno.

Seguiranno altri film, libri, canzoni, copie dei tipici abiti, cappelli e ancora statue raffiguranti Lampião cominciarono a vedersi in tutto lo Stato, un fenomeno tutt’oggi vivo, segno di una leggenda superiore alla morte e forse anche alle imprese compiute dall’uomo stesso.
 

 
 
 
 

Skip to content