Liu Xiaobo: Il Silenzio Assordante della Pace
Nonostante la storia insegni che mai, il pianeta abbia conosciuto il significato di Pace e nonostante anche l’attuale realtà ne sia terribilmente affamata, il solo nominarla crea insofferenza, come si trattasse di un argomento del quale è persino inutile parlare. Eppure base dei diritti umani.
Forse per l’innata violenza dell’uomo, forse perché troppe volte Pace è diventato pretesto di guerre e l’inconsistente uso del termine, ne ha fatto qualcosa di consapevolmente irrealizzabile, troppo debole per reggere il confronto con le parole antagoniste.
Pochi hanno saputo chiamarla, invocarla senza svuotarla di significato, dimostrando inoltre come l’assenza di azione, sia negazione della stessa.
Persone come Aldo Capitini, Uri Avnery, Primo Mazzolari, Malalai Joya, persone ricordate mai abbastanza o amate troppo tardi, contrariamente a quanto dato e operato in favore di quella che sempre di più, appare come un’illusione.
Uomini come Liu Xiaobo, che si è spento dopo 9 anni di carcere e ne avrebbe dovuti scontare 11 per “incitamento al sovvertimento dello Stato”, che tradotto significa condannato per ripetuti atti di libertà e difesa dei diritti umani.
Se n’è andato in silenzio Liu Xiaobo, nel silenzio assordante di una politica mondiale che non ha mai fatto nulla, niente in realtà che non sia andato oltre a sussurrate frasi di circostanza, niente che sia stato degno dell’impegno umano offerto. Niente, neppure la malattia ha permesso a Xiaobo di tornare ad essere un uomo libero, se non il tempo necessario perché morisse in un ospedale anziché in galera, togliendo così Pechino da eventuali “imbarazzi”.
Lui stesso aveva chiesto di esser curato all’estero, ma gli interessi e disinteressi politico-economici, potevano far muovere davvero l’estero contro la Cina?
Quell’estero che dimentica
Eppure Liu Xiaobo era quell’uomo che tornò in patria per prendere parte alla “protesta di piazza Tienanmen“, il movimento per la democrazia che non solo mostrò al mondo la brutalità e la repressione del governo cinese, ma che si rivelò traino per tutti quegli eventi che portarono anche alla caduta del Muro di Berlino e la fine dell’Unione Sovietica.
Una rivolta quella dell’89, che tutti hanno impressa nella memoria non solo per le centinaia di studenti e operai uccisi, feriti e arrestati, ma anche per l’immagine del “ribelle sconosciuto“, che fece il giro del mondo, scuotendolo come la più potente delle bombe.
«Sono vittima di una dei più grandi e potenti regimi totalitari. Non posso fare pace col senso di colpa di essere sopravvisuto al massacro», dirà 25 anni dopo Wuer Kaixi, uno dei leader del movimento studentesco, ancora oggi in esilio.
Liu Xiaobo finì in carcere per 19 mesi, mentre la condanna per “sovversione” arriva nel 2009 a causa della “Charta 08“, il manifesto pubblicato online un anno prima e del quale è promotore.
Il documento era una pacifica richiesta di democrazia verso un regime totalitario, che Xiaobo denunciava essere «responsabile di numerose violazioni dei diritti umani».
Motivo per il quale, «le riforme politiche democratiche non possono più aspettare»
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