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Albert Sabin, il medico che inventò ed offrì al mondo il vaccino anti-poliomielite

 

Lo dice la citazione della mia Medaglia Nazionale per la Scienza ricevuta nel 1970: ho creato il vaccino che ha debellato la poliomielite, principale minaccia per la salute umana.
Albert Bruce Sabin

 
Anche detta ‘polio’ o ‘paralisi infantile’, la poliomielite è una malattia virale, cronica e d’elevata contagiosità, l’agente patogeno prevalentemente diffondendosi mediante passaggio dall’apparato digerente di un individuo colpito — risultando anche solo portatore asintomatico — al medesimo complesso d’organi di un soggetto sano ed il 4-8% delle infezioni manifesta segnali aspecifici, mentre qualora il virus raggiunga il sistema nervoso centrale — eventualità riscontrata nel 3% dei casi — provoca meningite asettica, manifesta in segnali cefalagici, dolori articolari ed all’addome associati a febbre, irritabilità, nausea e letargia; altrimenti, interessando l’1% delle condizioni di sofferenza, evolvendo in patologia paralitica di cui esistono tre forme: bulbare, con debolezza ai muscoli correlati ai nervi cranici; spinale, caratterizzata da paralisi asimmetrica principalmente affliggente gli arti inferiori ed in ultimo, la combinazione delle dette tipologie ed appunto definita bulbo-spinale.

Fu il medico tedesco Jakob Heine (1800-1879), il primo a riconoscere tale situazione, nel 1840, entità nosologica, l’eziologia venendo scoperta sessantotto anni più avanti quando, nel 1908, il fisiologo, medico e biologo austriaco naturalizzato statunitense Karl Ernest Landsteiner (1868-1943) — in collaborazione con il collega e connazionale Erwin Popper (1879-1955) — identificò nel poliovirus l’agente patogeno tanto paventato durante il ventesimo secolo, periodo nel quale vaste epidemie falciarono molteplici esistenze, soprattutto a discapito degli infanti, la gravità della patologia e la sterminata diffusione spronando la ricerca di un vaccino in grado di ridurre drasticamente gli eventi di contagio, in tempi brevi portando il numero degli affetti rapidamente i casi di contagio da centinaia di migliaia a meno di mille unità, il tanto atteso “rimedio” venendo alla luce grazie al sapiente e zelante impegno del medico e virologo polacco, Albert Bruce Sabin.
 

Omaggio all'impegno e alla magnanimità di Albert Bruce Sabin, medico e ricercatore di origini polacche, che creò ed al mondo offrì, il vaccino contro la poliomielite • TerzoPianeta.info • https://terzopianeta.info
Christian Sigmund Pfann (1824-1885), Jakob Heine, 1856

 
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Karl Ernest Landsteiner, 1930

 

Abram Saperstein, dall’Europa agli Stati Uniti d’America

Incastonata nel verde del voivodato di Podlaskie, regione nord-orientale della Polonia, Bialystok, giunse alle cronache nel 1437 e dopo varie vicissitudini, nella seconda metà del XVIII, ereditata dal nobile, politico ed Etmano, Jan Klemens Branicki, guadagnando nel 1749 lo status di città e successivamente alla spartizione del Paese, al termine del Regnum Poloniae Magnusque Ducatus Lithuaniae, nel 1795 venne annessa all’antico Regno di Prussia, entrando poi, nel 1807, a far parte dell’Impero russo, da allora la popolazione — in maggioranza di fede ebraica — aumentando esponenzialmente fino a quadruplicarsi in appena tre decenni, il capoluogo giovando di notevole prestigio in virtù dell’industria tessile ed ivi, in persona di Abram Saperstein, ebbe i natali il 26 agosto 1906, ad otto anni pertanto patendone la distruzione al deflagrare della Grande Guerra, proemio di nefasti accadimenti culminati con l’istituzione — in seguito all’invasione tedesca dell’Unione Sovietica — dell’omonimo Ghetto, il 26 luglio 1941, perché fosse area di raccolta d’oltre 40.000 ebrei provenienti sia dal centro urbano, sia dai limitrofi villaggi, aberrazione però, a cui il futuro medico ricercatore fu sottratto, assieme ai fratelli David (1903-1974) e Florence Rosenkopf (1917-2004), dai genitori Jacob Jankiel (ca.1877-1946), di professione artigiano, e Tillie Tival Krugman, (1877-1954), dacché lungimiranti, nel 1921 avevano preso decisione d’abbandonare la patria ed attraversato l’Atlantico, ricominciare a Paterson, Contea di Passaic, Stato del New Jersey.

 
Omaggio all'impegno e alla magnanimità di Albert Bruce Sabin, medico e ricercatore di origini polacche, che creò ed al mondo offrì, il vaccino contro la poliomielite • TerzoPianeta.info • https://terzopianeta.infoNon vedente dalla nascita dall’occhio destro e nella breve esperienza in suolo paterno sperimentando su di sé la meschinità della discriminazione, rischiando la totale cecità per una pietra scagliatagli sul lato sinistro del volto da un coetaneo, l’ormai adolescente Saperstein, negli Stati Uniti trovò il favore di un parente benestante, il quale, al fine d’assumerlo come collaboratore nel proprio studio dentistico, s’accollò le spese necessarie alla formazione, permettendogli di frequentare la facoltà odontoiatrica della New York University, ateneo privato e, fondato nel 1831 nel quartiere Greenwich Village di Manhattan, fra i più prestigiosi a livello planetario e dove il giovane, ripagando magnanima fiducia, si rivelò allievo brillante dal principio riportando eccellenti risultati.

All’epoca, lo scrittore, divulgatore scientifico e microbiologo Paul Henry de Kruif (1890-1971) raccolse le biografie di ricercatori che si distinsero tanto nell’osservazione microbiologica quanto nel contrastare le malattie infettive, il tutto racchiuso nel saggio in prima edizione edito nel 1926, al titolo Microbe Hunters, fra le cui pagine l’affascinato Abram assaporò un primo contatto con quella che da lì in poi sarebbe stata un’innata passione alla quale rendersi devoto, difatti alla cartacea breccia nel cuore il giovane balzando dal corso di odontoiatria a quello di medicina, con avvinto e alacre studio impreziosendo il proprio bagaglio culturale nelle relative discipline e talmente esplosivo fu l’interesse a riguardo, da condurlo a laboriosa ricerca di microbi in ogni dove, iniziando ad accantonare e analizzare quanto ne aveva stimolato totalmente spirito e intelletto, simultaneamente mantenendo encomiabili risultati accademici, nel 1928 acquisendo laurea in Scienze e fra apprendimento e pratica iniziando a delinearsi l’uomo e l’impiego che in futuro ne avrebbero arricchito e scritto l’esistenza, non appena laureatosi nel 1931 — un anno dopo aver ottenuto cittadinanza statunitense e dunque adottando nome Albert Bruce Sabin — per due anni perfezionandosi in patologia, medicina interna e chirurgia al Bellevue Hospital di New York, nel 1934 immergendosi nella ricerca nel britannico Lister Institute for Preventive Medicine e nel 1939 avviando carriera nell’Ohio, all’University of Cincinnati, dove rimase un trentennio, a metà percorso ricevendo meritevole nomina a responsabile della ricerca pediatrica e svolgendo ruolo d’assistente del batteriologo William Hallock Park (1863-1939), avendo così opportunità di approfondire indagini sulle patologie infettive, nonché possibilità d’ampliare conoscenza, egli divenendone precettore — supplendo al sostentamento economico — ed auspice della borsa di studio da Sabin guadagnata a merito d’abnegazione alla causa medica e nel tempo dedicando impegno in campo virale.
 

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Paul De Kruif, Microbe Hunters, 1926

 
In coda ad impressionanti ondate epidemiche di poliomielite che negli anni invasero la metropoli newyorkese falcidiandone la popolazione, Park, oltre ad incoraggiare il prediletto allievo a riprendere analisi in precedenza effettuate sul devastante morbo — sponsorizzò il virologo canadese Maurice Brodie (1903-1939) il quale, dopo riuscita immunizzazione di alcune scimmie per mezzo d’un vaccino inattivato con la formaldeide, nel 1934 decise di somministrarlo vivo, ma attenuato, a migliaia d’infanti e i risultati dell’esperimento, sebbene a parer di più studiosi degni di ulteriori esplorazioni scientifiche, non solo ritenuti insoddisfacenti, quando presentati l’anno successivo all’American Public Health Association (APHA) — organizzazione professionale degli Stati Uniti rivolta ad esperti del settore riguardo alla salute pubblica nazionale — bensì convintamente bocciati e tacciati d’inefficacia per voce del virologo e batteriologo, reputato il “padre della virologia moderna”, Thomas Milton Rivers (1888-1962) della Rockfeller Institute for Medical Research, il più antico istituto di ricerca biomedica della nazione, sull’eco delle sue parole William interrompendo finanziamenti allo sfortunato Brodie, di conseguenza quest’ultimo vedendosi falciato il progetto sul nascere con aggiuntivo e rigoroso diniego dei ricercatori, forse ancora negativamente provati dai disastrosi effetti l’anno prima provocati dal vaccino — rivelatosi malaugurata causa di decesso o paralisi in alcuni riceventi — testato dall’immunologo John Albert Kolmer (1886-1962), lo sciagurato evento bruscamente frenando alla radice ogni entusiasmo della comunità scientifica.
 
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Caso volle che, nel gennaio del 1938, il presidente in carica Franklin Delano Roosevelt (1882-1945) fosse stato colto da paralisi in principio diagnosticata, forse erroneamente, come poliomielite, episodio che lo spinse a fondare la National Foundation for Infantile Paralysis (NFIP) allo scopo di raccogliere fondi da destinare alla ricerca scientifica e l’organizzazione senza fini di lucro in seguito venendo ribattezzata March of Dimes, dieci centesimi di cui si chiedeva cortese dono ad ogni cittadino degli Stati Uniti puntando in una solidarietà che effettivamente scaturì in una trasversale adesione sociale, frattanto nel 1939 Sabin ufficialmente esplicitando d’aver scoperto, dopo numerose autopsie di pazienti deceduti a seguito di polio, d’essere l’apparato intestinale, anziché polmonare come scorrettamente s’ipotizzava, dimora di sviluppo ed attacco del virus poliomielitico, la notizia direzionando la ricerca farmacologica a livello enterico ed Albert Sabin, infaticabilmente stringendo speranza di soluzione e spendendosi anch’entro i confini europei, ma solerzia e desideri subendo brusco rallentamento all’esplodere del conflitto mondiale, il medico rispondendo a chiamata alle armi ed inviato in Giappone, personalmente occupandosi d’allestire un laboratorio da campo nell’isola di Okinawa, un biennio dopo la fine della guerra avendo ulteriore occasione — nel gestire un ospedale militare a Berlino — di valutare numerosi casi di poliomielite infantile, osservazione della quale fece esperienza prima di rientrare in patria, tornato sul suolo statunitense, anche grazie al sostentamento della NFIP — avviando molteplici esperimenti su migliaia di topi e scimmie in vari studi universitari, tentando una corsa contro il tempo per affrontare il drammatico risvolto pandemico ormai abbattutosi in più parti del mondo, parallelamente il giovane medico, batteriologo, virologo e scienziato, Jonas Edward Salk (1914-1995) scrupolosamente lavorando all’elaborazione di un vaccino in comunione alla creazione del collega, sull’onda dei migliori entusiasmi.

La mattina mi alzo sempre con eccitazione, chiedendomi dove mi condurrà l’intuito […] Sempre lavoro ascoltandolo, di esso mi fido. In un certo qual modo, è il mio socio.
Jonas Edward Salk

 

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Jonas Salk e Albert Sabin

 

Albert Sabin: «Il lavoro è la mia ricreazione»

Fu all’interno dell’University of Pittsburgh che Salk ideò un trio di vaccini — da corrispondere alle tre tipologie di riferimento di tutti i ceppi fino ad allora individuati — composti da virus preventivamente uccisi con formalina, soluzione a concentrazione minima di formaldeide che secondo parere di Jonas avrebbe stimolato la formazione di anticorpi antipoliomielitici, viceversa Albert avvalendosi di virus ancora vivi ma attenuati nella loro potenzialità paralizzante, provandoli in durevoli e spossanti sperimentazioni sull’apparato renale delle scimmie, medesima tecnica, quella dell’attenuazione virale, utilizzata dallo scienziato polacco Hilary Koprowski (1916-2013), costui in sostanza cronologicamente il primo ad aver sviluppato, nel 1950, un vaccino, somministrato oralmente ad ampio raggio, soprattutto in Africa e prevalentemente in Congo, nel 1952 poi testandosi le vaccinazioni di Salk, infine nel 1953, al Cincinnati Children’s Hospital Medical Center (CCHMC) — ospedale pediatrico accademico situato nel quartiere di Pill Hill — Albert ultimando la propria proposta vaccinale imperniata su ceppi mutanti, pienamente sviluppata fra il 1954 e il 1955, con misericordiosa audacia testandola prima su se stesso, quindi su un paio di collaboratori e in ultimo su centinaia di carcerati detenuti negli istituti penitenziari federali di Chillichote — capoluogo della contea di Ross, nello Stato dell’Ohio — che nobilmente si prestarono come volontari e non appena riscontrate positive risposte immunitarie, il suo vaccino iniziando ad essere inoculato nella fascia d’età infantile, di nuovo Sabin dimostrandosi temerariamente generoso nel verificarne effetti sulle due adorate figliole di cinque e sette anni.
 

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Albert Bruce Sabin nel laboratorio di Cincinnati durante gli anni Cinquanta

 
Il 1954 fu anche l’annata in cui — a seguito d’incoraggianti traguardi — il 26 aprile la NFIP convalidò un prospetto di vaccinazione collettiva con vaccino-Salk, inaspettatamente alcuni fanciulli perendo per impetuoso manifestarsi del morbo poliomielitico in seguito all’iniezione ed al metodo non venendo al principio riconosciuta la totale protezione prevista e sperata, il vaccino tuttavia immediatamente migliorato e la sua vendita ufficialmente approvata nel 1955, celerità d’adozione a livello nazionale che Sabin non si vide concessa con altrettanta sollecitudine, le autorità sanitarie procedendo con maggiore prudenza nei confronti di un vaccino attenuato e assimilabile per via orale, inoltre alcune opinioni dell’epoca attribuendo maggiore lentezza al fatto ch’egli fosse d’origini polacche, in barba ad ogni diceria il suo vaccino comunque incontrando una prima fase di popolarità nell’Europa orientale e nell’URSS, Albert Sabin con coscienziosa maturità surclassando attriti politici in piena Guerra Fredda nell’ammirevole decisione di regalare — a titolo assolutamente gratuito — i propri ceppi virali al microbiologo e virologo sovietico Mikhail Petrovich Chumakov (1909-1993), scienziato con immani ricerche eziologiche sulle spalle e direttamente colpito, sia in paralisi di un braccio che in sordità, dalla cosiddetta ‘encefalite da zecche’ (TBE), malattia neurologica trasmissibile della quale egli stesso scoprì eziologia, isolandone il virus.

Attraverso la donazione, l’Unione Sovietica — mentre l’America ancora ne disdegnava sapiente operato — a cavallo fra il 1958 e il 1959 praticò una primaria produzione di massa e conseguente sperimentazione clinica del vaccino tratto dai ceppi vivi di Sabin, in pochissimi anni debellando la malattia dall’intero territorio russo, l’Istituto da Chumakov fondato — dopo la sua dipartita rinominato in suo onore come Chumakov Institute of Poliomyelitis and Viral Encephalitides of Russian Academy of Medical Sciences — esportando produzione in una sessantina di paesi e nel triennio fra il 1959 e il 1961 milioni di dosi arrivando ad immunizzare, fra Europa e Asia, innumerevoli infanti ai quali bastò una zolletta di zucchero — senza bisogno alcuno di successivi richiami — imbevuta di vaccino per scongiurare una delle malattie infettive più temute del secolo, all’introduzione sul mercato del vaccino orale polivalente (OPV) contrastanti il poliovirus di tipo I, seguendo tanto quello contro il tipo II e III quanto il trivalente (TOPV) — sulla base dei tre sierotipi principali confermati dalla NFIP — e finalmente anche gli Stati Uniti adottandolo in via ufficiale, nel 1963 il “dolce antidoto” varcando confini italiani — tre anni dopo diventando obbligatorio — e da lì in avanti spaziando sull’intero globo terrestre a tutela dei più piccini per proteggere i quali Albert non solo rese devote anima e corpo alle ricerche, ma rifiutò gli innumerevoli compensi pecuniari proposti su richiesta di brevetto, nel benevolo intento di contenere il costo del vaccino e dare modo al più alto numero di bambini possibile di usufruirne ed evitando che eventuali diatribe commerciali e farmaceutiche sfregiassero il suo buon proposito, l’irreprensibile ed elogiabile uomo in corso d’esistenza continuò imperterrito a mantenersi attraverso gli introiti economici derivanti dall’insegnamento universitario e nulla volendo ricavare dal vaccino.

Molti pressarono perché brevettassi il vaccino, ma non volli. Fu il mio regalo a tutti i bambini del mondo.
Albert Bruce Sabin

 
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Mai un istante soprusi ricevuti o sofferenze inferte dal destino riuscirono a deviare o minimamente inquinare l’innata bontà di Sabin, nonostante il fato non gli abbia certamente risparmiato aspri assaggi di puro, amaro e pungente dolore, derubandolo negli affetti, a partire dalla straziante uccisione — per massacrante, spregevole e vile mano delle SS — di Deborah e Amy, le due nipotine mai conosciute e che l’affezionato zio resuscitò nel darne nome alle amate figliolette, fino al suicidio della prima moglie Sylvia Tregillus (1910-1966), sposata nel 1935 e scomparsa per volontaria assunzione di barbiturici, il cuore di Albert ritrovando amoroso palpito nel condursi all’altare con Jane Marie Blach Warner (1923-2002), sposata nel 1967 — anno in cui il medico si recò a Cuba per tentar collaborazione scientifica — e dalla quale si separò nel 1971 e infine trovando definitivo e caloroso giaciglio nel sentimento esploso per Heloisa Dunshee de Abranches (1917-2016) — con cui s’unì in matrimonio nel 1972 dopo averne fatto conoscenza in Brasile durante un’approfondimento sulla parotite — colei che alla scomparsa dell’amato consorte fonderà il Sabin Vaccine Institute, associazione senza fini di lucro in sede a Washington DC, a sostegno dello «sviluppo, la disponibilità e l’uso globale di vaccini».

Dopo avere ricoperto, fra il 1969 ed il 1972, ruolo di presidenza del Weizmann Institute of Science — uno fra gli istituti di ricerca scientifica di maggiore rilevanza al mondo, oltre che una delle più notevoli università israeliane con sede a Rehovot, a una ventina di km da Tel Aviv — Sabin trascorse la meritata pensione, mai rinunciando ad attivarsi energicamente per tentare battaglia contro svariate forme patologiche, come oncologie — specialmente nelle manifestazioni leucemiche — encefaliti o malattie virali quali il morbillo, finché il 3 marzo 1993, superato un’intervento chirurgico da circa dodici mesi — placando i tormenti causati da calcificazione del rachide cervicale che lo angosciavano dall’83 — si spense all’età di 86 anni nella struttura ospedaliera della Georgetown University e la veneranda età potendone intaccare con lo scorrere del tempo esclusivamente il corpo, mai la mente, perennemente giovane e imperitura nella salvezza di tutti i bimbi da lui salvaguardati e stretti in un abbraccio, fra scienza e cuore custodendoli.

La giovinezza non è un periodo della vita, è uno stato d’animo, che consiste una certa forma della volontà. In una disposizione dell’immaginazione, in una forza emotiva, nel prevalere dell’audacia sulla timidezza, della sete dell’avventura, sull’amore per le comodità. Non si invecchia per il semplice fatto di aver vissuto un certo numero di anni, ma solo quando si abbandonano i propri ideali. Se gli anni tracciano i loro solchi sul corpo, le rinunce all’entusiasmo li tracciano sull’anima. La noia, il dubbio, la mancanza di sicurezza, il timore e la sfiducia sono lunghi anni che fanno chinare il capo e conducono lo spirito alla morte. Essere giovane significa conservare a sessanta, a settant’anni, l’amore del meraviglioso, lo stupore per le cose sfavillanti e i pensieri luminosi, le sfide intrepide lanciate agli avvenimenti, il desiderio insaziabile del fanciullo per tutto ciò che è nuovo, il senso del lato piacevole e lieto dell’esistenza. Resterete giovani finché il vostro cuore saprà ricevere i messaggi di bellezza, di audacia, di coraggio, di grandezza, di forza che vi giungono dalla terra, da un uomo o dall’infinito. Quando tutte le fibre del vostro cuore saranno spezzate e su di esso si saranno accumulate le nevi del pessimismo e il ghiaccio del cinismo è solo allora che diverrete vecchi e possa Iddio aver pietà della vostra anima.
Albert Bruce Sabin

 
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