Gli autori di Terzo Pianeta
Francesco Corradino
Sono Francesco e ritengo essere un uomo sereno e fortunato. La mia età anagrafica è intorno ai settanta, mentre quella biologica, che dipende dall’umore, non sono in grado di quantificarla con un numero. Ho una moglie, due figli e un gatto; odio pochissime cose, tra queste: la querula lagnanza, l’autocommiserazione e gli oggetti di plastica a tavola.
È probabile che la mia serenità dipenda dalla Fortuna che ho soprannominata Fattore C. Ma non quel fattore C che tutti associano alla parte inferiore del canale encefalo-caudale. Il fattore C a cui mi riferisco è la lettera iniziale del mio cognome.
Sono fortunato, in primo luogo, perché a lei non do retta (intendo la Fortuna), anzi cerco di non in-contrarla affatto, anche se mi capita che a volte sia lei ad aspettarmi dietro l’angolo per offrirmi qualcosa.
Mi piace leggere libri, seguire trasmissioni televisive e radiofoniche, frequentare siti web che divulgano l’idea che un mondo più “pulito” va costruito con piccole gocce di positiva fatica. A tal proposito vorrei offrire il mio contributo. Per questo scrivo, per “fare la mia parte”.
Ho da offrire la mia opera, che consiste nel ridar nuova vita a cose apparentemente morte.
Si tratta di vent’anni di benefica e vigorosa fatica che ha prodotto nella mia esistenza grande appagamento. Premetto che la mia non vuole essere un’autocelebrazione, ma l’idea che questi vent’anni di fatica possano trasmettere a qualcun altro uno stimolo positivo.
Voglio precisare: non ho fatto un film di successo, né una canzone popolare molto nota; non ho scritto un libro che sia diventato un best seller e neanche una commedia musicale fantastica. Nemmeno ho mai truffato qualcuno per accrescere il mio benessere, anzi mi è capitato a volte (forse troppe) di essere stato ingannato. In poche parole, nel bene e nel male, non sono famoso. Ma allora perché scrivo? Scrivo perché sono Il Riutilizzatore e sogno un mondo più pulito, ma non ho la pazienza di aspettare che si ripulisca da solo.
La mia storia, sotto l’aspetto di eco-sostenibilità, ha radici lontane. Inizia a causa (o per merito) di un piattino di plastica con i bordi spelacchiati dall’usura quando avevo una decina d’anni e facevo il garzone. Ma per raccontare tutta la storia di quel piatto di plastica sarebbero necessarie svariate pagine. Posso brevemente dire che per tre mesi è stato il mio piatto personale e che per questo odio la plastica a tavola.
Quando sono nato la guerra era finita da pochi anni. Nelle famiglie povere i bambini si crescevano fra stenti e malattie. In molte famiglie, compresa la mia, a causa della povertà i figli maschi invece che a scuola venivano mandati a fare i garzoni nelle masserie di benestanti. Quelli più fortunati lavoravano con i genitori nei campi o con le greggi.
Anch’io ho subito quella sorte…
Anni prima mio padre, che aveva intuito la mia predisposizione alla manualità, tutti i pomeriggi nei primi anni di scuola elementare, dopo che avevo finito i compiti, e durante le vacanze estive, mi faceva frequentare le botteghe di alcuni artigiani: un calzolaio, un fabbro e un ebanista. Queste brevi esperienze, che di certo non mi hanno insegnato un mestiere, mi sono servite però da adulto per realizzare un mio grande sogno: costruire una casa con le mie mani e con materiali riciclati.
Fin da giovane, quando grazie al lavoro iniziava a girare qualche soldo in tasca, mentre alcuni dei miei amici sognavano di potersi comprare una bella automobile, io desideravo avere un pezzo di terra in montagna. Come macchina mi bastava una piccola utilitaria, anche usata.
Di lavoro facevo il tecnico, quello che oggi si chiama Sistemista informatico. Un giorno dovevo fare un intervento al Centro Elaborazione Dati di una grossa azienda telefonica di Torino.
Avevo parcheggiato l’automobile nel cortile e mentre attendevo la persona che doveva accompagnarmi in loco, venni attratto da un grosso cumulo di ferraglie e apparecchiature in disuso che alcuni operai stavano caricando su un camion: barre di ferro di diverse forme e misure, termosifoni, termo-ventilatori ancora in buono stato e funzionanti, tubi in ferro zincato per condutture idrauliche dall'interno ancora lucido (segno che non avevano mai visto acqua).
Anche legno usato per grossi imballaggi di apparecchiature, assi, pannelli multistrato di faggio e pino, spezzoni di catene, tondini di ferro, cavi elettrici e tanti altri oggetti che non sto ad elencare. Ero convinto che fosse tutto materiale riutilizzabile e chiesi al responsabile dei servizi tecnici, che intanto mi aveva raggiunto per accompagnarmi nel luogo dell'intervento, in quale altra sede li stessero trasportando.
«Al cimitero delle morti precoci.» mi rispose il responsabile dei servizi che conoscevo bene e con il quale ero in ottimi rapporti.
«Vuole dirmi... che... tutta quella materia, in ottimo stato, viene portata alla discarica?» ribattei in-credulo.
«Sì! Proprio così! Tutto questo materiale, pochissimo usurato e di ottima qualità, va alla discarica e paghiamo per smaltirlo. Negli uffici dove è stato tolto verrà un altro servizio. L'azienda ha deciso di rifare tutto nuovo, persino l'impianto antincendio. Ecco perché quei tubi zincati le sembrano nuovi: lo sono! L'impianto antincendio, per fortuna, non ha mai dovuto funzionare».
Intanto s'intromise uno dei due operai che stavano caricando il camion, dicendomi: «Se le interessa-no, glieli regalo. A condizione però che prenda tutto... Anzi, se non abita lontano ed è disposto a offrire una pizza a me e al mio collega, siamo disposti a portarglieli fino a casa».
Mi sembrò un buon investimento e, anche se non sapevo ancora cosa ne avrei fatto, riempii il garage. Ma presto un fine arrivò: mi balenò alla mente che se fossi riuscito a comprarmi un pezzo di terra in montagna, che avesse un casolare, l’avrei ristrutturato usando quel materiale.
Dice un pensiero di Stephen Leacock: «Credo moltissimo nella fortuna e trovo che più lavoro sodo, più la fortuna mi cerca».
Come ho detto, la Fortuna a volte mi cerca. Ma soprattutto aver lavorato sodo mi ha permesso (dopo aver assicurato alla famiglia una vita decorosa, anche se modesta) di mettere da parte un piccolo gruzzoletto sufficiente per poter comprare un pezzo di terra che sognavo fin da giovane.
Assistiti dai capricci della Fortuna, con mia moglie Giovanna vedemmo per la prima volta un terreno il giorno di San Valentino. Ce ne siamo innamorati e, spendendo tutto quello che avevamo, lo comprammo.
Solo che la Fortuna si è presa molto cura di me: nel terreno c'era anche un casolare abbandonato da una quarantina d'anni. Si poteva definire un rudere in pessime condizioni che faceva scappare anche il più benintenzionato acquirente. E grazie al fatto che molti potenziali acquirenti erano fuggiti spaventati dalla mole di lavori necessari, l'abbiamo potuto comprare ad un prezzo accessibile alle nostre finanze.
Era in un terreno prevalentemente boscoso, situato in un pendio a mezza montagna ma che aveva quello che, penso, sia il pregio delle tre esse: strada, sorgente, sole. Strada per raggiungerlo con l'auto, acqua abbondante e autonoma, ben esposto al sole. Regola che dovrebbe osservare chi vuole comprare un terreno, soprattutto se non è in pianura.
Buttarsi in una avventura del genere, a detta di amici e parenti, sembrava veramente cosa da matti. Ero innamorato di quel progetto e, come si dice, l’amore può sovvertire il mondo. Col consiglio di Leacock, a proposito di Fortuna, e con l’incoraggiamento di Erasmo Da Rotterdam, che afferma: «Tutto ciò che l’uomo ha fatto nel corso dei secoli lo deve non alla ragione, alla saggezza, al calcolo, all’intelletto, ma solo alla follia», iniziammo i lavori.
E' evidente che molte cose per essere realizzate necessitano di sogni, amore, e un pizzico di sana follia.
Dopo aver preparato i dovuti progetti e aver ottenuto i necessari permessi, con il conforto del pensiero di Erasmo e quello economico del garage pieno di materiali riutilizzabili avuti a costo zero, iniziai i lavori di ristrutturazione.
Sono vent’anni che nel tempo libero lavoro nel recupero di quel rudere. Anche con l’aiuto di mia moglie e dei miei due figli quando ancora erano studenti. Adesso è una casa quasi terminata e siamo orgogliosi di poter dire che la ristrutturazione è stata fatta con moltissimi materiali salvati da morte precoce: quelli del garage e altri presi in discarica.
Nel blog L'Arte del Riutilizzo si trova parte di ciò che ho detto e la documentazione (ancora non completa) di alcuni particolari. Altri saranno inseriti quando sarà possibile. Brevemente posso dire che, escludendo i lavori più pesanti, per i quali non avevo le attrezzature necessarie, tutto il resto è stato realizzato con le mie mani, trasformando materiali recuperati da morte precoce.
Molti oggetti in buono stato si possono tranquillamente riutilizzare soltanto pulendoli; altri, se si ha una predisposizione alla manualità, anche minima, si possono trasformare e creare altri oggetti utili, tutto a bassissimo costo.
Sono consapevole che l'alchimia praticabile di trasformare rifiuti in oro è un danno per la civiltà dell’usa e getta. Ma sono anche convinto che continuando a buttare cose in buono stato accumuleremo montagne di rifiuti. Anche se fossimo in grado di riciclare tutto con la differenziata, dovremmo affrontare alti costi per trasformali nuovamente in materia prima.
Quello che vorrei è seminare l’idea che molti oggetti destinati alla discarica si possono trasformare in oro.
Nella convinzione che i miei figli in un futuro possano vivere in un mondo più pulito, mi sono io stesso riciclato diventando Il Riutilizzatore.
Opere Pubblicate:
Di notte...Nel nido dell'avvoltoio
Anna Greco:
Di notte, nel nido dell’avvoltoio di Francesco Corradino, edizioni Marco Valerio, è un libro che cattura e che sorprende. Cattura l’indugiare nei luoghi e nelle atmosfere di una Sicilia che nei ricordi d’infanzia dell’autore, e in alcuni personaggi, mantiene intatta la sua cultura, saggezza e usanze popolari. Si ritrovano suoni, colori e immagini di grande potere evocativo. Qui è ambientato il libro, che prende il titolo dal nome greco del paese in cui il protagonista fa ritorno per il breve periodo estivo. Qui si svolge una storia che, con una maestria insospettabile in un autore alla sua prima esperienza, gioca in bilico sottile tra la realtà, il sogno e la fantasia.
Avvince la surrealità della situazione iniziale: nei profumi notturni dell’estate e nell’aura di mistero di un convento abbandonato, il protagonista diviene per caso spettatore di singolari accadimenti. E’ l’inizio di un racconto in cui credenze popolari e religiose, talvolta rivisitate dall’autore con affettuosa e mai irriverente ironia, si mescolano con temi e riferimenti di grande attualità. La vicenda, che presto avvince il lettore, prende spunto da una suggestiva riunione di misteriosi personaggi: ma è solo l’inizio di un’appassionante concatenarsi di fatti e di un intreccio tra eventi reali, leggende, brevi excursus storico-letterari.
L’elemento più sorprendente è la “levità” con cui l’autore, nel dipanarsi del racconto, rifuggendo dai luoghi comuni, riesce a interrogarsi, e a interrogare, sui grandi temi di sempre: l’uomo e la natura, lo spirito e la materia, il senso della vita, la ricerca della verità, l’ingannevolezza delle apparenze. Sullo sfondo, due questioni di grande attualità: il tempo, di cui l’uomo moderno spesso non riesce più a disporre e a godere, e l’insoddisfazione di chi nel vortice del consumo non ha più sogni o desideri e non sa più apprezzare quello che ha. Il tutto sfumato, accennato in maniera fantasiosa e scorrevole, grazie anche alla semplicità e freschezza del linguaggio.
È un libro ricco di spunti, che stimola la creatività interpretativa del lettore. E’ un libro complesso, e insieme una boccata d’aria nuova.
L'Occhio di Urania
Sellerio:
I suoi romanzi L’occhio di Urania e Nel nido dell’avvoltoio, sono entrambi indubbiamente notevoli nella loro alternanza dell’elemento realistico e di quello fantastico, e spiccano inoltre per la sobrietà dello stile.
Presentazione dell'opera presso l'Aula Consiliare del Comune di Geraci Siculo:
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Museo di Carta
Storie realistiche e storie fantastiche, favole, racconti morali, parabole. Creazioni di un mondo immaginifico e ironico, senza dubbio adatti a tenere desta l'attenzione del lettore.
Intervista a Radio 24 per la trasmissione Voci in Scena (26 Novembre 2019)