L’Italia è in ripresa, la povertà in crescita è solo la “realtà percepita”
L’annuale rapporto del CENSIS, racconta finalmente di un’Italia con un’economia che torna a volare, grazie ad un significativo incremento del settore manifatturiero, dell’export, del turismo e i consumi delle famiglie, nel periodo che va dal 2013 al 2016, aumentano del 4%, italiani che per il 78% si dichiarano dunque abbastanza o molto soddisfatti del proprio tenore di vita e che nell’ultimo anno, solo nella ristorazione hanno speso 80 miliardi di euro.
Un paese che torna a divertirsi, a concedersi piccoli lussi, ad assaporare quel benessere che mancava da anni, eppure resta ai massimi livelli la sfiducia nella politica, dai partiti alla pubblica amministrazione, un pessimismo manifestato anche nei confronti della stessa società, difatti, indipendentemente dal ceto di provenienza, la maggior parte degli intervistati considera tanto difficile l’ascesa, quanto facile scivolare in basso e subire un declassamento.
Un malessere generale quindi, che stride con i segni positivi riguardanti l’industria, la spesa crescente delle famiglie verso la cultura e l’intrattenimento, visitando musei, recandosi a concerti o al cinema e questo, secondo il CENSIS è dovuto al fatto che «non si è distribuito il dividendo sociale della ripresa economica e per questo, il blocco della mobilità sociale finisce per creare rancore».
Analisi, che ha spinto alcuni a ritenere responsabile del non vedere un’Italia volta a nuovo splendore, la fuorviante “percezione” della realtà che benda gli occhi degli italiani, quelli cioè, enfi di rabbia e acredine che altri non sarebbero se non vecchie e nuove unità dell’esercito dei populisti, termine ormai svuotato di ogni significato e utilizzato da una parte e dell’altra per denigrare l’altrui pensiero, senza per forza dover esporre un concetto alternativo e costruttivo.
Tralasciando l’idea che un ampio malcontento, difficilmente prende forma in un clima di benessere diffuso, giungere a tali conclusioni omettendo i dati riguardanti 4,7 milioni di italiani che versano in condizioni di povertà assoluta (+0,6% rispetto al 2014 e +165% rispetto al 2007), è forse affrettato.
Sono 1,6 milioni le famiglie interessate, il 23,2% dei disoccupati e il 12,5% dei minorenni, quest’ultimi in aumento del 2,6% negli ultimi tre anni, un giovane su dieci si trova in povertà assoluta e solo nel 2016, le persone accolte nei Centri di ascolto delle Caritas sono state oltre 200mila ed il 22,7% di queste, è rappresentato da individui tra i 18 e i 34 anni.
Tralasciando per un momento i problemi legati alle banche, le condizioni del territorio, quelle case che non arrivano nonostante i fondi, sono anni che la politica continua a ripetere e descrivere un Italia che ha lasciato la crisi alle spalle o addirittura tornata ai livelli precedenti il 2008, ed è forse troppo presto per parlare di una ripresa, continuando ad analizzare punti percentuali senza traslarli in una concretezza quotidiana, che ancora vuole stipendi e pensioni più che lontani dal potersi confrontare con il caro vita.
Significa anche in questo caso perdere di vista parte di realtà, dimenticando inoltre, quanto messo in evidenza dall’annuale rapporto che il Banco Farmaceutico, ha pubblicato lo scorso 16 novembre.
La relazione stilata dall’Osservatorio Donazione Farmaci, non lascia troppo spazio all’ottimismo e nella prefazione, Mario Melazzini, Direttore Generale dell’Agenzia Italiana del Farmaco, con onestà, sottolinea come «nonostante i segnali di ripresa ormai certificati a livello statistico, la povertà in Italia non arresta la propria crescita in termini assoluti».
La richiesta di medicinali da parte degli enti assistenziali è in costante aumento, dal 2013 al 2017 è cresciuta del 27,4% e solo nell’ultimo anno, ha segnato un +9.7%.
Sono infatti 580mila le persone alle quali sono stati forniti farmaci, e se è vero che per curarsi la spesa media è di 695 euro l’anno, per le persone più indigenti questa scende a 106 euro, 14 euro in meno rispetto all’anno precedente e dal rapporto, emerge inoltre che ad essere colpita non è solo la classe povera, più del 10% sono coloro che, sebbene coperti dal Servizio Sanitario Nazionale, hanno rinunciato a terapie, visite ed esami.
Numeri dietro ai quali ci sono persone e intere famiglie che si trovano costretti a escludere la salute dalle necessità primarie, casalinghe e pensionati che rinunciano alle cure sono rispettivamente il 40,2% e il 39,8%, ma il dato che colpisce più di quanto già non facciano quelli riportati, riguarda l’aumento degli under 18 tra i poveri assistiti, +3,2% in un solo anno.
E’ Sergio Daniotti, presidente della Fondazione Banco Farmaceutico onlus, a far notare il «persistere degli effetti della crisi», così come è ancora Mario Melazzini, a chiedere un ulteriore sforzo a sostegno del Servizio Sanitario Nazionale, affinché possa supplire e «limitare l’impatto dei fattori socio-economici sullo stato di salute degli italiani».
Alcune immagini inserite negli articoli pubblicati su TerzoPianeta.info, sono tratte dalla rete ed impiegate al solo fine informativo. Nel rispetto della proprietà intellettuale, sempre, prima di valutarle di pubblico dominio, vengono effettuate approfondite ricerche del detentore dei diritti d’autore, con l’obiettivo di ottenere autorizzazione all’utilizzo, pertanto, laddove richiesta non fosse avvenuta, seppur metodicamente tentata, si prega comprensione ed invito a domandare immediata rimozione, od inserimento delle credenziali, mediante il modulo presente nella pagina Contatti.