Franca Viola, una donna che ha cambiato la storia
Franca Viola è una ragazza allegra e gioviale. Trascorre le estati ad Alcamo ad aiutare la famiglia nei campi, raccogliendo pomodori. Ha sedici anni ed è già al secondo fidanzamento ufficiale. Filippo Melodia inizialmente le ha fatto battere il cuore, poi l’angoscia e la paura in seguito alla scoperta dell’appartenenza di quest’ultimo a una famiglia legata a Cosa Nostra. Egli era difatti nipote del malavitoso Vincenzo Rimi e non trascorse molto tempo prima che il ragazzo fosse arrestato per furto ed in quanto membro di un clan mafioso. Fatti che spinsero il padre di Franca, Bernardo, a metter immediatamente fine al fidanzamento, non senza violente ripercussioni.
Agli inizi del 1965 Franca si sente libera di fantasticare sul futuro, non sa se continuare a lavorare con la propria famiglia, oppure cercare altro impiego.
Al Nord è ormai cosa normale. Le donne svolgono incarichi in uffici pubblici e privati, sono esercenti, insegnanti. Lei non ha avuto la possibilità di andare oltre la quinta elementare, tuttavia non si lascia portare via i sogni, vorrebbe tornare sui libri e un domani guadagnarsi da vivere come dattilografa. Mancano i soldi però e a turbarne ulteriormente le ambizioni, l’improvvisa ricomparsa dell’ex fidanzato Filippo, rientrato dopo un e mezzo dalla Germania Occidentale dov’era emigrato per tentare di sottrarsi alle sopracitate accuse di furto e associazione a delinquere.
Fece ritorno i primi mesi del ’65 e il 28 maggio, la casa colonica di proprietà dei Viola, situata nella contrada Malatesta, viene ingoiata dalle fiamme. Una tragedia, tanto più per gente la cui unica fonte di reddito sono i frutti della terra e il dramma si ripete a distanza di due mesi esatti, quando anche il vigneto viene praticamente distrutto.
I sospetti, ovviamente, ricadono su Filippo e si fanno inequivocabile certezza nell’ottobre del 1965, momento in cui Melodia in persona, porta a pascolare un intero gregge di pecore nel campo di pomodori della famiglia e le intimidazioni non si limitano a loro. Il giovane, a conoscenza del fatto che Franca ha un nuovo compagno, si presenta dal padre, pasticcere del paese, e gli intima di adoperarsi per rompere il malvisto fidanzamento. Perentorio ordine esaudito all’istante.
Alla fine, arrivò anche esplicita minaccia di morte. Un giorno, mentre i genitori della ragazza si trovano in paese, Filippo va loro incontro e puntando la pistola alla tempia di Bernardo, esclama: «Chista è chidda che scaccerà la testa a vossia».
Da quel momento, nessun membro della famiglia esce da solo, il padre non permette più alla moglie Vita, a Franca, né tantomeno al figlio più piccolo Mariano, di aiutarlo nei campi e le donne si ritrovano praticamente murate in casa ad occuparsi esclusivamente delle faccende domestiche.
La mattina del 26 dicembre 1965, approfittando dell’assenza dell’uomo, andato a lavorare, insieme a sette complici, Melodia prende d’assalto l’abitazione con il preciso obiettivo di prelevare Franca Viola. Dopo aver bloccato il viale d’ingresso con l’automobile, riescono a sfondare e una volta malmenata la madre di Franca, facendole perdere conoscenza, rapiscono la ragazza e loro malgrado anche il fratellino, disperatamente aggrappato a lei per tentare di trattenerla. Quando il padre torna dai campi, trova la consorte sotto shock e nessuna traccia dei figli.
Il bambino viene subito rilasciato e Viola invece condotta da Filippo in un casolare di campagna e poi presso la residenza della sorella, al fine di simulare una fuitina, il noto sistema usato dai giovani dell’epoca, per ovviare alla mancanza del consenso dei genitori al matrimonio, ossia, scappando e rimanendo insieme alcune notti, potevano metterli, eticamente, in condizione di autorizzare l’unione.
In quel periodo, una ragazza che poneva in essere la fuitina, qualora non si fosse poi sposata, avrebbe rischiato di rimanere nubile, in quanto considerata impura.
Filippo tiene segregata Franca Viola per otto giorni, sottoponendola a minacce, digiuni e quando è ormai senza forze e spaventata, la obbliga ad avere un rapporto. Il padre, pensando che la figlia sia morta, tenta il suicidio, ma a fermarlo è proprio il ritorno di Mariano, il quale indica alla polizia il luogo in cui è segregata la sorella.
Melodia però si sente in una botte di ferro, protetto non solo dalla morale, ma anche dalla legislazione allora in vigore, in quanto all’articolo 544 si stabiliva che «Per i delitti preveduti dal capo primo e dall’articolo 530, il matrimonio, che l’autore del reato contragga con la persona offesa, estingue il reato, anche riguardo a coloro che sono concorsi nel reato medesimo; e, se vi è stata condanna, ne cessano l’esecuzione e gli effetti penali». Era quindi contemplata la possibilità di cancellare il reato di violenza, anche ai danni di una minorenne, nel caso in cui all’atto fosse seguito il cosiddetto ‘matrimonio riparatore’, derubricando l’abuso a oltraggio alla morale e non offesa contro la persona.
Il ragazzo dunque, ha messo in conto di essere ricercato a causa del suo riprovevole comportamento, tuttavia è certo di passarla liscia, ritenendo che Franca, come ogni altra donna aveva fatto prima di lei in circostanze simili, si sarebbe piegata al matrimonio, rendendo lui un uomo libero. La polizia in effetti riesce a risalire a Filippo e ad altri protagonisti dell’irruzione. Gli agenti trovano l’auto sul ciglio di una strada rinvenendo al suo interno tracce di sangue e un bossolo di pistola, elementi che sembrano confermare l’ipotesi di rapimento e il giovane viene tratto in arresto.
Melodia ostentava calma e serenità, convinto com’era che da lì a poco si sarebbe sposato con Franca, e tutto si sarebbe risolto nel migliore dei modi.
Normalmente al ritorno dalle romantiche fuitine avveniva la paciata, ovvero la coppia era perdonata e le rispettive famiglie s’incontravano avviando la consacrazione dell’unione.
Filippo quindi contatta Bernardo Viola e ottiene la sua paciata riportando la figlia con indosso abiti dignitosi, distanti dal lasciar pensare che l’avesse maltrattata per oltre una settimana e Franca, è così costretta a seguire il suo aguzzino.
In realtà si trattava di una messinscena, concordata tra Bernardo e le Forze dell’Ordine, con l’intento di far uscire il ragazzo allo scoperto. Alle prime luci dell’alba del 2 gennaio 1966, la polizia fa irruzione nella dimora del ragazzo, lui tenta di fuggire dal tetto, ma i militari lo acciuffano e portano in prigione. Dopo l’arresto, la giovane torna a casa finalmente riabbracciando i propri famigliari.
I Viola si mettono contro Filippo e tutti i membri del clan dei Rimi. È un periodo durissimo. La ragazza viene accusata di infangare tutte le ragazze di Alcamo.
Bernardo perde il saluto di tante persone. Franca è costretta a vivere barricata in casa, con la polizia sempre fuori dall’abitazione per timore di ritorsioni.
Il 9 dicembre del 1966, presso la Corte d’Assisi di Trapani, la ragazza entra in aula per dare inizio a un processo che catalizza l’attenzione di tutta Italia.
«Io non sono proprietà di nessuno, nessuno può costringermi ad amare una persona che non rispetto, l’onore lo perde chi fa certe cose, non chi le subisce». Con queste parole Franca Viola espone le sue ragioni davanti a giudici. I genitori si costituiscono parte civile e scortata dalla polizia, ella assiste ad ogni udienza. Vani i tentativi della difesa di dimostrare che la giovane era d’accordo sulla fuitina: il 17 dicembre 1966 Filippo Melodia viene condannato a 11 anni di carcere, «colpevole di violenza carnale, ratto a fine di matrimonio, violazione di domicilio pluriaggravata, pascolo abusivo e tentativo di violenza privata».
Un anno dopo, la Corte d’Appello di Palermo, inasprisce la condanna a 13 anni, sentenza confermata nel 1969 dalla Cassazione. Ne sconterà solo 10 e nel 1978, uscito di prigione Melodia muore in un attentato nella periferia di Modena dove aveva l’obbligo di soggiorno.
Il gesto di Franca Viola, il rifiuto, il coraggio di opporsi alla mentalità e alla legge stessa, spinse tante altre donne a compiere gli stessi passi negando il matrimonio riparatore e a cercare giustizia denunciando i soprusi. Lentamente comincia un nuovo moto di pensiero nel Paese giungendo a cambiare il codice penale.
Nel 1966 il crimine di violenza sessuale, inserito nella sezione dei delitti contro la libertà personale “venne considerato reato contro la persona e non più contro la morale”.
Nel 1981, il parlamento italiano cancella l’articolo 544 del codice penale, norma che, come detto, non puniva il reato di violenza sessuale se seguito dal matrimonio riparatore.
In un momento storico come il nostro, è necessario ricordare quante donne hanno combattuto per avere dignità e giustizia. Franca Viola ha avuto il coraggio di seguire il suo cuore e cambiare l’ideologia di un popolo. Anche grazie a lei, l’Italia ha iniziato a riflettere sul fatto che la donna possiede una propria dignità, una propria anima, attraverso la quale, ha diritto di scelta sul proprio corpo, non in quanto onta verso la morale, ma solo in rispetto di sé stessa.
Nel 2014, Franca Viola viene insignita del titolo di Grande Ufficiale della Repubblica dal presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano.
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