Margherita Corrado, fuori l’archeologa che ha denunciato
Punta Scifo, un incantevole angolo di mare come i tanti che un generoso meridione conserva lungo le sue coste, è ormai sotto sequestro dal 14 febbraio scorso.
Siamo sulla costa ionica e la storia è quella di una spiaggia che si arcua ai piedi della seicentesca Torre di Scifo e poco distante da uno dei più importanti santuari della Magna Graecia, il tempio di Hera Lacinia.
Un episodio che risale al 2003, quando a seguito delle agevolazioni concesse dall’ex-sindaco di Crotone Pasquale Senatore, all’esercizio dell’agriturismo «quale attività collaterale ed ausiliaria a quella agricola e come forma di offerta turistica», gli imprenditori Armando e Salvatore del Gruppo Scalise Sport entrano in possesso dei permessi necessari per costruire quello che dovrà essere il “Marine Park Village“.
Un progetto che prevede la costruzione di bungalow, piscine, bar e ristorante per un’area complessiva di 75000 metri quadrati, andando ad interessare la zona tra Punta Scifo e l’area archeologica di Capo Colonna, un paradiso naturale e d’interesse storico-culturale, che anziché tutelato, rischia di finire avvolto dal cemento.
L’attenzione di associazioni per i beni culturali e in modo particolare le inchieste fatte dell’Associazione Sette Soli per mano della presidente Margherita Corrado, la vicenda arriva tra le pagine di testate giornalistiche come Il Fatto Quotidiano, L’Espresso e il Corriere della Sera, portando inevitabilmente maggior attenzione sul caso.
Una prima battuta di arresto giunge nel 2016, ma il Tar della Calabria si pronuncia a favore della trentina di imprenditori che insieme ai fratelli Scalise, hanno investito circa 100 milioni di euro per la realizzazione “dell’agriturismo”.
A febbraio 2017, il Pm Gaetano Bono della procura della Repubblica di Crotone, con decreto d’urgenza ha disposto il sequestro preventivo fermando nuovamente i lavori del Marine Park Village.
I reati contestati sono abuso d’ufficio, falso ideologico e lottizzazione abusiva, dunque dalla violazione di norme paesaggistiche, fino alla condotta degli amministratori pubblici.
Secondo i Pm infatti, non solo il Comune è responsabile di aver dato un permesso di costruzione per qualcosa lontano dall’essere un agriturismo, ma anche perché tale concessione, non è stata revocata neppure quando è venuto a conoscenza del fatto, che i fratelli Scalise non erano imprenditori agricoli ed il contratto che permetteva loro di agire come proprietari, era frutto di una scrittura privata stipulata nel 2008 con l’ex proprietario, all’epoca già defunto.
Con i due imprenditori, finiscono così indagati il direttore e progettista dei lavori, amministratori pubblici del Comune e della Provincia di Crotone, un funzionario della Soprintendenza ed il Soprintendente ai beni archeologici e paesaggistici della Calabria, Mario Pagano.
Quest’ultimo, accusato di falso ideologico, è protagonista di una petizione online in favore di Margherita Corrado, l’archeologa autrice di “A Capo Colonna lo Stato non esiste, Memoriale ad uso degli onesti” che di fatto, ha dato il via alle indagini.
In qualità di Soprintendente, Mario Pagano ha infatti dato comunicazione, affinché siano preclusi incarichi professionali alla Corrado, perché «Incompatibile con qualsiasi lavoro, la cui vigilanza spetti a questo ufficio, in quanto è in corso un procedimento penale presso la Procura di Torre Annunziata per diffamazione grave nei confronti del sottoscritto. Pertanto – conclude Pagano nella circolare – detto professionista non può ricevere incarichi professionali che debbano essere conferiti o sottoposti a valutazione di questa Soprintendenza».
Denuncia per diffamazione che Margherita Corrado non sa di avere se non tramite la circolare stessa.
Un atto contro il quale arriva l’immediata reazione dell’Associazione Nazionale Archeologi, che attraverso una nota scritta «Diffida qualunque Amministrazione a mettere in atto azioni che possano danneggiare direttamente o indirettamente l’attività professionale di colleghi in assenza di gravi inadempienze accertate dall’autorità giudiziaria competente. Ogni iniziativa in tal senso rischia di configurarsi come abuso d’ufficio o atto illegittimo. Per questo – si legge nella nota – l’Associazione Nazionale Archeologi provvederà nei prossimi giorni a informare la competente Procura della Repubblica e gli altri Enti eventualmente interessati, affinché verifichino la legittimità dell’iniziativa».
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