Weegee the Famous: L’omicidio è il mio business
Per raccontare la storia di ‘Weegee the Famous’, si deve partire da quella del piccolo Usher Felling, un bambino fuggito da uno degli shtetl ebraici dell’Europa orientale, quando a fine del XVIII secolo, cominciarono a verificarsi i primi fenomeni antisemiti.
Usher era il secondo dei sette figli di Rebecca Rivka e Bernard Berish Felling. Nacque il 12 giugno del 1899 a Złoczew, una piccola città oggi situata in territorio ucraino, nella regione di Leopoli ed è conosciuta come Zoločiv, ma al tempo faceva parte dell’Impero austro-ungarico.
In tutta Europa, anche se in momenti e per cause differenti, movimenti antiebraici erano sorti ovunque; in Francia presero a vedersi dopo la sconfitta con la Prussia, a cavallo fra il 1870 e il 1871; in Germania e Austria, a innescare le scintilla fu la depressione successiva la crisi economica del 1873; in Ungheria è possibile far coincidere l’origine delle persecuzioni con l’ausgleich, il compromesso del 1867, vessazioni che in Russia culminarono con i massacri collettivi principiati nel 1881.
Nel 1906, Bernard Felling si convinse che era giunta l’ora di lasciar il Vecchio Continente al suo destino e cercar fortuna negli Stati Uniti, il resto della famiglia lo raggiunse nel 1909. Usher aveva dieci anni quando sbarcò a Ellis Island, il vecchio arsenale militare che per oltre mezzo secolo fu il principale porto d’attracco per milioni di uomini e donne che guardavano all’America come alla salvezza. In ricordo dei quei sogni che tanti trasformarono in realtà, oggi vi sorge l’Immigration Museum.
L’avventura di una seconda vita, i Felling iniziarono a scriverla partendo dal conferire ai loro figli un’identità che fosse maggiormente gradita allo Zio Sam e Usher, diventò Arthur, un ragazzino della Lower East Side di Manhattan, area dove non troppi anni prima stanziavano i nativi Lenape e che nel tempo, diventerà uno dei quartieri simbolo dell’immigrazione oltreoceano, un micro mondo di popoli ed etnie che daranno vita a zone storiche come Little Italy e NoLIta , Chinatown, Loisaida e via dicendo.
Il padre si era reinventato ambulante ed insieme alla moglie, in cambio dell’affitto, faceva anche il portiere. E’ chiaro come l’economia non fosse delle migliori e Arthur Felling, non vedeva l’ora di andarsene da quelli che chiamava ‘lousy tenements’, schifose case popolari.
Pare fosse timido, ma anche molto divertente e ambizioso, di certo non mancava d’ingegno e intraprendenza. Voleva guadagnarsi da vivere, dare il suo contributo in famiglia e così, a 14 anni volle lasciare la scuola per cercarsi un occupazione. Si adattava ad ogni sorta di mansione, senonché, in un giorno come tanti arrivò per lui la folgorazione. Mentre camminava, un fotografo di strada gli fece un ritratto ed in quell’istante l’amore sbocciò, nella sua vita non avrebbe potuto fare altro.
Continuando a svolgere piccoli lavori saltuari, riuscì a farsi prendere in uno studio in qualità di aiutante in camera oscura, in seguito affiancò un fotografo commerciale, poi si trovò ad accettare piccoli incarichi da alcuni giornali; uno di questi fu quello di fotografare bare per un catalogo. Non molto tempo dopo si gettò come freelance di strada. L’esordio lo fece comprandosi un pony che battezzò Hypo e andandosene in giro per il quartiere ci faceva salire i bambini che incontrava, scattava loro un foto e al costo di 5 centesimi tentava di vendere la stampa alla madre. Era quello che scherzosamente chiamava ‘kidnapping’, rapimento.
Il sorriso però, sarebbe presto svanito.
Insofferente alla rigidità con cui la famiglia manteneva da sempre l’osservanza della religione, nel 1917, il futuro Weegee se ne andò e per un lungo periodo visse come un senzatetto, trascorrendo spesso le notti all’addiaccio, a volte trovando ospitalità in case di accoglienza e come aveva fatto solo pochi anni prima, per arrivare a fine giornata tornò a fare qualunque lavoro gli venisse offerto, finché dopo un anno, trovò posto allo studio fotografico Ducket & Adler di Manhattan.
Qui vi rimase fino al 1921 e dopo un breve periodo trascorso al New York Times, dove si occupava del processo di stampa secondo il procedimento della ferrotipia, per lui si aprirono le porte della Acme Newspictures, agenzia di stampa assorbita nel 1952 dalla United Press International Photos. Felling sente di avere la vocazione del reporter, ma disgraziatamente per lui, raramente gli viene concessa la soddisfazione di vedersi inviato; è ancora una volta impiegato come stampatore o messo alla camera oscura.
Da ‘Squeegee boy’ a ‘Weegee the Famous’
Quando i colleghi vennero a sapere che il lavori svolti in passato, cominciarono a chiamarlo ‘Squeegee boy’, lavavetri. Col passare del tempo, le qualità tecniche divenivano sempre più evidenti e gradualmente gli facevano guadagnare sempre maggior rispetto e a breve quello Squeegee avrebbe lasciato il posto a Weegee, corrispondente fonetico di Ouija, strumento che raggiunse grande popolarità a metà del ‘900 e che serviva a predire il futuro. In pochi minuti Felling riusciva a trovarsi sulla scena del crimine, nel luogo dell’incedente, ovunque si fosse verificata un’emergenza, prima di chiunque altro, quasi avesse facoltà di precognizione.Era un autodidatta Weegee, e non aveva nessun potere particolare, ma lavorava instancabilmente e niente era troppo raccapricciante per non essere ripreso. Insomma, era ‘solamente’ un passo avanti agli altri e la svolta arrivò nel 1935, quando decise di lasciare l’agenzia per diventare finalmente fotografo freelance. Intrecciò un legame con la polizia di Manhattan, placcava gli agenti giorno e notte, lo trovavi ad ogni angolo di strada, riuscì persino ad ottenere una radio a onde corte per essere in costante contatto con la centrale, fin ad allora non era stato concesso a nessun reporter.
Il fatto è che sovente, Weegee anticipava persino le volanti ed inoltre, allo scopo di consegnare le fotografie ai giornali prima possibile, nel bagagliaio dell’auto arrivò addirittura a ricreare una camera oscura.
“La mia macchina è diventata la mia casa: era una due posti, con un baule extra large, mettevo tutto lì, una macchina fotografica in più, una torcia elettrica, una macchina da scrivere, stivali da vigile del fuoco, scatole di sigari, salami, pellicole a infrarossi per scattare nel buio, un cambio di biancheria intima, abiti, scarpe e calze extra. […] Da allora non ero più legato alla telescrivente della questura. Avevo le ali. Non dovevo più aspettare che il crimine venisse da me, potevo seguirlo. La radio della polizia era il mio modo di vivere. […] La mia macchina fotografica, la mia vita e il mio amore, era la mia lampada Aladino.”
Molti dei suoi scatti però, non inquadrano solamente corpi dilaniati, nudi o in situazioni assurde, ma si concentrano sulla curiosità delle persone che si accalcano per vederli. Aveva la capacità di raccontare una storia dietro la fotografia. Nel 1941, ad esempio, non distante da una scuola fu ucciso un giocatore d’azzardo e lui, oltre a riprendere l’uomo, si concentrò sui bambini che si spingevano l’un l’altro per raggiungere una visuale migliore. Intitolò la foto ‘Their First Murder’, il loro primo omicidio.
Dall’aspetto goffo e trasandato, Weegee aveva intuizione, spirito e il giusto atteggiamento, peculiarità che mettevano in ombra la mancanza di tecnica e non si limitò a testimoniare i fatti di cronaca nera riguardanti ladri, prostitute, travestiti, ubriachi, suicidi, mafiosi appena catturati e buttati nel furgone della polizia, ma immortalò l’intera società. Le feste in spiaggia a Coney Island, le persone riprese al buio dei cinema mentre si baciano, dormono, ridono, si avvicinava con il suo obiettivo senza che se ne accorgessero. Era invisibile. Catturò anche la vita delle star di Hollywood, permettendosi anche di storpiarne i volti come nel caso di Marilyn Monroe o Elizabeth Taylor.
Nel 1940 entrò a far parte del PM Daily, un giornale liberale che attraverso la fotografia raccontava storie. Ad incuriosire gli editori non erano solo gli scatti di Weegee, ma il suo modo di pensare e di vivere. Qui la sua capacità di narrazione esplose definitivamente e l’anno successivo espose la sua prima personale al Photo League di New York, la mostra era titolata ‘Murder is my business’.
Nel 1943, il Modern Art acquistò cinque sue fotografie, per inserirle nella permanente ‘Action Photography’. Per molti l’evento si trasformò nella sua fine ed il motivo è che cominciò a pensare a stesso come ad un artista. Prese a firmarsi ‘Weegee the Famous’ produsse il catalogo ‘Naked City’, ispirando l’omonimo film poi proiettato nel 1948, mentre nel 1946 fu dato alle stampe ‘Weegee’s People’. Chiamato a Hollywood, apparì in alcune pellicole che spesso lo videro interpretare la parte di rude fotografo, ruoli comunque minori, ma al cinema resterà però legato grazie a Stanley Kubrick.
Il regista lo conosceva, anche lui era fotografo e prima di raggiungere la celebrità come cineasta, un suo scatto, in cui il soggetto era un edicolante addolorato per la scomparsa di Roosevelt, era stato pubblicato da ‘Look’, rivista di Gardner Cowies, per la quale lavorava come fotoreporter, ed in quegli anni, Felling aveva già una certa fama.
Kubrick lo chiamò nel 1958, per le riprese de ‘Il dottor Stranamore’. Non fu solo consulente e fotografo di scena, ma lasciò il segno per due motivi. Peter Sellers ne pigliò in prestito la voce per il suo personaggio ed oltre a questo, se non fosse per gli scatti di Weegee, nessuno sarebbe a conoscenza del fatto che il film, in prima battuta sarebbe dovuto terminare a torte in faccia.
In seguito all’avventura con Kubrick, Felling viaggiò nell’ex Unione Sovietica e in Europa, intraprese una collaborazione con il Daily Mirror, fece nuove esposizioni, altre pubblicazioni e nel 1961 si raccontò nella biografia: ‘Weegee by Weegee’.
Il 26 dicembre del 1968, Arthur Felling, il bambino fuggito dalla fame e dal pregiudizio per diventare il ‘Famoso Weegee’, si spense all’età di 69 anni a causa del diabete diagnosticatogli nel 1950.
“Le persone sono così meravigliose, che un fotografo deve solo aspettare”
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