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Saul Leiter, il poetico fotografo della strada, pioniere del colore

©Pierre Belhassen, CC BY-SA 4.0

Particolare ringraziamento a Saul Leiter Foundation per la cortese disponibilità

È del tutto possibile che il mio lavoro rappresenti una ricerca della bellezza nei luoghi più prosaici e ordinari. Non è necessario trovarsi in un paese dei sogni lontano per trovare la bellezza.
Saul Leiter

È il caos metropolitano della New York degli anni Quaranta a farsi ovattata poetica attraverso il sapiente e peculiare obiettivo di Saul Leiter, colui che definir unicamente “fotografo”, al netto della contemplazione infusa alla cattura delle immagini, sarebbe indegno ed ingrato.

 

L’amicizia e l’influenza di Richard Pousette-Dart

Figlio d’uno studioso talmudico d’internazional nomea, Saul Leiter assaggiò la vita, in quel di Pittsburgh, nel terzo giorno di dicembre del 1923, presto tempo spronato all’emulazione del padre, nella genitoriale speranza potesse divenir lui stesso un rabbino, tuttavia egli deragliando dai binari d’un destino all’apparenza già scritto, che tuttavia talvolta si cancella e si riscrive, nella capacità di lasciarsi permeare a tutto tondo da ciò che arriva, senza farsi intrappolare dalle idee, che poi cambiano, senza farsi imprigionare dalle convinzioni, che poi si rovesciano, scegliendo d’ascoltarsi. Fu dunque la tarda adolescenza il periodo in cui, sotto viscerale spinta artistica, egli abbandonò gli studi teologici, trasferendosi, compiuti ventitré anni, a New York, assecondando l’intimo desiderio di dedicar se stesso alla pittura.

L’innato interesse alla trasposizione delle immagini oltrepassò tavolozza avvicinandolo al mondo della fotografia quando, strettosi in amicizia al pittore Richard Warren Pousette-Dart (1916-1992), ne condivise la nascente passione all’attività fotografica. Artista fedele all’espressionismo astratto, Richard fu esponente del tal movimento, originatosi negli anni successivi al secondo conflitto mondiale come tipico fenomeno americano ch’estirpò il monopolio artistico alla capitale francese, a cavallo d’un momento storico in cui il piano di riforme politiche, economiche e sociali sostenuto da Franklin D. Roosevelt (New Deal), nella speranza di risollevare il paese dalla grande depressione del ‘29, fu parallelo al diffondersi di dittature europee e leggi razziali sull’onda delle quali, in celere fuga, numerosi artisti abbandonarono l’Europa, varcando confini americani e diffondendo nel tempo variegati movimenti.

Sebbene “espressionismo astratto” sia definizione apparsa agli albori del ‘900 quando, nel 1929, lo statunitense storico d’arte Alfred Hamilton Barr Jr. (1902-1981) in tal modo si espresse, coniando egli stesso il termine nel delineare un’opera del russo Vasilij Vasil’evičKandinskij (1866-1944), fu solamente nella seconda metà del quarantennio che descrizione venne rispolverata dallo scrittore e critico d’arte americano Robert Myron Coates (1897-1973), al fin di posarla a capo d’una sorta di pittura emotivamente e materialmente sanguigna, caratterizzata da uno stile ove il colore veniva lasciato naturalmente gocciare sulla tela (dripping) in maniera alternativa alla tradizionale ed accurata posa di pennello o addirittura gettato al fin di macchiar l’intera canapa in concreta gestualità espressiva.

Uno stilistico compromesso che seppe farsi emozional mistura fra astrattismo ed espressionismo, cullandosi fra due correnti e da esse rinascendo a nuova identità.

Se invero, da una parte, peculiarità degli espressionisti fu quella di riproporre la realtà sulla tela in base alla personale percezione della stessa, di fatto contrapponendo esasperata soggettività all’indirizzo tipico dell’impressionismo sulla cui scia la beltà del real mondo veniva adagiata in maniera più oggettiva, dall’altra nell’astrattismo le opere esulavano totalmente da illustrazioni tangibili.

A metà strada fra le due tendenze, l’espressionismo astratto si fece mezzo primo attraverso il quale i pittori elargirono il proprio inconscio in spontanee iconografie tramite il pragmatismo dell’atto creativo, in differente guisa di tecnica e concezione, quasi agganciando orientamento surrealista, seppur disabbigliandolo della sua componente onirica, ma, soprattutto, ponendo particolare attenzione alla materialità della pittura sviluppatasi poi in due rami: l’Action painting (di cui Jackson Pollock fu paterno ed indiscusso precursore) ed il Color-field Painting. Il primo predilesse l’atto del dipingere nella sua gesticolazione, mentre nel secondo l’esplorazione s’estremizzò nella ricerca del colore e nei suoi addensamenti sulle superfici, di frequente monocrome; ad accomunar le due branche, la predilezione per tele molto ampie e piatte, da dipingere in toto, levando importanza alla centralità della raffigurazione e sviluppando un senso estetico in piena controtendenza agli europei canoni pittorici del periodo.

In quello che fu il primo movimento artistico della giovane America s’intersecò dunque l’esistenza di Richard a cui, madre musicista e poetessa e padre scrittore d’arte, educatore, direttore artistico e pittore, tramandarono estro che in lui si plasmò ad infinita passione d’una rappresentazione astratta della realtà, mettendo primi puntelli alla propria personalità assistendo lo scultore, di movimento Art Deco, Paul Manship (1885-1966) e svolgendo ruolo di segretario nello studio fotografico di Lynn T. Morgan (1889-1977). Appassionatosi in itinere alla scultura, specialmente nella sua forma simbolistico-totemica ed in particolare richiamo spirituale alla cultura africana, nativa americana, indo occidentale ed oceanica, Richard, su sprone dell’emigrato russo, collezionista e pittore John D. Graham (1886-1961), nato Ivan Gratianovitch Dombrowsky Dąbrowski, spaziò ad oltranza sulla tela, tastando confini di cubismo e surrealismo e giungendo alla sua prima mostra personale di pittura nel 1941, fra le mura dell’Artist’s Gallery, con bagaglio artistico poliedricamente ricolmo di multiforme erudizione e mai affievolendo assetata sperimentazione attraverso le tecniche tipiche dell’espressionismo astratto, nell’amalgama di materiali e colori fra i quali inserirsi a forza di pathos, in opere su piccola e larga scala, poi esplorando, nel trentennio fra il ‘60 ed il ‘90, lavori su carta, acquerelli e tematiche in bianco e nero.

Completamente avvolto dalla propria arte, il magmatico uomo che fin dall’infanzia aveva dipinto e fotografato la propria visione della vita, ne arricchì il fascino riavvicinandosi all’obiettivo ed in completa simbiosi con forme organiche della natura, da render protagoniste fra giochi di luce e nuances, in sperimentali manipolazioni della camera oscura.

Ammaliante e singolare padronanza di strumento che colpì a fondo Saul Leiter quando, nel 1946, mise piede nella Grande Mela, presentandosi a Richard come futuro allievo del pittore e rimanendo talmente folgorato dalle sue fotografie, d’arrivare a spronarlo ad edificarne carriera, lui stesso rapito dal lusinghiero incanto dell’immagine catturata a scatto.

L’aspirante pittore di Pittsburgh che dalla Pennsylvania era giunto alla ricerca d’un insegnante quale fu Richard, ovvero quanto vi possa essere di più distante da dogmatismi ed indottrinamenti, varcò newyorchesi confini inaspettatamente intrecciando amicizia con un animo affine, quello di colui secondo il quale arte e spiritualità sono imprescindibili aspetti d’un’elevata e pura forma di spiritualità, nonché due facce della stessa medaglia.

La mia definizione di religione equivale a arte e la mia definizione di arte equivale a religione. Non credo che tu possa averne una significativamente senza l’altra. Arte e religione sono la struttura inseparabile e l’avventura vivente del creativo. L’arte è non è una questione di tecnica perfetta, è la vita dell’anima.
Richard Pousette-Dart

 

Saul Leiter, pittore della Street Photography

Saul Leiter, il poetico fotografo della strada, pioniere del colore • Saul Leiter, Autoritratto, ca. 1947, ©Saul Leiter Foundation, courtesy Howard Greenberg Gallery • Terzo Pianeta (https://terzopianeta.info)
Self-Portrait, ca. 1947
©Saul Leiter Foundation, cortesia Howard Greenberg Gallery

 
Il mancato rabbino aveva posato per la prima volta mano sulla macchina fotografica, regalatagli dalla madre, all’età di dodici anni; ventitré anni dopo, in seguito all’amicizia con Richard, egli si saggiò dapprima nel bianco e nero, legandosi ad una Leica 35mm, due anni più tardi sperimentando il colore, uso del quale verrà, sfortunatamente solo dopo molti decenni, ritenuto significativo antesignano.

Contemporanea amicizia temprante la sua predisposizione alla presa d’immagine fu quella con il fotografo documentarista statunitense William Eugene Smith (1918-1978), maestro della fotografia d’Essai che, alla soglia della prima decade di vita, tastò il proprio sentire fotografando campi d’aviazione ed avviando pubblicazioni dei propri scatti un sessennio più avanti. Avanguardista dall’empatico sentire, l’appassionato di piccole reflex sbuffò animo antimilitarista come fotoreporter la cui lente, in controtendenza rispetto ai colleghi, si pose sui conflitti bellici non indirizzandosi ad osannare la gloria dei vincitori, bensì a sbudellare dai campi di battaglia l’atroce sofferenza della vittime, in dichiarata ideologia sentitamente pacifico-ambientalista.

Doppietta d’incontro, fra professionalità e filantropia, che in Saul Leiter si fecero significativo passo esistenziale con il quale marciare la propria professionalità a galoppo di sentimento, giungendo a far della propria pratica un grido sul mondo, ancor prima d’un lavoro a cui si dedicò interamente, mai comunque tralasciando la passione per la pittura, in entrambe riuscendo a far di colore gioco all’interno del quale delineare una personale visione della realtà, sfumandosi in essa, espressa in una prima mostra a colori, all’Artist’s Club, negli anni ‘50 ed in successive mostre di pochi anni successive, alle quali ne seguiranno di personali, nonché una prima retrospettiva, nel 2006, al Milwaukee Museum of Art (MAM) uno dei più grandi musei d’arte del Winconsin.

Gli anni Settanta lo videro protagonista della moda con pubblicazioni sulle più importanti riviste a riguardo quali Elle, Vogue, British, Nova, Queen, Show, tuttavia riuscendo a raggiungere discreta popolarità solamente a partire dagli anni ‘90, fama peraltro a lui secondaria rispetto all’interesse dimostrato nei confronti della forza comunicativa intrinseca alle sue rappresentazioni artistiche, degnamente riconosciuta, racchiusa e divulgata con immenso successo in un libro del 2006, Early Color, fra le cui pagine s’offre preziosa opportunità di visionare ed assaporare una presentazione completa delle sue opere, esplodendone la potenzialità a sette anni dalla sua dipartita, prima della quale, fortunatamente, Leiter riuscì perlomeno a visionare alcuni spezzoni di un documentario a lui dedicato, In No Great Hurry: 13 Lessons in Life with Saul Leiter, le cui riprese si svolsero fra il 2010 ed il 2011, con montaggio l’anno successivo e distribuzione a partire dal 2013, medesimo anno in cui, il 26 novembre, al suo ottantanovesimo anno d’età, Saul Leiter discese dal mondo con felpato passo d’artista della vita.

Sulla musica del compositore Mark Rustemier, la pellicola, della durata di settantacinque minuti, fu diretta da Tomas Leach, colui che, dopo lo sfoglio di Early Color, corteggiò per quasi un anno il fotografo nell’intento di convincerlo a divenir protagonista del lungo cortometraggio.

Un crescente successo dal quale Saul non si lasciò sterilmente sedurre, completamente attratto dallo scaturir lo straordinario dall’ordinario in maniera avulsa da qualsiasi riconoscimento che non ponesse accento sull’affabile potenza comunicativa della fotografia, in particolar modo quella di strada, della qual fu indiscusso pioniere ed impareggiabile maestro, realizzando inquadrature secondo uno stile del tutto personale, spesso verticale, cogliendo l’impensabile e fuoriuscendolo da situazioni d’umani vissuti, mai mancando di rimanere dichiaratamente fedele al «rispettare determinate nozioni di bellezza anche se da qualcuno considerati concetti vecchio stile» ed arrivando a raggiungere, con zelante ed umile caparbia, fermi immagine sospesi e vaganti in quotidiana elegia.

Similmente a cuore gli stette la pittura, che mai smise di praticare, freccia di cupido fra palpiti e cromatismi sulla savia pienezza di tinte rimbombanti fra libertà d’espressione e reinterpretazione estetica, fluido saturante ogni vena del suo essere nell’onesto riferirsi alla propria interiorità, mai rinunciando, fino alla fine della sua esistenziale iperbole, al piacere di una sondante osservazione restituente entusiastica e rigenerante completezza.

Ancor oggi, non ho perso il piacere di osservare le cose e ammirarle e scattare fotografie o dipingere. A volte, mi sveglio nel mezzo della notte e prendo un libro di Matisse, o di Cézanne o Sotatsu. Un dettaglio che non avevo notato prima, di colpo attrae la mia attenzione. Dipingere è magnifico. Quando mi stendo sul letto penso alla pittura. Amo fotografare ma la pittura è un’altra cosa. Ho sempre fotografato in modo molto libero, senza avere in testa nessuna particolare immagine, fotografia o dipinto, che sia…
Saul Leiter

Cromaticamente discorrendo, la tipicità di Leiter, forte di magistrale conoscenza del colore in ambito pittorico, si srotolò su sovrapposizioni, riflessi, bianchi, neri, gradazioni, nella rivisitazione della fotografia di strada ch’egli, osannante, elevò a meraviglia in ogni istantanea, cogliendo ed immortalando frammenti di vita in parametri spaziali completamente rivisitati, nonché attribuendo alla prospettiva decentrata ed asimmetrica un valore d’impatto estetico ed emotivo oltre ogni limite, con deciso gusto minimalista, talvolta utilizzando pellicole datate o danneggiate per riprodurre particolari effetti sull’immagine finale o ancora abbandonando il 35mm per comprimere e rimodulare la geometria dell’immagine tramite l’uso del teleobiettivo.

Storicamente ritenuto il primo ad aver utilizzato la pellicola a colori nella street photography, il suo approccio alla stessa fu sagace intermediazione fra il caos metropolitano della New York del dopoguerra, delle fatiche d’un periodo sbuffato tra una disillusione ed un grande sogno rinato sulle macerie belliche e riportato a splendore, una speranza che Saul interpretò nella ricerca di significato d’oggetti comuni esplosi in vivaci tonalità su grigiori di sfondo, in una sorta di simbologia radicata or nell’asfalto or tra la folla, di rosso pulsante nell’occhio d’un semaforo o nel giallognolo protagonismo d’un taxi immerso nel traffico cittadino.

Personale predilezione fu il contrasto fra colori caldi e freddi, ricercato in situazioni d’ordinarietà, affiancato ad un sapiente gioco di luci ed ombre con le quali Leiter rese incredibilmente prospettici ed impattanti i suoi soggetti in bianco e nero, talvolta folgorati da un getto di colore sullo sfondo o in primo piano, valorizzando la fugacità della vita umana fra un ombrello ed un capo chino immerso fra i propri pensieri.

Dalla genialità che lo contraddistinse scaturirono anche raffinati e voluttuosi nudi femminili, ch’egli inquadrò con eleganza, raggiungendo un’intensa, ma ben composta, intimità elaborata tra effetti di riflesso ed intenzionali fuori fuoco ovattanti l’immagine di donne conosciute, amanti o semplici amiche, riproposte, con garbatezza, riguardo ed estrema delicatezza, in riproduzioni, per la maggiore in bianco e nero ed in piccoli formati, raccolte nel volume In My Room, uscito nel 2018.

Versatile, fu l’orizzonte artistico di Saul Leiter, poiché seppur inebriato dalle doti di svariati colleghi, in primis Richard, William ed ancora da quelle del fotografo francese Henri Cartier-Bresson, fece tesoro d’ogni scoperta, non permise d’esserne pervaso completamente, al contrario tenendo fede alla propria individualità senza cedere a mere imitazioni e per nulla preoccupandosi delle tendenze in voga, distinguendosi in naturalezza di professione.

La volontaria ricerca della bellezza innata all’avanguardista fotografo lo condusse ben lontano dal porre accento sull’immortalare la miseria umana e circostanze di degrado, non tanto perché in animo rifiutasse di coglierne il significato ed il valore intrinseci, piuttosto preferendo eternare situazioni emananti positività, riuscendo ciò nonostante a non farsi offuscare dalla deleteria rincorsa alla perfezione, ma riuscendo a carpire attimi d’ottimismo nella consuetudine.

Motivo per cui Saul mai si stancò di sperimentare, osservare, scrutare, non incline all’utilizzo della macchina fotografica come strumento di denuncia sociale o come mezzo per raggiungere eccessiva fama, peraltro a lui indifferente, al contrario perseverando nel condurre il proprio sguardo sul mondo esterno senza frenesia ed in modo lento, ove per lentezza non s’intenda flemmatica inerzia, bensì accurata e sincera esplorazione della realtà.

Non ho provato a comunicare alcun tipo di filosofia poiché non sono un filosofo. Sono un fotografo. Questo è tutto.
Saul Leiter

Successe allora che una cornice, una sfocatura o vetrina appannata, divennero portentosi strumenti per astrarre la realtà dal solito punto di vista stimolando all’inconsueto ed all’impalpabile, nell’esplosione poetica evocata dal discender della neve, da una riflessiva camminata o ancora da un assorto profilo. Fra le sua mani il solito diventò inconsueto ed un evento che si potesse ritener banale per l’abitudinario suo ripetersi, divenne raro, curioso, anomalo.

La potenza da Leiter scovata dove nessuno, ai tempi, pareva volerla cercare, perfora ogni senso nell’ascoltarne l’eco lontano, ma non inafferrabile, qualor si voglia goderne appieno nella consapevolezza che la tanto bistrattata routine, quando improvvisamente levata, manca fino a togliere il fiato.

Leiter, l’uomo. Leiter, l’artista.

Leiter, ch’esistenza condusse ricamandosi a pelle passion di ricerca con l’umiltà propria di chi non ha pretesa d’insegnar nulla a nessuno, se non la grazia d’offrirsi al prossimo in discrezionale interpretazione sull’ali della libertà.

26.11.2013

Saul Leiter è deceduto pochi giorni prima del suo 90° compleanno. Il momento è arrivato delicatamente, con misericordia. Era circondato da amici intimi, come nella vita. Saul ci toccò profondamente. Era “unico e il solo”. Impossibile venire coinvolti dalla sua arte e non dalla sua persona. Innamoravano entrambi, all’istante e in modo semplice. Ha ispirato, reso parte del suo mondo. Si faceva ascoltare, donava sorrisi. Provare ad essere in disaccordo con lui, non funzionava. Incantava.

[…]

Saul non ha mai desiderato fama o fortuna. Quando iniziò a riceverne, non aveva idea di cosa farsene. Era contento nel suo mondo fisicamente piccolo; il suo appartamento per dipingere, le sue strade per vagare e fotografare. Ambiva ad avere un piccolo libro e forse, quando fosse giunto il giorno di andarsene, il suo lavoro sarebbe stato notato, regalando un po’ di lietitudine a qualcuno. Difficile da immaginare, ma era questo — Saul non voleva altro.

[…]

Certamente, l’eredità lasciata, il dono della sua arte, durerà nel tempo e aumenteranno le legioni di ammiratori. Il risultato da lui conseguito, pur riassunto perfettamente in “un piccolo libro”, riempirà volumi.

Howard Greenberg


Saul Leiter, il poetico fotografo della strada, pioniere del colore • Saul Leiter, Jean, ca. 1948, ©Saul Leiter Foundation, courtesy Howard Greenberg Gallery • Terzo Pianeta (https://terzopianeta.info)
Jean, ca. 1948
©Saul Leiter Foundation, cortesia Howard Greenberg Gallery

 
Saul Leiter, il poetico fotografo della strada, pioniere del colore • Saul Leiter, Barbara, 1950, ©Saul Leiter Foundation, courtesy Howard Greenberg Gallery • Terzo Pianeta (https://terzopianeta.info)
Barbara, 1950
©Saul Leiter Foundation, cortesia Howard Greenberg Gallery

 
Saul Leiter, il poetico fotografo della strada, pioniere del colore • Saul Leiter, Remy, 1950, ©Saul Leiter Foundation, courtesy Howard Greenberg Gallery • Terzo Pianeta (https://terzopianeta.info)
Remy, 1950
©Saul Leiter Foundation, cortesia Howard Greenberg Gallery

 
Saul Leiter, il poetico fotografo della strada, pioniere del colore • Saul Leiter, Untitled, 1950, ©Saul Leiter Foundation, courtesy Howard Greenberg Gallery • Terzo Pianeta (https://terzopianeta.info)
Untitled, 1950
©Saul Leiter Foundation, cortesia Howard Greenberg Gallery

 
Saul Leiter, il poetico fotografo della strada, pioniere del colore • Saul Leiter, Bus at Night, 1950, ©Saul Leiter Foundation, courtesy Howard Greenberg Gallery • Terzo Pianeta (https://terzopianeta.info)
Bus at Night, 1950
©Saul Leiter Foundation, cortesia Howard Greenberg Gallery

 
Saul Leiter, il poetico fotografo della strada, pioniere del colore • Saul Leiter, Orange Umbrella, ca. 1950, ©Saul Leiter Foundation, courtesy Howard Greenberg Gallery • Terzo Pianeta (https://terzopianeta.info)
Orange Umbrella, ca. 1950
©Saul Leiter Foundation, cortesia Howard Greenberg Gallery

 
Saul Leiter, il poetico fotografo della strada, pioniere del colore • Saul Leiter, MacArthur Parade, 1951, ©Saul Leiter Foundation, courtesy Howard Greenberg Gallery • Terzo Pianeta (https://terzopianeta.info)
MacArthur Parade, 1951
©Saul Leiter Foundation, cortesia Howard Greenberg Gallery

 
Saul Leiter, il poetico fotografo della strada, pioniere del colore • Saul Leiter, Kiss, 1952, ©Saul Leiter Foundation, courtesy Howard Greenberg Gallery • Terzo Pianeta (https://terzopianeta.info)
Kiss, 1952
©Saul Leiter Foundation, cortesia Howard Greenberg Gallery

 
Saul Leiter, il poetico fotografo della strada, pioniere del colore • Saul Leiter, Man in Straw Hat, ca. 1955, ©Saul Leiter Foundation, courtesy Howard Greenberg Gallery • Terzo Pianeta (https://terzopianeta.info)
Man in Straw Hat, ca. 1955
©Saul Leiter Foundation, cortesia Howard Greenberg Gallery

 
Saul Leiter, il poetico fotografo della strada, pioniere del colore • Saul Leiter, Newspaper Kiosk, 1955, ©Saul Leiter Foundation, courtesy Howard Greenberg Gallery • Terzo Pianeta (https://terzopianeta.info)
Newspaper Kiosk, 1955
©Saul Leiter Foundation, cortesia Howard Greenberg Gallery

 
Saul Leiter, il poetico fotografo della strada, pioniere del colore • Saul Leiter, Phone Call, 1957, ©Saul Leiter Foundation, courtesy Howard Greenberg Gallery • Terzo Pianeta (https://terzopianeta.info)
Phone Call, 1957
©Saul Leiter Foundation, cortesia Howard Greenberg Gallery

 
Saul Leiter, il poetico fotografo della strada, pioniere del colore • Saul Leiter, Through Boards, 1957, ©Saul Leiter Foundation, courtesy Howard Greenberg Gallery • Terzo Pianeta (https://terzopianeta.info)
Taxi, 1957
©Saul Leiter Foundation, cortesia Howard Greenberg Gallery

 
Saul Leiter, il poetico fotografo della strada, pioniere del colore • Saul Leiter, Through Boards, 1957, ©Saul Leiter Foundation, courtesy Howard Greenberg Gallery • Terzo Pianeta (https://terzopianeta.info)
Through Boards, 1957
©Saul Leiter Foundation, cortesia Howard Greenberg Gallery

 
Saul Leiter, il poetico fotografo della strada, pioniere del colore • Saul Leiter, Walk with Soames, 1958, ©Saul Leiter Foundation, courtesy Howard Greenberg Gallery • Terzo Pianeta (https://terzopianeta.info)
Walk with Soames, 1958
©Saul Leiter Foundation, cortesia Howard Greenberg Gallery

 
Saul Leiter, il poetico fotografo della strada, pioniere del colore • Saul Leiter, Harlem, 1960, ©Saul Leiter Foundation, courtesy Howard Greenberg Gallery • Terzo Pianeta (https://terzopianeta.info)
Harlem, 1960
©Saul Leiter Foundation, cortesia Howard Greenberg Gallery

 
 
 
 
 

Immagine in evidenza:
Saul Leiter, New York, 2008 ©Pierre Belhassen, CC BY-SA 4.0
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