Norman Percevel Rockwell: vita, opere, emozioni
Osservatore sottile, ironico, disincantato e romantico, Norman Percevel Rockwell, l’illustratore che, attingendo dalla realtà americana, dipinse la fragile complessità dell’essere in opere intime ed al contempo universali, appunto, d’inestimabile valore pittorico, artistico ed umano.
La visione della vita rappresentata nelle opere, non comprende sordidezze o brutalità. Dipingo l’esistenza come vorrei che fosse.
Norman Rockwell
Norman Rockwell, lo «storyteller» d’America
Era il 3 febbraio 1894 quando Jarvis Waring Rockwell (1867-1931) e Ann Mary ‘Nancy’ Hill (1866-1953), convolati a nozze nel 1891 e residenti in una decrepita arenaria nel quartiere Upper West Side della newyorkese isola di Manhattan, accolsero pianto nascente di Norman Percevel, nome scaturito da desiderio materno in onor di nobile capitano britannico, dopo aver, la coppia, medesima genitorial gioia toccata il 29 settembre 1892 nel figlio battezzato Jarvis Jr, omaggio invece al padre, il quale intera carriera legò, svolgendo ruolo manageriale, alla R. D. Wood & Company, industria tessile con sede a Philadelphia e costituita allorché l’imprenditore, commerciante e banchiere, Richard Davis Woods (1799-1869), forte di redditizie imprese avviate in vari settori, fra cui energetico e fondiario, nel 1865 a Millville, New Jersey, mise in opera un impianto di finissaggio, pertanto fondando compagnia manifatturiera che, gestita dalla Pennsylvania, andò rapidamente affermandosi e ad egli stesso sopravvivendo, nonché superando mutamenti societari e dettati dal succedersi delle epoche, proseguendo attività mediante i diretti eredi sin ad assumere, dal 1912, denominazione George Wood, Sons & Company.
Precocemente Norman Rockwell palesò innata predisposizione alla pittura e all’arte in generale, già nel corso della prima infanzia avvicinandosi al disegno infatuando sguardo nello scrutare realtà paesaggistiche e popolari del territorio, nel 1903 andando a vivere con i familiari — il nucleo domiciliando in differenti pensioni — nella suburbana Mamaronek e allo scopo di coltivare intrinseca attitudine iscrivendosi, appena quattordicenne, alla New York School of Art, prestigioso istituto fondato nel 1896 dall’insegnante e pittore impressionista William Merrit Chase (1849-1916), la scuola inizialmente venendo a lui titolata come Chase School e nascendo sull’iniziativa portata avanti — in collaborazione con amici studenti provenienti dall’Art Students League of New York — al fine di creare una realtà che garantisse ai nuovi artisti maggiore libertà d’espressione, opportunità per cogliere la quale, nel 1908, il giovane Rockwell intraprese faticosa vita da pendolare nel periodo di frequenza, tuttavia dopo circa un anno — ritenendo l’orientamento accademico maggiormente rivolto ad una formazione artistica non prettamente indirizzata alla figura dell’illustratore — abbandonando e proseguendo percorso dapprima alla National Academy of Design e in seguito all’Art Students League of New York, il passaggio fra accademie spronato dal fatto che dell’ultima fosse stato iniziatore Howard Pyle (1853-1911), illustratore e scrittore statunitense fra i suoi prediletti — dato l’esser meticoloso, amante dei dettagli e avvinto dalle questioni storiche — dunque l’ispirato Rockwell proiettandosi con tutto se stesso verso gli orizzonti a lungo bramati, nel mentre approfondendo studi di anatomia figurativa con il pittore, insegnante e scrittore George Brant Bridgman (1864-1943) e d’illustrazione con i colleghi Frank Vincent DuMond (1865-1951) — ritrattista e paesaggista fedele all’impressionismo e sotto la cui docenza si formarono migliaia di studenti — e Thomas Fogarty (1873-1938), influente maestro di numerosi illustratori del ventesimo secolo, oltreché iconografo di libri e giornali americani, esortante all’immedesimarsi nell’autenticità delle scene, dal suo metodo un estremamente affascinato Rockwell — a titolo d’esempio — dichiarando: «If the author [of a story] sat a character in a Windsor chair, the chair in the illustration had to be just that, even if it meant we all had to go up to the Metropolitan Museum to find out what a Windsor chair looked like».
A Rockwell venne affidata l’ideazione di quattro differenti soggetti natalizi da stampare in cartoline, a suddetto incarico seguendo la proposta di corredare d’illustrazioni Tell-me-why, Stories about Mother Nature, opera dell’autore americano Carl Harry Claudy (1879-1957), drammaturgo, oratore, saggista, scrittore di riviste e giornalista per il New York Herald — quotidiano di ampia distribuzione, in attività dal 1835 e il 1924 — e parallelamente Rockwell saggiandosi in prime cooperazioni con periodici dedicati alle giovani fasce d’età, poi lasciando storica impronta grafica nel disegnare, Scout at Ship’s Wheel, copertina del settembre 1913 di Boy’s Life, mensile ufficiale dei Boy Scout of America del quale l’anno successivo Norman assunse duratura direzione artistica.
Nel 1915, dopo aver traslocato assieme ai famigliari nella newyorkese cittadina di New Rochelle — culla artistica in genere e insediamento di gran parte dei migliori illustratori d’America, situata nella Contea di Westchester — lavorò per varie riviste, nel frattempo legandosi in profonda amicizia e collaborazione professionale — condividendo lo studio in precedenza appartenuto allo scultore, scrittore, illustratore e pittore, Frederic Sackrider Remington (1861-1909) — a Victor ‘Vic’ Clyde Forsythe (1885-1962), vignettista e fumettista particolarmente apprezzato per le desertiche rappresentazioni, mediante cui, dacché impiegato, Norman Rockwell ebbe opportunità di mostrare puntuale, ironico e disincantato estro a George Horace Lorimer (1867-1937), autore, giornalista ed editore a direzione del bimestrale The Saturday Evening Post e il 20 maggio 1916, firmò la prima delle otto copertine — Boy with Baby Carriage, Circus Barker and Strongman, Gramps at the Plate, Redhead Loves Hatty Perkins, People in a Theatre Balcony, Playing Santa — eseguite nell’arco di dodici mesi e delle oltre trecentoventi realizzate in quasi mezzo secolo di sodalizio.
Auspice di gratificazione professionale, medesimo anno si rivelò augure d’amore, Rockwell rimanendo ammaliato ed al contempo incantando l’insegnante elementare originaria di Potsdam, Irene O’Connor (1891-1934), incontro, il 30 giugno, celebrato in matrimonio e vissuto in mondana armonia — lei elogiata, il 19 gennaio 1921, da ritratto, Mother Tucking Children into Bed, pubblicato sul settimanale, The Literary Digest — tessendo relazioni con influenti personalità dell’epoca, quali lo scrittore, poeta e sceneggiatore, Francis Scott Key Fitzgerald (1896-1940), tra i maggiori autori della leggendaria Età del Jazz.
L’anno seguente a coniugale unione, e smanioso di vestire le divise della U.S. Navy per contribuire all’affermazione e difesa degli ideali democratici ed interessi geopolitici per cui nel 1917 gli Stati Uniti compirono ingresso nella Prima Guerra Mondiale a fianco della Triplice Alleanza, Norman Rockwell si presentò in un centro di reclutamento a sud di Manhattan, sbattendo però su diniego a causa d’eccessiva magrezza — risultando 60 chili scarsi su 180 centimetri — nondimeno in poche ore aggirando l’ostacolo — a quanto pare dietro consiglio del medico militare — banalmente bevendo e abbuffandosi fin a guadagnare il peso necessario a superare la soglia d’ammissione; ciò nonostante, anziché viver battaglia come avrebbe voluto, si vide assegnato alle operazione di verniciatura a terra ed in servizio attivo inviato in South Carolina; da mansione fu comunque presto sollevato, invero quando i superiori, scoprendone l’essere illustratore del Saturday Evening Post, gli conferirono rispondente incarico nel giornale della Marina, Afloat and Ashore, trovandosi altresì a dipingere ritratti di Ammiragli in visita, dei commilitoni e loro amate, in ultimo riuscendo ad ottenere permesso speciale e restituire ad arte totale dedizione, a patto di creare copertine evocanti il conflitto o perlomeno aventi soggetto, marinai e Marines: in ragion d’accordo, scaturirono Sailor Dreaming of Girlfriend, Lost Battalion, Hailing You for the US Navy ed altri ancora.
In volontà d’acquisir impronta maggiormente avanguardista nel 1923, Rockwell tentò avventura in Europa, d’acchito fermandosi a Parigi, partecipando a corsi e laboratori disseminati nella Ville Lumiere, temporaneamente iscrivendosi all’Académie Colarossi — scuola d’arte fondata nel precedente secolo come alternativa progressista all’École nationale supérieure des beaux-arts — dal modello e scultore piciniscano Filippo Colarossi (1841-1906) — acuendo conoscenza sugli innovativi Pablo Ruiz y Picasso (1881-1973) ed Henri-Émile-Benoît Matisse (1869-1954), dopodiché ricerca continuando, nei 1927, 1932 e 1938, nei meandri d’altre capitali artistiche del Vecchio Continente, senza tuttavia riuscir ad esaudire propositi, dunque abbandonando mire rientrò in territorio natio dove, a partire dal 1930 — anno peraltro corrispondente a separazione dalla consorte — riprese a viaggiare, trovando in California — ospitato da Clyde Forsythe — occasione di confronto ed amicizia con personaggi quali, l’imprenditore, disegnatore, animatore, cineasta, doppiatore e produttore cinematografico, Walter ‘Walt’ Elias Disney (1901-1966), nonché di riprovar fremiti d’amore e nuovamente, in fulminea ed irresistibile attrazione, unendosi in matrimonio, il 19 marzo 1930, con l’insegnante, natia dell’Illinois e cresciuta ad Alhambra, Mary Rhodes Barstow (1907-1959), promesse nuziali sublimando, nel miracolo di tre creature: Jarvis Waring, Thomas e Peter.
I lavori in cui riversai maggior impegno, alla strenua ricerca di modernità, apparivano come dei pessimi Matisse. Fortunatamente ebbi l’assennatezza per rendermi conto che facevano schifo e lasciai Parigi.
Norman Rockwell
Il ventennio fra il 1930 e il 1950 fu il più prolifico per Rockwell, nel 1935 il suo abile tratto illustrando — per la casa editrice The Heritage Press — i romanzi con protagonisti Tom Sawyer e Huckleberry Finn, capolavori della letteratura universale, rispettivamente pubblicati nel 1876 e 1884, a firma dello scrittore, aforista, docente e umorista Mark Twain, al secolo, Samuel Langhorne Clemens (1835-1910), un quadriennio più tardi Norman Rockwell e famiglia traslocando nel Vermont e stabilendosi ad Arlington, Contea di Bennington, lì raggiungendolo anche l’amico illustratore e pittore John Carlton Atheron (1900-1952) e la città seducendo Rockwell attraverso la pacifica e genuina atmosfera respirata in una comunità non ancora snaturata dalla pressione della mondanità, ideale bacino a misura d’uomo del quale egli fece musa ispiratrice, nel pieno della seconda guerra globale scegliendo di danzare setola al di fuori dell’atrocità bellica, di proposito ad immagini sanguinarie prediligendo spaccati di realtà ritratti da un punto di vista sensibilmente orientato ai vissuti delle persone nel delicato momento storico corrente, dalle sue dita generosamente delineandosi — in undici copertine divulgate fra il 1941 e il 1946, sempre dal Saturday Evening Post — il tempo intercorso fra partenza per il Fronte e ambito ritorno in Patria del soldato semplice Willie Gillis, immaginario personaggio, ispirato ad un giovane di nome Robert Otis ‘Little’ Buck, conosciuto nell’estate del 1941 nel Vermont e reclutato il 2 maggio 1943, a cui Norman diede vita — ingannando numerosi lettori — raccontandone la storia fin dal primo indossare l’uniforme, senza mai collocarlo in scene di particolare brutalità e in tal modo restituendo positività e sorriso a cavallo dell’efferatezza di ogni belligeranza, magistralmente del soggetto da lui coniato tratteggiando buffe espressioni del viso in quotidiane e svariate situazioni.
Dopo la pubblicazione, ricevetti numerose lettere di simpatizzanti di Gillis, desiderosi di sapere dove poter acquistare titoli dei libri presenti in basso.
Norman Rockwell
A circa un biennio dall’inizio della succitata serie, venne in copertina immortalato insieme di quattro quadri appellato The Four Freedoms, da Rockwell concepito riagganciando il sermone enunciato il 6 gennaio 1941, dal presidente Franklin Delano Roosevelt (1882-1945), indicando, al Congresso degli Stati Uniti, le imprescindibili libertà di cui, in una visione democratica, «ogni individuo al mondo» dovrebbe disporre, diritti fondamentali dall’artista raffigurati con potente e delicato realismo, in dipinti colmi di pathos e d’incredibile concretezza espressiva d’ogni volto finemente effigiato, in breve tempo le immagini venendo riprodotte in una moltitudine di manifesti, in seguito utilizzati come sostegno all’economia di guerra, al moltiplicarsi degli affissi malauguratamente corrispondendo la scomparsa di preziose opere pittoriche di Rockwell, purtroppo andate in cenere tra le fiamme divampate nel suo studio di Arlington, l’accidentale incendio disintegrando anche pregiati oggetti di scena e costumi d’epoca nel tempo collezionati, ciò nonostante Norman perseverando nell’attività pittorica a lui connaturata e per l’ennesima volta omaggiando il Saturday Evening Post di una fra le sue copertine più conosciute e denominata, Saying Grace, in onore alla festività cristiana del Ringraziamento, celebrata negli Stati Uniti e in Canada, infatti il meraviglioso olio su tela — protagonisti una donna con fanciullo in atto di grata preghiera per il cibo a disposizione e osservati con curiosità da due ragazzi seduti allo stesso tavolo di un locale pubblico — proponendosi ai lettori in corrispondenza di data.
Ultimo comune di residenza — a partire dal 1953 e scelto da Rockwell affinché la moglie potesse giovarsi delle cure dell’ospedale psichiatrico Austen Riggs Center — fu nel Massachusetts, precisamente a Stockbridge, nella Contea di Berkshire, dove solamente un sessennio dopo essersi trasferito con la famiglia Norman venne tristemente privato della sua dolce metà, Mary perendo improvvisamente, per arresto cardiaco, a soli cinquantun anni e tempo dopo l’addolorato uomo — all’interno di una transitoria sospensione dal lavoro per mezzo della quale meglio elaborare la sofferenza della coniugale perdita — decidendo di affidare al libro, My Adventures as an Illustrator, la propria autobiografia, nella stessa descrivendo l’avventuroso arco vitale vissuto fin dall’infanzia in assidua fede all’arte e — attraverso una scrittura sagacemente ironica e spudoratamente sincera, sgorgata da racconti verbali al figlio Thomas — intimamente svelandosi al pubblico, l’opera vedendo la luce nel 1960 e il 25 ottobre 1961 nuovo innamoramento maritando Rockwell per la terza volta, a farne ribattere il sessantasettenne petto l’ex docente della Milton Academy, Mary Leete ‘Molly’ Punderson (1896-1985) e ad un triennio circa dalla loro unione Norman serenamente congedandosi dalla lunga carriera — di quasi mezzo secolo — presso lo stimante e stimato Saturday Evening Post, energica intraprendenza permettendogli decennale collaborazione con il rotocalco statunitense — in essere dal 1937 al 1971 — Look, fra le cui pagine egli dando voce alle proprie immagini su questioni infiammanti il suo stomaco quali la guerra del Vietnam, l’esplorazione della spazio, il sostegno dei più deboli e il riconoscimento dei diritti civili, il suo tocco artistico effondendosi anche in campo musicale quando, nel 1968, egli dipinse la copertina The Live Adventures of Mike Bloomfield and Al Kooper, doppio LP di genere Blues della coppia formata dal chitarrista Michael Bernard ‘Mike’ Bloomfield (1943-1981) e dal musicista, arrangiatore, tastierista, compositore e produttore Al Kooper, al secolo Alan Peter Kuperschmidt, Rockwell dimostrando poliedricità artistica e indomabile vitalità, nel 1977 gli Stati Uniti celebrandone capacità artistica nel conferirgli la Medaglia Presidenziale della Libertà, una delle due decorazioni massime degli Stati Uniti, l’8 novembre dell’anno successivo l’ottantaquattrenne palpito di uno dei pittori più amati d’America cessando battito e calando palpebre sullo sguardo di un uomo in grado di cogliere e riprodurre sfumature e peripezie del secolo d’appartenenza.
In Rockwell germinò fin dall’infanzia una facoltà pittorica imprescindibilmente legata all’animo di un uomo d’incredibile perspicacia nel captare anfratti esistenziali e riproporli in immagini rese straordinarie partendo dall’ordinario, ovvero dalla semplicità delle azioni umane dipinte sullo sfondo della storia in divenire, alla stessa intersecandole, purtroppo per molto tempo i suoi dipinti subendo un certo snobismo, scaturente dal considerare i soggetti scelti faceti e l’autore di vecchio stampo, poiché eccessivamente sentimentale, perlomeno fino a quando approdo al Look non ne variò contenuti pittorici, l’attenzione di Norman virando a impegnate e diffuse tematiche politico-sociali e scottante argomento d’integrazione razziale nella scuola affrontando in The Problem We All Live With, protagonista l’allora giovanissima e oggi attivista Ruby Nell Bridges Hall, fieramente diretta alla William Frantz Elementary School di New Olrleans come prima bambina afroamericana a poterne varcare ingresso — di fatto desegregandola — e a scortarla durante il dignitoso tragitto, sul cui sfondo un muro imbrattato d’insulti razzisti, quattro federali, l’ardente tela aprendosi in tutto il suo significato agli occhi del presidente Barak Hussein Obama in occasione dell’incontro da lui richiesto con Ruby e svoltosi alla Casa Bianca il 15 luglio 2011.
Amore per la pacifica atmosfera della campagna — contrapposto ad avversione nei confronti degli ambienti urbani — germinò in Norman fin dalla più tenera età, verosimilmente durante le tranquille serate in cui il padre leggeva ai figli romanzi socialmente impegnati dell’indimenticabile Charles John Huffam Dickens (1812-1870), il bimbo gradatamente sviluppando quello spiccato senso narrativo che avrebbe ben presto plasmato ad immagini e nonostante professione lavorativa l’abbia frequentemente costretto a dimorare in città, le zone campagnole sovente richiamandolo, difatti non appena possibile egli in esse locandosi e nella serenità dei bucolici luoghi più serenamente sfiatando il dissestante dolore nella sue meningi posatosi, fra problematiche mentali della madre, divorzio e precoce lutto coniugale, tuttavia Rockwell mai esondando affliggente patimento nella pittura, al contrario caparbio nel dipingere positività — forse in una sorta di beatitudine bramata e non vissuta — al mondo intero elargendo sorrisi, buffe espressioni e simpatiche scene di comune routine in momenti storici alquanto preoccupanti, per le sue opere scegliendo accuratamente i reali modelli da ritrarre e personalmente mettendoli in posa, sebbene in aggiunta avvalendosi di fotografie — quasi ventimila delle quali custodite presso il Norman Rockwell Museum — essenziali alla ricerca di particolari altrimenti sfuggenti alla memoria, in ultimo di colore facendo magia nel giocarlo a precisamente definire espressioni facciali dell’americano medio e contesti circostanti, talvolta ricreando delle storie in serie — come fu per Willie Gillis — grazie alle quali i lettori furono stimolati a seguirne l’iconografica evoluzione, penetrando inconsapevolmente la scena al sol osservarla, grazie al realismo dalla stessa evocato.
Ricorrenti nei quadri di Norman furono i cani, da esaltare in multiformi policromie all’interno di scene spassose e sublimemente tangibili, come ad esempio la simpatica andata e il successivo ritorno dalle vacanze di una famiglia con cane a seguito, in Going and coming, vivace sferzata d’allegria esplodente dai finestrini di un’auto che realmente sembra muoversi sfrecciante, al suo interno sovrapponendosi gli stati d’animo d’ognuno e facilmente percettibili dai volti, ai fidenti e leali compagni di vita — sia suoi che di altre persone — Rockwell riservando un posto speciale nel cuore e sulla tela, l’artista figurandoli con estremo rispetto, tenendo a precisarne la naturalità della presenza al di fuori del mero desiderio di accrescere la bellezza di un dipinto, in tal caso disonorevolmente sfruttandoli, all’opposto il cortese artista ritraendoli in svariate e caratteristiche movenze nella naturalità del loro istintivo interagire con l’uomo.
Gli animali sono spesso al centro dell’interesse nelle storie raccontate per immagini e a volte, possono essere inclusi naturalmente in un’immagine. In questi casi, sono molto attraenti e utili, non mi piace vedere un animale attraente messo in una foto solo per salvare il lavoro.
Norman Rockwell
L’ecletticismo di Rockwell gli permise di operare ad ampio raggio, egli addirittura annettendo evoluti congegni spaziali nei suoi lavori dedicati al programma americano d’esplorazione e conquista dello spazio, oltre a romanzi pregiandosi d’illustrare biografia dell’intensa scrittrice Louisa May Alcott (1832-1888), i suoi disegni apparendo su calendari, poster di produzione, francobolli, murales, volantini, biglietti d’auguri, carte da gioco e altro ancora, Norman materializzando più di quattromila opere, abbellendo una quarantina di libri, dando alla luce eloquenti e fedeli ritratti e persino sperimentandosi nella creazione di un fumetto insieme allo scrittore fumettista Elliot Caplin (1913-2000), progetto interrotto solamente poiché la rigorosa precisione stilistica di Rockwell non gli avrebbe concesso di tenere il passo celere tipico del giornalino animato, nondimeno alla veneranda età di ottantadue anni egli donandosi per l’ultima volta agli apprezzati BSA in Spirit of ‘76, a lui subentrando il collega Joseph Csatari e Norman Rockwell ai posteri lasciando in colori la beatitudine della spontaneità, dal lontano 1946 la monografia a lui dedicata dal disegnatore Arthur Leighton Guptill (1891-1956) al titolo Norman Rockwell Illustrator, riecheggiando come un classico oltre tempo sulle armoniose, ammirevoli, gentili e aggraziate pennellate di un uomo dall’animo poetico e gentile, il cui “realismo romantico” — come venne definito il suo stile — è impareggiabile scrigno della significativa genuinità propria a gesta e sentimenti umani, cristallizzati ad arte.
Credo d’essere affetto da una preoccupante forma di nostalgia americana della sobria e genuina vita di campagna, contrastante la complessità dei centri urbani…Non mi sarei tanto soffermato sulle estati da bambino trascorse fra campi, se non ne avessi sentito la stretta relazione con i lavori poi eseguiti…La visione dell’esistenza raffigurata, non contempla sordidezze, brutalità, dipingo la vita come che fosse.
Norman Rockwell
Il segreto di tanti artisti che vivono a lungo, è considerare ogni dipinto una nuova avventura. Quindi guardano sempre avanti, in cerca di qualcosa d’inedito ed eccitante. Il segreto è non voltarsi indietro.
Norman Rockwell
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