Michael Cheval: Il mondo irreale dell’assurdo
Non è dato sapere come l’ispirazione agisca sulla mente dell’artista gettandola in uno stato di fantastico entusiasmo, ma quando a coglierla è Michael Cheval, il risultato è un mondo fiabesco in cui tutto è…impossibile, dove non sarà quindi strano incontrar un novecentesco poliziotto inglese mentre suona un cigno-sassofono, trovare Vladimir Putin in veste di novello Don Chisciotte, ed altrettanto non dovrà stupire trovasi difronte Salvador Dalí che, mazza da golf alla mano, suona un violino-padella, con tanto di uova, a fianco di una donna impegnata a gustarsi fette di anguria col tè, il tutto mentre un gallo gira loro intorno camminando sopra carte da gioco.
Questo è il pianeta irreale di Michael Cheval, al secolo Mikhail Khokhlachev, famoso artista russo, considerato maestro dell’assurdo, o meglio, dell’absurdism, come egli stesso usa descrivere il suo stile, letteralmente ‘assurdismo’. Sebbene ad influenzarlo siano stati i grandi padri del surrealismo, le sue opere si separano da quest’ultimo in quanto non scaturiscono dai sogni o dal subconscio, come invece avviene nella corrente che fu di quelle che lui valuta come le sue principali muse: René Magritte e il già citato Dalí.
Secondo Cheval, l’assurdismo è il rovesciamento della logica nel «tentativo di comprendere la nostra vita per com’è realmente». I suoi dipinti sono illusioni partorite da una grande immaginazione, idee che possono nascere improvvisamente o prendere forma sulla tela, ma non è tutto. Spesso per le sue opere trae spunto da libri di filosofia, saggi, dalla letteratura più in generale e ad ispirarlo infatti, sono anche Edward Lear e Lewis Carrol, scrittori che non a torto considera padri dell’assurdismo.
Nella loro visionaria leggiadria e apparente semplicità, i suoi lavori sono però tutt’altro che accessibili, invero, hanno bisogno di essere decifrati. Dietro ad una tecnica ed eleganza straordinarie, si celano metafore, allusioni, un insieme di enigmi da scoprire e poi risolvere. Il primo indizio solitamente è nel titolo stesso del dipinto, ma la soluzione non è sempre una soltanto. Tuttavia l’artista, se da una parte sfida l’osservatore a scovare il significato, dall’altra non ne argina la fantasia ed anzi, elegge il pubblico a coautore invitando le persone a fornire una propria interpretazione, in modo tale che possa emergere una nuova comprensione dell’opera.
Michael Cheval, dalla Russia alla fama
Nato nel 1966 a Kotel’nikovo, un piccolo centro urbano situato nell’oblast’ di Volgograd, Michael Cheval ha ereditato l’amore per l’arte dal padre Mikhail e dal nonno Yuri Lipov, entrambi artisti che lo hanno spinto ed incoraggiato a disegnare fin dalla prima infanzia e non si può dire che lui non li abbia ampiamente ripagati, già in tenera età mostrava una predisposizione naturale. Quando nel 1980 la famiglia si trasferì in Germania, per lui, già appassionato di storia e letteratura, l’incontro con la cultura occidentale fu occasione di ampliare ulteriormente i suoi orizzonti; si dedicò infatti alla musica, alla poesia, arti che permangono nelle opere.Per Cheval non era però ancora giunto il momento di rimaner confinato in un posto e dopo aver preso il diploma e prestato servizio nell’esercito sovietico, nel 1986 partì alla volta di Nebit Dag (Montagna dell’Olio), città del Turkmenistan precedentemente conosciuta come Neftedag e dal 2001, per decreto dell’ex presidente Saparmurat Niyazov, ribattezzata Balkanabat, essa si trova infatti ai piedi della catena montuosa del Balkan Daglary.
Tra il confine iraniano e il grande deserto del Karakum, frequenta la scuola di Belle Arti della capitale e per la prima volta espone in una mostra personale, il luogo è il Museo Statale. Aveva 24 anni, per lui rappresentò un’importante opportunità per farsi conoscere ed apprezzare, cosa che naturalmente si verificò. In qualità di illustratore inizia a lavorare nell’editoria, stringe collaborazioni con vari teatri della zona curando le scenografie, ma a breve, sarebbe arrivato ancora una volta il tempo di lasciarsi tutto alle spalle e partire verso nuovi lidi. L’anno è il 1993, Cheval decide di tornare in patria e si stabilisce a Mosca. Qui lavora come artista indipendente e trova nuovamente impiego come disegnatore per alcune case editrici, tra le quali la storica Planet, fondata nel ’61 per poi reinventarsi nel 2006 come Publishing House Planeta, pubblicando libri di storia, riviste d’arte, sport e letteratura classica anche destinata ai bambini.
Anche stavolta però la permanenza è di soli pochi anni e nel 1997, abbandona la terra natia e vola a New York. Negli Stati Uniti ritrova quell’occidente che aveva conosciuto da adolescente e che tanto l’aveva colpito; adesso però ha con sé la consapevolezza artistica di tanti anni e all’ombra della Statua della Libertà arriva la svolta. Appena un anno dopo diventa membro del National Arts Club, storico e prestigioso circolo privato nato a Manhattan nel 1898 e fondato dal poeta, critico e linguista Charles DeKay, allo scopo di «stimolare, favorire e promuovere l’interesse pubblico nel campo delle arti e di educare il popolo americano nelle belle arti».
Nel 2000 fu il vincitore all’Exhibition Committee Award, l’annuale mostra organizzata dal club, le sue opere cominciano ad essere esposte regolarmente in varie gallerie della Grande Mela Nel 2002 entra a far parte della Society for Art of Imagination di Londra, partecipando alle esposizioni europee promosse dall’associazione.
A novembre dell’anno successivo alcuni suoi dipinti sono stati inclusi nella mostra Brave Destiny del Williamsburg Art and Historical Center di Brooklyn, la più importante esposizione d’arte visionaria del pianeta; insieme a lui parteciparono personaggi come Ernst Fuchs, compianto artista austriaco tra i padri della Scuola viennese del Realismo Fantastico e con lui, Hans Ruedi Giger, il celebre pittore, scultore ed insieme all’indimenticabile Carlo Rambaldi, creatore di Alien.
Nel 2009 Michael Cheval è stato scelto come Best Of Worldwide Oil Artist e negli anni i suoi dipinti hanno continuato a fare il giro del mondo, sono stati pubblicati nel catalogo di ‘Dreamscape’, a loro dedicati sono i libri ‘Lullabies’ e ‘Nature of Absurdity’, alcune opere sono conservate al Museo di Belle Arti di Ashgabad, dove tutto ebbe davvero inizio, altre si trovano in quello di Volgodonsk ed altre ancora nello collezioni private del già citato Fuchs e di Ian Gillian, storico cantante dei Deep Purple.
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