José Molina, il surrealista esploratore della natura umana
Contemplativo e intenso, José Molina fin dalle prime opere ha esplorato l’essere umano nella sua molteplice e mutevole natura, in eterno equilibrio tra meschinità e grandezza, buio e luce, nel ciclo perenne di morte e rinascita. Ricerche affrontate con estrema sensibilità, percezione della realtà e accettazione della stessa.
Il desiderio di comprensione dell’artista è infatti anche un’invito all’introspezione, guardando senza timore e pregiudizio, ma con occhi nuovi, i sentimenti che da sempre muovono il mondo, accogliendo quindi la bellezza, l’amore, l’armonia e altrettanto la crudeltà, l’egoismo, l’incapacità di provare empatia, immergendosi quindi nelle cavità più profonde per cogliere l’essenza. E’ l’emozione dunque a farsi materia nelle creazioni di Molina, virtù e peccati scolpiti nella loro purezza, esasperando e stravolgendo corpi e lineamenti, esattamente come grettezza, avidità o indifferenza deturpano l’anima, rappresentata tramite un linguaggio visivo e altresì letterario, racconti curati, analitici, frutto di attenti appunti di viaggio.
Ci hanno insegnato a essere forti. Ci hanno insegnato a non piangere, a non lamentarci […] A uccidere la paura, a fuggire dall’oscurità. […] Ci hanno insegnato a non affrontare i nostri veri problemi, ci hanno insegnato a non guardare in faccia alla morte
Il surrealismo antropologico di José Molina
Nato a Madrid nel 1965, José Molina si è avvicinato al disegno e alla pittura durante la prima l’infanzia, una passione poi mantenuta e coltivata attraverso un percorso formativo, culminato con la laurea all’Università di Belle Arti della capitale iberica. Ancora allievo però, verso i 18 anni, iniziò a lavorare come grafico multimediale nel settore pubblicitario, un’ attività che in seguito gli ha permesso di intraprendere una brillante carriera come illustratore nel mondo della televisione, dei cartoni animati e di ricoprire il ruolo di consulente di comunicazione per varie multinazionali. Ad animarlo tuttavia era il mistero dell’essere, complesso interrogativo che lo ha portato a compiere studi sulla psicologia transazionale, psicomotricità, concentrandosi altresì sulla storia, aprendo i libro dove le pagine ricordano epoche remote, quelle delle civiltà più antiche, scorrendo poi il tempo fino ad arrivare agli eventi che hanno caratterizzato il Novecento.
All’alba del nuovo millennio sentì ch’era giunto il momento di abbandonare la carriera e dedicarsi totalmente all’arte, riversando in essa i battiti inascoltati, le angosce, i rancori, mettendo quindi in scena la grande commedia umana, con i suoi sogni, segreti, tristezza e nobiltà, Cominciò a realizzare opere a grafite, olio su tavola, matite, china, penne a sfera, pastelli e la decisione presa lo portò anche a lasciare la Spagna per trasferirsi sulle rive del lago di Como, a Gravedona, dove da allora vive e lavora. Espose per la prima volta nel 2004, alla Galleria Rubin di Milano, dove presentò la collezione Morir para Vivir, una riflessione sul concetto di risurrezione, rinnovamento, pensando alla vita come ad un’esperienza che non permette di tornare indietro per ripartire, ma offre comunque la possibilità di un nuovo inizio, proprio come lui aveva appunto liberamente scelto di fare.
Nel capoluogo meneghino tornò anche nel 2008, presentando Predatores, una serie che aveva la volontà di ritrarre l’indole primitiva che è alla base della selezione naturale, istinti spesso rifiutati benché siano propri ed evidenti nell’uomo. La mostra fu ospitata al Museo Civico di Storia Naturale a cura di Vittorio Sgarbi e il critico ferrarese definì le opere di José Molina una «eccezionale impresa grafica»: “Questo valore documentario immaginario dell’impresa di Molina lo avvicina a Borges, lo scrittore che inventa testi, luoghi, situazioni storiche inesistenti, ma assolutamente credibili, con uno straniamento che ci impedisce di riconoscere il vero dal falso, esaltando, con insuperabile naturalezza, il verosimile. L’antropologia di Molina potrebbe essere il manuale per integrare l’atlante borgesiano dei luoghi immaginari che oggi, seguendo l’esploratore Guadalupi, Alberto Manguel ridefinisce in rinnovati itinerari. In questo percorso in luoghi esotici (e inesistenti) sarebbe possibile incontrare, provenienti da aree inesplorate, gli uomini immemorati di Molina”.
Nello stesso anno nacque Sentimentos, serigrafie raffiguranti il coro di voci interiori che accomunano ogni individuo: «Ricordo che tutto iniziò in un giorno di estate, in Irlanda, sotto quella pioggia infinita e pesante. Bagnato fino alle ossa. Timidamente, in un foglio di carta usato. Ne uscì uno e poi un altro. Tirando fuori la mia rabbia, la mia paura, tutto quello che era stato imprigionato per tanto tempo. Con una semplice matita…Mostri a due teste, bambini maligni e mutilati, uomini piccoli e miserabili che manipolavano e possedevano giganti che non usavano affatto la loro forza. Un terrificante mondo nascosto, di incubi, ma a volte reale, stranamente familiare. La serie si è sviluppata nel tempo. All’inizio era crudele, quasi vomitata, sputata e maledetta. Più tardi maggiormente umana, comprensiva, equilibrata, ma ugualmente critica. Disegni con un forte carico sociale e psicologico, testi che cercano di comprendere l’uomo e di accompagnarlo nella quotidianità, nella sua tristezza a volte incurabile».
Dall’esordio milanese, le opere di José Molina sono state esposte in centinaia di mostre, personali e collettive, valicando anche i confini italiani, mentre l’artista ha continuato a navigare i fiumi della psiche e quelli subliminali con Cosas Humanas, Sabana Absurda, Los Olvidados, gli esseri dimenticati che un tempo furono «guerrieri, pronti a combattere ed ora sconfitti, espropriati, ridotti al silenzio», creature lacerate dal dolore, deformate, espressione del contatto che va perdendosi con le parole del cuore, con quelle di Madre Natura. Illuminazione che trovò seguito in Animadonna, un lavoro distante dai precedenti proprio perché incentrato sulla condizione femminile considerata come «potere creativo»: “Di fronte al mondo delle donne inevitabilmente ti ritrovi a contemplare tutta la ricchezza perché frammenta la capacità di espressione in diversi stili e tecniche: olio, acquerello, matita, serigrafia, incisione, elementi scultorei che sono alla una volta il forte legame tra donne e natura. Questo collegamento non è solo un suggerimento, ma un invito concreto a rispettare la terra, a trovare la donna dentro di noi”.
Nel 2016 fu la volta di Contemporary Sins, allegoria dei peccati che vanno a sommarsi agli ‘originali’ e che contraddistinguono il nostro tempo, neonati vizi capitali individuati nel disinteresse, nella brama di potere interpretata e nello stesso anno nacquero Monsters Under My Bed, i mostri che non albergano l’inconscio rappresentati nel successivo Landscape After Battle, ma sono quelli della violenza, delle guerre, dell’abuso delle risorse, sono i mali che affliggono il Pianeta ma verso i quali troppe volte manca la dovuta attenzione e partecipazione.
Ispiratrice di One Question A Day, portata alla luce nel 2018, è stata invece la poetica racchiusa in Libro delle Domande di cui autore fu Pablo Neruda, sublimi quesiti apparentemente senza logica né risposta, che hanno spinto l’immaginazione di Molina a compiere un passo simile realizzando una serie di disegni, associando ad ognuno di essi un’interrogativo a prima vista surreale.
[…]
È questo il sole di ieri
o è altro il fuoco del suo fuoco?
Come ringraziare le nubi
per l’abbondanza fuggitiva?
Da dove viene il nuvolone
coi suoi neri sacchi di pianto?
Dove sono quei nomi
dolci come torte d’un tempo?
Dove son finite le Donalde,
le Clorinde, le Edvigi?
[…]
Cosa penseranno del mio cappello
tra cento anni, i polacchi?
Che diranno della mia poesia
quelli che non toccarono il mio sangue?
Come si misura la schiuma
che scivola giù dalla birra?
Che fa una mosca imprigionata
in un sonetto di Petrarca?
(Tratto da: Libro delle Domande)
Poliedrico e visionario, José Molina concepisce l’arte come impegno sociale, mezzo per suscitare sensazioni; con ironia, severità, disincanto, indulgenza, sempre cercando nuove strade nel dedalo dell’esistenza.
L’artista madrileno tratteggia mappe caratteriali e psicoanalitiche dell’essere umano, creando mondi dove i confini sono quelli delineati dalla sola fantasia, universi popolati da creature del tutto reali, per quanto oniriche o alterate esse siano.
I miei dipinti presentano elementi inquietanti che allontanano dalla concretezza e rendono le mie opere più sognanti e surreali. Questo mi permette di esplorare l’umanità in profondità, uso il surrealismo come strumento di indagine, come linguaggio di verità nascoste. Questi personaggi fantastici e allo stesso tempo aggressivi non sono intesi come una provocazione, ma per indurre lo spettatore ad avventurarsi nella natura sfaccettata dell’animo umano.
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