Patrick Commecy: Affreschi che trasformano le città
Patrick Commecy crea città nelle città, sublimando le pareti degli edifici con dipinti murali che ritraggono momenti di vita quotidiana, animali della savana, scenari medievali, paesaggi naturali ed ancora colossali ritratti di personaggi famosi che si affacciano sulle strade e sono quelli di Marilyn, Charlot, dei fratelli Lumière. Pitture estremamente realistiche che di anonimi e grigi angoli urbani, fanno oasi fiabesche e surreali.
Classe 1956, Commecy è nato e cresciuto in Camerun e ha cominciato ad interessarsi all’arte quando 18enne, si è trasferito in Francia, ma dell’infanzia e adolescenza evidentemente ha conservato il senso dei colori, della luce ed altresì della collettività. E’ il desiderio di coinvolgere ed interagire con la comunità che lo spinse verso spazi aperti, ben presto gli fu chiaro che sarebbe stato a lui maggiormente congeniale per comunicare.
I muri sono la pelle degli abitanti. La gente dovrebbe riconoscere nell’affresco, una monumentale carta d’identità.
Dopo aver frequentato l’Accademia di Belle arti a Lione, per circa una decina di anni, ha volontariamente dedicato la sua arte a ospedali psichiatrici, quartieri degradati, istituti rieducativi, dopodiché volò in Messico, paese dove il muralismo è ben radicato, il movimento ha infatti avuto inizio nei primi anni del Novecento con artisti come Orozco, Siqueiros, Rivera. Dopo la rivoluzione del ’10, diventò un mezzo per narrare e mantenere viva la storia e l’identità di un paese che rappresenta tutt’oggi un punto di riferimento di questa forma espressiva.
Nel 1978, assieme ad alcuni compagni d’accademia costituì la cooperativa Cité Création, di cui fu condirettore e direttore artistico fino al 2002, portando a termine oltre 300 murales, realizzati sia in Francia, sia all’estero.
Conclusa l’avventura, quello stesso anno nel cuore verde dell’Isère iniziò il progetto più personale di A.Fresco. Da allora sono già più di 150 i lavori, dipinti trompe-l’œil i cui soggetti sono sempre in funzione del luogo, ne rispettano l’identità, la storia, l’aspetto socio-culturale, l’architettura, l’ambiente in cui sono inseriti ed altrettanto ne vanno a soddisfare la richiesta di privati e istituzioni che vogliono riqualificare e valorizzare il territorio.
In molte città gli affreschi non hanno avuto uno scopo puramente estetico e turistico, ma hanno risollevato aree abbandonate, zone industriali, dato respiro a punti ciechi. Prima di ogni lavoro Patrick Commecy, compie sopralluoghi per essere maggiormente consapevole di quale disegno, materiale e tonalità usare, anche per far sì che i lavori possano resistere al tempo.
Fare un murales, non è affatto come fare un dipinto su una tela bianca dove possiamo immaginare e permettersi tutto. Una parete impone le proprie caratteristiche, è grande, piccola, granulosa, un particolare tipo di illuminazione, una determinata forma che non scegliamo, per cui dobbiamo adattarci.
Fra il ’94 e il ’95, dalla Cité Création venne realizzato quello che è poi diventata una delle tante attrazioni di Lione, un dipinto murale di 800 m², sulla facciata di un palazzo a rue de la Martiniere, in cui 24 personaggi storici e 6 contemporanei legati alla città, dialogano sulle terrazze o fanno capolino dalle finestre. Un’opera immensa superata per grandezza nel 2012, quando, in un parcheggio sotterraneo nei pressi di Vienne, avvalendosi della collaborazione di 30 pittori, Patrick Commecy ha creato un affresco che copre una lunghezza di 5km e una superficie complessiva di 8000 m², in cui sono ritratti 250 personalità francesi distintesi in ambito letterario, artistico, musicale, scientifico.
Mentre nel 2017, con l’opera Les chemins de Compostelle, per l’ennesima volta è stato insignito del Pinceau d’Or, riconoscimento nato nel 2006 allo scopo di premiare l’arte urbana attraverso il museo virtuale più vasto al mondo messo a disposizione da tromp-l-oeil.info e il 2019.
Porto la pittura fuori dal mercato dell’arte. La uso come mezzo di comunicazione, i muri sono per tutti e ciò che è dipinto sfugge a qualsiasi speculazione. Ho voluto fare arte per la gente, non per le gallerie, non per i collezionisti, ma per la gente di strada.
Continua con John Pugh
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