Bordalo II, arte a sostegno dell’ambiente
Sostenibilità ambientale e sociale, sono le tematiche su cui invitano a riflettere schiere di variopinti animali, creature scaturite dalla mente di Bordalo II, lusitano inventor di bassorilievi e opere tridimensionali, costruiti adoperando esclusivamente oggetti riciclati.
Appartengo a una generazione estremamente consumista, materialista e avida. La produzione è portata all’eccesso, compresa quella riguardante i rifiuti, gli oggetti inutilizzati, così aumentando in maniera proporzionale lo spreco. Rifiuti tra virgolette, perché tale definizione è astratta: «La spazzatura di un uomo è il tesoro di un altro».
Estimatore di talenti contemporanei quali Dran, Farewell, Pawel Kuczynski, Okuda, Vik Muniz e Spy, Artur Bordalo, nacque a Lisbona nel 1987 e all’arte s’avvicinò durante l’infanzia affascinato dai paesaggi della capitale dipinti ad olio e acquarelli dal nonno paterno, il maestro Artur Real Chaves Bordalo da Silva (1925-2017), disegnatore e pittore formatosi alla Fábrica da Cerâmica Constância Faiança Bastitini e più tardi — allorché già prestava mano in veste d’illustratore allo storico quotidiano Diário de Notícias — fra le mura della Sociedade Nacional de Belas Artes, ricevendo riconoscimenti e menzioni d’onore al termine degli anni ’40, presagi del consenso di critica e pubblico che avrebbe raccolto con la personale d’esordio tenuta nel 1952 all’interno della Salão Nobre del Casinò di Figueira da Foz, mostra dopo la quale decine d’altre vennero allestite tanto in patria quanto all’estero, un peregrinare attorno al globo di cui mantengono memoria i numerosi lavori conservati in collezioni private disseminate in Francia, Germania, Giappone, Italia, Stati Uniti d’America e immancabilmente sul suolo natio, dove a celebrarli sono anche il museo regionale José Malhoa di Caldas da Rainha e quelli civici di Amarante, Lagos, Lisbona, Porto, Santarém e della fiabesca Sintra.
Legame affettivo e artistico Bordalo II, altrimenti «Segundo», onorò imprimendo nel proprio nome il ricordo di chi lo precedette, quando adolescente, imparando a conoscere e muoversi nella strada, principiò ad esprimersi attraverso i graffiti per poi gradualmente evolvere verso i murali fino ad intraprendere cammino accademico. Non portò a termine gli studi, tuttavia nelle aule universitarie, mettendosi alla prova con scultura, design della comunicazione, pittura su tela, vetro, ceramiche a pasta compatta e porosa, avvenne intuizione di miscelare discipline e materiali poveri. Frattanto tecnica e stile s’affinavano, in cuor del portoghese cresceva difatti coscienza ambientalista e celati dalle variopinte vernici a formare la base dell’opere, cominciarono ad esser mosaici di rottami: plastica, paraurti, elettrodomestici, resti d’oggetti dati alle fiamme, grovigli di cavi e qualsisia scarto scovato nelle discariche, terreni abbandonati, stabilimenti industriali dismessi oppure in fase di riqualificazione.
Sfortunatamente, non ho mai problemi a reperire rifiuti. Il mio bene è il male del mondo. Inoltre l’arrivo della troika e l’introduzione di politiche di austerità, hanno causato la chiusura di molte fabbriche in Portogallo e mentre i materiali di maggior valore in esse contenute vengono inevitabilmente presi, quelli ritenuti inutili rimangono e con il tempo, diventano zone per smaltimenti illegali. Ed è fra questi rifiuti che trovo gli oggetti migliori con cui lavorare.
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Le prime istallazioni apparvero intorno al 2011 nei pressi di Cabo Ruivo, area lisbonese recuperata in occasione di Expo 98 dopo esser rimasta a lungo all’ombra di fatiscenti magazzini, depositi e strutture un tempo appartenute a una raffineria, un opificio d’armi, al mattatoio municipale. Originale intento suscitò presto attenzione e il Montana Shop & Gallery, negozio e spazio dedito alla cultura di strada recentemente ribattezzato Crack Kids, ne ospitò l’esposizione dal titolo Tornar O Banal Original e nella stagione successiva, fu chiamato al Wool Festival di Covilhã, manifestazione volta ad omaggiare l’antica vocazione laniera del luogo attraverso l’arte urbana. Vi tornò nel 2014 e in una parete nascosta nel centro storico della città realizzò Olhos de Coruja, un solitario gufo dagli intensi occhi costituiti da pneumatici di trattore, in virtù del quale Bordalo II venne inserito da più riviste di settore — ed in compagnia del connazionale Vhils anch’egli partecipe all’edizione — fra gli artefici dei migliori murali al mondo eseguiti nel corso dell’anno. L’opera era frutto del progetto Big Trash Animals, presentato nel 2013 in ambito del Walk & Talk Arts Festival ogni estate organizzato sull’isola São Miguel dell’arcipelago delle Azzorre.
Big Trash Animals è una serie di opere d’arte che mira ad attirare l’attenzione su un problema attuale che rischia di essere dimenticato, diventare banale o un male necessario: la produzione di rifiuti, i materiali non riutilizzati, l’inquinamento e il suo effetto sul pianeta.
Bontà e meraviglia dell’ispirazione trovò rapida diffusione sul web, inviti presero a giunger dai maggiori eventi d’arte urbana e con essi piogge collaborazioni e commissioni, da Italia, Messico, Polonia, Stati Uniti, dalla polinesiana Tahiti alla caraibica Aruba ed ovunque in Portogallo iniziarono a spuntare variopinti ed emotivamente coinvolgenti animali, sino ai pellicani completati a marzo 2020 fra i vicoli di Lisbona su desiderio dell’Associação Mutualista Montepio, anticipati dalla significativa mostra inaugurata a gennaio 2019 nella parigina Galerie Mathgoth: Acordo de Paris.
L’idea non è quella di creare qualcosa di bello dalla spazzatura, ma di stimolare la gente a guardare cosa c’è dietro. Stiamo distruggendo il mondo con le nostre abitudini, l’economia praticata. Gli animali sono probabilmente il modo più semplice per ritrarre la natura e comunicare tramite essa, perché sono simili a noi esseri umani. La Terra è la nostra casa, il nostro habitat; il luogo dove mangiamo, dove respiriamo. Non possiamo distogliere l’attenzione che dobbiamo invece prestare alla conservazione della natura, dell’ambiente, alla qualità della vita e alla vita stessa. Con il mio lavoro cerco di comunicare idee, paure e consapevolezza dei problemi che stiamo affrontando: riscaldamento globale, il cambiamento climatico, estinzioni di massa, deforestazione, scarsità d’acqua, inquinamento. Acordo de Paris comprende una gamma di elementi chiave, metafore di responsabilità per prevenire e fermare tutto questo: Parigi è quindi il luogo perfetto per condividere tali concetti e idee.
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