Banksy, il “volto” della Street Art
Banksy, sulla faccia della Terra non esiste una sola persona che non abbia visto almeno una sua opera, eppure, nonostante sia ormai in attività da oltre 20 anni, la sua reale identità continua ad esser un mistero, contribuendo alla leggenda di uno tra i maggiori street-artist al mondo.
Ammiratore di Blek Le Rat, inizia a fare graffiti con la DryBreadZ Crew ed in seguito collaborando con artisti del calibro di Inkie, ma è verso i 18 anni che – inseguito dalla polizia per atti vandalici – nota le lettere stampate tramite sul camion dei rifiuti, dietro al quale si era andato a nascondere. Capisce che se avesse adottato la tecnica dello stencil, questa gli avrebbe permesso di essere più rapido nelle strade, e benché abbia creato comunque opere tramite pittura o mezzi classici, è lo stencil che gli permetterà di raggiungere il grande pubblico.
Le sue opere – alcune valutate decine di migliaia di sterline – sono ormai ovunque, dall’Inghilterra all’Australia, dal Canada alla Palestina, immagini attraverso le quali Banksy rivela una straordinaria capacità comunicativa e sempre, criticando apertamente il sistema, condannando guerre, capitalismo, in difesa dei diritti umani e sostenendo cause per la difesa dell’ambiente.
Famoso anche per esser riuscito ad appendere sue opere in musei come il Metropolitan e il Moma di New York, la Tate Gallery di Londra o il Louvre di Parigi, le sue immagini sono talvolta impregnate di estrema poesia, altre volte dove è l’ironia a catalizzare l’attenzione del pubblico, riuscendo poi a spostarla verso l’obiettivo.
Un esempio ne è il gatto raffigurato tra le macerie di Gaza, con il quale Banksy colpisce anche l’intera e moderna “social-società”: «Volevo mostrare la distruzione di Gaza mettendo foto sul mio sito, ma la gente su internet guarda solo foto di gattini».
Non manca di esprimere il proprio sostegno verso i migranti e lo fa ricordando che «Steve Jobs era figlio di un siriano e se la Apple è l’azienda con i profitti maggiori al mondo e ogni anno paga miliardi di dollari di tasse – conclude – è unicamente perché hanno accolto un giovane proveniente da Homs».
“La ragazza con il palloncino” e “Il lanciatore di fiori” sono forse le sue opere più famose, ma di altrettanta forza sono “La colomba corazzata” o il bellissimo “Angelo con teschio“.
Opere che indiscutibilmente collocano l’artista nella cosiddetta “guerrilla art“, il movimento che lotta attraverso messaggi di denuncia e che Banksy, ha lanciato sin dagli inizi, senza però mancare d’evidenziare ipocrisie e isterismi della società attuale, e allora ecco gli eloquenti “Spazzalo sotto il tappeto” o gli “Amanti con lo smarthphone“.
Il volto di Banksy
Per alcuni, altri non sarebbe se non Robert Del Naja, cantante e compositore dei Massive Attack.
Nato a Bristol, Del Naja ha un passato da graffitista, tanto da essere addirittura considerato tra i pionieri della street art nella città inglese e pur non sapendo con certezza dove sia nato, è certo che Banksy abbia iniziato la sua carriera proprio a Bristol, più volte dichiarando di aver subito l’influenza artistica del futuro leader della band britannica.
A questo, si aggiungono le occasioni in cui le strade dei due si sono quanto meno incrociate e dunque, opere di Banksy apparse nelle città dove i Massive Attack erano impegnati in concerti, oppure come nel capoluogo campano, dove il cantante era nei paraggi.
Di origini napoletane, nel 2004 Del Naja fu spettatore e tifoso durante la partita di calcio che aprì l’era De Laurentis, Napoli-Cittadella.
Da allora, tra le tante opere d’arte della città partenopea è conservata anche “Madonna con la pistola“, l’unica di Banksy rimasta intatta in Italia, tant’è vero, che nel 2016 è stata posta sotto vetro, per mantenerne l’integrità.
Ad avvalorare ulteriormente la tesi, ci sarebbe la recente intervista rilasciata da Clifford Joseph Price, meglio noto come Goldie, durante una puntata di Distraction Pieces Podcast, trasmissione condotta da Scroobius Pip.
«Dammi una lettera, la stampo su una maglietta con la scritta Banksy e ci siamo. Possiamo venderla» afferma Goldie, dicendosi amico di Banksy.
«Nessuna mancanza di rispetto per Robert – aggiunge rivelandone forse il nome – penso che sia un artista geniale, che ha capovolto il mondo dell’arte».
Dal suo profilo twitter, Gold farà sapere che al momento dell’intervista era al telefono proprio con il 52enne Robert Del Naja, spiegando quindi l’errore involontario.
Nonostante il tentativo di Goldie, tutto fa pensare che il mistero sul volto di Banksy sia ormai svelato, se non fosse per le ricerche effettuate nientemeno che, dalla Queen Mary University di Londra.
Tutto ha inizio da una fotografia scattata in Giamaica, che ritrae un uomo impegnato a realizzare uno stencil, per essere identificato come tale Robin Gunningham, anche lui nato a Bristol.
Nel 2008 il quotidiano britannico Daily Mail condusse una lunga inchiesta, intervistando vicini di casa ed ex-compagni di scuola di Gunningham.
Tra le varie coincidenze, le più evidenti sono che effettivamente il ragazzo avrebbe mostrato grandi doti artistiche durante il periodo scolastico, abbandonando gli studi a 16 anni per dedicarsi ai graffiti lontano da Bristol.
La conclusione del Daily Mail, fu quindi che Banksy e Gunningham fossero la stessa persona, una tesi questa, che trova conferma nelle prove – stavolta scientifiche – fornite dai ricercatori della Queen Mary University.
Servendosi della “geographic profiling“, tecnica utilizzata in criminologia per poi essere ulteriormente sviluppata, gli scienziati si dicono certi dei risultati, tanto da ipotizzare l’uso della stessa nelle indagini contro il terrorismo e per individuare epidemie infettive.
Il geoprofile collega un evento alla causa, così lo studio ha preso in considerazione 140 luoghi fra Bristol e Londra, dove sono presenti lavori di Banksy, incrociando poi la mappa con gli indirizzi di dieci persone ritenute sospette ed «è apparso immediatamente che solo uno poteva essere preso seriamente in considerazione, e tutti sappiamo chi è – afferma il Dr. Steven Le Comber, biologo tra gli autori dello studio – Sarei sorpreso, se non lo fosse. Se si cercano Banksy e Gunningham su Google – conclude il biologo – si ottiene qualcosa come 43.500 hits».
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