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Tutta la verità sul glifosato: fa davvero male?

 
 
Il problema delle sostanze chimiche che vengono utilizzate in agricoltura, come il glifosato, rappresenta una questione molto complessa. Soprattutto dobbiamo considerare quali conseguenze possono subentrare in termini di salute, quando queste sostanze chimiche contaminano le coltivazioni e quindi anche il cibo di cui ci nutriamo. Si è parlato a lungo del glifosato, un diserbante molto usato in tutto il mondo, e sono state rivolte molte accuse per i possibili danni che potrebbe causare alla salute umana.

Sulla questione è intervenuta anche l’Unione Europea, che ha considerato i dati che sono stati diffusi a livello internazionale nel corso degli anni. A comporre il quadro ci sono le disposizioni dell’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro, che nel 2015 ha inserito il glifosato nella lista delle sostanze probabilmente cancerogene. Ma qual è la verità? In effetti gli studi a disposizione sono molto controversi e non sembra che riescano a fare completa chiarezza sulla tossicità o meno di questo diserbante. Ma fa davvero male?

 

Il glifosato è cancerogeno?

Secondo gli studi effettuati, sarebbe emerso un collegamento tra il glifosato e il linfoma non-Hodgkin. Il rischio sarebbe in particolare per gli agricoltori, che, proprio per il loro lavoro, rimangono particolarmente esposti a questa sostanza chimica. Alcuni studiosi sostengono che i componenti del glifosato siano in grado di indurre a mutazioni genetiche, da cui deriverebbe lo sviluppo dei tumori.

Tutto ciò sarebbe confermato dal fatto che lo IARC ha inserito questo prodotto nella lista delle sostanze probabilmente cancerogene, il cosiddetto gruppo 2A. Ma per comprendere meglio la questione dei potenziali effetti tumorali del glifosato, bisognerebbe considerare che nello stesso gruppo in cui questo diserbante è inserito ci sono anche alcuni composti chimici usati dai parrucchieri, la carne rossa e le sostanze che si sprigionano con la frittura ad alte temperature.

 

Il glifosato non costituisce un pericolo per la salute?

Altre prove ci vengono dall’EFSA, che ha pubblicato nel 2015 una nuova valutazione sugli eventuali pericoli legati a questo diserbante. Secondo l’EFSA, nonostante ciò che ha detto lo IARC, è improbabile che il glifosato possa danneggiare il DNA o possa rappresentare una sostanza pericolosa perché porta allo sviluppo dei tumori nell’uomo.

Nel corso del 2016 e del 2017 anche la FAO e l’Agenzia europea per le sostanze chimiche hanno affermato che il glifosato non è cancerogeno. Molte aziende sanitarie internazionali hanno sottolineato però la probabilità che questo diserbante possa causare danni agli occhi e si riveli tossico per gli animali e la vegetazione che popolano gli ambienti acquatici.

Ci si potrebbe chiedere come mai si è giunti a conclusioni così differenti, ma il problema è che i diversi organismi internazionali utilizzano analisi statistiche che vengono elaborate con metodi differenti. Inoltre bisogna fare una distinzione tra vecchie formulazioni del glifosato, ancora in commercio, che includono altre sostanze, e nuove formulazioni, che hanno caratteristiche differenti da quelle più antiche. È chiaro però che conclusioni così divergenti suscitano parecchi dubbi e creano fra la popolazione degli allarmismi che non è facile fermare.

La legge riserva molta importanza anche alle valutazioni che dovrebbero essere effettuate dalle industrie produttrici. Dovrebbero essere queste ultime soprattutto ad impegnarsi per dimostrare la pericolosità o il carattere innocuo del glifosato o in generale di tutti i pesticidi. Restano dunque i dubbi nel rivolgersi ad un mercato ormai generalizzato che potrebbe esporre a potenziali rischi. È pure vero che la presenza di residui nei pesticidi nel cibo che mangiamo è sottoposta a dei controlli molto stretti, per cui è molto improbabile essere esposti in maniera massiccia al glifosato direttamente attraverso il cibo che consumiamo.

Glifosato, coltivazioni e cibo

Il glifosato è pericoloso?

È chiaro che sulla pericolosità o meno del glifosato rimangono molti dubbi, proprio perché neanche gli studi scientifici di organismi internazionali famosi sono riusciti a fare chiarezza in maniera precisa. La maggior parte degli scienziati ritiene che i pericoli per la salute connessi all’esposizione al diserbante rappresentino davvero una possibilità remota.

Però hanno ragione anche le associazioni ambientaliste, che sottolineano i rischi per l’ambiente derivanti dall’uso di pesticidi da parte dell’agricoltura industriale. Molti Paesi hanno adottato delle precauzioni, per ridurre il rischio legato all’uso di questo diserbante e anche per evitare che esso venga utilizzato in maniera inappropriata.

Nel nostro Paese il Ministero della Salute ha emanato un apposito decreto del 2016 che vieta di usare il glifosato nelle aree frequentate dalla popolazione o in punti come giardini, campi sportivi, aree gioco per bambini e cortili annessi a scuole o strutture sanitarie. Con un altro decreto, sempre il nostro Ministero della Salute è intervenuto, per ritirare dal commercio i prodotti che, oltre al glifosato, contenevano un’altra sostanza, l’ammina di sego polietossilata, che avrebbe degli effetti tossici sull’uomo.

 

Il glifosato provoca danni nei nascituri?

Di recente è stato condotto uno studio sugli animali, che mette in evidenza come il glifosato possa causare delle anomalie nei nascituri. La ricerca è stata portata avanti presso l’Istituto Ramazzini di Bologna. Si sarebbe visto come anche brevi esposizioni al glifosato possano alterare lo sviluppo dei nascituri, danneggiando la struttura del DNA. Si tratta di alterazioni che riguarderebbero soprattutto la salute riproduttiva.

I ricercatori hanno esaminato i figli dei ratti che avevano accumulato livelli di 1,75 microgrammi per kg di peso di glifosato. Gli animali hanno assunto questa sostanza chimica per 3 mesi, attraverso l’acqua in cui era stata disciolta. I ricercatori hanno riscontrato dei danni a livello intestinale, che poi portavano ad effetti negativi come obesità, diabete e problemi del sistema immunitario.

Inoltre hanno visto come il glifosato potrebbe alterare anche il livello degli ormoni sessuali, provocando anomalie nell’anatomia dei nascituri. È stato preso in considerazione anche l’aspetto delle eventuali alterazioni genetiche: soprattutto nelle prime fasi della vita, negli animali il diserbante avrebbe determinato mutazioni cromosomiche che riguardavano le cellule del midollo osseo.

Rimangono ancora poco conosciuti quali sarebbero gli effetti a lungo termine dell’esposizione al glifosato e molti hanno messo in discussione anche queste affermazioni rilasciate dagli studiosi dell’Istituto Ramazzini, bollandoli come fautori della messa al bando del glifosato.

 

L’intervento dell’Unione Europea

Anche l’Unione Europea è stata chiamata a decidere se prorogare per altri 10 anni l’autorizzazione all’uso di questa sostanza chimica. Gli Stati membri hanno dato l’ok ad una proroga dell’autorizzazione per altri 5 anni, dopo uno scontro in Commissione che è durato circa un anno. Inizialmente l’Europarlamento aveva bocciato la richiesta di prolungare di 10 anni l’autorizzazione per l’uso del pesticida.

Era stato disposto di non utilizzarlo più a livello domestico e che fosse messo al bando entro il 2022. Poi, in seguito all’intervento di un comitato di appello, si è avuta l’autorizzazione per altri 5 anni. Gli Stati sostenitori della proroga sono stati 18. L’Italia, la Francia, il Belgio, la Grecia, l’Ungheria, la Lettonia, Cipro, Malta e il Lussemburgo hanno votato contro la proroga.

La Germania, che precedentemente si era astenuta, ha dato alla fine anch’essa parere favorevole. Il voto della Germania pro glifosato è stato determinante, per ottenere la percentuale dei voti a favore di una continuazione dell’uso del glifosato. In Italia rimane il divieto dell’uso di questo erbicida nelle zone ricreative, nelle aree gioco per i bambini, nelle strutture sanitarie e rimangono in vigore anche delle limitazioni sull’utilizzo nei campi. Non si sono risparmiate le polemiche per la decisione dell’Unione Europea, soprattutto da parte dell’organizzazione ambientalista Greenpeace.
 
 
 
 

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