Tiglio, segreti di un incantevole albero secolare
Il profumo intenso del tiglio sul far della sera è un rapimento estatico che si imprime in noi in modo indelebile e, nel cuore della gioia di vivere, traccia un solco di felicità che nemmeno tutta la dolcezza di una sera di luglio potrebbe spiegare.
Muriel Barbery
Mitologia greca, in leggenda anche ripresa dal Sommo Publio Virgilio Marone (70 a.C. – 19 a.C.), narra circa Filira, «Φιλύρα», figlia della divinità Oceano, «Ωκεανός», e madre di Chirone, «Χείρων» — maggior savio di tutti i Centauri, noto come educatore di Dèi ed eroi — concepimento avvenendo su inganno ordito dal più giovane dei Titani, Chrono, «Κρόνος», in quanto — data la precedente trasformazione di Filira in giumenta al fin di scampare alle di lui persistenti insidie — egli tramutandosi in cavallo, ragion per cui la creatura venne al mondo metà uomo e metà equino, indi la madre, vergognandosi dell’anomale fattezze corporali del figlio, pregando il capo dell’Olimpo, Zeus, di concederle d’assumere sembianze di Tiglio, «ϕιλύρα», preghiera venendo esaudita e da allora riconoscendogli medicamentose proprietà, a merito della sapienza medica in dote a Chironte.
Ulterior racconto — di medesima provenienza e riportata nell’ovidiane Metamorfosi — tramanda dell’immutabile ed infinito amarsi dei senili Bauci e Filemone i quali, innamoratissimi come il primo giorno in cui si riconobbero, amabilmente ospitarono il messaggero Hermes e Zeus, travestitisi da viaggiatori allo scopo di confermar o smentir la ferrea convinzione di quest’ultimo riguardo alla dilagante cattiveria umana ed in effetti — al bussar porte in cerca di ristoro — scortesemente scacciati da qualsiasi abitante della Frigia, ad eccetto dell’amorevole coppia, viceversa sentitamente disponibile nell’accoglierli e rimpinzarli; a divina identità svelata, in segno di grata riconoscenza gli Dèi condussero gli sposi in vetta ad un monte, rasero al suolo ogni abitazione e della capanna in canne e fango degli attempati consorti fecero un sontuoso tempio, poi chiedendo loro di palesar qualsiasi richiesta ed all’udir intimo desiderio della coppia di non venir separata nemmen durante l’inesorabile momento di fine vita, al sopraggiunger del fatidico giorno — arrivato di lì a molti anni — all’uomo concedendo d’incarnarsi in una Quercia ed all’adorata consorte in un Tiglio, per sempre l’un accanto all’altra, uniti per il tronco e venerati in toccante omaggio al sentimento puro, immune allo scorrer del tempo ed all’ingannevole seduzione delle materialità.
Tiglio, caratteristiche ed usi
Attecchisce diramando profonde ed espanse radici a fittone, l’imponente e caducifoglio Tiglio, ancoraggio al suolo da cui s’eleva un massiccio e longilineo fusto — talora dal diametro superiore ai 3 metri per un’altezza che può abbondantemente oltrepassar la trentina — abbracciato da una corteccia inizialmente liscia e grigioargentea, a partir dai vent’anni d’età diventando più scura e gradatamente intagliata da fenditure che si fan culla di licheni, parecchie ramificazioni, dette polloni, originandosi sulla base a far da contraltare ad un’immensa, rigogliosa, magnifica e gremita chioma — in gioventù di forma piramidale, poi tondeggiante — dalle verdissime e cuoriformi foglie picciolate, a disposizione alterna, ricamate da evidenti venature e con bordi lievemente seghettati, frasche ove ad adagiarsi — in aggraziato e fascinoso splendore a primavera inoltrata — sono soavemente profumati, inebrianti e dorati fiori ermafroditi a cinque petali, raggruppati in folti e lepidi mazzetti penduli ch’esplodon beltà di stami nell’etere, aprendosi alla suadente calura di primissima estate, seppur amando il dolce tepore di zone ombreggiate, che ne son habitat ottimale, solitamente in boschi di latifoglie — sia in pianura che in bassa montagna — su terreni discretamente fertili ed a ph pressoché neutro.
Delle tante specie esistenti e diffuse in Europa, a omaggiare di presenza l’Italia sono il Tiglio selvatico, Tilia cordata, e il Tiglio nostrale, Tilia platyphyllos, differenze abissali non sussistendo se non nella dimensione di gemme e foglie, nel colore dei ciuffetti presenti nella parte inferiore delle venature e nella pubescenza dei giovani rami, da ibridazione fra le due venendo alla luce il Tiglio comune , Tilia x europaea o Tilia x vulgaris, anche detto appunto «ibrido», «europeo» o «intermedio», generalmente piantato all’interno di parchi e nelle alberature, poiché facilmente adattabile a più tipologie di terreni ma, soprattutto, tollerante l’inquinamento urbano, ragion che ne giustifica l’ampia diffusione nelle città, unica accortezza essendo di proteggerlo da gelo o siccità fino al raggiungimento dell’età adulta — monitorandone eventuale sofferenza — e di calcolarne il giusto spazio per le radici, alla pianta mellifera lasciando sacrosanta libertà di beatamente espandersi e straordinariamente germogliare, gentilmente adornando cementati viottoli con straordinaria e frizzante personalità.
A porre nome al genere autoctono dell’Emisfero boreale, fu il celebre e dotto naturalista, botanico, accademico e medico svedese Carl Nilsson Linnaeus (1707-1778) — von Linné ad acquisizione di nobiliar titolo — pioniere della moderna classificazione scientifica degli organismi viventi che nel termine Tilia — dal greco ptilon, «ala» o «penna leggera» — verosimilmente individuò nominativo ideale a definir un esemplare dalle svolazzanti ed ovoidali brattee laterali dei peduncoli e per conformazione favorenti il trasporto a distanza dei frutti, minuscoli gioielli oviformi, moro-grigiastri, che raggiungono piena maturazione nell’autunnal stagione, in essi custodendo preziosi semi i quali, all’apertura del vegetale e ligneo scrigno protettivo, si spargono piroettando su complici folate di vento che ne avvantaggiano l’espandersi, i fiori costituendo prediletta meta di nobili api e svariati insetti impollinatori, armoniosa interazione tra flora e fauna concretandosi nelle ambrate e variopinte tonalità assunte dal miele monoflora prodotto, cristallina ambrosia d’intensa e persistente aromaticità, anticipata dal gradevole ed invitante effluvio emanato, eccelsa triaca in caso di di lievi stati ansiosi, insonnia, irritazioni alle vie respiratorie e faringite — in virtù d’attività antibatterica ed antiflogistica — al Tiglio essendo doveroso annoverar numerose altre proprietà, in ogni sua parte racchiuse, difatti decotto di rami giovani o corteccia fungendo da digestivo, astringente e diuretico, così come al carbone vegetale ricavato è attribuita azione adsorbente e disinfettante sull’intestino, mentre le infiorescenze con versatile disponibilità elargendosi e recando i potenziali benefici di cospicue quantità di flavonoidi (principalmente isoquercitrina) e tannini — polifenoli rispettivamente salvaguardanti l’apparato cardiovascolare, dacché antiossidanti, e difensivi — e mucillagini, quest’ultime coadiuvanti la riduzione del colesterolo e glicemia, al contempo lenendo affanni gastroenterici e favorendo la sudorazione, effetto diaforetico fondamentale alla depurazione fisica; per la raccolta dei fiori è consigliabile un momento ben preciso, al fin di non vanificarne potenzialità, ovvero fra giugno e luglio, quand’ancor non totalmente schiusi, il Tiglio trovando impiego anche come alimento addizionale in mangimi biologici per cani e gatti.
I fiori si possono consumar freschi — come ingredienti di fantasiose insalate, sciroppi, liquori, dessert o semplici guarnizioni — oppure essiccati, in previsione di profumate tisane, procedimento prevedendone esposizione solare in luoghi assolutamente privi d’umidità ed abbastanza ventilati, poi conservando quanto ottenuto in barattoli di vetro, fino ad un anno di tempo, gargarismi dell’infuso risultando efficaci in supplementare trattamento d’infezione delle vie aeree; ad essere commestibili sono anche i germogli — ottimi in abbinamento alla pasta, da preparare saltandoli in padella, lessandoli o fritti, poi unendoli al pesto o ad intingoli — e le foglie, che mantengono tenerezza e bontà a crudo quando non ancor adulte, in tal frangente ne andrà però levata la nervatura, al contrario da non togliere in caso si decida di cuocerle, per il loro rilasciar una sostanza solidificante ideale per piatti in brodo, al pari di quelle disidratate e frantumate fin ad ottenerne una farina con eguale funzione condensante nei dolci, mentre il miele di Tiglio si presta molto bene ad accompagnare il pollame oppure in aggiunta a torte con farina di castagne e cannella.
Dalla seconda corteccia, l’alburno — vale a dire la parte più giovane appena sottostante, nella qual scorre linfa grezza — si ricava un estratto acquoso che s’ipotizza antagonista di spasmi epato-biliari ed intestinali, in aggiunta al dilatar coronarie, con derivato abbassamento dei valori ipertensivi ed succitati principali componenti attivi del Tiglio affiancandosi:
• vitamine del gruppo B: tiamina (B1), importantissima per la corretta crescita e per lo sviluppo di cuore, nervi e cervello; riboflavina (B2), implicata nel metabolismo del ferro, nel fisiologico funzionamento dei globuli rossi, nella protezione delle cellule e della vista;
• acido ascorbico o vitamina C: energetico per antonomasia, a vigilanza del sistema immunitario;
• cumarine: capillarotrope, antiedemigene e stabilizzatrici della membrana eritrocitaria, dunque facilitanti i processi di cicatrizzazione e rigenerazione tessutale;
• polisaccaridi: fornitori d’energia d’istantaneo utilizzo;
• oli essenziali: antisettici;
• saponine: espettoranti, tonificanti e diuretiche;
• sali minerali: indispensabili all’attuazione dei processi produttivi energetici.
Il legno — di gradazione candido-rosea, talvolta tendente al giallo — dà vita a mobilio, strumenti musicali, sculture ed oggettistica in genere, la tenera consistenza, ben prestandosi — sebben quanto prodotto facilmente attaccabile da tarli — a lavorazione ed intarsio, caratteristica che — di contro — non lo annovera fra i combustibili, al camino il Tiglio preferendo spaziare in tutta la propria avvenenza come pianta ornamentale di viali e giardini, a tal proposito coltivazione potendosi praticare attraverso propagazione dei polloni, semina, talea, propaggine o, sebben raramente, per innesto, al netto della procedura scelta avendo cura di mantenere sempre almeno una decina di metri fra soggetti, particolare resistenza dell’albero non richiedendo eccessiva attenzione, se non ovviamente quella di garantirne, almeno durante la prima annata di crescita — opportuna irrigazione e concimazione, necessità di potatura limitandosi ad interventi sporadici come l’eliminazione dei rami secchi, il regolare diradamento dei suddetti polloni e preventiva difesa nei confronti di funghi, insetti ed acari.
Altrettanto protagonista, il Tiglio si mostra in ambito cosmetico, in impacchi rivelandosi rigenerante supporto agli occhi e ad epidermide — vantando potere antalgico, antipruriginoso e schiarente — proponendosi sotto forma di creme, sieri, emulsioni, gemmoderivati in gocce, integratori, tintura madre, tonici ed analogamente di lozioni, shampoo, preparazioni volte all’igiene personale, oltre che di delicata ed avvolgente fragranza nella qual abbandonarsi ed invece conforto trovando nell’ottenibile olio essenziale, dunque in aromaterapia, del Tiglio le pregiate gocce in grado di donare sollievo da stati di tensione di varia origine, disciogliendole nell’acqua d’una corroborante abluzione, oppure direttamente cospargendole in massaggio sulla pelle, in certo qual senso, evocando l’interconnessione tra uomo e Natura propria di pratiche millenarie, rapportandosi alla saggezza di maestosi alberi dai molteplici pregi e fin dalla notte dei tempi idolatrati in ossequiosa e dedita sacralità, popoli nordici dedicando al Tiglio — dato il suo vivere anche fino a mille anni — rituali cerimonie ed assumendolo ad emblema di longevità, inoltre ergendolo non solo a simbolo di romantico amor coniugale, ma altresì a metafora della femminilità in riferimento ad Afrodite, «Αϕροδίτη», ellenica dea della bellezza, del sentimento, della fecondità e della forza motrice che tutto genera, alla quale il sinuoso e possente vegetale era sacro e similare divinità — Freyja — veniva osannata dai Norreni, popolo germanico proveniente da territori scandinavi, presso cui era tradizione che gli innamorati si giurassero fedeltà sotto la pianta, trasversalmente ad usi e costumi, in tempi antichi indiscusso fulcro d’ogni assennatezza, al suo cospetto riunendosi gli uomini di potere — per concludere affari e prendere decisioni in maniera raziocinante ed oculata — o gli abitanti del luogo, per tranquillamente conversare, danzare, cantare, maritarsi, del tal albero persin abbigliandosi, intrecciandone le robuste corde formatesi nelle rugose scanalature corticali, tramite cui tessere vestiti e borse, i contadini cibandosi del giovane fogliame e adoperandolo a foraggio, non in ultimo ritenendosi di buon auspicio piantare un Tiglio alla nascita del primogenito, nonostante l’incessante fuggir dei decenni, all’animo umano in fondo essendo anche oggi sufficienti pochi istanti per ricongiungersi al tempo che fu, al vitale tronco provando a posarsi in assoluta quiete ed al filtrar dei raggi solari tra i possenti e fioriti rami chiudendo gli occhi e per un attimo — magari al suono in sottofondo di logorroiche cicale eufonicamente celebranti la stagione estiva — svanir dal risucchiante caos del progredito mondo a narici piacevolmente gremite del suo inconfondibile olezzo e — con ritrovata quiete — goder d’inestimabili frammenti di pace, fra Terra e Cielo, magnanimamente elargiti dall’irriducibile bontà della Natura Madre.
(Le Transbordeur, Villeurbanne, Francia, 2001)
Sotto al Tiglio
Sotto al Tiglio
presso il prato,
era il nostro giaciglio,
e là potrete trovare
meravigliosamente assieme,
fiori rotti ed erba.
Davanti al bosco, nella valle,
tandaradei,
tanto melodiosamente cantava l’usignolo.
Camminando vi arrivai:
là era l’amore mio
e così felicemente mi accolse
che sempre più estasiata ne sono.
Mi baciò? Oh, per mille ore!
tandaradei,
guardate com’è rossa la mia bocca!
Egli aveva costruito,
colmo di fiori,
un giaciglio.
Riderà di cuore
tra sé
chiunque passi da quel sentiero.
Vicino alle rose potrà,
tandaradei,
scorgere dove posava il mio capo.
Lui giacque con me
e se qualcuno lo venisse a sapere
(non voglia Dio)
proverei imbarazzo.
Nessuno sappia mai
quello che tra noi è stato,
tranne me, lui
e un piccolo usignolo che
tandaradei,
sicuramente fedele sarà.
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