Inquinamento urbano: A pagare, soprattutto i bambini
L’aria è sempre più inquinata e a darne conferma sono i dati di Mal’Aria, l’annuale dossier di Legambiente, pubblicato lo scorso 16 ottobre e che vede l’Italia, tra i paesi europei a pagare maggiormente le conseguenze, di inquinamento contro il quale si fa ancora troppo poco.
Polveri sottili, ossidi d’azoto e ozono sono causa di «91 decessi e 1500 morti premature ogni milione di abitanti», laddove con “morte prematura” s’intende l’età prevista dall’aspettativa di vita standard in base al paese e al genere, tenendo presente che le suddette, sono considerate prevenibili, qualora la loro causa possa essere eliminata.
Numeri da bollettino di guerra, che distraggono anche dalle spese sanitarie e dalla multa che l’Europa si appresterà ad infliggere all’Italia, per non aver osservato le norme imposte per la qualità dell’aria.
Per il PM10, un concentrato di metalli, solfati e nitrati, la legge prevede un limite di sforamento di 35 giorni e nel 2016 sono stati 33 i capoluoghi ad essere andati oltre.
Un andamento che già nei primi 25 giorni del 2017, aveva già dato prova di costanza, con nove capoluoghi oltre la soglia e ad oggi, città come Torino, Pavia, Cremona, Padova e Milano, hanno raggiunto anche i 70 giorni.
Il traffico è la causa principale delle emissioni di PM10 ed i veicoli a metano e GPL, in questo senso sono del tutto equiparabili ai motori alimentati da benzina e diesel, ma un’altro inquinante, ancora attribuibile ai mezzi da trasporto, è considerato responsabile di gravi malattie, il biossido di azoto (NO2).
Generato a seguito di processi di combustione, costituisce l’intermedio di base per la produzione tra gli altri, di ozono, acido nitrico e l’acido nitroso, agenti inquinanti che secondo le condizioni atmosferiche, vanno a depositarsi al suolo, andando a rappresentare un pericolo per l’ambiente, oltre ad essere un gas responsabile di irritazioni delle mucose e causa di malattie polmonari, cardiache e di morte prematura.
Studi recenti, infatti hanno fornito prove sufficienti a dimostrare quanto alcune patologie e malattie siano da correlare all’esposizione al biossido di azoto, tanto che secondo gli ultimi dati forniti dalla European Environment Agency, riferiti al 2014, le morti premature sono state circa 78.000, con l’Italia a guidare l’amara classifica con ben 17.290 decessi.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità, prevede che per ogni aumento di 10 microgrammi per aria cubica di NO2, ci sia un aumento di ricoveri ospedalieri per problemi respiratori, l’inquinamento atmosferico infatti, è imputato essere causa principale di cancro al polmone, e a farne le spese sono soprattutto i bambini.
E’ Greenpeace a mostrare l’indagine redatta da Melten Kutlar Joss, collaboratrice scientifica presso lo Swiss Tropical and Public Health Institute, secondo cui il rischio di asma per coloro che vivono e crescono in aree trafficate, aumenta del 15%, cosicché un domani, a meno di un inversione di marcia, patologie a carico dell’apparato respiratorio saranno una costante per i bambini.
Nelle zone dove l’inquinamento fa registrare alte concentrazioni di biossido di azoto, questo incide già durante il periodo di gestazione, esponendo la donna a complicazioni e provocando parti precoci, bambini con maggior possibilità di incorrere in ritardi dello sviluppo polmonare e cognitivo, inficiando così le normali capacità intellettive.
Se per quanto concerne le emissioni di PM10 non vi è differenza fra i tipi di alimentazione, per l’NO2 la responsabilità maggiore è da ricercare nei motori diesel, per questo Legambiente tra le proposte avanzate per tentare di liberare le città dallo smog e renderle più vivibili, ne chiede la «messa al bando tra il 2020 e il 2025».
Le città e le tecniche industriali non cambiano, eppure l’aria è sempre più irrespirabile ed è quantomai inverosimile continuare ad attendere che l’aiuto provenga dalle condizioni atmosferiche. L’associazione ambientalista quindi, avanza una serie di soluzioni per arginare il problema ed è ovvio, che a corroborare un piano d’azione richiesto a Governo, Regioni e amministrazioni locali – chiamati a spogliarsi di un atteggiamento definito «lassista e menefreghista» – deve esserci una presa di coscienza generale che porti anche ad un cambiamento delle abitudini.
Sul modello di Parigi, Legambiente suggerisce una forte limitazione alla circolazione dei veicoli più inquinanti in ambito urbano, incrementare il verde e la mobilità pubblica e sostenibile, realizzando nuove corsie ciclabili, aumentando il trasporto su binari con nuovi treni e ponendo maggiori controlli sulle emissioni di auto, caldaie ed ovviamente, «intervenire su industrie e aree portuali».
Un progetto quindi, che oltre a prevedere un cambiamento dell’urbanistica, è anche un invito perché sempre di più, sia concepito un diverso stile di vita che vada ad abbracciare una causa, ormai non più rivolta alla “sola” salvaguardia ambientale, ma atta a contrastare quello che a tutti gli effetti, è un grave problema per la salute pubblica.
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