Colori e sapori di frutta: Akebia quinata e Hala
Tra i frutti più sorprendenti ed eclettici del Pianeta, Akebia quinata ed Hala, oltre ad appagar pupille, olfatto e papille, annoverano numerose proprietà benefiche, a conferma dell’inestimabile patrimonio da Madre Natura elargito.
Tutta la vita sulla Tserra emana dal verde delle piante.
Jay Kordich
Quasi due milioni di anni la specie ominide estinta Paranthropus robustus — o Aostralopithecus robustus — a tuberi, semi e radici affiancò la frutta come cibo di cui nutrirsi, allo scorrere dei millenni il consumo diffondendosi fino ai primordiali tentativi di tecniche agricole e il rapporto tra l’uomo e i prodotti degli alberi intensificandosi notevolmente, frutticultura e crescita selvatica costellando il globo terrestre di frutti dalle molteplici e inimmaginabili combinazioni di forme e colori, due fra questi — Akebia quinata e Hala — rispettivamente rassomiglianti una melanzana slavata traboccante cristallina essenza polposa e un’ovoidale gemma costituita da vivaci coni arancioni, convoglianti su un unico nucleo.
Akebia quinata, la liana del cioccolato
In nomenclatura binomiale risalente al 1839 a firma del naturalista belga Joseph Decaisne (1807-1882), seppur probabilmente descritta in precedenza dall’omologo olandese Maarten Willem ‘Houtt’ Houttuyn (1720-1798), l’Akebia quinata è un rampicante sempreverde legnoso e deciduo, endemico di Cina, Corea e Giappone, appartenente alla famiglia Lardizabalaceae e a livello commerciale, nonché per distribuzione in Italia, principale varietà delle precipue quattro costituentine il genere:
• Akebia chingshuiensis: originaria di Taiwan ed in natura minormente diffusa;
• Akebia longiracemosa: autoctona della Cina e distinguibile dalle infiorescenze particolarmente allungate;
• Akebia trifoliata: proveniente dai Paesi cari alla quinata e da quest’ultima sostanzialmente differenziandosi per la caratteristica — suggerita in classificazione di specie — di possedere tre foglie anziché cinque, con detta pianta compartecipa alla creazione dell’ibrido Akebia x pentaphylla.
Ambiente ottimale dell’Akebia quinata, sono dunque aree umide e temperate, la stessa spesso gettando radici in foreste o nelle rive fluviali ad un’altitudine compresa tra i 300 e i 1500 metri, dimostrandosi inoltre segnatamente invasiva ed infestante, poiché, sovvenendo alla mancanza dei viticci tipici di molti rampicanti, avvolge in caotiche spirali quanto incontra — espandendosi sul suolo in assenza di sostegni — nel corso di una crescita rapida e rigogliosa, al culmine della quale può toccare i 12 metri d’altezza ed in ragione di tale incedere, in Nuova Zelanda, al fine di preservare la biodiversità della flora locale, ne è stata vietata l’importazione.
Sottili e flessibili, i fusti hanno una colorazione che spazia dal marrone a sfumature di verde, tinta al contrario intensa nelle foglie, palmate, cerose, opache e leggermente dentellate sui bordi, il cui suaccennato raggruppamento è motivo del comune appellativo di ‘Akebia a cinque punte’, mentre ulteriore soprannome di ‘Liana del cioccolato’ è dovuto al deciso profumo dei fiori che, essendo pianta monoica, sono unisessuali e a compiuta primaverile sbocciatura, i femminili risultano numericamente inferiori di circa cinque volte rispetto i maschili, però più grandi, vivaci e con tre ampi petali tondeggianti, a protezione dei pistilli riproduttivi: impollinazione e successiva fruttificazione, avviene tra almeno due esemplari di differente discendenza, identica genetica altrimenti ne impedisce il compimento.
I frutti, da 1 a 5 per fiore femminile e dal peso di circa un etto, sono baccelliformi e quando maturi, esternamente esibendo tonalità grigio-viola sino alle più tenui gradazioni di lilla, si schiudono longitudinalmente lasciando intravedere la polpa — con i semi racchiusi — bianca, gelatinosa e dal sapore la cui delicata dolcezza evoca la vaniglia, la pianta tuttavia commestibile quasi interamente, difatti le foglie — ricche di potassio — adoperandone le sezioni tenere, sono utilizzate come insaporitrici d’insalate, altrimenti, previa essiccatura, nella preparazione di infusi ed anche la buccia, di retrogusto amaro, è apprezzata fritta oppure tritata ed aggiunta a decotti o zuppe. Impieghi peraltro favorevoli la salute, invero la pianta vantando proprietà antiflogistiche, antimicotiche, depurative, rigeneranti, antipiretiche, analgesiche, svolgendo altresì azione gastroprotettiva e specificatamente in pertinenza alla sfera femminile, stimolante la produzione di latte durante la gravidanza ed ancora, lenitiva dei disturbi inerenti menopausa e amenorrea.
Vantaggi conseguenti il consumo d’Akebia quinata, noti alla scienza medica orientale dalla notte dei tempi e primariamente a merito della concentrazione di triterpeni: composti chimici aventi effetto antiossidante, antiallergico, inibente sull’aggregazione delle piastrine, riducente il colesterolo, contrastante l’ipertensione e conservativo del sistema immunitario; di saponine: dal potere tonificante, antinfiammatorio e diuretico; acido gallico, antifungino contrastante l’invecchiamento, antibatterico e antivirale; acido folico: fondamentale per il funzionamento del sistema nervoso, coadiuvante dell’attività mnemonica, pertanto utile alleato a livello psicologico, utile nella sintesi cellulare dell’emoglobina, delle proteine e dell’acido desossiribonucleico (DNA); acido ascorbico: neutralizzatore dei radicali liberi e inibitore della sintesi di composti cancerogeni, primariamente in ambito epatico.
Oltre a consenso in ambito nutrizionale e gastronomico, sinuosa magnificenza e redolente fioritura rendono l’Akebia quinata ricercata pianta ornamentale a decorazione di mura, pergolati, staccionate, sottintesa l’essenziale e sapiente premura da riservare alla coltivazione, innanzitutto riservandole un terreno ricco di sostanze organiche e drenante — preferendo sabbia e limo all’argilla — ed una posizione ben soleggiata e protetta dal vento, in virtù del fatto che ad una zona a mezz’ombra corrisponde ad una più scarsa densità di gemme fiorifere, vegetativa e capacità fruttifera, quindi avendone cura adacquandola regolarmente a dosi moderate, sfoltendone con attenzione la chioma almeno un paio di volte l’anno, affinché la repentina evoluzione summenzionata non alteri gli equilibri della flora circostante, infine fornendole un apporto bisettimanale di fertilizzante liquido nel trimestre precedente la fioritura.
Accudire una pianta con responsabile dedizione, ovviamente significa anche tutelarla da parassiti, nella fattispecie contrastandoli mediante prodotti fitosanitari da applicare dopo la potatura e, prevedendone riproduzione, precauzionalmente informandosi circa le possibili tecniche, tra le quali, la prolificazione per seme, talea e propaggine, circondandosi così della meraviglia donata dall’Akebia quinata sia a livello estetico, sia simbolico, in Giappone rappresentando fedeltà ed amicizia, perciò di sovente posta nei pressi degli ingressi abitativi, in omaggiante manifestazione di stima nei confronti di ospiti.
Amore, odio, gioia, paura, piacere, dolore, eccitabilità, torpore e innumerevoli altre risposte adeguate agli stimoli, sono universali nella piante tanto quanto negli animali.
Paramahansa Yogananda
L’esplosivo frutto Hala
Pendente dai rami d’albero della famiglia Pandanaceae e del genere Pandanus, annoverante più di 600 specie, l’Hala è il frutto la cui anima, quando svelata, evoca esplosive immagini astrali e trova dimora spaziando dall’India meridionale al Sud-Est asiatico e passando dall’Australia Orientale, estendendo regno sino alle isole del Pacifico e delle Hawaii, in generale preferendo zone dal clima tropicale, subtropicale oppure semplicemente caldo — purché non risentano d’accentuate escursioni termiche — con predilezione per le aree costiere ed adattandosi a terreni alcalini, calcarei, salini, tendenzialmente radicando nei pressi di paludi e mangrovie, formazioni vegetali perlopiù costituite da flora legnosa e diffuse lungo i litorali di regioni tropicali, ciclicamente sommersi dalle maree.
Gli arbusti culla dell’Hala, Pandanus tectorius, vivono la non comune condizione di dioicità, ovvero, al contrario della monoica Akiba quinata, esibiscono fiori con l’antera, maschili, od il pistillo, femminili, su distinti e corrispondenti individui, piante affascinanti, dal tronco spinoso e robusto — difatti largamente impiegati in edilizia — e di notevoli dimensioni, misurando da 5 a 11 metri in larghezza e sfiorando i 15 in altezza, se comprensiva della folta chioma dalle sottili e verdognole foglie allungate, le stesse, guadagnando l’epiteto Tahitian Screwpine, «Vite Tahitiana», delicatamente cingendo il frutto, allorché integro, simile ad un ananas d’una trentina di centimetri di lunghezza massima, mutando in fase di maturazione e mostrandosi vestita di verde, giallo chiaro, ocra, arancio, rosso, mentre all’interno celando l’intersecarsi di centinaia di segmenti giallo-arancione acceso che in perfezione sublimando geometria, si uniscono al legnoso e avana nocciolo centrale.
Le innumerevoli “falangi” cuneiformi color del sole al tramonto ne sono la parte edile, da mordere fino a provocarne la fuoriuscita della densa polpa, rossa scura o bianca, mentre sapore ricopre ruolo di pomo della discordia, ricordando sentori di zucca, mango, canna da zucchero o jackfruit e a livello culinario, il frutto dell’Hala non giunge sulle tavole soltanto fresco, in Asia è protagonista di marmellate, creme, dessert, di salse come il chutney, in aggiunta al curry oppure di spremute e tisane dall’effetto eupeptico; nelle isole del Pacifico è tradizione deliziarsene assieme alla papaya, al cocco grattugiato, tostandone i semi od arrostendo il nocciolo, altrettanto macinando la polpa da ricavarne una sorta di pasta base per dolci assimilabile alla halva, mentre il fogliame, in particolare del Pandanus amaryllifolious e soprattutto nelle culture del subcontinente indiano, si presta come aromatizzante sia in preparazioni salate, sia in pasticceria e fragrante consuetudine micronesiana, è ricavarne farina per panificazione.
Ad eclettismo gastronomico e sorprendente estetica, l’Hala non manca affiancare rilevanti proprietà benefiche, a cominciare dal corroborare il micro-circolo e lo stato psico-fisico generale, garantendo significative percentuali di betacarotene, calcio, ferro, fosforo, vitamina C e fibra, essenziale al mantenimento dell’equilibrio della flora batterica, contemporaneamente stimolando il processo digestivo e il senso di sazietà, dunque d’aiuto in regimi dietetici ipocalorici e provvidenziale sembrerebbe dimostrarsi per alleviare dolori mestruali ed emicrania.
Gli antichi saperi legati ai luoghi di provenienza, della pianta i boccioli destinano alla produzione d’incensi medicamentosi e alla cura di otiti, conferendo invece alle foglie facoltà di mitigare le indisposizioni stagionali, le patologie asmatiche e previa essiccazione, le ferite superficiali, stimolandone contemporaneamente la cicatrizzazione ed ancora, di lenimento in casi di lebbra, leucoderma, scabbia, sifilide, vaiolo e a totale giovamento, riservando alle radici, mediante masticazione, ruolo di corroborante per le gengive, mentre sotto forma di infuso, di calmante i dolori artritici; molteplici qualità per privilegiarsi delle quali è preferibile assumere l’Hala, esattamente al pari dell’Akebia quinata — nonostante il ridotto contenuto calorico — con morigeratezza onde evitare problematiche a carico dell’apparato gastrointestinale provocate da sovradosaggio, prestando inoltre attenzione in presenza di allergie, nel corso di terapie farmacologiche a causa di plausibili interazioni, durante la gestazione e in fase d’allattamento, condizioni in cui è dunque precauzione scontata richiedere consulto medico.
Nel regno animale, abituale consumatore della pianta di Hala è il Megacrania batesii, insetto comunemente detto “stecco di menta piperita” — dato l’aroma del fluido lattiginoso ed irritante emesso se in pericolo — che delle foglie fa nutrimento e dimora, stazionando nella loro nervatura centrale; al contrario, ghiotti del frutto del Pandanus tectorius, contribuendo alla dispersione dei semi, sono soprattutto tartarughe, lucertole, casuari, ratti, volpi volanti, ma all’inverosimile, il Cardisoma carnifex, granchio terrestre della famiglia Gecarcinidae abitante le regioni rivierasche dell’Africa orientale, dal Mar Rosso alle costiere malgasce ed attraverso l’Oceano Indiano, stanziando alle Isole Cocos, popolando i litorali dell’Australia settentrionale della Polinesia francese.
L’impulso più profondo innato nella pianta consiste — come in tutti gli esseri viventi — nella tensione a superare le proprie intime carenze. La pianta è un essere condannato all’immobilità, e proprio per questo tende con tutte le sue forze a essere la più vagabonda delle creature: ogni essere dotato di ali o di zampe diventa per lei veicolo. Ma questa straordinaria pretesa della pianta di servirsi di ogni creatura mobile può scatenarsi solo nel momento culminante del suo ciclo vitale, il momento nuziale, quando essa si trova in grado di comunicare con tutte le creature, piccole e grandi, in un comune, generale stato di ebbrezza. La comunicazione si attua mediante una rete eterea di annunci e di scambi di ciò che è condiviso da tutti gli esseri viventi. La «camera nuziale» del fiore lancia i suoi richiami di desiderio, unione, crescita, che si placano infine nella creazione del frutto. Questo appello, derivando da qualcosa che è comune a tutti gli esseri viventi, viene ricevuto e ricambiato, innesca l’eccitazione, diviene incoercibile attrazione, genera sintonia e comunicazione.
Rudolf Borchardt, Il giardiniere appassionato
Nani wale nā hala, ‘eā, ‘eā
O Naue i ke kai, ‘eā, ‘eā.
Ke ‘oni a’ela, ‘eā, ‘eā
Pili mai Hā’ena, ‘eā, ‘eā.
‘Ena aku nā maka, ‘eā, ‘eā
‘O nā manu i ka pua, ‘eā, ‘eā.
A ‘ike i ka lehua, ‘eā, ‘eā
Miki’ala i laila, ‘eā, ‘eā.
I laila nō au, ‘eā, ‘eā
Me ka mana’o pū, ‘eā, ‘eā.
Nani wale ka nahele, ‘eā, ‘eā
I puia ‘ala, ‘eā, ‘eā.
Ke ‘ala laua’e, ‘eā, ‘eā
‘O ka pua mokihana, ‘eā, ‘eā.
Oni aku nā Hono-, ‘eā, ‘eā,
O ua la’i lani, ‘eā, ‘eā.
‘O ko’u lei ia, ‘eā, ‘eā
O ua la’i lani, ‘eā, ‘eā.
Ha’ina ‘ia mai, ‘eā,’eā:
‘O Ka-lele-o-nā-lani, ‘eā, ‘eā.
So beautiful are the pandanus
Of Naue by the sea.
Moving there
At Hā’ena.
Fiery eyes,
Birds upon the flowers.
See lehua
Alert.
There am I
In thought.
The forest is beautiful
Drenched with fragrance.
Fragrance of ferns
And mokihana flowers.
The Hono bays appear
Heavenly peace.
She is my lei
And regal peace.
Tell the refrain:
The flight of the royal ones.
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